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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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presenti negli anni Venti 29 ; si trattava soprattutto di un tentativo di <strong>in</strong>fluire sulla gerarchia<br />

maronita, sfruttando i suoi legami con Roma. Ma questa “<strong>politica</strong> cristiana” si sarebbe<br />

sviluppata pienamente nel decennio successivo.<br />

Un rapporto dell’Alto Commissario francese, all’<strong>in</strong>izio del 1931, descriveva nel dettaglio<br />

le vicende delle istituzioni e della <strong>propaganda</strong> italiana a Beirut, a partire dalla presa del potere<br />

da parte di Mussol<strong>in</strong>i 30 . Beirut, oltre ad essere il cuore politico, economico e culturale del<br />

mandato francese, ospitava la più grande colonia italiana del Levante; secondo Santi Nava,<br />

contava circa 1.000 persone nel 1931, compresi però anche i sudditi libici 31 . Il Fascio di<br />

Beirut era stato fondato da Bruno Agost<strong>in</strong>i, un commerciante giunto <strong>in</strong> Libano alla f<strong>in</strong>e del<br />

1922, il quale era rimasto colpito dalle divisioni della colonia italiana della città. Da un lato vi<br />

era la comunità più antica, laboriosa e pacifica, formata dai discendenti dei genovesi e dei<br />

veneziani, dall’altro vi erano i nuovi arrivati, più irrequieti e che turbavano la «vita pacifica<br />

del console generale Gabrieli», def<strong>in</strong>ito un «uomo debole e lamentevole». Agost<strong>in</strong>i decise di<br />

prendere le red<strong>in</strong>i della colonia italiana, fondando nell’agosto del 1923 il Fascio di Beirut, al<br />

quale aderirono tutti gli italiani della città, senza dist<strong>in</strong>zioni. Violando le prerogative del<br />

console italiano, si attribuì la direzione di tutte le attività di <strong>propaganda</strong>, e fondò la Casa<br />

Italiana, <strong>in</strong> cui stabilì l’ufficio del Fascio. Nella Casa si tenevano feste, balli e serate<br />

c<strong>in</strong>ematografiche, alle quali veniva <strong>in</strong>vitata l’élite sociale libanese, e nel corso dei quali si<br />

magnificavano le bellezze dell’Italia e l’opera di progresso realizzata da Mussol<strong>in</strong>i. Il PNF<br />

dotò il Fascio di Beirut anche di una biblioteca, prima ancora che esso venisse formalmente<br />

riconosciuto, rifornendola di giornali e libri di <strong>propaganda</strong>. Nel frattempo, veniva ricostituita<br />

la Società di Beneficenza, da tempo <strong>in</strong>attiva, sempre nell’<strong>in</strong>tento di <strong>in</strong>tensificare l’attività<br />

italiana <strong>in</strong> città 32 .<br />

Nel 1926 giunse a Beirut un professore delle scuole italiane, Bonfante, che riuscì a scalzare<br />

Agost<strong>in</strong>i dal ruolo di leader che era riuscito a conquistarsi. Sfruttando le numerose <strong>in</strong>imicizie<br />

che si era attirato Agost<strong>in</strong>i, pr<strong>in</strong>cipalmente per via della sua arroganza, Bonfante si fece<br />

eleggere presidente del Fascio. Ma le divisioni nella comunità italiana, sommate alle<br />

«umiliazioni» <strong>in</strong>flitte da Agost<strong>in</strong>i al ruolo ufficiale del console Gabrieli, sp<strong>in</strong>sero Mussol<strong>in</strong>i,<br />

alla f<strong>in</strong>e del 1926, a porre f<strong>in</strong>e a una situazione di disord<strong>in</strong>e che poteva nuocere all’immag<strong>in</strong>e<br />

e all’<strong>in</strong>fluenza italiana nel Levante, nom<strong>in</strong>ando il suo amico personale Attilio De Cicco al<br />

posto di Gabrieli. De Cicco ebbe l’<strong>in</strong>carico di prendere <strong>in</strong> mano l’attività propagandistica, e di<br />

ricomporre le divisioni della comunità italiana. Il Fascio veniva messo sotto il suo diretto<br />

controllo, tramite il nuovo direttore Balsamo, e passava così dal’essere un fattore di<br />

turbamento, a un docile strumento di <strong>propaganda</strong> nelle mani del governo <strong>fascista</strong>.<br />

Approfittando del plusvalore dei terreni, De Cicco vendette una proprietà acquistata <strong>in</strong><br />

precedenza dal Fascio, ricavandone 800.000 franchi circa, e con l’aggiunta di una<br />

sovvenzione da Roma edificò una maestosa villa <strong>in</strong> stile romano, che sostituì la Casa Italiana,<br />

prendendo il più augusto nome di “Italica Domus”. Nelle sale di questa villa venivano<br />

stabilite la sede la Segreteria del Fascio, la Società italiana di Beneficenza, la Camera di<br />

Commercio Italiana, e un circolo al quale erano iscritti italiani, fascisti e non, ed erano<br />

ammessi facilmente anche membri europei, libanesi e <strong>siria</strong>ni. Oltre ad una ricca biblioteca di<br />

opere italiane, periodici e quotidiani, nell’Italica Domus si trovava anche un ristorante nel<br />

quale, a prezzi ragionevoli, si potevano gustare la cuc<strong>in</strong>a ed i v<strong>in</strong>i italiani 33 . Nel 1933, essa era<br />

dotata anche di un «salone immenso con un impianto c<strong>in</strong>ematografico sonoro del tutto<br />

29<br />

Meir Zamir, The Formation of Modern Lebanon, Croom Helm, London 1985, p. 159<br />

30<br />

Si veda anche P. Fournié, “Français et italiens en Syrie et au Liban”, cit., che si basa sulla stessa<br />

documentazione d’archivio<br />

31<br />

S. Nava, Il problema dell'espansione italiana, cit., p. 180<br />

32<br />

LC, E-Levant, Syrie-Liban, 457, N° 136, Beirut 24 febbraio 1931, Ponsot a Briand, rapporto allegato, “Les<br />

<strong>in</strong>stitutions italiennes et l’activité du Consul Général d’Italie au Liban”<br />

33<br />

Ibidem

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