politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
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nell’analizzare la situazione scolastica della regione, osservava che le scuole religiose<br />
andavano perdendo il loro primato, soprattutto nelle realtà urbane, tanto che la Francia aveva<br />
com<strong>in</strong>ciato da tempo ad affiancare le sue scuole laiche a quelle missionarie, e anche<br />
l’Università Americana di Beirut, la scuola più ricca e forte del Levante, era «laica e<br />
protestante». L’Italia doveva dunque istituire a Beirut, Damasco ed Aleppo delle scuole laiche<br />
e Regie, «dal ritmo <strong>fascista</strong>, scuole organiche, complete, dallo spirito veramente r<strong>in</strong>novatore e<br />
moderno» 45 .<br />
I rappresentanti italiani, <strong>in</strong>fatti, erano tutt’altro che entusiasti dell’attività delle scuole<br />
missionarie, <strong>in</strong> particolare per quanto riguardava i Carmelitani. Nel luglio 1933 Padre<br />
Franceschetti, Superiore della Missione Carmelitana a Tripoli, chiese a Caruso <strong>–</strong> <strong>in</strong> questo<br />
momento vice console a Tripoli <strong>–</strong> un contributo di 500.000 lire al M<strong>in</strong>istero, per mettere<br />
un’ipoteca sui beni della Missione <strong>in</strong> Siria e Libano, a favore di un Ente italiano. In tal modo,<br />
nel caso <strong>in</strong> cui il Superiore Generale dei Carmelitani, o il Delegato Apostolico, fossero stati<br />
sostituiti con dei non italiani, sarebbe stata garantita <strong>in</strong> ogni caso l’italianità di tali beni.<br />
Caruso affermava:<br />
La Scuola Italiana dei Padri Carmelitani non è attualmente degna dell’Italia Nuova, di Tripoli stessa e<br />
delle altre istituzioni italiane; ed, <strong>in</strong> avvenire, anche se più decorosamente sistemata nei locali,<br />
difficilmente essa potrà rispondere allo scopo, come lo potrebbe una Scuola tenuta da altri Padri più colti,<br />
o addirittura da laici, se fosse possibile impiantare una Scuola laica.<br />
I Padri Carmelitani hanno scarsissima cultura e scarsa attitud<strong>in</strong>e all’<strong>in</strong>segnamento.<br />
Ci vorrebbero, qui, migliori maestri ed i laici sarebbero <strong>in</strong>dubbiamente anche più accetti alla popolazione<br />
locale, che è mussulmana nella sua maggioranza assoluta (40 mila mussulmani circa, su circa 52.000<br />
abitanti).<br />
La questione dell’italianità dei loro beni era tuttavia fondata; ma, essendo il valore<br />
complessivo di tali proprietà di circa quattro milioni di lire, solo un’ipoteca superiore ai due<br />
milioni poteva effettivamente scongiurare l’eventualità che una potenza rivale se ne<br />
impadronisse. Bisognava dunque conv<strong>in</strong>cere i Padri a concedere un’ipoteca maggiore,<br />
altrimenti l’<strong>in</strong>tervento italiano si sarebbe trasformato <strong>in</strong> una semplice sovvenzione. Ma Padre<br />
Franceschetti aveva manifestato il timore che, <strong>in</strong> questo modo, la sua Missione si sarebbe<br />
ritrovata a dipendere eccessivamente dalla benevolenza del governo italiano. Caruso<br />
rimarcava che, f<strong>in</strong> dall’immediato dopoguerra, i Carmelitani ricevevano una sovvenzione<br />
annua di 117.000 Lire, cui si aggiungeva la fornitura gratuita di tutto il materiale scolastico da<br />
parte del M<strong>in</strong>istero, per garantire il funzionamento di 7 scuole; questo contributo era già, di<br />
per sé, una garanzia <strong>politica</strong>. Qu<strong>in</strong>di, suggeriva di negare le 500.000 Lire, e di f<strong>in</strong>anziare<br />
l’ipoteca soltanto se i Carmelitani ne avessero accettato un ammontare superiore ai due<br />
milioni; <strong>in</strong> caso contrario, con meno di un milione si sarebbe potuta aprire una scuola laica<br />
assai migliore 46 . De Cicco, da Beirut, pur riconoscendo i meriti dei Carmelitani, che avevano<br />
tenuto «una fiaccola di italianità» nel nord del Libano <strong>in</strong> tempi difficili, concordava con<br />
Caruso, sia riguardo alla concessione della somma, che alla qualità del loro <strong>in</strong>segnamento:<br />
«manca alle scuole dei Carmelitani, più che alle altre, il “tono” e lo “stile”» 47 . Un anno dopo,<br />
De Cicco tornava a criticare i missionari per i loro “atteggiamenti”; non solo essi svolgevano<br />
«opera d’italianità nelle Scuole con eccesso di prudenza», tanto che il console aveva dovuto<br />
imporre loro, su ord<strong>in</strong>e del M<strong>in</strong>istero, l’uso dell’italiano come l<strong>in</strong>gua ufficiale, ma svolgevano<br />
<strong>in</strong> maniera attiva un’opera di “reclutamento” fra gli alunni, facendo pressioni sui giovani<br />
aff<strong>in</strong>ché abbracciassero la vita religiosa. Per il console era <strong>in</strong>tollerabile che una scuola<br />
45 ASMAE, AP, Siria 7, Tel. 1893/585, Beirut 21 novembre 1933, De Cicco al m<strong>in</strong>istro degli Esteri, Mussol<strong>in</strong>i<br />
46 ASMAE, AP, Siria 7, Tel. 214, Tripoli di Siria, 6 luglio 1933, il vice console, Caruso, a De Cicco<br />
47 ASMAE, AP, Siria 7, Tel. 1057/340, Beirut 8 luglio 1933, De Cicco al MAE, Direzione Generale per gli<br />
Italiani all’Estero