la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...
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personaggio da identificare come esempio, dato che sia la dama che l’alfiere cercano di perseguire un inganno. Un comportamento onesto di Campuzano non avrebbe migliorato la sua sorte, anzi l’avrebbe reso doppiamente beffato. Forse la funzione positiva è compiuta da Peralta che invita l’amico a pranzo senz’altro fine che ascoltare le sue avventure. Nel Colloquio dei cani la situazione si complica perchè vi sono numerosi riferimenti a diversi tipi di letteratura, così che vari studiosi ne hanno sottolineato differenti aspetti. Le avventure del cane Berganza in primo luogo richiamano alla mente il genere picaresco che in Spagna era allora molto in voga. Oltre che per il contenuto avventuroso, la storia aderirebbe a questo genere anche per il fatto di essere narrata in prima persona dal protagonista, per l’identità di vagabondo di Berganza, come tanti giovani protagonisti di romanzi di questo filone, e per il fatto che egli debba sottostare a numerosi e differenti padroni. 78 Il Casamiento invece, anche se raccoglie le peripezie del narratore, si distacca dal picaresco per l’accento di redenzione contenuto nel finale. 79 Alcuni critici sono d’accordo nel considerare picaresca la narrazione dei cani anche se in essa “faltan algunas de las notas características de este género”. 80 Cervantes però, più che aderire a un genere si serve normalmente degli elementi di esso per ribaltarli in senso parodistico, come nel lapalissiano caso del Don Quijote. Anche in questa novella l’elemento picaresco assume un valore comico se solo si considera che il picaro non è un personaggio umano ma un cane. 81 Durante la narrazione è evidente il riferimento ad altri generi, come quello pastorale, anch’esso in chiave parodica, nell’episodio dei pastori. La finzione parapicaresca sarebbe, secondo Querillac, finalizzata ad una critica della società, contenuta in un attacco che non è satira perché non mette in ridicolo i suoi bersagli, ma allegoria satirica che non risponde al semplice intento di intrattenere. Tuttavia “definir esta novela con la palabra sátira es reducir y limitar su alcanze” 82 , in quanto la satira è solo uno degli elementi atto a raggiungere lo scopo principale, cioè la critica sociopolitica. 78 M. J. SANCHEZ ROMATE, Hechicería en el coloquio de los perros, CIAC I, pag. 271 79 M. LLORIS, El casamiento engañoso, “Hispanofila” XIII (1970) 80 M. A. DEL BRAVO e M.L. LOPEZ MUNOZ, Vida y sociedad en la España del siglo XVII a travès del “Coloquio de los perros” de Cervantes, “Anales Cervantinos” XXIX (1991), pag. 132 81 E. WILLIAMSON, El juego de la verdad en el Casamiento engañoso y en el Coloquio de los perros, CIAC II, pag. 188 82 R. QUERILLAC, El coloquio de los perros: Cervantes frente a su època y a sì mismo, “Anales Cervantinos” XXVII (1989), pag. 123 45
Il famoso critico di Cervantes Riley individua numerosi tipi di narrazione cui lo scrittore farebbe riferimento durante la stesura della novella, in maniera diretta o indiretta. Egli riconosce in primo luogo il racconto straordinario che eccede dai limiti della natura per la presenza dei cani parlanti, che da Peralta viene definito “sueño o disparate” . Inoltre non sono esenti il riferimento al racconto secondo lo stile di Esopo (si pensi, di nuovo, agli animali che parlano) o infantile, citati questi direttamente da Peralta al culmine della sua incredulità quando chiede se “se nos ha vuelto el tiempo de Maricastaña cuando hablaban las calavazas, o el de Isopo, cuando departía el gallo con la zorra y unos animales con otros”. Sempre di ambito classico sono i rimandi alla satira menippea e al romanzo dell’Asino d’oro di Apuleio, con cui la novella condivide molti elementi, e testo quest’ultimo da cui prese spunto il genere picaresco. Sempre rispetto al rapporto col picaresco Riley sostiene che il colloquio sia una reazione al successo del Guzmán de alfarache di Mateo Alemán, in quanto Cervantes ribalta il commento-sermone del romanzo picaresco pe renderlo commento-dialogo 83 . La struttura dialogo rimanda infine alla tradizione del dialogo filosofico. Amezuà riconosce nel Casamieno la struttura del narratore interno tipica del picaresco, mentre nel racconto di Berganza tale elemento acquisirebbe la forma dilatata tipica della polemica. Egli individua tre fonti essenziali per il dialogo cervantino: la narrazione fittizia del Cinquecento nelle varianti bizantina, pastorale e picaresca, il colloquio rinascimentale e il dialogo drammatizzato della commedia. 84 Anche in questo caso, l’aderenza di Cervantes a una tradizione letteraria non risulta mai acritica, ma arricchita da un giudizio interno teso a rivelare i limiti della finzione. Nel caso degli elementi ereditati dalle favole di Esopo, ad esempio, l’autore non si limita a mettere in scena due cani che discorrono tra loro, ma ne pone in evidenza l’assurdità sottolineando, nella prima parte del dialogo, lo stupore degli animali per la straordinarietà di tale fenomeno. In questo modo Cervantes si ispira ad un genere di cui rifiuta però la pacata imitazione degli elementi palesemente irreali: ecco che l’assurdo dei cani che parlano si trasforma in un fatto non reale ma comunque possibile. Inoltre, evidente alla critica moderna è il riferimento alla filosofia cinica, sia per gli animali stessi protagonisti della narrazione (cinismo deriva proprio dal vocabolo greco per dire “cane”), sia per il loro atteggiamento nei confronti del mondo; come i seguaci di Antistene, Scipione e Berganza descrivono le attività umane dalla loro distaccata posizione canina criticandone la corruzione dei costumi e delle abitudini. 83 E. C. RILEY, La profecìa de la bruja (El coloquio de los perros), CIAC I pagg. 85-88 84 A.G. DE AMEZUA’ Y MAYO, Introduzione a Cervantes creador , cit., pag. LXXXIII 46
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Nel Colloquio dei cani <strong>la</strong> situazione si complica perchè vi sono numerosi riferimenti a <strong>di</strong>versi<br />
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Le avventure del cane Berganza in primo luogo richiamano al<strong>la</strong> mente il genere picaresco che<br />
in Spagna era allora molto in voga. Oltre che per il contenuto avventuroso, <strong>la</strong> storia<br />
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Il Casamiento invece, anche se raccoglie le peripezie del narratore, si <strong>di</strong>stacca dal picaresco<br />
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Alcuni critici sono d’accordo nel considerare picaresca <strong>la</strong> narrazione dei cani anche se in essa<br />
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<strong>Cervantes</strong> però, più che aderire a un genere si serve normalmente degli elementi <strong>di</strong> esso per<br />
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Anche in questa novel<strong>la</strong> l’elemento picaresco assume un valore comico se solo si considera<br />
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Durante <strong>la</strong> narrazione è evidente il riferimento ad altri generi, come quello pastorale,<br />
anch’esso in chiave paro<strong>di</strong>ca, nell’episo<strong>di</strong>o dei pastori.<br />
La finzione parapicaresca sarebbe, secondo Queril<strong>la</strong>c, finalizzata ad una critica del<strong>la</strong> società,<br />
contenuta in un attacco che non è satira perché non mette in ri<strong>di</strong>colo i suoi bersagli, ma<br />
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Tuttavia “definir esta nove<strong>la</strong> con <strong>la</strong> pa<strong>la</strong>bra sátira es reducir y limitar su alcanze” 82 , in quanto<br />
<strong>la</strong> satira è solo uno degli elementi atto a raggiungere lo scopo principale, cioè <strong>la</strong> critica<br />
sociopolitica.<br />
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M. J. SANCHEZ ROMATE, Hechicería en el coloquio de los perros, CIAC I, pag. 271<br />
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M. LLORIS, El casamiento engañoso, “Hispanofi<strong>la</strong>” XIII (1970)<br />
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M. A. DEL BRAVO e M.L. LOPEZ MUNOZ, Vida y sociedad en <strong>la</strong> España del siglo XVII a travès del<br />
“Coloquio de los perros” de <strong>Cervantes</strong>, “Anales Cervantinos” XXIX (1991), pag. 132<br />
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E. WILLIAMSON, El juego de <strong>la</strong> verdad en el Casamiento engañoso y en el Coloquio de los perros, CIAC II,<br />
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R. QUERILLAC, El coloquio de los perros: <strong>Cervantes</strong> frente a su època y a sì mismo, “Anales Cervantinos”<br />
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