politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
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146<br />
denuncia, allorché esalta la rivolta dei popoli soggiogati contro i loro padroni, è la subord<strong>in</strong>azione<br />
dell’universo allo spirito unificatore del fascismo che sogna di sostituire. Non sono senza dubbio lezioni<br />
di collaborazione <strong>in</strong>ternazionale che voleva dare ai Congressisti facendoli ricevere dal “Comitato<br />
d’Azione per l’Universalità di Roma”, non più che facendoli accogliere con clamore all’Esposizione della<br />
Rivoluzione <strong>fascista</strong>. [...] Roma vorrà essere d’ora <strong>in</strong> poi l’ispiratrice e la guida, senza dubbio remunerata,<br />
della riconquista dell’Asia ad opera di se stessa 208 .<br />
Il console De Cicco sp<strong>in</strong>se con decisione aff<strong>in</strong>ché Roma desse un forte impulso all’attività<br />
di <strong>propaganda</strong> <strong>in</strong> Siria e Libano. Mostrandosi fortemente conv<strong>in</strong>to che il prestigio e<br />
l’<strong>in</strong>fluenza della Francia fossero entrate <strong>in</strong> una fase di decl<strong>in</strong>o irreversibile, sostenne che<br />
l’Italia aveva un’occasione preziosa per rafforzare le proprie posizioni; <strong>in</strong> caso contrario, ad<br />
approfittare della situazione sarebbero state delle potenze «non mediterranee» 209 . Un primo<br />
rapporto di De Cicco, a questo proposito è del novembre 1933. In esso si sosteneva che la<br />
Francia non aveva la forza di governare e sviluppare contemporaneamente i suoi dom<strong>in</strong>i, per<br />
cui il Levante si trovava <strong>in</strong> una situazione di miseria morale e materiale, trascurato dalla<br />
potenza da cui aveva sperato tanto. Il prestigio francese era ormai «una cosa che fu e che<br />
nessuno può salvare», e si poneva dunque il problema della “successione”: «successione nel<br />
senso ampio, non <strong>in</strong> quello particolare del Mandato, benché anche questa successione può, da<br />
un momento all’altro, aprirsi improvvisa». Anche nel caso (improbabile) di una completa<br />
<strong>in</strong>dipendenza degli stati del Levante, essi avrebbero pur sempre avuto bisogno dell’appoggio<br />
di una Potenza europea, che vi avrebbe avuto una posizione di privilegio. In attesa del<br />
«fatale» decl<strong>in</strong>o della posizione francese, «la Potenza che vorrà sostituirsi alla Francia deve<br />
s<strong>in</strong> da ora preparare il terreno, raccogliere tutto ciò che la Francia lascia giorno per giorno<br />
cadere, essere più pronta e più accorta della Francia, andare <strong>in</strong>contro alle necessità del Paese,<br />
<strong>in</strong>serirsi gradualmente nella successione s<strong>in</strong>o ad apparire l’erede legittima che l’eredità ha già<br />
raccolta». Le potenze candidate alla “successione” erano, oltre all’Italia, Gran Bretagna,<br />
Turchia e Germania. Il pericolo maggiore era quello britannico, data la «formidabile<br />
posizione» <strong>in</strong>glese nel Levante e nel Medio Oriente. La Turchia aspirava a riprendersi ciò che<br />
un tempo era suo, ma nonostante la sua <strong>in</strong>tensa attività <strong>in</strong> tale senso, aveva contro di sé tanto<br />
le masse cristiane quanto quelle musulmane, spaventate dal kemalismo che attaccava le loro<br />
tradizioni religiose. La Germania era un avversario più <strong>in</strong>sidioso, che stava cercando con<br />
successo di riguadagnare le posizioni dell’anteguerra, e poteva contare su due importanti<br />
fattori che le facevano guadagnare le simpatie dei <strong>siria</strong>ni: il suo ruolo tradizionale di<br />
antagonista della Francia, e la lotta di Hitler contro gli ebrei, accolta con entusiasmo dai<br />
musulmani. Ma l’Italia, nonostante «le deformazioni della stampa e della <strong>propaganda</strong><br />
avversa», aveva attualmente un prestigio senza precedenti:<br />
La massa <strong>in</strong>digena ha come la sensazione, direi quasi ist<strong>in</strong>tiva, che l’Italia <strong>fascista</strong> è qualcosa che si<br />
distacca non solo dall’Italia tradizionale, ma anche da tutte le altre nazioni moderne. Una forza nuova che<br />
giganteggia ogni giorno più e che s’impone, per la forza delle cose, all’attenzione del mondo. L’<strong>in</strong>digeno,<br />
sensibile ad ogni idea di forza e di grandezza, ne è soggiogato e si volge verso l’Italia con un sentimento<br />
misto di ammirazione e di rispetto e <strong>–</strong> perché non dirlo <strong>–</strong> di paura.<br />
Si va diffondendo da un certo tempo la voce che l’Italia succederà alla Francia nel Mandato. Gli ambienti<br />
e le masse sane, quella vasta parte, cioè, della popolazione che è stanca delle commedie politiche e che<br />
<strong>in</strong>tende lavorare e vivere, accolgono tale voce come quella della loro migliore speranza, mentre nei clan<br />
politici ed amm<strong>in</strong>istrativi, corrotti e parassitari, la sola idea di un mandato italiano terrifica.<br />
Questi due opposti modi di reagire di fronte alla voce del passaggio del mandato, sono, da sé soli,<br />
sufficienti a dimostrare che l’op<strong>in</strong>ione generale che si ha qui dell’Italia è quella di una Nazione seria e<br />
forte 210 .<br />
208<br />
LC, E-Levant, Syrie-Liban, 457, N° 402, 28 dicembre 1933, De Chambrun, a Paul-Boncour, 28 dicembre<br />
1933<br />
209<br />
ASMAE, AP, Siria 10, Tel. 234102/2105, 25 ottobre 1934, Promemoria per il Sottosegretariato Stampa e<br />
Propaganda, f.to Guarnaschelli<br />
210<br />
ASMAE, AP, Siria 10, Tel. 1825/556, Beirut 8 novembre 1933, De Cicco al MAE