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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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le basi per un futuro di collaborazione e alleanze con le nazioni arabe <strong>in</strong>dipendenti. Nelle<br />

formulazioni più ambiziose di questa l<strong>in</strong>ea di pensiero, l’Islam venne addirittura presentato<br />

come il naturale alleato del fascismo, sia contro le “vecchie” e rapaci democrazie liberali, sia<br />

contro l’avanzata del bolscevismo asiatico “ateo e materialista”. Ciò non deve distogliere dal<br />

fatto che gli obiettivi di tale <strong>politica</strong> erano rimasti, <strong>in</strong> sostanza, gli stessi, ovvero la conquista,<br />

<strong>in</strong> un modo o nell’altro, dell’egemonia italiana nel mediterraneo. Inoltre, non si trattava di una<br />

completa rottura con il passato: da un lato, molti dei suoi miti erano tradizionalmente presenti<br />

nella cultura e nella <strong>politica</strong> italiana da decenni, se non da secoli, come quello della “civiltà<br />

mediterranea” o dell’Italia “ponte fra Oriente e Occidente”, e la stessa idea del rapporto<br />

privilegiato con l’Islam aveva avuto degli importanti precedenti, sebbene sporadici, nel<br />

periodo liberale. Dall’altro, il regime <strong>fascista</strong> non aveva affatto abbandonato i vecchi metodi<br />

della <strong>politica</strong> araba di stampo tradizionale, che era stata piuttosto affiancata dalla nuova<br />

“<strong>politica</strong> <strong>islamica</strong>”, anche quando esse apparivano <strong>in</strong> contraddizione: ad esempio, le autorità<br />

francesi nel Levante erano piuttosto sconcertate dal fatto che gli italiani appoggiavano i<br />

nazionalisti <strong>siria</strong>ni, che rivendicavano l’unità della “Grande Siria”, mentre<br />

contemporaneamente offrivano alle m<strong>in</strong>oranze cristiane la loro protezione nei confronti della<br />

maggioranza musulmana.<br />

La “<strong>politica</strong> <strong>islamica</strong>” del regime consisteva, dunque, <strong>in</strong> un amalgama fra le vecchie<br />

aspirazioni imperiali mediterranee e gli strumenti e i metodi della moderna <strong>politica</strong> di massa.<br />

Il fascismo si rese conto dell’<strong>in</strong>eluttabilità dell’emancipazione nazionale del Vic<strong>in</strong>o Oriente<br />

(ma non dell’Africa), dove i movimenti per l’<strong>in</strong>dipendenza acquisivano sempre maggiore<br />

forza. Per cui, anche se l’Italia fosse stata <strong>in</strong> grado di v<strong>in</strong>cere un’eventuale prova di forza con<br />

Francia e Gran Bretagna <strong>–</strong> il che era chiaramente impossibile <strong>–</strong> essa non avrebbe potuto<br />

semplicemente sostituire gli imperialismi democratici con il proprio. Ma ciò non significava<br />

<strong>in</strong> alcun modo una disponibilità a r<strong>in</strong>unciare ai sogni di espansione imperiale. Nel suo tenace<br />

rifiuto dell’uguaglianza fra le nazioni, il fascismo riteneva che sarebbe sempre esistita una<br />

gerarchia nei rapporti <strong>in</strong>ternazionali, e di conseguenza delle sfere di egemonia, <strong>in</strong> cui ogni<br />

grande potenza avrebbe esercitato un’<strong>in</strong>fluenza determ<strong>in</strong>ante sulle nazioni deboli, <strong>in</strong>capaci di<br />

sopravvivere senza appoggio esterno. A regolare i rapporti fra nazioni formalmente<br />

<strong>in</strong>dipendenti, all’<strong>in</strong>terno di queste sfere egemoniche, non sarebbe stata la forza pura e<br />

semplice, su cui si era basato l’oppressivo imperialismo di stampo liberale. Piuttosto, le stesse<br />

nazioni deboli avrebbero riconosciuto il diritto delle grandi potenze a esercitare la loro<br />

egemonia, <strong>in</strong> virtù dell’<strong>in</strong>discutibile superiorità della loro civiltà, e del vantaggio che esse<br />

stesse avrebbero ricavato dall’accoglimento di quest’ultima. Nel caso specifico dell’Italia, la<br />

speranza (poiché solo di questo, <strong>in</strong> fondo, si trattava) era che i paesi del Vic<strong>in</strong>o Oriente, una<br />

volta spazzata via la presenza franco-britannica, si sarebbero volti naturalmente verso Roma,<br />

tornata ad essere il faro della civiltà mediterranea, per cercare sostegno e protezione. L’attività<br />

propagandistica non serviva dunque tanto a favorire l’emancipazione del mondo arabo, che<br />

veniva data praticamente per scontata, quanto a permettere all’Italia di approfittare al meglio<br />

della situazione <strong>in</strong> futuro, e cioè di occupare immediatamente il vuoto che Francia e Gran<br />

Bretagna, presto o tardi, avrebbero lasciato nel Vic<strong>in</strong>o Oriente.<br />

Questa tesi è suddivisa <strong>in</strong> due parti. La prima parte comprende due capitoli, che illustrano<br />

<strong>in</strong> maniera generale le caratteristiche della <strong>politica</strong> dell’Italia <strong>fascista</strong> nel mondo arabo. Il<br />

capitolo 1 ha per argomento gli aspetti ideologici della <strong>politica</strong> mediterranea <strong>fascista</strong>, e i suoi<br />

obiettivi. Si tratta di un argomento assai complesso, poiché Mussol<strong>in</strong>i e i suoi seguaci<br />

rifiutarono sempre la formulazione di una teoria <strong>politica</strong>, di un sistema ideologico coerente, di<br />

programmi def<strong>in</strong>iti, predicando <strong>in</strong>vece un attivismo radicale e pragmatico, <strong>in</strong> nome di<br />

obiettivi quanto mai generici. Ho ritenuto tuttavia possibile, e utile, cercare di illustrare il<br />

ruolo dell’imperialismo all’<strong>in</strong>terno dell’ideologia <strong>fascista</strong>, il significato e le caratteristiche che<br />

esso assumeva, e gli obiettivi verso i quali esso era diretto. A patto di adottare una def<strong>in</strong>izione<br />

XI

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