la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

“ non soltanto noi parliamo, ma discorriamo tra noi...”
B 158 Oh Scipione, fratello mio, odo che tu parli e m’accorgo di parlare anch’io, ma non
riesco a persuadermene perché è cosa che supera i limiti della stessa natura.
“Noi non soltanto parliamo, ma anche discorriamo…”
N 206 Fratello Scipione, ti odo parlare e so che anche io ti parlo, e non oso crederlo perché mi
sembra che il parlare da parte nostra oltrepassi le leggi stesse della natura.
“Non solamente parliamo, ma parliamo logicamente…”
Nella prima parte del dialogo i due mastini esprimono il loro stupore per l’inaspettato dono
della parola usando più volte il verbo “hablar”, che costituisce il punto nevralgico delle
battute iniziali, e la cui importanza è evidenziata dalla costante ripetizione.
Per quanto l’attenzione ad evitare le ripetizioni sia un elemento tradizionale della storia
letteraria italiana, solo Montale trasforma questa preferenza in uno degli elementi fondanti
della sua pratica traduttiva, tanto da eliminare completamente le reiterazioni attraverso il
ricorso a sinonimi, e da cancellare in questo caso l’insistenza dell’originale sul verbo
“hablar”.
Da contro, nella versione della Nordio, l’elemento non solo mantiene la sua evidenzia, ma
sembra perfino enfatizzato rispetto alle abitudini della lingua italiana.
Anche in questo caso, invece, la manipolazione di Montale è finalizzata a una più facile ed
immediata assimilazione del testo da parte del lettore.
Il fatto che Montale non si concentri sulla riproduzione di tali elementi stilistici cervantini non
deve far supporre che il poeta non abbia studiato con attenzione il testo prima di volgerlo
all’italiano, ma dimostra che egli si preoccupi maggiormente di altri aspetti del tessuto
linguistico.
In particolare, secondo le sue inclinazioni poetiche, dedica grande impegno nella resa degli
effetti fonici del dettato.
C 546 Todas las mañanas que son días de carne, antes que amanezca están en el matadero
gran cantidad de mujercillas y muchachos, todos con talegas que, viniendo vacías, vuelven
llenas de pedazos de carne, y las criadas con criadillas y lomos medio enteros”
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