la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

Del libro di Galvez Montalvo, il narratore richiama una serie di personaggi, tra cui il
protagonista Filida, mentre, da Montemayor, cita l’acqua miracolosa di Felicia che “deshizo
aquella máquina de enredos”, reso, in un mondo il cui il termine “macchina” rimanda a ben
altre realtà, “aveva disfatto un ordito di inganni”.
Dalla stessa opera sono citati anche la protagonista stessa Diana e “los desmayos de Sireno”
che Montale traduce, senza riconoscerne la fonte, “gli svenimenti delle sirene”. In questo caso
è possibile che il traduttore volesse inserire un riferimento noto ai lettori all’interno di una
foresta di nomi pressoché sconosciuti, oppure lo svenimento potesse non essere ritenuto
adatto a un personaggio maschile dall’ideologia fascista che richiamava i valori dell’uomo
forte e della classicità. Eppure, inserire le eroine dei mari in mezzo ad un ambiente di boschi e
pastori mi sembra a dir poco azzardato. Direi che si può parlare davvero di una svista del
traduttore, strana, per la cura che dimostra di dedicare in generale al testo, ma sempre
possibile.
Invece che gli strumenti sopra citati, i veri pastori suonano ben più rudemente con “el dar un
cayado con otro o al de algunas tejuelas puestas entre los dedos” [il battere un bastone contro
un altro o a quello di alcune tegole poste tra le dita] che in italiano sono “due bastoni battuti
insieme o di due tegole percosse”, il che dimostra ancora una volta come l’attenzione del
traduttore non si concentri affatto sulla resa letterale del testo, quanto sulla descrizione
contenutistica e sulla resa fonica.
Berganza sta di nuovo esagerando nelle sue descrizioni, motivo per il quale viene ripreso da
Scipione con un “Vuelve a tu senda ” [torna al tuo sentiero], che Montale traduce con un
“torna in carreggiata”, che ben rende l’aspetto idiomatico dell’espressione, ma poco si adatta
al carattere campestre dell’episodio.
L’ascoltatore riprende l’amico per la sua eccessiva presunzione nel criticare i pastori, tanto da
dimenticarsi di essere egli stesso un animale senza ragione, e per esprimerlo usa l’espressione
proverbiale “Mírate a los pies y desharás la rueda” [guardati i piedi e disferai la ruota]. Il
riferimento al pavone, che si vanta della propria coda aperta ma si vergogna delle proprie
zampe, difficilmente potrebbe essere colto dal lettore italiano, se perfino le edizioni critiche in
spagnolo lo riportano in nota. Montale, per evitare l’apparato paratestuale ma rendere più
comprensibile il riferimento, aggiunge, direttamente nel testo dopo il proverbio, la
spiegazione “come il pavone” assente nell’originale. Questa aggiunta è interessante per
osservare come al procedimento di sintesi a volte si oppongano principi più importanti per il
traduttore, come la completa chiarezza del testo.
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