la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

seppur in modo indiretto, ad un’idea che la propaganda fascista riuscì purtroppo a rendere
molto diffusa.
Non è mia intenzione estrapolare prese di posizioni o dichiarazioni del traduttore da questa
singola frase, mentre mi interessa osservare come il testo venga modificato in modo
sostanziale rispetto all’originale in relazione al periodo storico nel quale è stato pubblicato,
determinando una rete di relazioni che prescinde dal solo ambito letterario.
In ogni caso l’elemento importante è che i gitani costituiscono un mondo a parte, pur restando
vincolati, per diversi aspetti, alla realtà che li circonda.
Rispetto a questa corrispondenza tra zingari e non, mi pare notevole che Cervantes, che come
sappiamo, a differenza di Montale, non si preoccupava affatto delle ripetizioni, nel descrivere
le diverse attività cui si dedicano gli uomini e le donne della comunità, usi sempre i soggetti
“ellos” ed “ellas”. Le parole “gitanos” e “gitanas” , come accadrà anche per le mogli dei
“moriscos” non vengono quasi mai nominate direttamente, come se la loro identità passasse in
secondo piano.
Il traduttore decide di ovviare a queste allusioni traducendo spesso “le zingare”, “le donne” o,
nel caso dei mori, “le loro mogli”. Più avanti, “ellos y ellas” sarà esplicitato in “uomini e
donne”, ma lo stesso termine “uomini” viene impiegato anche per indicare la caratterizzazione
del genere di “varones”.
Nonostante le critiche al tipo di vita nomade dei gitani, lo scrittore spagnolo sembra
particolarmente affascinato dalla loro abilità nell’organizzare svariate truffe che dimostrano
una fine intelligenza continuamente esercitata.
Dice Berganza che “son sus pensamientos imaginar cómo han de engañar y dónde han de
hurtar” [sono i loro pensieri immaginare come devono ingannare e dove devono rubare], che
Montale traduce facendo risaltare questa intensa attività celebrale che è, con una tipica sintesi
espressiva, “un continuo lambiccarsi su nuovi modi d’inganni e di truffe”.
In particolare, questi delinquenti si dedicano al furto degli animali, nel quale Berganza si
compiace di osservare che “son ellos graduados y en que más se ejercitan”[sono costoro
laureati e nel quale più si esercitano] creando un parallelismo addirittura con il corso di studi
universitario, che il traduttore sopprime con l’espressione “hanno una particolare esperienza e
abilità”.
Se i gitani rappresentassero il male, il mondo positivo e di antichi valori dovrebbe essere
simbolizzato, in una visione non sfumata, dai lavoratori della campagna che si guadagnano il
pane col sudore della fronte, ma abbiamo già osservato come nel dissacratorio mondo di
Cervantes non esistano personaggi assolutamente positivi. In questa occasione il cane
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