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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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96<br />

percentuale del 13-15% dei giornali delle maggiori città arabe era <strong>in</strong> grado di sopravvivere<br />

agevolmente senza sussidi, mentre il 55% contava esclusivamente su di essi per cont<strong>in</strong>uare le<br />

pubblicazioni 83 . Anche per via di questa situazione, la polemica <strong>politica</strong> dom<strong>in</strong>ava nettamente<br />

sull’<strong>in</strong>formazione, dato che quasi tutti i giornali dovevano farsi strumento degli <strong>in</strong>teressi dei<br />

propri benefattori, pubblici o privati.<br />

Le autorità locali e i funzionari francesi adottarono una l<strong>in</strong>ea morbida nei confronti della<br />

<strong>propaganda</strong> straniera sulla stampa. Essa veniva tollerata, f<strong>in</strong>ché si limitava a fare l’elogio di<br />

questa o quell’altra nazione, o a promuoverne il punto di vista riguardo a particolari questioni;<br />

l’importante era che non venisse <strong>in</strong> alcun modo scalfito il prestigio della Francia, o contestato<br />

il suo governo e la sua presenza nel Levante. Così, ad esempio, f<strong>in</strong>ché gli italiani si limitavano<br />

a tappezzare alcuni giornali <strong>siria</strong>ni di <strong>in</strong>nocui articoli su Giotto, Leopardi o Pirandello, nella<br />

speranza di promuovere la propria <strong>in</strong>fluenza culturale tra gli arabi, la loro attività non destava<br />

grandi preoccupazioni. Ciò non vuol dire però che venisse lasciato campo libero a qualsiasi<br />

<strong>in</strong>fluenza esterna. Le autorità francesi mantenevano stretti rapporti con la stampa locale,<br />

favorendo un’attiva <strong>propaganda</strong> pro-mandataria, ed avevano cura di mantenere dalla propria<br />

parte tutte le testate più diffuse. Ma nel corso del decennio, l’apparente dim<strong>in</strong>uzione<br />

dell’attenzione e del sostegno francese alla stampa araba aprì nuove possibilità alla<br />

<strong>propaganda</strong> di una serie di attori <strong>in</strong>ternazionali, desiderosi di <strong>in</strong>serirsi nel gioco politico del<br />

Vic<strong>in</strong>o Oriente. La <strong>propaganda</strong> più appariscente fu senza dubbio quella dell’Italia <strong>fascista</strong>, che<br />

soprattutto a partire dal 1935 entrò <strong>in</strong> rapporti e f<strong>in</strong>anziò numerosi giornali e riviste a Beirut,<br />

Damasco ed Aleppo. I francesi apparivano certi che fra i f<strong>in</strong>anziatori abituali degli organi di<br />

stampa del mandato vi fossero poi la Turchia, i sovrani hashimiti <strong>–</strong> sopratutto Faysal, che era<br />

stato per breve tempo re di Siria <strong>–</strong> e anche la Gran Bretagna. Il paradossale risultato di questa<br />

situazione fu che, grazie alla generosità di “mecenati” di vario genere, dalle autorità francesi<br />

ai governi stranieri con <strong>in</strong>teressi nel mandato, passando per i gruppi di potere e gli esponenti<br />

della <strong>politica</strong> locale, la stampa riuscì a godere di una notevole espansione, che sarebbe stata<br />

impensabile se essa si fosse dovuta basare solo sui proventi delle vendite e della pubblicità.<br />

Allo stesso tempo, però, le sovvenzioni non soffocarono il dibattito pubblico, come sarebbe<br />

avvenuto nel caso <strong>in</strong> cui esse avessero avuto un’unica fonte. Se, ad esempio, la stampa fosse<br />

dipesa esclusivamente dal sostegno del governo, essa si sarebbe ridotta a fare da cassa di<br />

risonanza per la visione <strong>politica</strong> del potere ufficiale. Invece, nel mandato francese, la pluralità<br />

degli attori <strong>in</strong> gioco <strong>–</strong> fra i quali vi erano le autorità locali e quelle mandatarie, non sempre <strong>in</strong><br />

armonia tra loro, le forze politiche locali <strong>in</strong> lotta per il potere, e numerosi governi stranieri<br />

impegnati a promuovere <strong>in</strong>teressi ed ambizioni di varia natura <strong>–</strong> dava al dibattito pubblico un<br />

carattere aperto e pluralistico, anche se, allo stesso tempo, conflittuale e fazioso. Per<br />

l’op<strong>in</strong>ione pubblica, ciò costituiva comunque un vantaggio, dato che essa disponeva di<br />

molteplici fonti di <strong>in</strong>formazione e di punti di vista concorrenti, <strong>in</strong> base ai quali elaborare una<br />

propria <strong>in</strong>terpretazione dei fatti ed una propria visione <strong>politica</strong>. È significativo il fatto che,<br />

nonostante la stampa araba avesse sempre criticato la “guerra delle onde” tra la <strong>propaganda</strong><br />

radiofonica italiana e britannica, dopo gli accordi di Pasqua del 1938 il quotidiano libanese Le<br />

Jour esprimesse l’op<strong>in</strong>ione che gli arabi avrebbero potuto sentire la mancanza di quelle<br />

trasmissioni, che, per quanto partigiane, erano una fonte preziosa di notizie sui rispettivi<br />

misfatti delle potenze europee 84 . Un altro fatto che vale la pena sottol<strong>in</strong>eare, è che spesso i<br />

giornali non dipendevano da un unico “benefattore”, ma mettevano a disposizione le proprie<br />

pag<strong>in</strong>e per i f<strong>in</strong>i propagandistici di attori diversi, e non di rado concorrenti. Questa usanza si<br />

era già affermata nell’immediato dopoguerra, nel turbolento periodo del regno di Faysal,<br />

quando ad esempio il Lisan al-‘Arab vendeva le proprie pag<strong>in</strong>e sia ai francesi che ai<br />

83<br />

A. Ayalon, The Press <strong>in</strong> the Arab Middle East, cit., pp. 212-13; T. J. McFadden, Daily Journalism <strong>in</strong> the Arab<br />

States, cit., pp. 28-37<br />

84<br />

LC, E-Levant, Syrie-Liban, 533, “Revue de la Presse Libanaise et Syrienne du 18 au 24 avril 1938”, Beirut 27<br />

aprile 1938

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