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la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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Gli u<strong>di</strong>tori, che hanno ascoltato attentamente lo sventurato, all’ultima affermazione che tale<br />

decisione potrebbe anche offrire a qualcuno un beneficio <strong>di</strong> salute, non riescono a trattenere le<br />

risa, coinvolgendo al<strong>la</strong> fine anche lo stesso consulente e <strong>la</strong>sciando stupefatto Berganza.<br />

Il cane, prima <strong>di</strong> concludere <strong>la</strong> sua narrazione, vuole aggiungere ancora <strong>due</strong> piccoli ed<br />

istruttivi aneddoti, per denunciare il fatto che i consigli <strong>di</strong> un “pobre humilde”, tradotto<br />

“povero <strong>di</strong>avolo” non vengano mai ascoltati e che molti fanno gli sbruffoni solo perché<br />

protetti da potenti.<br />

Il primo episo<strong>di</strong>o par<strong>la</strong> del<strong>la</strong> visita a casa <strong>di</strong> un “Corregidor”, che in italiano sarà un “giu<strong>di</strong>ce”<br />

e come Berganza, per aver troppo abbaiato, sia cacciato a legnate dal<strong>la</strong> sua “sa<strong>la</strong>” che in<br />

italiano, per un errore, suppongo <strong>di</strong> ricopiatura o <strong>di</strong> stampa, <strong>di</strong>venta “città”.<br />

La morale <strong>di</strong> Scipione a questo episo<strong>di</strong>o è che “La sabiduría en el pobre está asombrada, que<br />

<strong>la</strong> necesidad y miseria son <strong>la</strong>s sombras y nubes que <strong>la</strong> escurecen; y si acaso se descubre, <strong>la</strong><br />

juzgan por tontedad y <strong>la</strong> tratan con menosprecio” [<strong>la</strong> sapienza nel povero è in ombra, poiché<br />

<strong>la</strong> necessità e <strong>la</strong> miseria sono le ombre e le nubi che <strong>la</strong> oscurano; e se per caso si scopre, <strong>la</strong><br />

giu<strong>di</strong>cano tontaggine e <strong>la</strong> trattano con <strong>di</strong>sprezzo ], che il nostro traduce “ Il senno del povero è<br />

oscurato spesso da quelle ombre o nubi che sono il bisogno e <strong>la</strong> miseria, e se talora si mostra è<br />

giu<strong>di</strong>cato dabbenaggine e trattato con <strong>di</strong>sprezzo”. A parte l’ennesima sintesi, richiede una<br />

picco<strong>la</strong> osservazione il cambiamento <strong>di</strong> genere del soggetto dal femminile al maschile che<br />

crea una certa ambiguità tra il povero e il suo giu<strong>di</strong>zio, rendendo più complicato capire se ad<br />

essere denigrato sia l’uomo o il suo consiglio. La sentenza è come sempre assai savia, ma<br />

Berganza invece che con <strong>la</strong> filosofia l’ha appreso “escarmentandolo”, verbo che il traduttore<br />

decide <strong>di</strong> rendere con ben sei parole “avendolo imparato a suon <strong>di</strong> botte”.<br />

Tra queste righe ritroviamo l’unica paro<strong>la</strong> che <strong>Montale</strong> mantiene inalterata riproducendo<strong>la</strong><br />

al<strong>la</strong> lettera, e cioè il termine “cantimplora” per in<strong>di</strong>care un vaso <strong>di</strong> rame, che in italiano esiste<br />

identico.<br />

Il secondo aneddoto riguarda una minusco<strong>la</strong> cagnetta, compagnia abituale per le dame del<br />

tempo, tanto da essere una <strong>di</strong> quelle che chiamano “de falda”[da gonna], che in italiano, forse<br />

per in<strong>di</strong>care <strong>la</strong> sua misura viene definita “da manicotto”. Questo “animalejo”, alterato che il<br />

traduttore rende con un bel “bestiacco<strong>la</strong>”, quando scorge il mastino “saltó de los brazos de su<br />

señora”, ma solo nel testo spagnolo, prima <strong>di</strong> correre incontro al nuovo venuto e morderlo.<br />

Berganza ravvede nel<strong>la</strong> cagnetta il comportamento <strong>di</strong> coloro che essendo protetti da potenti si<br />

permettono <strong>di</strong> dar contro a “los que valen más que ellos” che <strong>Montale</strong>, trasformando <strong>la</strong><br />

componente morale dell’accezione in aspetto fisico, traduce “i loro maggiori”, nonostante sia<br />

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