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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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appoggiato con conv<strong>in</strong>zione la rivolta di Am<strong>in</strong> al-Husayni <strong>in</strong> Palest<strong>in</strong>a, era considerato<br />

«anglofobo» dai francesi; ma non aveva mai manifestato alcuna simpatia per l’Italia,<br />

mostrandosi favorevole piuttosto a un’<strong>in</strong>tesa con la Francia 97 . Solo al-Sharq, il terzo dei<br />

quotidiani musulmani di Beirut per tiratura, era considerato al servizio degli «<strong>in</strong>teressi<br />

germano-italiani», vale a dire che non era neppure legato <strong>in</strong> maniera esclusiva all’Italia, ed era<br />

per giunta liquidato come nulla più che un «feuille de chantage» (ricatto) 98 . Al-Safa’, unico<br />

foglio druso, era descritto come «germanofilo» (non italofilo), e comunque aveva mostrato la<br />

tendenza a riavvic<strong>in</strong>arsi ai francesi 99 . Considerando che, pochi anni prima, i francesi avevano<br />

stimato che all’<strong>in</strong>circa un quarto della stampa araba fosse sotto l’<strong>in</strong>fluenza italiana, sia a<br />

Beirut che a Damasco 100 , è evidente che le posizioni dell’Italia <strong>fascista</strong> si erano notevolmente<br />

deteriorate. Anche nella capitale <strong>siria</strong>na, gli italiani avevano perso l’appoggio dei pochi<br />

giornali a loro favorevoli, nonché del loro più importante collaboratore, il direttore di al-<br />

Jazira, Taysir Zabiyan al-Kaylani. Ad Aleppo, il consolato italiano non aveva più neppure il<br />

controllo esclusivo di quei fogli locali di scarso rilievo, come al-Waqt e al-Jihad: il primo,<br />

secondo i francesi, si concedeva al miglior offerente, cercando di ottenere il massimo profitto,<br />

mentre al-Jihad, a partire dal 1938, si era messo al servizio del consolato turco 101 .<br />

Gli italiani rimasero spiazzati dall’atteggiamento politico dei <strong>siria</strong>ni e libanesi, durante il<br />

periodo compreso fra l’armistizio e l’<strong>in</strong>vasione alleata del Mandato nel giugno 1941,<br />

soprattutto perché essi manifestarono una sempre più netta <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione filo-britannica. Dal<br />

punto di vista <strong>fascista</strong>, era semplicemente <strong>in</strong>concepibile che i musulmani riponessero ancora<br />

la loro fiducia nella Gran Bretagna. Il fascismo aveva sempre espresso la ferma conv<strong>in</strong>zione<br />

che l’<strong>in</strong>tera impalcatura ideologica democratico-liberale si fosse dimostrata fallace, e che<br />

fosse dest<strong>in</strong>ata a un <strong>in</strong>evitabile decl<strong>in</strong>o. La Francia e la Gran Bretagna, <strong>in</strong>oltre, si erano del<br />

tutto screditate, di fronte al mondo arabo, poiché la loro <strong>politica</strong> aveva dimostrato che<br />

l’umanitarismo democratico era una facciata ipocrita, sotto la quale si nascondeva un<br />

imperialismo sfruttatore e capitalista. Invece, contrariamente alle previsioni italiane, il Vic<strong>in</strong>o<br />

Oriente non si gettò affatto tra le braccia dell’Asse, per liberarsi dall’odiato giogo francobritannico.<br />

In genere, i <strong>siria</strong>ni e i libanesi, che avevano ormai imparato a fidarsi il meno<br />

possibile degli europei, si tennero saggiamente <strong>in</strong> disparte, <strong>in</strong> attesa di sapere chi sarebbe<br />

uscito v<strong>in</strong>citore dalla guerra. Sarebbe stato preferibile per loro accordarsi, <strong>in</strong> seguito, con<br />

chiunque avesse ottenuto il controllo dei territori del Mandato, piuttosto che correre il rischio<br />

di legare le proprie sorti a quelle di uno solo degli schieramenti <strong>in</strong> campo. Inutile dire che un<br />

simile realismo politico mandò su tutte le furie gli italiani, i quali si erano illusi di trovare<br />

un’accoglienza trionfale <strong>in</strong> Oriente. Il generale De Giorgis, capo della delegazione italiana <strong>in</strong><br />

Siria, <strong>in</strong>veì duramente contro quella che def<strong>in</strong>iva «immaturità <strong>politica</strong> che rasenta la<br />

mancanza di dignità» degli arabi della Siria e del Libano. Essi avevano dimostrato, a suo dire,<br />

di non meritare quell’<strong>in</strong>dipendenza che avevano sempre preteso dall’Asse. Per De Giorgis, fu<br />

come una rivelazione scoprire che l’odio degli arabi verso i britannici non era, <strong>in</strong> realtà,<br />

«veramente generalizzato e profondo» 102 . In queste parole, che evidenziano il grave<br />

fra<strong>in</strong>tendimento della realtà <strong>politica</strong> orientale, è racchiuso il senso del fallimento della<br />

“<strong>politica</strong> <strong>islamica</strong>” e araba dell’Italia <strong>fascista</strong>. Gli italiani non comprendevano, non<br />

tolleravano che gli arabi non agissero, meccanicamente e passivamente, <strong>in</strong> base ai loro<br />

schemi. Essi erano <strong>in</strong>vece perfettamente <strong>in</strong> grado di operare scelte politiche autonome, ed<br />

eventualmente mutare la propria strategia, sulla base di quello che i fascisti stessi avrebbero<br />

97<br />

Ivi, p. 23<br />

98<br />

Ivi, p. 26<br />

99<br />

Ibidem<br />

100<br />

CADN, Syrie-Liban, DP, 629, N° 855, Beirut 28 agosto 1936, il delegato generale, Meyrier, al m<strong>in</strong>istro degli<br />

Esteri, Delbos<br />

101<br />

CADN, Syrie-Liban, DP, 445, “La presse au Liban et en Syrie. Decembre <strong>1940</strong>”, pp. 75-76<br />

102<br />

R. H. Ra<strong>in</strong>ero, La <strong>politica</strong> araba di Mussol<strong>in</strong>i, cit., pp. 122-23

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