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la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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Il “morado” [vio<strong>la</strong>], dopo l’assurdo partico<strong>la</strong>re dell’abbigliamento dei clericali, accompagna il<br />

poeta anche nel suo magro pasto, poiché i tozzi <strong>di</strong> pane induriti che egli estrae sono “morados<br />

con <strong>la</strong> borra de <strong>la</strong> faldriquera”, ma in italiano risultano “anneriti dal su<strong>di</strong>cio delle tasche”.<br />

Una menzione a sè merita in questo contesto il verbo “echar”, termine passepartout del<strong>la</strong><br />

lingua spagno<strong>la</strong> che può essere impiegato per esprimere in maniera figurata o per rafforzare i<br />

più svariati significati. Proprio in queste prime righe dell’incontro col poeta lo troviamo <strong>due</strong><br />

volte nel “me echase a ver” e <strong>di</strong> seguito “echéme”. Nel primo caso l’espressione è resa con un<br />

“si accorgesse <strong>di</strong> me”, mentre il secondo uso letterale è “mi gettai”. Poco prima il conta<strong>di</strong>no<br />

“abía echado menos <strong>la</strong> bestia”, che in italiano suona “aveva fatto caso al<strong>la</strong> sparizione del<br />

primo”. Come si vede, a volte l’esercizio sinonimico <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> è impiegato per evitare <strong>la</strong><br />

ripetizione <strong>di</strong> un termine che ricorre più volte nel linguaggio <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, mentre atre volte è<br />

causato dall’esistenza <strong>di</strong> espressioni per le quali non esistono traduzioni letterali nel<strong>la</strong> seconda<br />

lingua.<br />

Nell’episo<strong>di</strong>o del poeta ritroviamo le espressioni colloquiali caratteristiche del plurilinguismo<br />

del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, soprattutto nelle parti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso pronunciate dello scrittore. “Así yo le daré mi<br />

come<strong>di</strong>a como vo<strong>la</strong>r” <strong>di</strong>chiara par<strong>la</strong>ndo del capocomico, e <strong>Montale</strong>, fedele alle espressioni<br />

i<strong>di</strong>omatiche scrive “Sta fresco se si aspetta <strong>la</strong> mia comme<strong>di</strong>a”, per poi tradurre l’interiezione<br />

“¡Cuerpodetal!” con un bel “Perbacco!”.<br />

Il ricorso ad espressioni del par<strong>la</strong>to pervade anche le descrizioni del cane, che fa ricorso al<strong>la</strong><br />

sua espressività per rendere in modo decisamente ironico <strong>la</strong> miseria e le <strong>di</strong>sgrazie dello<br />

sventurato padrone. Il pranzo del povero <strong>di</strong>avolo consiste de “<strong>la</strong> sombra de veinte<br />

pasas”[l’ombra <strong>di</strong> venti uvette], cioè l’ombra <strong>di</strong> venti chicchi d’uva, che in italiano, forse per<br />

il brio del termine, <strong>di</strong>ventano “una ventina d’acini <strong>di</strong> zibibbo”, e il <strong>di</strong>sgraziato è talmente<br />

affamato da mangiarsi perfino “los palillos”, che più coerentemente al<strong>la</strong> natura del<strong>la</strong> pianta è<br />

tradotto “anche il raspo”. Infine il poveraccio tira fuori quei tozzi <strong>di</strong> pane rappreso che<br />

abbiamo detto, ma essi sono talmente duri che risulta impossibile “moverlos de su<br />

torquedad”, come se quelli, testar<strong>di</strong>, si impuntassero a mantenere <strong>la</strong> propria consistenza,<br />

espressione al<strong>la</strong> quale <strong>Montale</strong> sostituisce un “renderli men secchi”, eliminando, come già in<br />

altri passi, il proce<strong>di</strong>mento attraverso il quale <strong>Cervantes</strong> rende spesso protagonisti gli oggetti<br />

inanimati rispetto all’azione umana.<br />

Quando il poeta smette <strong>di</strong> andare all’orto, il cane rimane ancora più affamato, e il suo<br />

sentimento è espresso da un bel gioco <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> che come sempre ama arricchire <strong>di</strong><br />

contrad<strong>di</strong>zioni il dettato e scrive “faltó el poeta y sobró en mi <strong>la</strong> hambre” [mancò il poeta e<br />

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