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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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Siria e Libano fosse stata affidata a Giacomelli, uomo di fiducia di Par<strong>in</strong>i, e Presidente<br />

dell’Unione Fascista dei Combattenti. Due giorni dopo la visita di Par<strong>in</strong>i, a sottol<strong>in</strong>eare la<br />

forza e la coesione della comunità italiana levant<strong>in</strong>a, nella casa di campagna di proprietà del<br />

Fascio di Beirut si tenne una festa a cui parteciparono 900 persone, tra italiani e giovani<br />

allievi delle scuole italiane. Oltre al console a Beirut, erano presenti anche i suoi colleghi di<br />

Tripoli, Damasco ed Aleppo 14 .<br />

Il viaggio di Par<strong>in</strong>i nel Levante venne considerato dalla Francia come un’aperta<br />

provocazione, a partire dalle questioni di forma: esso era avvenuto, <strong>in</strong>fatti, senza che<br />

venissero presi contatti con le autorità francesi. L’ambasciatore francese a Roma fu <strong>in</strong>caricato<br />

di segnalare discretamente a Palazzo Chigi che le frequenti visite di personalità italiane nel<br />

Mandato avrebbero dovuto essere annunciate alle autorità francesi, le quali <strong>in</strong>vece venivano<br />

sistematicamente ignorate; fatto che era suscettibile di m<strong>in</strong>are il prestigio della potenza<br />

mandataria fra la popolazione locale 15 . Ma era solo uno fra i tanti atteggiamenti di sfida da<br />

parte degli italiani, che si comportavano come se fossero <strong>in</strong> casa propria, ed ostentavano la<br />

loro scarsa considerazione per le autorità mandatarie. Già da tempo, i francesi avevano<br />

rilevato che il console De Cicco ed i suoi ausiliari si mostravano apertamente ostili e critici<br />

verso la Francia e la sua amm<strong>in</strong>istrazione, nella speranza di riscuotere simpatie negli ambienti<br />

locali. Il console aveva cercato <strong>in</strong>utilmente di promuovere l’immag<strong>in</strong>e dell’Italia, tanto fra i<br />

maroniti che fra i nazionalisti <strong>siria</strong>ni 16 . L’abitud<strong>in</strong>e degli italiani di sfilare <strong>in</strong> camicia nera <strong>in</strong><br />

occasione di qualsiasi cerimonia pubblica, e pers<strong>in</strong>o ai funerali, era sempre più diffusa. Poiché<br />

la mancanza di reazione delle autorità francesi rischiava di apparire come un segno di<br />

debolezza agli occhi della popolazione, De Martel decise di regolamentare con un<br />

provvedimento le sfilate <strong>in</strong> uniforme 17 . Il 4 luglio, l’Alto Commissario emanò un decreto<br />

riguardante l’attività delle associazioni giovanili a carattere sportivo, allo scopo dichiarato di<br />

impedire che esse celassero delle organizzazioni politiche che agivano contro le autorità<br />

mandatarie. Secondo gli italiani, il provvedimento era mirato pr<strong>in</strong>cipalmente contro le<br />

associazioni di scout musulmani, ma per il suo carattere generale co<strong>in</strong>volgeva anche le<br />

associazioni italiane 18 ; <strong>in</strong> realtà, come dimostra il rapporto di De Martel del 15 giugno 19 ,<br />

l’obiettivo erano proprio queste ultime. Non riscontrando contraddizioni con gli accordi italofrancesi,<br />

né trovando scappatoie legali, il MAE dovette ord<strong>in</strong>are a De Cicco che le<br />

associazioni italiane si adeguassero al decreto 20 . La questione fu causa di qualche imbarazzo<br />

per l’Italia, a causa della scarsa prudenza del console e degli uom<strong>in</strong>i a lui vic<strong>in</strong>i. Secondo<br />

l’Alto Commissario, De Cicco aveva cercato di sfruttare la situazione per offrire il suo<br />

appoggio contro il decreto al capo dei boy scout musulmani di Beirut, Muhyi al-D<strong>in</strong> al-<br />

Nusuli, <strong>in</strong> cambio della sua adesione alle organizzazioni fasciste. Quest’ultimo non solo aveva<br />

rifiutato, ma aveva riferito tutto quanto alle autorità francesi 21 . Al-Nahar rese pubblica la<br />

vicenda, con un articolo di cui De Cicco chiese l’immediata smentita. Il giornale allora<br />

rettificò la notizia con una precisazione, che non cambiava la sostanza dell’accusa: «il<br />

Console d’Italia ha ragione di dire che né lui né alcuno dei suoi collaboratori hanno mai<br />

cercato di prendere contatto con gli Scauts [sic] Mussulmani. Infatti chi si è <strong>in</strong>dirizzato a noi a<br />

nome del Console non appartiene al Consolato d’Italia. È solo un partigiano del fascismo e<br />

probabilmente un agente <strong>fascista</strong>». Tale agente aveva anche <strong>in</strong>vitato il console a visitare<br />

l’accampamento degli scout a Sofar, ma De Cicco aveva rifiutato per non mostrarsi troppo<br />

14 LC, E-Levant, Syrie-Liban, 457, N° 169, Beirut 14 maggio 1934, De Martel al m<strong>in</strong>istro degli Esteri, Barthou<br />

15 LC, E-Levant, Syrie-Liban, 457, N° (828?), Parigi 31 maggio 1934, Barthou a de Chambrun<br />

16 LC, E-Levant, Syrie-Liban, 457, N° 136, Beirut 24 febbraio 1931, Ponsot a Briand, allegato “Les <strong>in</strong>stitutions<br />

italiennes et l’activité du Consul Général d’Italie au Liban”<br />

17 LC, E-Levant, Syrie-Liban, 457, N° 363, Beirut 15 giugno 1934, De Martel al m<strong>in</strong>istro degli Esteri, Barthou<br />

18 ASMAE, AP, Siria 10, L’ufficio Aff. Pol. III del MAE al consolato a Beirut, senza data né firma<br />

19 LC, E-Levant, Syrie-Liban, 457, N° 363, Beirut 15 giugno 1934, De Martel al m<strong>in</strong>istro degli Esteri, Barthou<br />

20 ASMAE, AP, Siria 10, L’ufficio Aff. Pol. III del MAE al consolato a Beirut, senza data né firma<br />

21 LC, E-Levant, Syrie-Liban, 457, N° 556, Beirut 3 agosto 1934, De Martel al m<strong>in</strong>istro degli Esteri, Barthou<br />

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