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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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<strong>in</strong>direttamente il prestigio del regime <strong>fascista</strong> all’estero. Vi erano poi le attività educative e<br />

culturali, le scuole <strong>in</strong>nanzitutto, alle quali il governo di Roma cercò di dare nuovo impulso,<br />

non solo facendo pressioni aff<strong>in</strong>ché i figli degli italiani fossero iscritti nelle scuole italiane, ma<br />

promuovendo anche le iscrizioni degli studenti arabi. Attraverso l’educazione, a cui si<br />

affiancavano <strong>in</strong>iziative come le conferenze di cultura italiana, i corsi di l<strong>in</strong>gua, i viaggi<br />

organizzati <strong>in</strong> Italia, si cercava di conquistare l’animo delle nuove generazioni arabe,<br />

sottraendole alla preponderante <strong>in</strong>fluenza culturale francese, e <strong>in</strong> misura m<strong>in</strong>ore anglosassone.<br />

Le autorità francesi si resero perfettamente conto delle implicazioni politiche che si celavano<br />

sotto le <strong>in</strong>iziative culturali dell’Italia, e cercarono di ostacolarle con decisione. L’apertura di<br />

nuove scuole italiane, come vedremo, fu al centro di una contesa fra il governo italiano e<br />

quello francese, poiché quest’ultimo rivendicava il diritto di concedere o negare la propria<br />

autorizzazione.<br />

I consolati italiani si impegnarono, <strong>in</strong>oltre, nel tentativo di tessere una rete di legami e<br />

sostegno potenziale fra le élite religiose e politiche locali. Furono mantenuti contatti <strong>in</strong>formali<br />

<strong>in</strong> particolare con la chiesa maronita, e con uom<strong>in</strong>i politici ed esponenti di governo. Dal<br />

momento che la situazione <strong>politica</strong> libanese e <strong>siria</strong>na negli anni Trenta non sembrava offrire<br />

spazi di manovra, tali contatti non approdarono ad alcun risultato, al di là di generiche<br />

dichiarazioni d’<strong>in</strong>tenti. Il loro scopo pr<strong>in</strong>cipale, piuttosto che la tessitura di improbabili trame<br />

antifrancesi, era quello di mettere l’Italia nelle condizioni di sfruttare al meglio gli spazi che si<br />

sarebbero aperti alla penetrazione italiana quando Libano e Siria, come appariva <strong>in</strong>evitabile,<br />

avrebbero reciso ogni legame con la Francia. Per quanto riguarda le organizzazioni<br />

paramilitari e i partiti politici che, a torto o a ragione, venivano considerati aff<strong>in</strong>i al fascismo <strong>–</strong><br />

come le falangi libanesi, le camicie di ferro <strong>siria</strong>ne, o il “Parti Populaire Syrien” <strong>–</strong> essi non<br />

ebbero mai un appoggio significativo da parte del governo di Roma, anche se vi furono dei<br />

contatti con i consolati italiani, e <strong>in</strong> diversi casi ai loro esponenti vennero fornite<br />

pubblicazioni sul fascismo e materiali di <strong>propaganda</strong> <strong>politica</strong>.<br />

L’<strong>in</strong>sieme di queste attività consentirà di tracciare un quadro complessivo più preciso della<br />

<strong>politica</strong> araba dell’Italia <strong>fascista</strong> e di cogliere meglio quelle che, a mio avviso, erano le sue<br />

caratteristiche e le sue peculiarità. Se, <strong>in</strong>fatti, l’Italia post-unitaria liberale aveva già elaborato<br />

una “<strong>politica</strong> araba”, con degli obiettivi di espansione mediterranea che il regime <strong>fascista</strong><br />

avrebbe fatto propri senza particolari modificazioni, tale <strong>politica</strong> era stata giocata sul piano<br />

tradizionale della <strong>politica</strong> di potenza europea, e della competizione coloniale. In altre parole,<br />

l’Italia cercava di ritagliarsi degli spazi di <strong>in</strong>fluenza soprattutto attraverso lo stabilimento di<br />

<strong>in</strong>teressi locali nel mondo arabo, che poi le dessero diritto ad avanzare delle rivendicazioni,<br />

attraverso la diplomazia, ma pur sempre nei confronti delle potenze occidentali. Gli arabi<br />

rimanevano sullo sfondo, come oggetti della contesa, piuttosto che come soggetti con i quali<br />

relazionarsi. Quando però, nel dopoguerra, gli europei dovettero confrontarsi con un<br />

movimento nazionalista e anti-coloniale sempre più forte, il regime <strong>fascista</strong> <strong>–</strong> <strong>in</strong> maniera<br />

tutt’altro che rapida e l<strong>in</strong>eare <strong>–</strong> com<strong>in</strong>ciò a elaborare una diversa <strong>politica</strong> che faceva appello,<br />

per la prima volta, ai popoli arabi <strong>in</strong> quanto soggetti politici attivi. Per questo motivo, ho<br />

voluto proporre una dist<strong>in</strong>zione term<strong>in</strong>ologica fra la “<strong>politica</strong> araba” di tipo tradizionale,<br />

ereditata dall’Italia pre-<strong>fascista</strong>, e una “<strong>politica</strong> <strong>islamica</strong>” specificamente <strong>fascista</strong>, con<br />

caratteristiche orig<strong>in</strong>ali e più moderne rispetto alla prima. L’espressione “<strong>politica</strong> <strong>islamica</strong>” è<br />

calzante <strong>–</strong> e del resto essa era abitualmente utilizzata sotto il regime, e da Mussol<strong>in</strong>i <strong>–</strong> perché<br />

mette <strong>in</strong> rilievo l’elemento più <strong>in</strong>novativo rispetto al passato, che fu appunto il tentativo di<br />

strumentalizzazione <strong>politica</strong> dell’Islam. Con “<strong>politica</strong> <strong>islamica</strong>” si <strong>in</strong>tendeva, <strong>in</strong>nanzitutto, una<br />

<strong>politica</strong> coloniale che prestava particolarmente attenzione al benessere “materiale e spirituale”<br />

dei sudditi musulmani, ma tale <strong>politica</strong> coloniale era esplicitamente posta <strong>in</strong> diretta relazione<br />

con il prestigio dell’Italia nel mondo arabo, e qu<strong>in</strong>di con la sua capacità di penetrazione nel<br />

Vic<strong>in</strong>o Oriente. Dimostrando agli arabi di tutto il mondo i grandi benefici di cui godevano i<br />

musulmani sotto il suo dom<strong>in</strong>io, l’Italia avrebbe spazzato via ogni residua diffidenza, e posto

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