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la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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in italiano, si ripete numerose volte in queste battute del <strong>di</strong>alogo. Per trovare una <strong>traduzione</strong>,<br />

ma ovviare a tale ripetitività, <strong>Montale</strong> cerca svariati sinonimi all’interno delle ristrette<br />

possibilità che offre un termine così specifico, rendendo i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re “frasi in <strong>la</strong>tino”, “detti<br />

<strong>la</strong>tini” o semplicemente “<strong>la</strong>tino” oppure, con perifrasi, “par<strong>la</strong> in <strong>la</strong>tino”. L’azione <strong>di</strong> “hab<strong>la</strong>r<br />

<strong>la</strong>tín” sarà invece “par<strong>la</strong>re <strong>la</strong>tino” o “sapere il <strong>la</strong>tino”.<br />

Più sotto, quando Berganza, nonostante le recriminazioni, usa proprio un proverbio <strong>la</strong>tino per<br />

descrivere il proprio degrado morale, per poi giustificarsi coll’affermare che “este <strong>la</strong>tín viene<br />

aquí de molde”. <strong>Montale</strong>, oltre a trasformare l’espressione i<strong>di</strong>omatica in una italiana<br />

corrispondente, trasforma il termine specifico nel<strong>la</strong> lingua in generale, scrivendo che “il <strong>la</strong>tino<br />

calza qui perfettamente”.<br />

Al par<strong>la</strong>re <strong>la</strong> lingua degli eru<strong>di</strong>ti, si oppone il par<strong>la</strong>re “romance”, che <strong>Montale</strong> traduce<br />

“casigliano”, ma i “romancistas”, sono nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> “scrittori” , mentre il successivo uso<br />

<strong>di</strong> “<strong>la</strong>tines y romances” è reso “<strong>la</strong>tinisti e letterati”.<br />

Se Berganza conosce il <strong>la</strong>tino e ne fa sfoggio, Scipione non ignora il greco, e lo <strong>di</strong>mostra<br />

spiegando all’amico l’origine del termine “filosofia”, provocando grande sorpresa nel<br />

compagno che gli domanda “¿Quién <strong>di</strong>ablos te enseñó a ti nombres griegos?”. L’accento del<strong>la</strong><br />

domanda è posto sul destinatario, attraverso <strong>la</strong> ripetizione del pronome personale, mentre in<br />

italiano, secondo <strong>la</strong> rego<strong>la</strong> grammaticale che boccia l’“a te ti”, <strong>la</strong> domanda si limita a un “Che<br />

<strong>di</strong>avolo t’ha insegnato i nomi greci?” che evidenzia il soggetto.<br />

A volte, dunque, le variazioni dettate dalle <strong>di</strong>verse regole grammaticali portano una<br />

trasformazione inevitabile.<br />

Anche i giochi <strong>di</strong> parole spagnoli a volte non sono riproducibili in italiano mantenendo <strong>la</strong><br />

coerenza testuale perché usano espressioni che le <strong>due</strong> lingue non con<strong>di</strong>vidono.<br />

Ad esempio, in una delle tante espressioni <strong>di</strong> preoccupazione <strong>di</strong> Berganza per il poco tempo a<br />

sua <strong>di</strong>sposizione rispetto al gran numero <strong>di</strong> cose da raccontare, il cane afferma <strong>di</strong> temere che<br />

“al salir del sol nos hemos de quedar a escuras” [all’uscire del sole dobbiamo restare<br />

nell’oscurità], giocando sul significato metaforico dell’oscurità come ignoranza.<br />

L’espressione, che rimarca valori coloristici che, come abbiamo visto, sono molto importanti<br />

nel<strong>la</strong> poetica <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, viene resa senza il contrasto originale con “al sorgere del sole ci<br />

verrà a mancare <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> e saremo finiti”.<br />

Può anche darsi che nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> si creino volontari o involontari giochi <strong>di</strong> parole che<br />

sono assenti nell’originale, determinando anche così una <strong>di</strong>stanza, ma questa volta per<br />

aggiunta invece che per sottrazione.<br />

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