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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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L’Italia aveva il diritto di aprire nuove scuole a suo piacimento, limitandosi, come aveva<br />

sempre fatto, a darne comunicazione alle autorità 56 . Nel frattempo, Caruso <strong>in</strong>formò il delegato<br />

Lavastre che la nuova scuola commerciale di Damasco era già <strong>in</strong> attività. F<strong>in</strong>o a che non si<br />

fosse chiarita la questione sollevata da De Cicco presso l’Alto Commissario, <strong>in</strong>fatti, il suo<br />

direttore non avrebbe avviato le pratiche richieste dal decreto del <strong>1932</strong> per la sua apertura. Il<br />

delegato, sorpreso che la scuola fosse già <strong>in</strong> funzione, disse chiaramente a Caruso che lo<br />

scopo dei regolamenti approvati era di limitare l’apertura di nuove scuole straniere, f<strong>in</strong> troppo<br />

numerose nel paese. Il console rispose che era appunto questo il motivo delle obiezioni<br />

italiane, dato che l’accordo del 1923 garantiva all’Italia completa libertà <strong>in</strong> materia 57 .<br />

De Martel rispose a De Cicco con una nota <strong>in</strong> cui osservava, ironico, che la pretesa italiana<br />

di avere diritto a un “regime d’eccezione” <strong>in</strong> base all’accordo del 1923 andava contro lo<br />

spirito del Mandato (si ricordi la posizione <strong>in</strong>transigente dell’Italia sull’uguaglianza fra le<br />

Potenze nei mandati <strong>in</strong>ternazionali). I francesi non avevano chiaramente alcuna <strong>in</strong>tenzione di<br />

cedere sulla questione, e di concedere agli italiani la facoltà di aprire liberamente nuove<br />

scuole. De Cicco riteneva che il massimo a cui si sarebbe giunti sarebbe stato un “modus<br />

vivendi”, che potesse accontentare entrambe le parti, ma senza risolvere la questione <strong>in</strong> modo<br />

def<strong>in</strong>itivo 58 . Il M<strong>in</strong>istero gli ord<strong>in</strong>ò di non <strong>in</strong>sistere sul concetto di “regime eccezionale”, ma<br />

di ribadire che la Francia non aveva il diritto di opporsi all’apertura di nuove scuole italiane, e<br />

che, per le esigenze di ord<strong>in</strong>e pubblico e buona amm<strong>in</strong>istrazione, menzionate dei decreti<br />

dell’Alto Commissario, era garanzia sufficiente la semplice comunicazione della loro apertura<br />

da parte del consolato italiano 59 . De Martel diede assicurazioni verbali sul fatto che le autorità<br />

non avrebbero opposto difficoltà all’apertura delle nuove scuole, qualora fosse stata richiesta<br />

l’autorizzazione preventiva, ma il MAE non ritenne sufficienti queste vaghe garanzie, né era<br />

disposto a cedere sul pr<strong>in</strong>cipio che gli italiani non dovevano chiedere alcunché alle autorità<br />

francesi. Venne proposta allora la seguente formula di compromesso: «il Console, nella cui<br />

circoscrizione debba aprirsi una nuova scuola, ne notifica l’apertura alle competenti Autorità<br />

francesi. Queste richiedono, pel tramite del Console, alla Direzione tutti i dati contemplati nel<br />

decreto N.129, meno, ben <strong>in</strong>teso, la domanda. Se i dati forniti rispondono a quelli richiesti dal<br />

Decreto, l’Alto Commissariato rilascia l’autorizzazione d’apertura. In caso contrario, chiede<br />

le modifiche necessarie per uniformarsi alle disposizioni del Decreto. Avvenute tali<br />

modifiche, rilascia l’autorizzazione». Il sistema, già adottato <strong>in</strong> occasione dell’apertura della<br />

scuola “Roma” ad Aleppo, tutelava gli <strong>in</strong>teressi francesi, senza menomare i diritti riconosciuti<br />

all’Italia con l’accordo del 1923 60 . L’accordo f<strong>in</strong>almente raggiunto poco dopo accoglieva, con<br />

pochi aggiustamenti, quest’ultima proposta; <strong>in</strong> pratica, gli italiani accettavano di fornire tutti i<br />

dati previsti dal decreto, ma senza fare una esplicita richiesta di apertura. La soluzione, per<br />

quanto fosse un laborioso e provvisorio compromesso, aveva per gli italiani il vantaggio di<br />

lasciare le cose immutate nella sostanza 61 .<br />

La scuola italiana “Roma” ad Aleppo era entrata <strong>in</strong> funzione contemporaneamente alla<br />

scuola commerciale di Damasco. L’<strong>in</strong>iziativa era stata presa <strong>in</strong> seguito ad un appunto del<br />

console Rossi, che a luglio aveva scritto alla Direzione degli Italiani all’Estero, lamentando<br />

che la città fosse stata trascurata dall’attività di espansione italiana. L’unica istituzione italiana<br />

locale era un «m<strong>in</strong>uscolo ospedale» con circa 20 posti letto, per una città di 300.000 abitanti.<br />

Ciò era avvenuto per vari motivi: la conv<strong>in</strong>zione che Aleppo fosse troppo distante dai porti<br />

d’accesso del Levante, il decl<strong>in</strong>o commerciale della città, e l’idea errata che il carattere della<br />

56 ASMAE, AP, Siria 10, Tel. 1562, Beirut 6 ottobre 1934, De Cicco a Lagarde<br />

57 ASMAE, AP, Siria 10, Tel. 1351 A/86., Damasco 19 ottobre 1934, Caruso al consolato di Beirut<br />

58 ASMAE, AP, Siria 12, Tel. 1969/556, Beirut 7 dicembre 1934, De Cicco al MAE<br />

59 ASMAE, AP, Siria 12, Tel. 240645/C, Roma 22 dicembre 1934<br />

60 ASMAE, AP, Siria 12, “Regime scuole italiane <strong>in</strong> Siria”, l’Ufficio Aff. Pol. III (Giovanni Battista<br />

Guarnaschelli?) al consolato a Beirut, senza data (risposta al Tel. n. 40, 22 dicembre 1934, dal consolato a<br />

Beirut)<br />

61 ASMAE, AP, Siria 12, Tel. 465/126, Beirut 19 marzo 1935, De Cicco al MAE

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