la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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03.06.2013 Views

il “queso” tradotto “cacio”, mentre si può parlare di generalizzazione, per i “guisados” tradotti “cibreo” o “intingolo”. Definirei anche standardizzazione la trasformazione del “jamón de Rute” in un più generico “prosciutto”. Cambiando ambito, sempre verso la standardizzazione verte la traduzione degli indumenti “calzas y jubón” resi “pantaloni e giacca”, nonché gli svariati vocaboli con i quali nel metatesto si indica un tipo particolare di calzoni, chiamati, a casa delle ampie tasche, “follados” nell’originale. La standardizzazione investe anche la resa dei vari mestieri e ruoli. Osserviamo a titolo esemplificativo i diversi modi di rendere il ruolo dell’“amo” che può essere “servo” “uomo” o “incaricato”, mentre gli emblematici “jiferos” sono resi “macellai” (o con appropriazione “beccai”), e gli “hermanos de la Capacha” “fratelli della questua”. Altri casi di appropriazione si trovano invece per i passatempi come il ballo della “chacona” diventato “castagnette”, o per i “moriscos” resi “mori”. Di fronte a una tale prevalenza dei processi di appropriazione e standardizzazione, si rilevano alcuni, sporadici, casi di riconoscimento, come il mantenimento del nome “Simoeque” del proverbio. In generale, nel metatesto osserviamo un costante adattamento, rispetto al prototesto, a un linguaggio immediatamente comprensibile ai contemporanei italiani, che influenza la psicologia di gruppo, cioè impedisce in molte occasioni al lettore di entrare in contatto con elementi dell’ambiente culturale dello scrittore e dei riceventi ideali del prototesto. Infine, per quanto riguarda i deittici, si nota, in opposizione alle scelte preponderanti per gli elementi precedenti, una tendenza al riconoscimento rispetto alla prospettiva cervantina, dato che il metatesto conserva le coordinate spaziali e temporali di riferimento del prototesto e il punto di vista dei personaggi nella narrazione. Ritengo che questa coerenza sia dovuta anche alla predominanza del discorso diretto e quindi della narrazione in prima persona dei fatti da parte dei cani. Nel riferirsi agli altri personaggi si possono invece notare alcune manipolazioni, nella trasformazione dei pronomi in sostantivi e viceversa, soprattutto nell’episodio degli zingari, a causa del solito tentativo di evitare le ripetizioni. Anche sotto questo aspetto, che influenza la poetica espressiva del microtesto, si notano di conseguenza degli interventi di Montale nel segno della manipolazione. 121

Per concludere, accenniamo ai campi espressivi, cioè agli elementi caratteristici della poetica dell’autore del prototesto. Per quanto si possono notare aspetti su cui Montale si sofferma con particolare attenzione come la resa degli aspetti fonici, ve ne sono altri che vengono vistosamente modificati. Nel Colloquio è possibile rintracciare numerosi elementi di continuità con le altre novelle, sia dal punto di vista sintattico che linguistico, e in particolare mi soffermerò sulle dittologie, cui Cervantes ricorre numerose volte, sia nominali che di verbali e aggettivali, come si nota nel titolo stesso Novela y colloquio. Quest’uso si può riscontrare in tutte le narrazioni della raccolta, fin dalla descrizione della protagonista del primo racconto “hermosa y discreta” e poi “cortés y bien razonada” o della corte dove “todo se compra y todo se vende”, tanto che è sufficiente aprire una pagina a caso del libro per poterne osservare un esempio. Queste strutture doppie del prototesto, in alcune occasioni arricchite di giochi di parole e assonanze, così caratteristiche del dettato cervantino, nel metatesto a volte corrispondono a delle coppie corrispondenti, anche se spesso invertite, mentre altre volte esse vengono sciolte in parole separate o in soluzioni differenti. Osserviamo come esempio di dittologie mantenute con spostamento degli elementi “agudos y gustosos” tradotto “gustosi e piacevoli”o “maldicente murmurador” “pettegolo maldicente”, con un processo di appropriazione che risulta ancora più marcato nella trasformazione grammaticale di “de antiguos y muchos” in “crescendo e invecchiando”. Come esempio di appropriazione che determina un cambiamento ancora più radicale possiamo citare invece l’avverbio “extremada y divinamente” diventare semplicemente “divinamente” con una netta soppressione della struttura originale. Anche nel caso di un elemento di poetica dell’autore dell’originale, abbiamo da parte del traduttore un processo di netta appropriazione che condiziona un elemento macrotestuale. 5.1 Commento Una delle problematiche degli attuali studi di traduttologia riguarda il dubbio se sia lecito o meno esprimere un giudizio rispetto alla traduzione esaminata, dato che tutta le scuole più importanti basano le proprie osservazioni esclusivamente su aspetti descrittivi e non valutativi. Anche Torop nel suo libro segue questo tipo di approccio, considerando il 122

il “queso” tradotto “cacio”, mentre si può par<strong>la</strong>re <strong>di</strong> generalizzazione, per i “guisados” tradotti<br />

“cibreo” o “intingolo”.<br />

Definirei anche standar<strong>di</strong>zzazione <strong>la</strong> trasformazione del “jamón de Rute” in un più generico<br />

“prosciutto”.<br />

Cambiando ambito, sempre verso <strong>la</strong> standar<strong>di</strong>zzazione verte <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> degli indumenti<br />

“calzas y jubón” resi “pantaloni e giacca”, nonché gli svariati vocaboli con i quali nel<br />

metatesto si in<strong>di</strong>ca un tipo partico<strong>la</strong>re <strong>di</strong> calzoni, chiamati, a casa delle ampie tasche,<br />

“fol<strong>la</strong>dos” nell’originale.<br />

La standar<strong>di</strong>zzazione investe anche <strong>la</strong> resa dei vari mestieri e ruoli. Osserviamo a titolo<br />

esemplificativo i <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rendere il ruolo dell’“amo” che può essere “servo” “uomo” o<br />

“incaricato”, mentre gli emblematici “jiferos” sono resi “macel<strong>la</strong>i” (o con appropriazione<br />

“beccai”), e gli “hermanos de <strong>la</strong> Capacha” “fratelli del<strong>la</strong> questua”. Altri casi <strong>di</strong> appropriazione<br />

si trovano invece per i passatempi come il ballo del<strong>la</strong> “chacona” <strong>di</strong>ventato “castagnette”, o per<br />

i “moriscos” resi “mori”.<br />

Di fronte a una tale prevalenza dei processi <strong>di</strong> appropriazione e standar<strong>di</strong>zzazione, si rilevano<br />

alcuni, spora<strong>di</strong>ci, casi <strong>di</strong> riconoscimento, come il mantenimento del nome “Simoeque” del<br />

proverbio.<br />

In generale, nel metatesto osserviamo un costante adattamento, rispetto al prototesto, a un<br />

linguaggio imme<strong>di</strong>atamente comprensibile ai contemporanei italiani, che influenza <strong>la</strong><br />

psicologia <strong>di</strong> gruppo, cioè impe<strong>di</strong>sce in molte occasioni al lettore <strong>di</strong> entrare in contatto con<br />

elementi dell’ambiente culturale dello scrittore e dei riceventi ideali del prototesto.<br />

Infine, per quanto riguarda i deittici, si nota, in opposizione alle scelte preponderanti per gli<br />

elementi precedenti, una tendenza al riconoscimento rispetto al<strong>la</strong> prospettiva cervantina, dato<br />

che il metatesto conserva le coor<strong>di</strong>nate spaziali e temporali <strong>di</strong> riferimento del prototesto e il<br />

punto <strong>di</strong> vista dei personaggi nel<strong>la</strong> narrazione. Ritengo che questa coerenza sia dovuta anche<br />

al<strong>la</strong> predominanza del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto e quin<strong>di</strong> del<strong>la</strong> narrazione in prima persona dei fatti da<br />

parte dei cani.<br />

Nel riferirsi agli altri personaggi si possono invece notare alcune manipo<strong>la</strong>zioni, nel<strong>la</strong><br />

trasformazione dei pronomi in sostantivi e viceversa, soprattutto nell’episo<strong>di</strong>o degli zingari, a<br />

causa del solito tentativo <strong>di</strong> evitare le ripetizioni.<br />

Anche sotto questo aspetto, che influenza <strong>la</strong> poetica espressiva del microtesto, si notano <strong>di</strong><br />

conseguenza degli interventi <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> nel segno del<strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione.<br />

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