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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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esitato a scaricarlo, una volta sciolto il nodo del trattato. Aveva qu<strong>in</strong>di preteso che l’eventuale<br />

offerta del trono di Siria gli venisse fatta per iscritto, da persone responsabili; ma, secondo<br />

l’<strong>in</strong>caricato d’affari italiano a Baghdad, egli stesso non sembrava confidare <strong>in</strong> una simile<br />

possibilità 188 .<br />

Poco tempo prima il console a Damasco, sulla base delle voci che circolavano <strong>in</strong> città,<br />

aveva segnalato che il ritorno <strong>in</strong> Siria non solo degli hashimiti, ma della monarchia <strong>in</strong> genere,<br />

appariva assai problematico. Fallita la possibilità di firmare il trattato con il governo<br />

repubblicano, i francesi avevano accarezzato l’idea di mettere al potere un re, con il quale le<br />

trattative sarebbero state forse più semplici. Gli aspiranti al trono erano, «forse, più numerosi<br />

degli abitanti del Paese», ma i nomi che venivano fatti con più <strong>in</strong>sistenza erano quello di ‘Ali,<br />

oltre che di due membri della sua stessa famiglia, l’emiro Zayd e l’attuale re Ghazi dell’Iraq;<br />

poi ‘Abbas Hilmi, ex re d’Egitto, l’emiro Faysal, figlio di Ibn Saud, e una serie di altri<br />

candidati meno probabili. A Damasco, il partito monarchico era assai scarsamente <strong>in</strong>fluente,<br />

nonostante l’Alif Ba’ fosse considerato il suo portavoce, tanto più che la morte di Re Faysal<br />

aveva elim<strong>in</strong>ato il candidato più forte. Inoltre, essendo il partito composto da elementi che<br />

godevano di scarsa stima fra i <strong>siria</strong>ni, esso sembrava più che altro nuocere alla causa degli<br />

hashimiti; tanto che, fra i nazionalisti, si era formata una corrente avversaria che avrebbe<br />

preferito vedere al trono il figlio di Ibn Saud, l’unico sovrano arabo di uno stato <strong>in</strong>dipendente.<br />

Il Re Faysal, prima di morire, aveva cercato di correre ai ripari, promuovendo la “Lega<br />

d’Azione Nazionale”, associazione che Caruso consigliava di seguire con attenzione perché i<br />

suoi pr<strong>in</strong>cipi sembravano ispirarsi, anche se «<strong>in</strong> maniera strana», al fascismo. In ogni caso,<br />

visto lo scarsissimo consenso per una monarchia Wahabita, ed ancor meno per ‘Abbas Hilmi,<br />

l’unica ipotesi possibile era quella di mettere al trono un hashimita; ma la Francia sapeva che<br />

<strong>in</strong> questo modo avrebbe favorito l’<strong>in</strong>fluenza britannica nella regione, e più o meno lo stesso<br />

sarebbe avvenuto mettendo al potere un figlio di Ibn Saud. Quanto ad ‘Abbas Hilmi, egli era<br />

fuori gioco perché creava forti imbarazzi con la corte egiziana, e perché era sostenuto dai<br />

turchi. Inf<strong>in</strong>e, bisognava chiedersi se la monarchia avrebbe consentito realmente di superare<br />

gli ostacoli al trattato: nessun sovrano avrebbe <strong>in</strong>fatti potuto conservare il potere, senza<br />

appoggiare con decisione le rivendicazioni nazionaliste. Per Caruso, <strong>in</strong>somma, l’ipotesi<br />

monarchica era assai remota, ed appariva piuttosto come un tentativo della Francia di «ridurre<br />

a più ragionevoli propositi l’attuale <strong>in</strong>transigenza nazionalista» 189 .<br />

Per prepararsi ad ogni eventualità, gli italiani cont<strong>in</strong>uarono comunque a coltivarsi le<br />

simpatie del candidato che consideravano più plausibile, l’ex re ‘Ali. «Se i francesi hanno<br />

giuocato Re Ali, ritengo però che se avranno bisogno di un Re dovranno ricorrere a lui. Non<br />

vedo nel mondo islamico altro personaggio adatto e di maggior prestigio di lui» 190 , era<br />

l’op<strong>in</strong>ione di Tritonj, che era <strong>in</strong>oltre conv<strong>in</strong>to che il regime repubblicano <strong>in</strong> Siria fosse<br />

dest<strong>in</strong>ato a crollare. A maggio del 1934 il Governo italiano <strong>in</strong>signì ‘Ali dell’onorificenza di<br />

Gran Cordone della Stella d’Italia, suscitando lo sprezzante commento di al-Difa‘ di<br />

Giaffa 191 . La proposta era venuta da Porta, rappresentante italiano a Baghdad, che sottol<strong>in</strong>eava<br />

quanto aveva fatto ‘Ali per la posizione italiana, <strong>in</strong> Iraq e non solo. Come scriveva Porta<br />

stesso, grazie ai buoni uffici di ‘Ali la sua <strong>in</strong>fluenza negli ambienti ufficiali iracheni era tale,<br />

che gli <strong>in</strong>glesi lo avevano sarcasticamente soprannom<strong>in</strong>ato “the little italian Lawrence”.<br />

Concedere qualche onorificenza ad ‘Ali e ai suoi collaboratori sarebbe stato utile alla causa<br />

italiana, con poca spesa: «abbiamo regalato un’auto al genero-nipote: possiamo ben dare una<br />

“patacca” allo suocero-zio!», argomentava con c<strong>in</strong>ismo Porta 192 . Poco tempo dopo, ‘Ali<br />

chiese agli italiani un prestito di 6.000 Lire, perché era rimasto sprovvisto di denaro per<br />

188 ASMAE, AP, Siria 9, Tel. 210707/C, Roma 31 marzo 1934, Aloisi all’Ambasciata italiana a Parigi<br />

189 ASMAE, AP, Siria 9, Tel. 341/62, Damasco 2 marzo 1934, Caruso al MAE<br />

190 ASMAE, AP, Siria 9, Lettera di Tritonj al m<strong>in</strong>istro degli Esteri Mussol<strong>in</strong>i, Roma 6 giugno 1934<br />

191 ASMAE, AP, Siria 9, Gerusalemme 16 maggio 1934, telegramma non firmato e non numerato (20/?)<br />

192 ASMAE, AP, Siria 9, Lettera manoscritta di Porta a Guarnaschelli, Baghdad 10 marzo 1934<br />

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