la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...
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Nico<strong>la</strong> insegna a Berganza in che modo dovessero buttarsi sui tori e “les hiciesemos presa”<br />
per le orecchie, verbo che <strong>di</strong>venta “acciuffarli” sottolineando <strong>la</strong> tendenza al<strong>la</strong> semplificazione<br />
e al<strong>la</strong> sintesi che <strong>Montale</strong> realizza dove è possibile, pur mantenendo l’espressività del termine.<br />
Dopo aver per un certo periodo aiutato il padrone a compiere le proprie nefandezze, Berganza<br />
ammette <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>ventato davvero bravo nelle sue mansioni, ammissione molto importante<br />
per capire <strong>la</strong> riflessione che il protagonista porta avanti durante tutta <strong>la</strong> narrazione, poiché<br />
spesso egli si rende conto che <strong>la</strong> frequentazione del male porta ad accettarlo. Le amare<br />
considerazioni <strong>di</strong> Berganza rappresentano il suo percorso filosofico <strong>di</strong> scoperta del potere<br />
degli istinti negativi che si mostrano perfino in lui, campione del<strong>la</strong> moralità.<br />
Il cane adotta un atteggiamento critico nei confronti del suo stesso comportamento che rende<br />
più complessa <strong>la</strong> sua narrazione, <strong>la</strong> quale non si limita dunque al resoconto <strong>di</strong> strane<br />
avventure, ma si arricchisce <strong>di</strong> valore formativo, proponendo un possibile piano <strong>di</strong><br />
interpretazione dell’intera novel<strong>la</strong>.<br />
Scipione funge come sempre da mentore, e in questa occasione fa una <strong>di</strong>chiarazione<br />
fondamentale per capire l’universo filosofico all’interno del quale si muove tutto il <strong>di</strong>alogo.<br />
La frase pronunciata dal cane è iso<strong>la</strong>ta in una brevissima asserzione, sottolineata dal<strong>la</strong><br />
tagliente incisività in mezzo alle lunghe <strong>di</strong>gressioni dell’amico.<br />
“No me maravillo, Berganza; que como el hacer mal viene de natural cosecha,” egli <strong>di</strong>chiara<br />
“facilmente se aprende el hacerlo” [ Non mi meraviglio, Berganza; che dato che il far il male<br />
viene da raccolto naturale, facilemente si impara a farlo ].<br />
Proprio in queste frasi così brevi e pregne <strong>di</strong> significato si può osservare con più chiarezza il<br />
modo in cui procede il traduttore, in quanto singoli elementi che in contesti più ampi possono<br />
avere un valore solo re<strong>la</strong>tivo, in questi casi assumono ampia significatività<br />
In italiano leggiamo: “Non mi meraviglio Berganza, poiché il male è spontaneo in noi, che si<br />
riesca ad apprenderlo senza <strong>di</strong>fficoltà”<br />
L’espressione i<strong>di</strong>omatica dello spagnolo risulta eliminata nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> e resa attraverso un<br />
aggettivo, chiuso però con quel “noi” in un universo canino all’interno del quale <strong>Cervantes</strong><br />
non lo limita assolutamente, poichè quando Scipione afferma che il male è naturale, è<br />
evidente il riferimento al comportamento umano che <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> recide. La successiva<br />
espansione del<strong>la</strong> parte verbale ed avverbiale tende a riequilibrare <strong>la</strong> sintesi precedente, ma<br />
toglie incisività all’affermazione conclusiva.<br />
<strong>Montale</strong> al rispetto del<strong>la</strong> forma, anche in casi decisivi, preferisce <strong>la</strong> resa del significato<br />
secondo <strong>la</strong> sua interpretazione.<br />
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