la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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e quelle di Cervantes, ricordando che per la raccolta del Teatro spagnolo 98 egli aveva contribuito con alcuni “entremeses” del maestro spagnolo. Rispetto a Shakespeare, Montale nella risposta pone dei dubbi sulla propria competenza filologica, oltre che sull’impossibilità di superare l’edizione di Praz edita dalla Sansoni. Per quanto riguarda lo spagnolo, sarà bene riportare direttamente uno stralcio della missiva: “Non parliamo poi di Cervantes: io non so una parola di spagnolo e per quei 3 intermezzi che piacquero a Croce seguii, rammodernando, la traduzione del Giannini. Ma un bel gioco dura poco! Non voglio vestirmi delle penne del pavone.” 99 La dichiarazione non è da prendere alla lettera, considerando il tono informale e spesso ironico della corrispondenza, ma Montale ripete la stessa argomentazione in una missiva successiva rispondendo alle reiterate proposte del corrispondente. Infatti, Contini prova a convincerlo a impegnarsi nell’opera. “ Dimmi seriamente se economicamente ti interesserebbe tradurre TUTTO il teatro di Cervantes, eventualmente qualcosa anche delle altre opere in verso o il Persiles. La mia utilità, considerala secondaria. Naturalmente chiederei a Mondadori condizioni specialissime. Non ho ancora vero contratto ecc., ma figuri già nel piano provvisorio come traduttore di Cervantes accanto a Carlesi (Quijote) e al curatore Dalini (Ejemplares). Puoi servirti di tutti i sussidi che credi. Alla Nazionale ci sono tutti i vocabolari possibili. E nei limiti delle mie scarse possibilità, sono a disposizione per ogni consulenza.” 100 Il poeta però, rifiuta nuovamente la proposta, ribadendo la propria inadeguatezza. “…Cervantes temo proprio non potrò farlo – dato il mio sfacelo mentale. Faccio una vita pietosa e sicuro che alla Nazionale non ci potrei mai metter piede. I 3 intermezzi che avevo tradotto erano i migliori,e ora come farei a rifarli diversi? Non parliamo poi di lavori non tradotti da altri; non so un rigo di spagnolo; ne so quasi meno di Carlo Bo” 101 E’ necessario a questo punto ricordare che proprio Bo era il curatore della famosa raccolta dei Narratori spagnoli di cui ci siamo occupati nel primo capitolo e che conteneva appunto le traduzioni delle novelle? 98 Teatro spagnolo : raccolta di drammi e commedie dalle origini ai nostri giorni, a cura di E. VITTORINI, Bompiani, Milano 1941 99 Lettera di Eugenio Montale a Gianfranco Contini, Firenze 8 settembre (ma ottobre) 1945, in E. MONTALE, Eusebio e Trabucco, cit, pag. 110 100 Lettera di Gianfranco Contini a Eugenio Montale, Domo 16 (ottobre 1945), in E. MONTALE, Eusebio e Trabucco, cit., pag. 122 101 Lettera di Eugenio Montale a Gianfranco Contini, Firenze 1 novembre (ma dicembre) 1945, ivi, pag. 127 139
Il panorama che ne risulta conferma ancora una volta la politica di Bompiani volta a proporre nomi noti e scrittori consolidati per interessare il grande pubblico piuttosto che specialisti della traduzione o filologi. Di fronte a queste inequivocabili dichiarazioni, per quanto volutamente esagerate dallo scrittore, non può rimanere più alcun dubbio sul fatto che ben più del travaso in un'altra lingua a Montale interessasse la traduzione come esercizio di stile. Resta ancora da capire se anche per le novelle, il nostro si sia rifatto alla versione di Giannini, pubblicata nel 1912 102 Per prima cosa bisogna osservare che l’opera del Giannini contiene sì il Colloquio dei cani ma fin dal titolo esso si discosta dalla versione montaliana perché viene intitolato “Dialogo che avvenne tra Scipione e Berganza, cani dell’ Ospedale della resurrezione”, mentre il Casamiento engañoso non è nemmeno presente. Anche dal punto di vista stilistico le distanze sono numerose in quanto non si trova in questa traduzione né l’ossessione per le ripetizioni di Montale, né soluzioni sintattiche corrispondenti. Bastino a scopo di esempio solo un paio di stralci che abbiamo individuato come particolarmente significativi nei capitoli precedenti. “ Fratello Scipione, io sento che tu mi parli e so che io parlo a te, né posso persuadermene, perché mi sembra che il parlare noi passi i limiti del naturale” (pag. 253) “Lupi non ce n’era e il branco scemava! Avrei ben voluto svelare la cosa, ma non avevo la favella; e tutto questo mi riempiva di meraviglia e di amarezza (pag. 264) “D’inverno quando in Siviglia costumano panini di fiore e schiacciatine col burro, me ne regalavano tanti che si impegnarono e vendettero ben più di due calepini (nota: il testo ha “due Antoni”ecc.) per farmi far colazione.” (pagg. 270/271) “sebbene il proverbio dice che col mutar paese non si muta cervello ( nota: è registrato dal Giusti e corrisponde a quello del testo ecc.) (pag. 287) “Perciò ci sono in Spagna tanti burattinai, tanti che vanno mostrando grandi storie figurate, tanti venditori di spallette e canzonette”(pag. 289) 102 M. DE CERVANTES, Novelle, traduzione di A. GIANNINI, Laterza, Bari 1912 140
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