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la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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Il panorama che ne risulta conferma ancora una volta <strong>la</strong> politica <strong>di</strong> Bompiani volta a proporre<br />

nomi noti e scrittori consolidati per interessare il grande pubblico piuttosto che specialisti<br />

del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> o filologi.<br />

Di fronte a queste inequivocabili <strong>di</strong>chiarazioni, per quanto volutamente esagerate dallo<br />

scrittore, non può rimanere più alcun dubbio sul fatto che ben più del travaso in un'altra lingua<br />

a <strong>Montale</strong> interessasse <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> come esercizio <strong>di</strong> stile.<br />

Resta ancora da capire se anche per le <strong>novelle</strong>, il nostro si sia rifatto al<strong>la</strong> versione <strong>di</strong> Giannini,<br />

pubblicata nel 1912 102<br />

Per prima cosa bisogna osservare che l’opera del Giannini contiene sì il Colloquio dei cani<br />

ma fin dal titolo esso si <strong>di</strong>scosta dal<strong>la</strong> versione montaliana perché viene intito<strong>la</strong>to “Dialogo<br />

che avvenne tra Scipione e Berganza, cani dell’ Ospedale del<strong>la</strong> resurrezione”, mentre il<br />

Casamiento engañoso non è nemmeno presente. Anche dal punto <strong>di</strong> vista stilistico le <strong>di</strong>stanze<br />

sono numerose in quanto non si trova in questa <strong>traduzione</strong> né l’ossessione per le ripetizioni <strong>di</strong><br />

<strong>Montale</strong>, né soluzioni sintattiche corrispondenti.<br />

Bastino a scopo <strong>di</strong> esempio solo un paio <strong>di</strong> stralci che abbiamo in<strong>di</strong>viduato come<br />

partico<strong>la</strong>rmente significativi nei capitoli precedenti.<br />

“ Fratello Scipione, io sento che tu mi parli e so che io parlo a te, né posso persuadermene,<br />

perché mi sembra che il par<strong>la</strong>re noi passi i limiti del naturale” (pag. 253)<br />

“Lupi non ce n’era e il branco scemava! Avrei ben voluto sve<strong>la</strong>re <strong>la</strong> cosa, ma non avevo <strong>la</strong><br />

favel<strong>la</strong>; e tutto questo mi riempiva <strong>di</strong> meraviglia e <strong>di</strong> amarezza (pag. 264)<br />

“D’inverno quando in Siviglia costumano panini <strong>di</strong> fiore e schiacciatine col burro, me ne<br />

rega<strong>la</strong>vano tanti che si impegnarono e vendettero ben più <strong>di</strong> <strong>due</strong> calepini (nota: il testo ha<br />

“<strong>due</strong> Antoni”ecc.) per farmi far co<strong>la</strong>zione.” (pagg. 270/271)<br />

“sebbene il proverbio <strong>di</strong>ce che col mutar paese non si muta cervello ( nota: è registrato dal<br />

Giusti e corrisponde a quello del testo ecc.) (pag. 287)<br />

“Perciò ci sono in Spagna tanti burattinai, tanti che vanno mostrando gran<strong>di</strong> storie figurate,<br />

tanti ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> spallette e canzonette”(pag. 289)<br />

102 M. DE CERVANTES, Novelle, <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> A. GIANNINI, Laterza, Bari 1912<br />

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