politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
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ad accelerare l’iter del trattato, fece temere ai cristiani che la s<strong>in</strong>istra non li avrebbe<br />
adeguatamente protetti, per via del suo atteggiamento diffidente verso la religione. Per gli<br />
italiani, i tentativi di penetrazione nel Levante divennero perciò tutt’uno con la lotta<br />
ideologica contro il bolscevismo, nemico della tradizione e di tutte le religioni. Il Fronte<br />
Popolare veniva dip<strong>in</strong>to come il servo dell’Unione Sovietica <strong>in</strong> Europa occidentale. I Francesi<br />
osservavano, con un misto di <strong>in</strong>credulità e irritazione, la doppia <strong>politica</strong> italiana nel Levante,<br />
diretta contemporaneamente verso i musulmani e le m<strong>in</strong>oranze cristiane. Da un lato, la<br />
<strong>propaganda</strong> <strong>fascista</strong> <strong>in</strong>coraggiava il panarabismo, dall’altro usava argomenti opposti nel<br />
tentativo di conquistare l’appoggio delle m<strong>in</strong>oranze cristiane, <strong>in</strong>sistendo sull’<strong>in</strong>evitabile<br />
decl<strong>in</strong>o della Francia e sul suo prossimo abbandono del Vic<strong>in</strong>o Oriente. L’Italia si dichiarava<br />
<strong>in</strong>tenzionata ad assumere la missione di protezione delle m<strong>in</strong>oranze <strong>siria</strong>ne e libanesi, lasciata<br />
vacante dalla Francia. «Questi due atteggiamenti sono evidentemente contraddittori», scriveva<br />
il delegato Meyrier, «ma nella fattispecie la <strong>propaganda</strong> italiana non si cura della logica. Si<br />
tratta, eccitando alla bisogna degli elementi passionali opposti, di costituirsi una clientela nei<br />
due campi. È sempre facile attizzare le passioni quando non si ha la responsabilità di<br />
mantenere l’ord<strong>in</strong>e» 192 .<br />
All’<strong>in</strong>izio del 1936, con la guerra d’Etiopia <strong>in</strong> corso e l’esplosione delle proteste<br />
nazionaliste, gli italiani tornarono ad <strong>in</strong>teressarsi alla figura del Patriarca maronita ‘Arida.<br />
Quest’ultimo si era fatto portavoce della protesta del Monte Libano contro il ristabilimento<br />
del monopolio dei tabacchi, scatenando un contrasto senza precedenti fra la comunità<br />
maronita e la Francia, che venne abilmente sfruttato dal Blocco Nazionale <strong>siria</strong>no e da Riyad<br />
al-Sulh per i loro <strong>in</strong>teressi politici 193 . Il Patriarca, ostile a De Martel per ragioni personali,<br />
rifiutava qualsiasi collaborazione con i francesi per favorire l’ord<strong>in</strong>e, ed evitare che le<br />
agitazioni si estendessero al Libano. Lo stesso Delegato Apostolico Giann<strong>in</strong>i era apparso<br />
irritato, per la sua tendenza ad occuparsi spesso e volentieri di questioni non religiose.<br />
Secondo De Cicco, non si trattava di una vera novità: tradizionalmente, il Patriarca maronita<br />
aveva sempre rappresentato anche una guida civile per i libanesi, e i francesi non se ne erano<br />
certo lamentati, f<strong>in</strong>ché tale figura era servita a favorire la <strong>politica</strong> mandataria. Ma ora, ‘Arida<br />
solidarizzava apertamente con i <strong>siria</strong>ni, sp<strong>in</strong>gendosi f<strong>in</strong>o a <strong>in</strong>viare il suo Vicario a Damasco ad<br />
offrire conforto ai feriti ed ai deportati, tutti musulmani. Un giornalista, ad Aleppo, era stato<br />
aggredito da un musulmano per aver criticato il Patriarca. Insomma, si stava diffondendo una<br />
solidarietà fra cristiani e musulmani che non aveva precedenti, e che costituiva una m<strong>in</strong>accia<br />
per la tradizionale <strong>politica</strong> di divisione della Francia. De Cicco era conv<strong>in</strong>to che tale<br />
solidarietà fosse dest<strong>in</strong>ata a frantumarsi <strong>in</strong> futuro, ma <strong>in</strong>tanto era una buona cosa, per l’Italia,<br />
che i francesi sentissero franare il terreno sotto ai loro piedi 194 . I francesi protessero comunque<br />
‘Arida dalle manovre di Giann<strong>in</strong>i e di ‘Abd Allah al-Khuri, che ne avrebbe voluto prendere il<br />
posto, perché erano conv<strong>in</strong>ti <strong>–</strong> sembra erroneamente <strong>–</strong> che al-Khuri fosse legato agli<br />
italiani 195 . In realtà, De Cicco <strong>in</strong>coraggiava l’azione <strong>politica</strong> del Patriarca. Scrisse che non<br />
bisognava farsi troppe illusioni, poiché ‘Arida non era realmente anti-mandatario o antifrancese,<br />
ma detestava solamente l’Alto Commissario De Martel, e il “fronte unico” con i<br />
nazionalisti era nato solamente nel tentativo di mobilitare tutti gli oppositori a quest’ultimo, e<br />
sp<strong>in</strong>gere la Francia a sostituirlo 196 . Ma <strong>in</strong> ogni caso, era nell’<strong>in</strong>teresse degli italiani<br />
<strong>in</strong>coraggiare il Patriarca nella sua opposizione alla Francia, nella speranza di complicare le<br />
trattative franco-<strong>siria</strong>ne <strong>in</strong>serendovi anche la questione libanese. A marzo, il governo italiano<br />
192<br />
CADN, Syrie-Liban, DP, 629, N° 874, Beirut 15 settembre 1937, il delegato generale dell’Alto Commissario,<br />
Meyrier, al m<strong>in</strong>istro degli Esteri, Delbos<br />
193<br />
M. Zamir, Lebanon’s Quest, cit., p. 167<br />
194<br />
ASMAE, AP, Siria 13, Tel. 6/5, Beirut 28 gennaio 1936, De Cicco al MAE<br />
195<br />
M. Zamir, Lebanon’s Quest, cit., p. 172<br />
196<br />
ASMAE, AP, Siria 13, Tel. 77/28, Beirut 21 gennaio 1936, De Cicco al MAE<br />
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