la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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03.06.2013 Views

5 UNA SINTESI Come si è potuto osservare attraverso l’analisi proposta, sono piuttosto numerosi gli aspetti interessati dalle modifiche di Montale rispetto al prototesto. Egli, considerando la traduzione come possibilità di applicazione di propri criteri di poetica, in svariate occasioni procede alla manipolazione del lessico e delle strutture seguendo prevalentemente il criterio della comprensibilità immediata – secondo il canale interpretativo da lui scelto per il lettore italiano - e della sintesi. Per chiarire i procedimenti impiegati dal poeta nel rendere in italiano le due novelle, sarà molto utile classificare le modifiche osservate nei capitoli precedenti secondo il modello proposto da Osimo e presentato a pagina 38. Dato che durante l’analisi abbiamo osservato che le due novelle sono riprodotte in italiano da Montale secondo lo stesso tipo di approccio traduttivo, le considererò qui di seguito come un unico lavoro. I primi tratti di cui mi occuperò sono quelli toccati da modifiche radicali, cioè che non possono essere valutate secondo l’asse proprio/altrui. Nelle pagine precedenti abbiamo osservato numerose trasformazioni di parole e di intere frasi, che vengono sostituite in parte o del tutto. Questo procedimento si riscontra in modo evidente per le espressioni idiomatizzate o colloquiali, trasformate a volte in espressioni italiane secondo Montale sostituibili ed altre in frasi simili. Di fronte a modi di dire tipici della lingua e del periodo di Cervantes, Montale tenta di rendere la connotazione del parlato estraendo espressioni simili in senso omologico dal patrimonio della sua epoca, o rendendo esplicito il significato della frase. Ripropongo come esempio il “Como quien soy”, reso “Parola mia”, o l’espressione “me daba a intender que las podía matar en el aire” tradotto “non pensavo ci fossero donne capaci di resistermi”. In questo caso Montale procede verso la modernizzazione del testo, adattandolo ad un destinatario contemporaneo. In entrambe le novelle, ma soprattutto nel Colloquio, e in modo più radicale in alcuni brani, Montale procede alla sintesi del testo, eliminando in alcuni casi singole parole o sintagmi, mentre in altri casi vengono eliminate intere frasi. 115

Questo metodo tende alla semplificazione del dettato e all’eliminazione delle espressioni ridondanti oltre che alla riduzione concreta del testo. Il fatto che la sintesi non sia applicata solo a singole parole ma così radicalmente a intere costruzioni fa supporre che fosse dettata, oltre che dal gusto del traduttore, anche da esplicite direttive redazionali. È molto probabile che Bo o Vittorini stesso, noto per il suo scarso rispetto per gli originali, abbiano suggerito al poeta di “tagliare dove fosse possibile”. Osservando le parti eliminate, possiamo ricostruire i criteri del traduttore, che riteneva probabilmente non indispensabili alcuni passi, come l’inizio dell’episodio dei pastori, considerandolo brano di collegamento con le pagine precedenti. Recidere alcune parole era inoltre una delle soluzioni adottate da Montale per contrastare il gusto per le ripetizioni tanto amate da Cervantes quanto biasimate in italiano. In queste scelte Montale non si pone come mediatore culturale tra Cervantes e il lettore italiano, ma come autore che si appropria del testo e lo ricrea secondo i propri dettami poetici. Il prototesto è mera fonte d’ispirazione: troppo forte è il desiderio di seguire le proprie inclinazioni poetiche per riuscire a metterle da parte in nome dell’interesse filologico. Se il criterio di sintesi agisce con forza su tutto il metatesto, esso può venir meno di fronte ad un principio più importante che è la chiarezza del significato. Di fronte ad espressioni piuttosto complicate o oscure, il traduttore preferisce usare la perifrasi per rendere il contenuto più comprensibile. Questo può avvenire per periodi arzigogolati, all’interno dei quali Montale si spinge ad inserire di suo pugno perfino qualche ripetizione. La stessa preoccupazione lo porta ad aggiungere parole esplicative accanto ad alcuni vocaboli tipici della realtà culturale rappresentata (realia), per evitare delle note che agiscano quali ostacoli alla fluidità della lettura. Per chiarire questa procedura osserviamo come ad esempio la frase “pues el lobo allí venìa, allí sería mas certa la presa” [dato che il lupo lì veniva, lì sarebbe più sicura la cattura] si espanda in “se il lupo veniva lì, restando al mio posto ero sicuro di acciuffarlo”, soluzione che permette di rendere meglio il senso del discorso e allo stesso modo di evitare la ripetizione dell’avverbio di luogo. Vediamo un altro caso: “casa que pudiese mantener y donde pudiese entrar perro grande” [casa che potesse mantenere e dove potesse entrare cane grande] diventa “se la casa poteva mantenermi e se poteva tenere un cane grosso come me”, con la specificazione finale che rende più evidente il valore dell’aggettivo. 116

Questo metodo tende al<strong>la</strong> semplificazione del dettato e all’eliminazione delle espressioni<br />

ridondanti oltre che al<strong>la</strong> riduzione concreta del testo.<br />

Il fatto che <strong>la</strong> sintesi non sia applicata solo a singole parole ma così ra<strong>di</strong>calmente a intere<br />

costruzioni fa supporre che fosse dettata, oltre che dal gusto del traduttore, anche da esplicite<br />

<strong>di</strong>rettive redazionali. È molto probabile che Bo o Vittorini stesso, noto per il suo scarso<br />

rispetto per gli originali, abbiano suggerito al poeta <strong>di</strong> “tagliare dove fosse possibile”.<br />

Osservando le parti eliminate, possiamo ricostruire i criteri del traduttore, che riteneva<br />

probabilmente non in<strong>di</strong>spensabili alcuni passi, come l’inizio dell’episo<strong>di</strong>o dei pastori,<br />

considerandolo brano <strong>di</strong> collegamento con le pagine precedenti.<br />

Recidere alcune parole era inoltre una delle soluzioni adottate da <strong>Montale</strong> per contrastare il<br />

gusto per le ripetizioni tanto amate da <strong>Cervantes</strong> quanto biasimate in italiano. In queste scelte<br />

<strong>Montale</strong> non si pone come me<strong>di</strong>atore culturale tra <strong>Cervantes</strong> e il lettore italiano, ma come<br />

autore che si appropria del testo e lo ricrea secondo i propri dettami poetici. Il prototesto è<br />

mera fonte d’ispirazione: troppo forte è il desiderio <strong>di</strong> seguire le proprie inclinazioni poetiche<br />

per riuscire a metterle da parte in nome dell’interesse filologico.<br />

Se il criterio <strong>di</strong> sintesi agisce con forza su tutto il metatesto, esso può venir meno <strong>di</strong> fronte ad<br />

un principio più importante che è <strong>la</strong> chiarezza del significato.<br />

Di fronte ad espressioni piuttosto complicate o oscure, il traduttore preferisce usare <strong>la</strong><br />

perifrasi per rendere il contenuto più comprensibile. Questo può avvenire per perio<strong>di</strong><br />

arzigogo<strong>la</strong>ti, all’interno dei quali <strong>Montale</strong> si spinge ad inserire <strong>di</strong> suo pugno perfino qualche<br />

ripetizione. La stessa preoccupazione lo porta ad aggiungere parole esplicative accanto ad<br />

alcuni vocaboli tipici del<strong>la</strong> realtà culturale rappresentata (realia), per evitare delle note che<br />

agiscano quali ostacoli al<strong>la</strong> flui<strong>di</strong>tà del<strong>la</strong> lettura.<br />

Per chiarire questa procedura osserviamo come ad esempio <strong>la</strong> frase “pues el lobo allí venìa,<br />

allí sería mas certa <strong>la</strong> presa” [dato che il lupo lì veniva, lì sarebbe più sicura <strong>la</strong> cattura] si<br />

espanda in “se il lupo veniva lì, restando al mio posto ero sicuro <strong>di</strong> acciuffarlo”, soluzione che<br />

permette <strong>di</strong> rendere meglio il senso del <strong>di</strong>scorso e allo stesso modo <strong>di</strong> evitare <strong>la</strong> ripetizione<br />

dell’avverbio <strong>di</strong> luogo.<br />

Ve<strong>di</strong>amo un altro caso: “casa que pu<strong>di</strong>ese mantener y donde pu<strong>di</strong>ese entrar perro grande”<br />

[casa che potesse mantenere e dove potesse entrare cane grande] <strong>di</strong>venta “se <strong>la</strong> casa poteva<br />

mantenermi e se poteva tenere un cane grosso come me”, con <strong>la</strong> specificazione finale che<br />

rende più evidente il valore dell’aggettivo.<br />

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