la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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03.06.2013 Views

per invitare l’amico ad usare nel modo più proficuo possibile la miracolosa possibilità di discorrere. Scipione per tutto il dialogo compie la funzione più filosofica e razionale, definendo i limiti coi quali argina la dispersività della foga narrativa di Berganza e ammonendolo contro il “murmurar”. Anche in questo caso il saggio cane definisce l’argomento del dialogo, circoscrivendo in questo modo ciò che può essere più utile ai due. Interrompendo le dissertazioni precedenti sancisce che l’uomo non può prevenire ciò che il cielo decide, e allo stesso modo è inutile dibattere sul perché del loro parlare , ma è meglio “que este buen día, o buena noche, la metamos en nuestra casa, y pues la tenemos tan buena en estas esteras y no sabemos cuánto durará esta ventura….”[ che questo buon giorno, o buona notte, la mettiamo in casa nostra, e dunque la teniamo tanto buona su queste stuoie e non sappiamo quanto durerà questa fortuna]. La frase insiste sull’aggettivo “bueno”, perché tale è la qualità della notte miracolosa in cui i due cani possono finalmente parlare e che assume quindi carattere di positività legata alla sua utilità. “Meglio” traduce Montale “sarà far tesoro di questo felice giorno, anzi di questa fortunata notte; e poiché non sappiamo quanto durerà tale fortuna”, determinando così una variazione dell’aggettivazione, ma aggiungendo anche una ripetizione di “fortunata” assente nello spagnolo. Il traduttore in questo caso sposta il senso della positività legata all’utilità alla fortuna inaspettata che li ha toccati. Altro elemento centrale che appare già all’inizio della novella è la caratterizzazione dell’uomo per le sue qualità mentali che lo rendono distinto dall’animale che non le possiede. Tale opposizione viene descritta da Scipione all’inizio del racconto mentre dice che essi parlano “como si fuéramos capaces de razón, estando tan sin ella que la diferencia que hay del animal bruto al hombre es de ser el hombre animal racional, y el bruto, irracional.” [come se fossimo capaci di ragione, essendo tanto privi di essa che la differenza che c’è tra l’animale bestiale e l’uomo è l’essere l’uomo animale razionale, e la bestia, irrazionale ]. Come si vede, l’autore spagnolo non si preoccupa assolutamente di ripetere lo stesso termine, anzi, usa con insistenza questo mezzo per rimarcare i termini fondamentali del discorso. Anche in questo caso Montale preferisce la variatio scrivendo “come se fossimo dotati di ragione, mentre lo siamo così poco che la differenza esistente tra l’uomo e la bestia, è appunto cotesta, che l’uomo è un essere ragionevole mentre la bestia non lo è affatto.” In questo caso la differenza è sostanziale e non si tratta solo di lessico. Per quanto possiamo comprendere la difficoltà di Montale per trovare sinonimi adatti, il gioco chiastico di 61

Cervantes proponeva una definizione che la traduzione non rende. Infatti, l’essere umano di Cervantes è pur sempre un animale, ma dotato di razionalità, mentre l’uomo montaliano, non solo ha perso il suo carattere animalesco, ma risulta “ragionevole”. Per un lettore contemporaneo mi pare evidente che il significato di “ragionevole” sia molto diverso da quello che sottintenderebbe la traduzione più letterale “razionale”. Il termine usato da Montale in quest’occasione sposta la gamma connotativa del termine dalla capacità di ragionare alle considerazioni etiche del proprio comportamento. I due cani, verso il principio del loro dialogo, riconoscono che, nonostante la loro razza appartenga al genere degli animali, si è sempre distinta per alcune caratteristiche che altre bestie non posseggono, tra cui in particolare la gratitudine e la fedeltà al padrone, affermazione seguita da alcuni esempi particolarmente toccanti perché fanno riferimento all’ambito funerario. In primo luogo si usa porre l’immagine di un cane sulle tombe dei coniugi ai piedi delle loro immagini a segno “que se guardaron en la vida amistad y fidelidad inviolabile”[che si conservarono in vita amicizia e fedeltà inviolabile]. Quest’espressione, sull’inviolabilità del rispetto matrimoniale non parla di sentimenti, ma di un dogma quasi legislativo che ben si accompagna al verbo “guardar” che è appunto usato nel caso di un guardiano che custodisca qualcosa, come il cane appunto. Montale trasforma completamente il senso dell’espressione scrivendo “dell’amicizia e dell’inviolabile fedeltà che li ha uniti in vita”. Il rispetto del coniuge così passa ad un valore profondo che non indica il custodire qualcosa (più o meno volentieri) ma un’attiva partecipazione sentimentale. Ritengo tale trasformazione dettata dalla poetica di Montale che probabilmente fu particolarmente affascinato da queste righe, interesse dimostrato anche dalle trasformazioni che compie delle frasi successive, con cambiamenti lievi ma significativi. Berganza prosegue raccontando di cani tanto riconoscenti al loro padrone “que se han arrojado con los cuerpos difuntos de sus amos en la misma sepultura.” [che si sono gettati con i corpi defunti dei loro padroni nella stessa sepoltura]. L’aggettivo in questo caso viene spostato da Montale dai corpi ai “loro defunti padroni”, focalizzando in questo modo l’attenzione non sull’aspetto macabro e curioso dell’episodio, ma sulla drammaticità della morte degli amati padroni; il cane non segue un corpo morto, ma la salma del padrone defunto. Altra reazione disperata alla morte del caro umano può essere il non allontanarsi dal luogo dell’interramento e la rinuncia al cibo “hasta que se les acababa la vida” [fino a che terminava loro la vita]: è la vita del cane a consumarsi, di fronte a una caparbia rinuncia di essa da parte 62

<strong>Cervantes</strong> proponeva una definizione che <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> non rende. Infatti, l’essere umano <strong>di</strong><br />

<strong>Cervantes</strong> è pur sempre un animale, ma dotato <strong>di</strong> razionalità, mentre l’uomo montaliano, non<br />

solo ha perso il suo carattere animalesco, ma risulta “ragionevole”. Per un lettore<br />

contemporaneo mi pare evidente che il significato <strong>di</strong> “ragionevole” sia molto <strong>di</strong>verso da<br />

quello che sottintenderebbe <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> più letterale “razionale”. Il termine usato da <strong>Montale</strong><br />

in quest’occasione sposta <strong>la</strong> gamma connotativa del termine dal<strong>la</strong> capacità <strong>di</strong> ragionare alle<br />

considerazioni etiche del proprio comportamento.<br />

I <strong>due</strong> cani, verso il principio del loro <strong>di</strong>alogo, riconoscono che, nonostante <strong>la</strong> loro razza<br />

appartenga al genere degli animali, si è sempre <strong>di</strong>stinta per alcune caratteristiche che altre<br />

bestie non posseggono, tra cui in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> gratitu<strong>di</strong>ne e <strong>la</strong> fedeltà al padrone,<br />

affermazione seguita da alcuni esempi partico<strong>la</strong>rmente toccanti perché fanno riferimento<br />

all’ambito funerario.<br />

In primo luogo si usa porre l’immagine <strong>di</strong> un cane sulle tombe dei coniugi ai pie<strong>di</strong> delle loro<br />

immagini a segno “que se guardaron en <strong>la</strong> vida amistad y fidelidad invio<strong>la</strong>bile”[che si<br />

conservarono in vita amicizia e fedeltà invio<strong>la</strong>bile]. Quest’espressione, sull’invio<strong>la</strong>bilità del<br />

rispetto matrimoniale non par<strong>la</strong> <strong>di</strong> sentimenti, ma <strong>di</strong> un dogma quasi legis<strong>la</strong>tivo che ben si<br />

accompagna al verbo “guardar” che è appunto usato nel caso <strong>di</strong> un guar<strong>di</strong>ano che custo<strong>di</strong>sca<br />

qualcosa, come il cane appunto. <strong>Montale</strong> trasforma completamente il senso dell’espressione<br />

scrivendo “dell’amicizia e dell’invio<strong>la</strong>bile fedeltà che li ha uniti in vita”. Il rispetto del<br />

coniuge così passa ad un valore profondo che non in<strong>di</strong>ca il custo<strong>di</strong>re qualcosa (più o meno<br />

volentieri) ma un’attiva partecipazione sentimentale. Ritengo tale trasformazione dettata dal<strong>la</strong><br />

poetica <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> che probabilmente fu partico<strong>la</strong>rmente affascinato da queste righe, interesse<br />

<strong>di</strong>mostrato anche dalle trasformazioni che compie delle frasi successive, con cambiamenti<br />

lievi ma significativi.<br />

Berganza prosegue raccontando <strong>di</strong> cani tanto riconoscenti al loro padrone “que se han<br />

arrojado con los cuerpos <strong>di</strong>funtos de sus amos en <strong>la</strong> misma sepultura.” [che si sono gettati<br />

con i corpi defunti dei loro padroni nel<strong>la</strong> stessa sepoltura]. L’aggettivo in questo caso viene<br />

spostato da <strong>Montale</strong> dai corpi ai “loro defunti padroni”, focalizzando in questo modo<br />

l’attenzione non sull’aspetto macabro e curioso dell’episo<strong>di</strong>o, ma sul<strong>la</strong> drammaticità del<strong>la</strong><br />

morte degli amati padroni; il cane non segue un corpo morto, ma <strong>la</strong> salma del padrone<br />

defunto.<br />

Altra reazione <strong>di</strong>sperata al<strong>la</strong> morte del caro umano può essere il non allontanarsi dal luogo<br />

dell’interramento e <strong>la</strong> rinuncia al cibo “hasta que se les acababa <strong>la</strong> vida” [fino a che terminava<br />

loro <strong>la</strong> vita]: è <strong>la</strong> vita del cane a consumarsi, <strong>di</strong> fronte a una caparbia rinuncia <strong>di</strong> essa da parte<br />

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