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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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202<br />

6.5 - Le difficoltà delle scuole italiane<br />

Gli scioperi di gennaio, a Damasco, videro una larga adesione degli studenti, che si<br />

astennero dalle lezioni, e parteciparono attivamente alla mobilitazione nazionalista. I<br />

turbolenti eventi dell’<strong>in</strong>izio del 1936 misero <strong>in</strong> difficoltà le scuole italiane, che faticosamente<br />

cercavano di guadagnare terreno <strong>in</strong> Libano e Siria. Se, da un lato, una simile agitazione contro<br />

la potenza mandataria poteva offrire qualche opportunità all’attività italiana, dall’altro<br />

bisognava evitare di allarmare i francesi <strong>in</strong> un momento così delicato. Il console a Damasco,<br />

pur vedendo di buon occhio l’agitazione antifrancese, consigliò al direttore della scuola<br />

commerciale, Sesta, di assumere un atteggiamento imparziale, per evitare problemi con le<br />

autorità, che avrebbero potuto chiudere l’istituto con il pretesto dell’ord<strong>in</strong>e pubblico 123 .<br />

L’ampiezza dell’adesione degli studenti agli scioperi era tale che un «atteggiamento<br />

grettamente scolastico di rigore» non avrebbe migliorato la situazione, ma anzi avrebbe fatto<br />

perdere molte simpatie agli italiani. Ma, poiché le autorità francesi si erano rivolte alle scuole<br />

esortando provvedimenti discipl<strong>in</strong>ari contro gli scioperanti, il direttore Sesta aveva adottato,<br />

ufficialmente, una l<strong>in</strong>ea di estremo rigore, che nella realtà veniva applicata <strong>in</strong> maniera molto<br />

elastica. Ai professori, che <strong>in</strong>timamente simpatizzavano con le lotte nazionali, Sesta aveva<br />

fatto presente la necessità di non compromettere la scuola, e di attenuare le conseguenze<br />

negative degli scioperi. La situazione avrebbe anche potuto offrire agli italiani la possibilità di<br />

attrarre nelle loro scuole nuovi studenti, se vi fosse stato un esodo dalle scuole governative e<br />

francesi, ma al momento non era possibile lavorare attivamente a questo scopo. Da un lato, la<br />

scuola commerciale non offriva ai giovani <strong>siria</strong>ni sbocchi concreti, equivalenti a quelli delle<br />

scuole statali. Dall’altro, la Francia aveva bisogno del consenso della popolazione, vista la<br />

situazione <strong>in</strong>ternazionale, ed era probabile che presto avrebbe cercato di soddisfare le richieste<br />

<strong>siria</strong>ne 124 . Lo stato di agitazione non sembrava, perciò, dest<strong>in</strong>ato a durare.<br />

Secondo il direttore Sesta, gli scioperi avevano causato la chiusura di gran parte delle<br />

scuole statali della Siria, mentre quelle private, compresa la scuola commerciale italiana,<br />

portavano avanti la loro attività con un numero di studenti estremamente ridotto. Il secondo<br />

semestre, che aveva co<strong>in</strong>ciso prima con il Ramadan e qu<strong>in</strong>di con due mesi di sciopero, era<br />

stato praticamente soppresso. Tornata la situazione alla normalità, ci si trovava ora di fronte a<br />

un problema “politico”, quello «dell’atteggiamento spirituale e discipl<strong>in</strong>are della scolaresca».<br />

Vi erano dei segnali importanti di mutamento, dal punto di vista italiano. All’<strong>in</strong>izio dell’anno,<br />

con grave disappunto del direttore, gli studenti si erano mostrati assai restii ad adottare il<br />

saluto romano; ma, quando la gioventù <strong>siria</strong>na aveva sentito il bisogno di organizzarsi, tutti<br />

quanti <strong>–</strong> anche gli studenti delle scuole governative <strong>–</strong> l’avevano fatto proprio, e vi erano state<br />

manifestazioni <strong>in</strong> favore dell’Italia davanti al consolato. Dopo la vittoria dei nazionalisti, una<br />

«grandiosa dimostrazione f<strong>in</strong>ale, con gli studenti <strong>in</strong> testa al corteo», fu omaggiata dalla folla<br />

col saluto romano. Ormai si lavorava a organizzare la gioventù sul modello <strong>fascista</strong>, mentre<br />

nelle scuole veniva adottato il saluto romano alla bandiera. Questi sviluppi, apparentemente<br />

positivi, nascondevano però un problema; gli studenti, <strong>in</strong>fatti, si erano organizzati <strong>in</strong> maniera<br />

autonoma, e dopo la vittoria non mostravano più alcun rispetto verso i professori, che non<br />

avevano partecipato con loro agli scioperi per timore di perdere il posto. Avevano costituito<br />

un comitato che dettava le sue condizioni a tutte le scuole di Damasco, e allo stesso M<strong>in</strong>istero<br />

dell’Istruzione, divenendo di fatto la più alta autorità scolastica della città. Il comitato aveva<br />

un rappresentante <strong>in</strong> ogni classe delle scuole secondarie e dell’università, e per ogni scuola<br />

aveva un presidente, «vigile supremo, di fronte al corpo <strong>in</strong>segnante, sugli <strong>in</strong>teressi della<br />

scolaresca»:<br />

123 ASMAE, AP, Siria 15, Tel. 322/56 A/86, Damasco 4 febbraio 1936, il consolato al MAE<br />

124 ASMAE, AP, Siria 15, Tel. 674/100, Damasco 28 febbraio 1936, Lo Savio al MAE

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