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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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andando <strong>in</strong> onda contemporaneamente e smentendone le notizie tendenziose; lo stabilimento<br />

di rapporti più stretti fra gli uffici stampa britannici e i giornalisti locali, obbligando questi<br />

ultimi a pubblicare degli articoli che ribattessero alla <strong>propaganda</strong> italiana; <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, si progettava<br />

di espellere gli agenti italiani dalla Palest<strong>in</strong>a, facendo ritrovare <strong>in</strong> casa loro armi e munizioni,<br />

per poi denunciarli alle autorità 101 . A novembre, il colpo di stato militare <strong>in</strong> Iraq, nel quale si<br />

sospettava l’attivo co<strong>in</strong>volgimento della Germania, contribuì a rendere la Gran Bretagna<br />

ancora più <strong>in</strong>sicura delle proprie posizioni nel Vic<strong>in</strong>o Oriente, e ad accrescerne ulteriormente<br />

le preoccupazioni verso l’attività delle due potenze fasciste. Proprio il fatto che gli <strong>in</strong>glesi<br />

attribuissero alle manovre italo-tedesche, <strong>in</strong> maniera piuttosto ottusa, la crisi della loro<br />

<strong>in</strong>fluenza nella regione, contribuiva paradossalmente ad amplificare la portata ed il successo<br />

della <strong>propaganda</strong> italiana. Come constatava un rapporto <strong>in</strong>terno del M<strong>in</strong>istero degli Esteri, «i<br />

risultati raggiunti <strong>–</strong> tali quali sono valutati <strong>in</strong> Inghilterra <strong>–</strong> potendo ritenersi<br />

proporzionalmente superiori ai mezzi da noi effettivamente impiegati, specialmente <strong>in</strong> alcuni<br />

settori, dimostrano come <strong>in</strong> realtà i Paesi arabi del Levante rispondono, almeno per il<br />

momento, anche oltre quelle che potrebbero essere le nostre aspettative» 102 . Nel dicembre<br />

1937, il consolato a Gerusalemme osservava compiaciuto che la diffusione tra le masse arabe<br />

delle «convulsioni <strong>in</strong>glesi» sulla “pretesa” <strong>propaganda</strong> italiana <strong>in</strong> Palest<strong>in</strong>a moltiplicavano<br />

efficacemente «una vera ed economica <strong>propaganda</strong>», che la reazione ebraica a sua volta<br />

accresceva ancora e che risultava utilissima. Secondo Mazzol<strong>in</strong>i, era del tutto falsa l’accusa<br />

che i religiosi italiani facessero opera anti-<strong>in</strong>glese, e che fossero stati distribuiti gratuitamente<br />

agli arabi apparecchi radio; si trattava di scomposti tentativi di deviare la diagnosi dei mali<br />

della Terrasanta. Lo stesso rapporto della commissione Peel aveva def<strong>in</strong>ito un “vecchio<br />

errore” l’accusa all’Italia di essere la causa dei disord<strong>in</strong>i <strong>in</strong> Palest<strong>in</strong>a. Ma, nonostante le<br />

frizioni che causava, la <strong>propaganda</strong> <strong>in</strong> Palest<strong>in</strong>a era un «mezzo troppo efficace e tagliente»<br />

perché vi si r<strong>in</strong>unciasse senza delle contropartite 103 . Il suo valore, al tavolo delle trattative, era<br />

proporzionale al grande peso che le davano i britannici. Proprio per questo, la sua <strong>in</strong>tensità<br />

raggiunse l’apice a ridosso della firma degli accordi di Pasqua.<br />

Gli italiani, comunque, non cercavano la rottura con la Gran Bretagna; ciò che<br />

desideravano era il pieno riconoscimento dei loro <strong>in</strong>teressi e della loro posizione nel<br />

Mediterraneo. In un colloquio con il capo del Dipartimento Orientale del Foreign Office,<br />

Rendel, l’ambasciatore a Londra D<strong>in</strong>o Grandi assicurò che l’Italia non aveva mire<br />

espansionistiche italiane nel mondo arabo, come dimostravano i recenti discorsi di Mussol<strong>in</strong>i,<br />

Lessona e Ciano. Il Foreign Office doveva capire «una volta per tutte, che l’Italia è, non meno<br />

dell’Inghilterra, una grande Potenza <strong>islamica</strong>, e che ha un vitale <strong>in</strong>teresse a mantenere una<br />

posizione di prestigio e una «buona stampa» nel mondo arabo. Se alcune correnti di simpatia<br />

e ammirazione verso l’Italia, destatesi fra gli arabi durante la campagna etiopica, o ad essa<br />

preesistenti, avevano assunto carattere anti-<strong>in</strong>glese nelle circostanze politiche del momento, di<br />

ciò l’Italia non aveva colpa alcuna. Era d’altra parte logico e giusto che l’Italia cercasse di<br />

conservarsi queste correnti di simpatia, ed anzi di svilupparle e ampliarle. Ma non certo <strong>in</strong><br />

senso antibritannico», purché l’Inghilterra ammettesse la possibilità «di far convivere, nei<br />

Paesi arabi, la propria <strong>in</strong>fluenza con quella italiana». Secondo Grandi, le due «propagande»<br />

italiana e <strong>in</strong>glese potevano convivere pacificamente, senza destare sospetti e tensioni<br />

reciproche 104 . Dietro i toni apparentemente concilianti, l’Italia stava chiedendo, di fatto, di<br />

essere posta su un piede di parità con la Gran Bretagna nel Mediterraneo.<br />

101<br />

ACS, M<strong>in</strong>culpop, DGPE, B. 170, F. “Palest<strong>in</strong>a 1938”, Tel. 221191/c, 16 luglio 1937, il MAE al M<strong>in</strong>culpop,<br />

<strong>in</strong> riferimento a una comunicazione del consolato a Gerusalemme del 30 giugno<br />

102<br />

“L’Ufficio di Gab<strong>in</strong>etto al M<strong>in</strong>istro degli Esteri, Ciano”, Roma 6 marzo 1937, <strong>in</strong> DDI, 8° Serie, Vol. VI, 250,<br />

p. 305<br />

103<br />

ACS, M<strong>in</strong>culpop, DGPE, B. 170, F. “Palest<strong>in</strong>a 1938”, Tel. 200196/4, 4 (?) gennaio 1938, il MAE al<br />

M<strong>in</strong>culpop, <strong>in</strong> riferimento a una comunicazione del consolato a Gerusalemme del 26 dicembre 1937<br />

104<br />

“L’Ambasciatore a Londra, Grandi, al M<strong>in</strong>istro degli Esteri, Ciano”, Londra 4 giugno 1937, <strong>in</strong> DDI, 8° Serie,<br />

Vol. VI, 692, p. 898<br />

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