la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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tutte le figure che si incontrano nelle narrazioni sarebbe assai arduo, ma si può ben dire che esse danno un’ampia panoramica della società spagnola di inizio Seicento, dagli eleganti cavalieri e dame delle più nobili casate agli ambienti meno raccomandabili, fino all’universo dei giovani delinquenti (o presunti tali) e vecchi ruffiani, senza tralasciare osti, viaggiatori, servette, paggi e perfino gli emarginati come le donne considerate streghe. Grazie alla convinzione che la realtà è spesso più straordinaria della fantasia, lo scrittore rinunciò in buona parte al patrimonio del fantastico e del meraviglioso per raccontare storie che per quanto improbabili (non mancano agnizioni e riconoscimenti insperati) sono pur sempre possibili e, soprattutto, inequivocabilmente umane. Se, ad esempio, i grandi viaggi e i rapimenti dei Mori descritti nel Amante liberal non facevano parte dell’esperienza di ogni lettore, erano pur sempre delle situazioni possibili in quel tempo, tanto che lo scrittore stesso si era trovato durante la sua vita in condizioni simili, e da tali avventure aveva sicuramente preso spunto al momento di comporre le sue opere. Cervantes durante il suo periodo in Italia rimase sicuramente affascinato dal genere novellesco, ma invece di limitarsi a tradurre le opere italiane o riutilizzarle prendendone suggerimenti ed esempi, come avevano fatto altri suoi connazionali, diede vita a una raccolta assolutamente originale e distinta dalle precedenti. Oltre all’esempio italiano da cui, come abbiamo visto, trasse spunti soprattutto per la struttura, vi furono altri generi della tradizione spagnola che influenzarono questa produzione di Cervantes. Molto presente in alcune narrazioni, in particolare in Rinconete y Cortadillo, ma anche nelle avventure del cane Berganza, è il genere picaresco. Altro importante ruolo gioca nelle novelle la narrazione pastorale rinascimentale secondo l’esempio della Diana di Jorge de Montemayor, cui si fa riferimento in modo ironico anche nel Don Quijote, nel momento in cui l’ “ingenioso hidalgo” decide di abbandonare la vita del cavaliere errante e farsi pastore. Se ci soffermiamo sul capolavoro cervantino, non possiamo dimenticare l’importanza del genere cavalleresco, causa di tutte le sventure del più famoso cavaliere errante di tutta Spagna, e dal quale ereditano alcuni elementi anche le novelle corte. Inoltre, si possono riconoscere tracce del genere bizantino, su cui lo scrittore si baserà per la stesura della sua ultima opera: il Persiles y Sigismunda. 17
Infine, e lo vedremo meglio nel caso del Coloquio del los perros, i classici suggerirono al nostro autore temi e strutture, in particolare la commedia, la satira, e il romanzo di Apuleio. 23 Cervantes, instancabile lettore, anche se non compì studi regolari di letteratura, conobbe tutti i generi più diffusi del tempo e da ciascuno colse e rielaborò immagini e moduli narrativi rimescolandoli e creando un tessuto assolutamente originale. “El” commenta Avalle-Arce “no tiene modelos literarios, ni los ha querido buscar, immenso himno de liberación artística que Cervantes comenzó a modular con do de pecho en el Quijote de1605. Suponer que después del Quijote de 1605 Cervantes podía imitar a otros artistas, sería suponer un retroceso intelectual equivalente a la anulación homicida del artista liberado” 24 . L’operazione di Cervantes è molto complessa e difficilmente riconducibile a una definizione univoca, in quanto egli coglie gli elementi dei filoni letterari a lui noti, ma li rielabora secondo un’inedita fantasia e capacità creativa. Infatti, nessuna novella si può ascrivere a un singolo genere, ma in ciascuna si incontrano elementi tratti da altri autori, sia in chiave reinterpretativa che satirica. Se prendiamo come esempio il Colloquio dei cani, su cui ci soffermeremo, possiamo osservare ad esempio, su suggerimento di Blanco Aguinaga, come la tradizione del dialogo rinascimentale, basata su di un’opposizione dogmatica tra opinioni contrapposte si trasformi in un’ alternanza di due punti di vista a volte affini a volte discordi, ma in cui “the novelist never judges and (…) never says the last word” 25 . Oltre al dialogo la stessa novella richiama il genere picaresco, ma anch’esso non viene rispettato in tutti i suoi aspetti perché, osserva Rodriguez Luis, “Berganza no es un verdadero pícaro: si cae en alguna tropelía es por breve aquiescencia pasiva, no pierde jamás el buen juicio moral con que ha nacido, no padece con la característica intensidad picaresca el hambre y los malos tratos…” 26 . Cervantes conosceva le regole dei generi, ma le eludeva a proposito, ed anzi sempre nella novella dei cani sbeffeggia un poeta che scrive un’opera rispettando alla lettera le norme aristoteliche, ma usando degli illeggibili proparossitoni sostantivali. Lo scrittore, nelle sue creazioni, osserva Riley, “ridicolizza ogni sorta di pedante, le regole se non si accompagnano al talento non produrranno arte” 27 . 23 Vedi J. GARCIA-LOPEZ, Prólogo a M. DE CERVANTES, Novelas ejemplares, Crítica, Barcelona 2001, pag. LXIII 24 J. B. AVALLE-ARCE, Introducción a M. DE CERVANTES, Novelas ejemplares, Castalia, Madrid 1982, pagg. 16-17 25 citato da T.R. HART , Cervate’s exemplary fiction, a study of the Novelas ejemplares,.University press of Kentucky, 1994, pag. 331 26 J. RODRIGUEZ-LUIS, Novedad y ejemplo de las Novelas de Cervantes, 2 voll., José Porrúa Turanzas, Madrid 1980, pag. 238 27 E. C. RILEY, Teoria del romanzo in Cervantes, traduzione di G. FIGLIA, Il Mulino, Bologna 1988, pag. 64 18
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