la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

danni di coloro che mostrano “retablos”, cioè una serie di figure o un teatrino, che, per non
tediare il lettore con spiegazioni, diventano nella versione montaliana “giocolieri”.
L’ambito della strada è in stretta relazione con l’universo dei giochi e dei passatempi, vera
bestia nera della traduzione, come abbiamo già avuto modo di osservare nel brano della
critica ai latinismi.
Il tamburino, per intrattenere il proprio pubblico, mette sul dorso del cane un fantoccino, e gli
insegna a simulare di “correr sortija”, inscenando un gioco cortigiano nel quale i cavalieri
dovevano centrare con una lancia un anello appeso ad una cordicella, svago questo che
doveva essere conosciuto ai lettori di Cervantes ma sarebbe risultato certamente ignoto ai
contemporanei di Montale. Il traduttore ricorre di conseguenza, per rendere i due impieghi del
termine, la prima volta all’espressione “lancia in resta”, mentre la seconda volta inserisce un
“avrebbe saltato l’anello” per cui si capisce il riferimento ad un gioco che non viene però
specificato.
Inutile ripetere un’altra volta quale miniera di particolari storici contengano i racconti
cervantini, i quali, per quanto si possa dubitare della loro attendibilità scientifica, hanno un
valore incomparabile a livello letterario, che Montale cancella senza rimpianti optando quasi
sempre per la sintesi e l’adattamento modernizzante.
Un altro strumento dello spettacolo, l’ “aro de cedano” viene tradotto “cerchio di setaccio”,
mantenendo l’ambiguità della forma e della funzione, mentre il rinnovato riferimento al ballo
della Chacona viene tradotto come l’altra volta “castagnette”.
Altro dettaglio che subisce trasformazione è ancora una volta un elemento architettonico,
perché “el tinelo”, usato per indicare la parte d’ingresso della corte, diventa “le sue
anticamere”.
Un altro esempio di manipolazione verso la standardizzazione che provoca l’eliminazione di
tutta la specificità del termine è il tessuto della sella che il padrone pone sul cane, fatta di
“guadamecí”, ossia un tipo di cuoio pressato con delle figure in rilievo, che Montale
semplifica in “pelle”.
Anche per le espressioni tipiche e colloquiali Montale si trova a cambiare profondamente il
testo. Il “viejo verde”, espressione ancora in uso per indicare un anziano libidinoso, diventa
solo “vecchio”, corretto dall’aggiunta successiva dell’indicazione che “faceva il pollo”,
assente nell’originale, mentre “se escabechaba la barba” si trasforma in “si tingeva ancora i
capelli”, traducendo così l’intento dell’uomo di apparire giovane nonostante l’età avanzata.
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