politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
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politico del fascismo si sarebbero diffusi, <strong>in</strong>vece, <strong>in</strong> maniera naturale e pacifica, <strong>in</strong><br />
conseguenza di un’egemonia culturale e <strong>politica</strong> di fatto 83 . Per Carlo Giglio, il futuro<br />
imperiale dell’Italia era scontato, ma esso non si sarebbe fondato, necessariamente, su<br />
un’ampia base territoriale. L’impero italiano avrebbe avuto un carattere soprattutto «politico,<br />
economico, spirituale»; gli esempi di Stati Uniti e Giappone dimostravano che si poteva<br />
essere una potenza imperiale mondiale, anche senza possedere grandi imperi coloniali 84 .<br />
L’egemonia della civiltà romana, secondo Mussol<strong>in</strong>i, non si sarebbe basata sull’oppressione<br />
militare e sullo sfruttamento capitalista, ma su un presunto legame spirituale tra Oriente e<br />
Occidente, e sul prestigio <strong>in</strong>discusso dell’Italia <strong>fascista</strong>. In altri term<strong>in</strong>i, i popoli mediterranei<br />
si sarebbero associati volontariamente all’Impero di Roma, <strong>in</strong> conseguenza dell’attrazione<br />
esercitata dalla sua superiorità civile, culturale e <strong>politica</strong>. L’imperialismo “materialista”<br />
democratico-liberale andava debellato, ma l’emancipazione dei popoli colonizzati sarebbe<br />
dovuta avvenire attraverso l’associazione spontanea all’impero “spirituale” <strong>fascista</strong>, piuttosto<br />
che attraverso una lotta contro la civiltà europea. Attraverso questa nuova s<strong>in</strong>tesi teorica, che<br />
elim<strong>in</strong>ava <strong>–</strong> <strong>in</strong> modo piuttosto discutibile <strong>–</strong> il problema del conflitto fra colonizzatori e<br />
colonizzati, si cercava di risolvere le contraddizioni della <strong>politica</strong> mediterranea <strong>fascista</strong>. Ma <strong>in</strong><br />
tal modo veniva ribadito, con forza ancora maggiore, il concetto tradizionale che stava alla<br />
base dell’ideologia imperialista europea, e cioè quello dell’<strong>in</strong>discussa superiorità della civiltà<br />
occidentale, che doveva imporsi <strong>–</strong> o essere imposta <strong>–</strong> <strong>in</strong> tutto il resto del mondo.<br />
L’idea della missione civilizzatrice di Roma era molto simile a quella liberale del “fardello<br />
dell’uomo bianco”, tanto che Luigi Goglia ha affermato che la <strong>politica</strong> coloniale <strong>fascista</strong> <strong>in</strong><br />
Libia si basava su questa concezione tradizionale, mentre il mito imperiale romano era <strong>in</strong><br />
fondo secondario 85 . In realtà l’analogia è <strong>in</strong> gran parte apparente, poiché, nonostante tutti i<br />
colonialismi condividessero la stessa retorica sulla civilizzazione dei popoli arretrati, la civiltà<br />
europea diffusa dai britannici o dai francesi era ben diversa dalla “civiltà romana” immag<strong>in</strong>ata<br />
dal fascismo. Kipl<strong>in</strong>g e Mussol<strong>in</strong>i non portavano, idealmente, lo stesso fardello. Allo stesso<br />
modo, è vero che il mito dell’Impero Romano era ben presente <strong>in</strong> ogni tradizione coloniale, e<br />
non solo <strong>in</strong> quella italiana. Ma per il fascismo, Roma non era semplicemente una fra le tante<br />
possibili fonti di ispirazione del passato, per realizzare un imperialismo illum<strong>in</strong>ato. La nuova<br />
civiltà <strong>fascista</strong>, la “terza Roma”, sarebbe stata l’unica legittima erede dell’antico impero<br />
Romano. Il mito della romanità <strong>fascista</strong> non aveva nulla a che vedere con la “restaurazione”<br />
dell’ antico impero romano, un’idea che appariva ridicola agli occhi degli stessi fascisti. Non<br />
si trattava di un ideale passatista, ma piuttosto dell’ambizione di recuperare lo spirito<br />
orig<strong>in</strong>ario della Roma imperiale, uno spirito <strong>in</strong>nato nella razza italiana, ma che era rimasto per<br />
secoli sopito. Gli italiani si sarebbero posti nuovamente “sul piano dell’impero”, per costruire<br />
una civiltà del tutto nuova, moderna ed orig<strong>in</strong>ale. L’impero <strong>fascista</strong> sarebbe stato superiore a<br />
qualsiasi modello del passato, e la nuova Roma di Mussol<strong>in</strong>i sarebbe stata grande e potente,<br />
tornando a rappresentare il faro della civiltà europea e mondiale, grazie alla diffusione degli<br />
ideali e del modello politico del fascismo. L’idea dell’universalità di Roma aveva una grande<br />
forza, poiché essa era stata una costante nel pensiero politico italiano, e <strong>in</strong> particolare nel<br />
Risorgimento; si pensi ad esempio al “primato” di Gioberti, o alla “terza Roma” sognata da<br />
Mazz<strong>in</strong>i, il quale peraltro era stato fra i primi ad ipotizzare il “ritorno” di Roma sulla costa<br />
africana del Mediterraneo 86 . Il fascismo si appropriava di un mito della tradizione italiana, con<br />
l’ambizione di riuscire f<strong>in</strong>almente a realizzarne gli obiettivi, ma <strong>in</strong> realtà, al di là<br />
dell’apparente cont<strong>in</strong>uità, gli ideali risorgimentali venivano <strong>in</strong> gran parte svuotati del loro<br />
83 Sul carattere dichiaratamente pacifico della <strong>politica</strong> estera e dell’imperialismo <strong>fascista</strong>, cfr. R. De Felice,<br />
Mussol<strong>in</strong>i il duce. I. Gli anni del consenso, cit., pp. 309-311<br />
84 C. Giglio, Politica estera italiana, cit., pp. 22-23<br />
85 Luigi Goglia, “Sulla <strong>politica</strong> coloniale <strong>fascista</strong>”, <strong>in</strong> Storia Contemporanea, XIX, n. 1, 1988, pp. 37-38<br />
86 Sul “complesso di grandezza” italiano, nato nell’Ottocento, si veda ad esempio Emilio Gentile, La Grande<br />
Italia. Ascesa e decl<strong>in</strong>o del mito della nazione nel ventesimo secolo, Mondadori, Milano 1997, Cap. II, pp. 43-55<br />
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