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la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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Dio dove <strong>la</strong> sorte volesse portarmi] con un gioco <strong>di</strong> parole tra l’espressione i<strong>di</strong>omatica e <strong>la</strong><br />

campagna coltivata che circondava <strong>la</strong> città che in italiano sparisce sostituito da un semplice<br />

“mi affidai al<strong>la</strong> fortuna”.<br />

Il pastore, appena vede il cane randagio, lo tasta ed osserva per capire se sia forte e utile per<br />

<strong>la</strong>vorare, e quando il padrone lo interroga sulle con<strong>di</strong>zioni dell’animale risponde che “no hay<br />

señal que no muestre o prometa que ha de ser un gran perro”, affermazione che <strong>Montale</strong> rende<br />

semplicemente “tutti i segni mostrano che <strong>di</strong>venterà un cane come si deve”, con eliminazione<br />

del<strong>la</strong> doppia negazione, del doppio verbo e del<strong>la</strong> costruzione intraducibile “ha de ser”, che<br />

viene però equilibrata con l’espressone colloquiale finale.<br />

Ancora, durante i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> riposo dal <strong>la</strong>voro, Berganza ripensa con ribrezzo al mattatoio e in<br />

partico<strong>la</strong>re al<strong>la</strong> “vida que tenía mi amo” che in italiano è solo “al mio padrone”.<br />

In questi casi risulta evidente come le scelte <strong>di</strong> sintesi <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> siano legate al valore che<br />

egli dà alle <strong>di</strong>versi parti del<strong>la</strong> narrazione, non preoccupandosi <strong>di</strong> effettuare tagli importanti<br />

dove il testo gli pare meno significativo.<br />

Ripensando al mattatoio, il cane ricomincia a <strong>la</strong>mentarsi del<strong>la</strong> depravazione <strong>di</strong> coloro che vi<br />

<strong>la</strong>vorano e si <strong>di</strong>lunga in tale specu<strong>la</strong>zione tanto che il compagno lo richiama all’or<strong>di</strong>ne.<br />

Tutto il <strong>di</strong>alogo tra i cani è impregnato del<strong>la</strong> preoccupazione <strong>di</strong> non “murmurar”, cioè <strong>di</strong> non<br />

par<strong>la</strong>r male <strong>di</strong> qualcuno in partico<strong>la</strong>re, ma solo con riferimenti generali allo stato delle cose.<br />

Pare che questa preoccupazione animasse in primo luogo il narratore <strong>Cervantes</strong> che, proprio<br />

nel<strong>la</strong> sua novel<strong>la</strong> più audace, non si spinge mai a pronunciare nomi propri <strong>di</strong> personaggi<br />

dell’epoca, ma critica sempre genericamente una c<strong>la</strong>sse sociale o un comportamento umano.<br />

In partico<strong>la</strong>re questa procedura è significativa in questa parte del racconto, in cui l’ottusità del<br />

padrone dei greggi che si fa imbrogliare dai propri pastori perché non si preoccupa<br />

<strong>di</strong>rettamente dei problemi delle proprie mandrie, pare un’allegoria politica del<strong>la</strong> corruzione<br />

del<strong>la</strong> corte <strong>di</strong> Filippo III.<br />

Il “murmurar” risulta quin<strong>di</strong> una delle parole chiave del testo, per il suo ripetersi<br />

puntualmente e per l’importanza <strong>di</strong> tale concetto.<br />

Tale preoccupazione <strong>di</strong> eccedere nei commenti maliziosi e gratuiti porta Berganza a limitare a<br />

volte <strong>la</strong> propria narrazione, come appunto nei ricor<strong>di</strong> del mattatoio, che lo accendono <strong>di</strong><br />

sdegno, ma che egli non approfon<strong>di</strong>sce più perché l’amico non lo giu<strong>di</strong>chi “<strong>la</strong>rgo y<br />

murmurador”, che in italiano troviamo tradotto, con un’inversione <strong>di</strong> posizione, “maligno e<br />

chiacchierone”.<br />

Segue l’approvazione <strong>di</strong> Scipione e <strong>la</strong> concessione che “murmures un poco de luz y no de<br />

sangre”.<br />

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