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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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266<br />

Il giornale di Aleppo faceva riferimento alla <strong>politica</strong> di colonizzazione <strong>in</strong>tensiva varata<br />

dall’Italia, che <strong>in</strong> realtà rappresentò il vero punto di rottura per l’op<strong>in</strong>ione pubblica araba. In<br />

maniera piuttosto irresponsabile, Balbo decise di pubblicizzare il più possibile la partenza dei<br />

“ventimila” coloni italiani per la Libia, facendone una grande mess<strong>in</strong>scena propagandistica,<br />

come era avvenuto per la visita di Mussol<strong>in</strong>i l’anno prima. Probabilmente, nulla colpiva di più<br />

(<strong>in</strong> negativo) l’orgoglio e l’immag<strong>in</strong>azione popolare araba, dell’idea dello straniero che si<br />

impossessava delle terre musulmane, cacciandone i legittimi proprietari. Precedenti come<br />

quello della colonizzazione francese <strong>in</strong> Algeria, o le drammatiche vicende ancora <strong>in</strong> corso <strong>in</strong><br />

Palest<strong>in</strong>a, rendevano gli arabi particolarmente sensibili <strong>in</strong> proposito. Non era un caso che la<br />

<strong>propaganda</strong> anti-italiana ed anti<strong>fascista</strong> facesse spesso leva su questo argomento; nel maggio<br />

1938, alla notizia che delle terre appartenenti a libici giustiziati di recente erano state<br />

ridistribuite fra i coloni italiani, Sawt al-Sha‘b aveva titolato: «Gl’Italiani uccidono gli Arabi e<br />

s’impossessano dei loro beni» 268 . Balbo sembrò rendersi conto del pericolo che correva,<br />

poiché espresse al M<strong>in</strong>culpop l’<strong>in</strong>tenzione di escludere dall’evento qualsiasi giornalista della<br />

stampa orientale, egiziana e <strong>siria</strong>na <strong>in</strong> particolare, affermando che essa aveva dato «cattiva<br />

prova» di sè <strong>in</strong> precedenza 269 . Ma non bastava certo questo, a impedire il manifestarsi di<br />

reazioni ostili. Era chiaro che nessun osservatore arabo imparziale avrebbe mai approvato lo<br />

sbarco <strong>in</strong> massa, e per giunta con grande pompa, di coloni europei <strong>in</strong> terra <strong>islamica</strong>. E <strong>in</strong>fatti,<br />

la gran parte della stampa araba espresse con forza la propria contrarietà. Su Bayrut, ad<br />

esempio, Bashir al-Sa‘dawi attaccò la <strong>politica</strong> italiana di assimilazione <strong>in</strong> Libia, ribadendo la<br />

sua proposta <strong>politica</strong> alternativa: mentre l’Italia «opprime i nostri fratelli e strappa loro la loro<br />

terra per farla una terra italiana», essa avrebbe dovuto <strong>in</strong>vece «lasciare agli <strong>in</strong>digeni la loro<br />

terra <strong>in</strong>vitandoli ad avere un governo arabo proprio accontentandosi di un’<strong>in</strong>fluenza <strong>politica</strong><br />

ed economica», <strong>in</strong> pratica istituendo un semplice protettorato italiano 270 . La risposta italiana<br />

avvenne attraverso lo sterile tentativo di sottol<strong>in</strong>eare che otto dei diciotto villaggi agricoli<br />

progettati dagli italiani sarebbero stati riservati agli <strong>in</strong>digeni, «trattando così sul medesimo<br />

piede arabi ed italiani» 271 , e con la pubblicazione su al-Bilad, a puntate, dell’opuscolo<br />

propagandistico L’Italia nelle sue colonie di Shaykh Muhammad Nur Bakr, che esaltava le<br />

opere compiute dall’Italia <strong>in</strong> Libia, e smentiva le voci critiche 272 . Probabilmente a causa delle<br />

reazioni sempre più negative del mondo arabo, per la prima volta la <strong>propaganda</strong> italiana<br />

accennò pers<strong>in</strong>o a una qualche forma di autonomia per la Libia; a dicembre al-Waqt, con un<br />

articolo dal pomposo titolo “Come l’Italia riacquista il suo Antico Impero Romano<br />

ricostituendo regni ed elaborando leggi sulla base dell’<strong>in</strong>dipendenza”, associò la fusione<br />

amm<strong>in</strong>istrativa della Libia, con logica discutibile, alla futura formazione di «un regno<br />

autonomo <strong>in</strong>ternamente colle sue leggi ed usi ma unito direttamente coll’Impero Italiano». In<br />

realtà, l’autonomia sarebbe consistita <strong>in</strong> pratica nella salvaguardia degli «usi, abitud<strong>in</strong>i,<br />

caratteri e leggi religiosi», come dire che la condizione della Libia non era dest<strong>in</strong>ata a mutare<br />

sostanzialmente, dal punto di vista politico 273 .<br />

Ogni sforzo di placare le polemiche cadde nel vuoto. Dopo che gli italiani erano<br />

faticosamente riusciti a racimolare qualche simpatia nel mondo arabo, sfruttando soprattutto il<br />

268 ASMAE, AE, B. 317, F. 5, Tel. 2598/568, Beirut 10 maggio 1938, Rassegna stampa, da Sawt al-Sha‘b, 6<br />

maggio 1938<br />

269 ACS, M<strong>in</strong>culpop, Gab., B. 15, F. 200, Sf. “Trasferimento di 20.000 coloni <strong>in</strong> Libia”, Tel. 13567gab, (92c),<br />

Roma 8 ottobre 1938, “Urgentissimo. Appunto per l’On.le Direzione Generale della Stampa Estera”<br />

270 ASMAE, AE, B. 317, F. 5, Tel. 6123/1317, Beirut 16 novembre 1938, Rassegna stampa, da Bayrut, 8<br />

novembre 1938<br />

271 ASMAE, AE, B. 317, F. 5, Tel. 1819, Aleppo 15 novembre 1938, Rassegna stampa, da al-Jihad, 7 novembre<br />

1938<br />

272 ASMAE, AE, B. 317, F. 5, Tel. 6123/1317, Beirut 16 novembre 1938, Rassegna stampa, p. 2<br />

273 ASMAE, AE, B. 317, F. 5, Tel. 2005, Aleppo 15 dicembre 1938, Rassegna stampa, da al-Waqt, 8 dicembre<br />

1938

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