la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

traduzioni ci porterà ancora più fuori di strada dati gli inevitabili “tagli”, gli arbitri dei registri,
le insufficienze degli attori ecc. Il risultato sarà, nella migliore delle ipotesi, un’altra poesia o
uno spettacolo figurativo, non certo la poesia di Shakespeare”. Dal teatro passa poi a tutti i
tipi di rappresentazione e non manca un paragone con la traduzione. “Ciò conferma” continua
più sotto “che in un certo senso è proprio vero: un lavoro rappresentato è un lavoro tradotto,
un’opera assai diversa”, per concludere che “Pare dunque che l’opera d’arte esiste solo per chi
l’ha creata, e in quel momento, non dopo. Dopo diventa una traduzione per tutti, anche per
l’autore.” 68
In queste dichiarazioni risulta un concetto di traduzione che risponde al valore di “rilettura” e
di “interpretazione”. Se la lettura personale di un’opera equivale a una “traduzione”, di
conseguenza la traduzione deve mettere in luce una chiave di lettura personale del traduttore.
Queste definizioni descrivono proprio il tipo di lavoro di traduzione-interpretazione che
abbiamo visto compiere da Montale nel momento in cui deve rendere in italiano un testo
straniero. Consapevole dell’inevitabile trasformazione del testo, egli opta per una rilettura
personale che ne evidenzi il messaggio implicito anche a costo di trasformare il tessuto
linguistico e formale.
La traduzione per il nostro autore è in sostanza un’operazione critica.
Montale lo dichiara esplicitamente in un articolo scritto nel ’62: “Considero come mie opere
critiche anche alcune traduzioni : L’Amleto, il Faust di Marlowe, il Billy Budd di Melville,il
Quaderno di traduzioni che pubblicai della Meridiana e alcuni Entremeses di Cervantes…” 69
Ci stupisce l’assenza, accanto agli Entremeses, che il poeta tradusse per la raccolta del Teatro
Spagnolo sempre per la Bompiani, di un accenno anche alle novelle tradotte per la raccolta
dei Narratori.
Poco dopo Montale osserva che “altre traduzioni furono invece frutto di necessità
economiche. (Fui disoccupato dal ’38 – data del mio licenziamento dal gabinetto Viesseux -
al 1947….)”.
Se, di conseguenza, la traduzione per la raccolta di Bo fu esclusivamente frutto di necessità,
questo non cambia l’interpretazione generale di Montale della pratica traduttiva e il suo modo
di procedere nell’affrontare i testi stranieri con ampia libertà e profonda coscienza.
68 E. MONTALE, “Variazioni V” in Idem, Auto da fe, cit., pagg. 172-173
69 Citato da G. ZAMPA, op. cit., pag. XXXI
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