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la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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come Anfrisso che “cantaba estremada y <strong>di</strong>vinamente, a<strong>la</strong>bando <strong>la</strong> sin par Belisarda, sin<br />

haber, en todos los montes de Arca<strong>di</strong>a, árbol en cuyo tronco no se ubiese sentado a cantar,<br />

desde que salía el sol en los brazos de Aurora, hasta que se ponía en los de Tétis” [cantava<br />

estremamente <strong>di</strong>vinamente, lodando <strong>la</strong> senza pari Belisarda, senza che ci fosse, in tutti i monti<br />

d’Arca<strong>di</strong>a, albero su cui tronco non si fosse seduto a cantare, da quando usciva il sole nelle<br />

braccia <strong>di</strong> Aurora, finchè si ritirava in quelle <strong>di</strong> Teti ].<br />

<strong>Montale</strong> rispetta in parte tale ricercatezza, ma rende anche in questo caso il <strong>di</strong>scorso più<br />

semplice, trasformando in coo<strong>di</strong>nata esplicita l’implicita, per cui il pastore “cantava<br />

<strong>di</strong>vinamente lodando l’impareggiabile sua Belisarda, e in tutti i monti dell’Arca<strong>di</strong>a non c’era<br />

un albero sul cui tronco egli non si fosse seduto a cantare, dal momento in cui il sole usciva in<br />

braccio all’aurora fino a quando scendeva in grembo a Teti.”<br />

In questo caso il traduttore offusca in parte <strong>la</strong> poeticità del brano originale aggiungendo una<br />

serie <strong>di</strong> articoli che avrebbe potuto decisamente omettere, ed elude anche un riferimento al<strong>la</strong><br />

c<strong>la</strong>ssicità trasformando il nome del<strong>la</strong> <strong>di</strong>vinità dell’alba in nome comune. Tuttavia, il poeta si<br />

concentra sul<strong>la</strong> resa metaforica del trascorrere del giorno, dato che mantiene lo stile e il<br />

campo semantico, ma varia il contenuto del<strong>la</strong> figura retorica.<br />

Il narratore continua col suo alto prosare “y aún después de haber ten<strong>di</strong>do <strong>la</strong> negra noche por<br />

<strong>la</strong> faz de <strong>la</strong> tierra sus negras y oscuras a<strong>la</strong>s él no cesaba de sus bien cantadas y mejor lloradas<br />

quejas” [e perfino dopo aver teso <strong>la</strong> nera notte sul volto del<strong>la</strong> terra le sue nere e oscure ali egli<br />

non interrompeva le sue ben cantate e meglio piante <strong>la</strong>mentele] che troviamo tradotto “E<br />

anche quando l’oscura notte aveva steso sul<strong>la</strong> faccia del<strong>la</strong> terra le nere sue ali, egli non ristava<br />

col canto e più ancora con le <strong>la</strong>crime delle sue querele”.<br />

In parte <strong>la</strong> resa italiana rispetta il rallentamento del dettato posponendo l’aggettivo possessivo<br />

al qualificativo, e in parte ne mantiene l’effetto arcaizzante tramite il ricorso a termini desueti<br />

quali il verbo “ristare” o il calco “querele”; ancora una volta elimina però <strong>la</strong> ripetizione<br />

dell’aspetto coloristico “negra”, in significativa opposizione al<strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> “vedere”,<br />

l’anticipazione verbale e l’allungamento del doppio aggettivo finale. Infatti, l’andamento<br />

estremamente calmo dell’originale, che fa precedere al sostantivo <strong>due</strong> aggettivi composti,<br />

sparisce in italiano a favore <strong>di</strong> <strong>due</strong> sostantivi e un avverbio.<br />

Descrivendo il mondo dei pastori d’Arca<strong>di</strong>a, Berganza fa riferimento a un repertorio tratto dai<br />

libri contemporanei, sicuramente noti ai lettori del tempo, in partico<strong>la</strong>re a El pastor de Fílida<br />

<strong>di</strong> Luis Galvez Montalvo, all’opera più famosa <strong>di</strong> tale filone, cioè Los siete libro de Diana <strong>di</strong><br />

Jorge de Montemayor, e al<strong>la</strong> sua stessa Ga<strong>la</strong>tea, <strong>di</strong>mostrando un netto <strong>di</strong>stacco critico<br />

dall’opera.<br />

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