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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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Vic<strong>in</strong>o Oriente laddove la presenza europea appariva più debole. La “grande rivolta” <strong>siria</strong>na<br />

del 1925-27 aveva mostrato il clamoroso fallimento della <strong>politica</strong> mandataria della Francia, la<br />

quale aveva stabilito la sua amm<strong>in</strong>istrazione nel Levante con la conv<strong>in</strong>zione di godere del<br />

deciso appoggio della popolazione locale, ma era stata bruscamente smentita dai fatti. Proprio<br />

nel 1927, attraverso la stampa italiana, erano state esposte <strong>in</strong> maniera più o meno esplicita le<br />

ambizioni del governo di Roma verso il mandato <strong>siria</strong>no 4 , come compenso per i “diritti”<br />

negati all’Italia a Versailles. Deciso sostenitore di questa l<strong>in</strong>ea era Francesco Coppola, per il<br />

quale l’espansione <strong>in</strong> Anatolia e Siria costituiva «il problema storico dom<strong>in</strong>ante della nostra<br />

<strong>politica</strong>» 5 . Secondo Raffaele Guariglia, però, Palazzo Chigi aveva sempre cercato di far tacere<br />

le «assurde richieste» di certa stampa <strong>fascista</strong>, poiché, anche ammesso che i francesi avessero<br />

acconsentito alla cessione, «se il mandato <strong>siria</strong>no dava alla Francia tanti guai, ancora più ne<br />

avrebbe dati all’Italia» 6 . Piuttosto, l’Italia adottò un atteggiamento più realistico, di difesa ad<br />

oltranza della lettera formale dei mandati, <strong>in</strong> particolare per quanto riguardava l’uguaglianza<br />

economica fra gli stati membri della S.d.N., scegliendo di «dar noia cont<strong>in</strong>uamente» alle<br />

potenze mandatarie 7 , f<strong>in</strong>o a che essa stessa non avesse ottenuto un proprio mandato, o una<br />

ricompensa di altra natura.<br />

Se dunque l’attenzione degli storici si è più spesso concentrata sui rapporti fra Italia e Gran<br />

Bretagna nel Mediterraneo, certamente legati a una serie di avvenimenti di grande rilievo e<br />

portata immediata, a un livello di azione più discreta e quotidiana la <strong>politica</strong> italiana mirava a<br />

sgretolare lentamente le basi della presenza francese nel Mediterraneo. L’impero di una<br />

potenza considerata <strong>in</strong> decl<strong>in</strong>o culturale, demografico e militare appariva come una preda<br />

abbordabile. Probabilmente, una delle riflessioni più approfondite sulla questione delle<br />

compensazioni territoriali all’Italia, che era tutt’uno con quella dell’esigenza di sbocchi per<br />

l’esuberanza demografica del paese, è quella di Santi Nava 8 . Gli italiani, scriveva nel 1931,<br />

quando emigravano <strong>in</strong> paesi troppo lontani tendevano a perdere la loro identità nazionale, e<br />

così negli Stati Uniti si erano completamente americanizzati; <strong>in</strong>vece <strong>in</strong> Egitto si<br />

comportavano molto diversamente: «non affettano il parlare arabo, o l’<strong>in</strong>glese o il francese;<br />

queste l<strong>in</strong>gue essi anche parlano, ma soprattutto parlano l’italiano. Non arabizzano il proprio<br />

nome, non negano la propria nazionalità: l’affermano, e con un vigore che conquide<br />

l’<strong>in</strong>digeno e lo straniero, i quali <strong>–</strong> son constatazioni e non improvvisazioni <strong>–</strong> s’<strong>in</strong>gegnano di<br />

parlare essi l’italiano. Non arabizzano o <strong>in</strong>glesizzano i loro sentimenti ed i loro costumi, ma<br />

l’italianità loro conservano <strong>in</strong>tatta» 9 . L’Oriente era dunque lo sbocco ideale per la presunta<br />

sovrabbondanza di operai specializzati, tecnici, imprenditori e capitalisti italiani 10 . Inoltre, la<br />

Francia (la Gran Bretagna non veniva neppure menzionata) non avrebbe potuto r<strong>in</strong>unciare a<br />

delle porzioni del suo impero per dare all’Italia le compensazioni cui essa aveva diritto; ma<br />

avrebbe potuto r<strong>in</strong>unciare al mandato su Libano e Siria, rimettendolo alla S.d.N. e<br />

“suggerendo” che esso venisse riassegnato all’Italia 11 . Come specificava più avanti,<br />

l’espansione italiana nel Levante non poteva essere diretta né verso l’Egitto, troppo<br />

densamente popolato, nè verso la Palest<strong>in</strong>a, già meta dell’immigrazione ebraica e dilaniata<br />

dalle lotte politiche; gli unici territori ad offrire prospettive di colonizzazione agricola per gli<br />

4<br />

Tali rivendicazioni furono espresse attraverso un articolo di Virg<strong>in</strong>io Gayda sul Giornale d’Italia del 17<br />

dicembre 1937, e un articolo di Francesco Coppola su La Tribuna del 22 dicembre. Dieci giorni prima, Coppola<br />

era stato ricevuto <strong>in</strong> udienza da Mussol<strong>in</strong>i: G. Carocci, La <strong>politica</strong> estera dell’Italia <strong>fascista</strong>, cit., p. 110 e p. 308,<br />

note 56 e 57<br />

5<br />

Ivi, p. 202 e p. 360, nota 14<br />

6<br />

R. Guariglia, Ricordi, cit., p. 141<br />

7<br />

G. Carocci, La <strong>politica</strong> estera dell’Italia <strong>fascista</strong>, cit., p. 203<br />

8<br />

Santi Nava fu, sia <strong>in</strong> epoca <strong>fascista</strong> che nel dopoguerra, docente all’Università di Firenze, di <strong>in</strong>segnamenti<br />

come storia dei trattati e <strong>politica</strong> <strong>in</strong>ternazionale, storia e <strong>politica</strong> coloniale, diritto consolare.<br />

9<br />

S. Nava, Il problema dell'espansione italiana, cit., p. 34<br />

10 Ivi, p. 35<br />

11 Ivi, pp. 72-73

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