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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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altre razze, sottol<strong>in</strong>eando come un gran numero di negri e di arabi avevano combattuto ed<br />

erano disposti a combattere per l’Italia. Ma la collaborazione tra i popoli non implicava <strong>in</strong><br />

alcun modo la loro uguaglianza: «noi fascisti riconosciamo l’esistenza delle razze, le loro<br />

differenze e la loro gerarchia» 104 , ribadiva <strong>in</strong>fatti il “duce”. Questa concezione spazza via<br />

qualsiasi ambiguità riguardo al presunto carattere positivo e bonario del colonialismo <strong>fascista</strong>,<br />

<strong>in</strong> Africa Orientale così come <strong>in</strong> Libia. Se il fascismo rifiutava lo pseudo-darw<strong>in</strong>ismo nazista,<br />

era tuttavia chiaro nell’affermare l’esistenza di una gerarchia fra popoli, e la necessità di una<br />

produttiva collaborazione all’<strong>in</strong>terno di tale gerarchia 105 . Si trattava della trasposizione, su<br />

scala <strong>in</strong>ternazionale, dei concetti che stavano alla base della collaborazione fra classi<br />

all’<strong>in</strong>terno del sistema corporativo; se ognuno avesse adempiuto al suo ruolo, rispettando<br />

l’autorità <strong>in</strong>discutibile dei superiori, tutti ne avrebbero beneficiato. Il fascismo fu l’unico<br />

regime totalitario a possedere dei dom<strong>in</strong>i coloniali di tipo tradizionale <strong>in</strong> Africa, separati<br />

territorialmente dalla madrepatria e caratterizzati da una cultura, da un sistema sociale,<br />

economico e politico profondamente diverso dal proprio. All’<strong>in</strong>terno del bac<strong>in</strong>o del<br />

Mediterraneo, ciò stava a significare che esso poteva ambire a proporre un modello di società<br />

coloniale alternativo rispetto a quelli francese e britannico. Un modello che rappresentava la<br />

naturale estensione di quello nazionale del mito dello stato nuovo, dest<strong>in</strong>ato, secondo i<br />

fascisti, a superare ed eclissare i precedenti sistemi politici. Tale modello chiedeva agli<br />

<strong>in</strong>dividui di sacrificare se stessi, la propria libertà e <strong>in</strong>dividualità, annullandosi <strong>in</strong> un<br />

organismo collettivo dest<strong>in</strong>ato alla grandezza ed alla potenza, nel quale erano richieste la fede,<br />

l’obbedienza e il rispetto della gerarchia. Non si tratta di un aspetto secondario nella<br />

valutazione della <strong>politica</strong> coloniale, poiché quando il fascismo prometteva ai sudditi africani<br />

la piena <strong>in</strong>tegrazione nell’Impero italiano, bisogna tenere ben presente che il rifiuto della<br />

libertà e dell’uguaglianza e il pr<strong>in</strong>cipio di gerarchia regolavano i rapporti sociali all’<strong>in</strong>terno<br />

della stessa società italiana. Similmente a quanto avveniva nella madrepatria, l’accettazione<br />

del primato dello stato, e del pr<strong>in</strong>cipio di autorità, da parte dei cittad<strong>in</strong>i coloniali, non doveva<br />

avvenire per imposizione, ma <strong>in</strong> virtù della consapevole accettazione di un modello superiore<br />

di società. Secondo Giovanni Gentile, lo Stato <strong>fascista</strong> era «democratico per eccellenza», <strong>in</strong><br />

quanto costituiva un’entità spirituale basata sulla volontà dei suoi membri 106 . Il fascismo<br />

aveva la necessità di dimostrare che il suo dom<strong>in</strong>io coloniale era non solo tollerato, ma<br />

apertamente sostenuto dalle popolazioni <strong>in</strong>digene. Durante e dopo la “pacificazione” della<br />

Cirenaica, il fascismo non smise di ribadire il sostegno della popolazione della Libia nei<br />

confronti del governo italiano, il quale ne garantiva il benessere materiale e spirituale. Così<br />

come avveniva <strong>in</strong> Italia, con l’<strong>in</strong>quadramento della popolazione all’<strong>in</strong>terno del partito e delle<br />

varie associazioni fasciste, anche <strong>in</strong> colonia l’arruolamento dei libici nell’esercito, o<br />

l’iscrizione alle associazioni del regime, fu sempre def<strong>in</strong>ito da un aggettivo che, nell’autorappresentazione<br />

del regime, era tutt’altro che superfluo o posticcio: volontario. La specificità<br />

del “colonialismo totalitario <strong>fascista</strong>” fu che esso tentò di esercitare il totale controllo<br />

sull’evoluzione culturale, <strong>in</strong>tellettuale, <strong>politica</strong> dei colonizzati, con un sistema di dom<strong>in</strong>io ben<br />

più <strong>in</strong>vasivo rispetto a quello esercitato di norma dai britannici, e solamente <strong>in</strong> apparenza<br />

simile all’assimilation, tentata dalla Francia <strong>in</strong> alcuni dei suoi territori africani, poiché basato<br />

su pr<strong>in</strong>cipi e metodi <strong>in</strong> realtà radicalmente diversi. Le popolazioni <strong>in</strong>digene non dovevano<br />

accettare la colonizzazione europea, <strong>in</strong> cambio della possibilità di una futura parità di<br />

condizione con i dom<strong>in</strong>atori stranieri. Dovevano aderire volontariamente ad un sistema<br />

gerarchico nel quale occupavano il grad<strong>in</strong>o più basso, garantendo obbedienza <strong>in</strong> cambio dei<br />

vantaggi materiali portati dalla colonizzazione <strong>fascista</strong>. Non è da escludere che, nel suo<br />

sistema di pensiero tendente alla s<strong>in</strong>tesi ed all’accordo fra tutte le parti della società,<br />

104 “Il «dato» irrefutabile”, da Il Popolo d’Italia, 31 luglio 1935, Ivi, p. 110<br />

105 P. Zun<strong>in</strong>o, L’ideologia del fascismo, cit., pp. 197-200<br />

106 E. Gentile, La grande Italia, cit., p. 169. Cfr. anche P. Zun<strong>in</strong>o, L’ideologia del fascismo, cit., pp. 180-186<br />

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