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la traduzione di Montale di due novelle di Cervantes - Bruno Osimo ...

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO<br />

Facoltà <strong>di</strong> Lettere e Filosofia<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>la</strong>urea magistrale in Lettere moderne<br />

Curriculum <strong>di</strong> Letteratura e critica nell’Italia contemporanea<br />

Brujas y jiferos, ciaramelle e gherminelle:<br />

<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> <strong>di</strong> <strong>due</strong> <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong><br />

Re<strong>la</strong>tore:<br />

Prof. Edoardo ESPOSITO<br />

Corre<strong>la</strong>tore:<br />

Prof. <strong>Bruno</strong> OSIMO<br />

Anno accademico 2006-2007<br />

E<strong>la</strong>borato finale <strong>di</strong>:<br />

Miriam DALLA TORRE<br />

Matr. n° 703498


Ringrazio il professor Esposito per <strong>la</strong> pazienza e le preziose in<strong>di</strong>cazioni,<br />

il professor <strong>Osimo</strong> per <strong>la</strong> grande <strong>di</strong>sponibilità e i generosi consigli,<br />

tutti coloro che in questi anni mi hanno aiutata a trovare <strong>la</strong> strada tra i<br />

meandri del<strong>la</strong> Statale e del<strong>la</strong> vita,<br />

chi mi ha dato mezzi e strumenti per stu<strong>di</strong>are,<br />

tutti coloro che hanno cercato <strong>di</strong> comprendere e <strong>di</strong> rendermi accessibile<br />

il linguaggio inevitabilmente straniero dei pensieri e delle idee altrui.<br />

3


...y lo mismo harán todos aquellos que los libros de verso qisieren volver en otra lengua, que,<br />

por mucho cuidado que pongan y habilidad que muestren, jamás llegarán al punto que ellos<br />

tienen en su primer nacimiento.<br />

Miguel De <strong>Cervantes</strong><br />

4


INDICE<br />

INTRODUZIONE: UNA QUESTIONE IN SOSPESO..............................6<br />

1 LA RACCOLTA DI NARRATORI SPAGNOLI ....................................9<br />

1.1 La genesi <strong>di</strong> un’opera .............................................................................................. 9<br />

1.2 Novelle esemp<strong>la</strong>ri.................................................................................................. 14<br />

2 MONTALE: TRADUTTORE “TRADITORE”....................................25<br />

3 TRADUTTOLOGIA: UNA PROPOSTA DI MODELLO ....................34<br />

4 ANALISI................................................................................................41<br />

4.1 Osservazioni strutturali ......................................................................................... 41<br />

4.1.a Unità ..........................................................................................................................................42<br />

4.1.b Generi e influenze .....................................................................................................................44<br />

4.2 Il matrimonio truffal<strong>di</strong>no....................................................................................... 48<br />

4.3 Il colloquio dei cani............................................................................................... 56<br />

4.3.a La forza del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>..................................................................................................................56<br />

4.3.b Jiferos e cria<strong>di</strong>l<strong>la</strong>s......................................................................................................................63<br />

4.3.c Una beffa d’Arca<strong>di</strong>a ..................................................................................................................68<br />

4.3.d Il mercader.................................................................................................................................75<br />

4.3.e Una locan<strong>di</strong>era sguaiata.............................................................................................................82<br />

4.3.f Vita <strong>di</strong> strada..............................................................................................................................89<br />

4.3.g Brujas, magas y hechiceras .......................................................................................................92<br />

4.3.h Ai margini del<strong>la</strong> società...........................................................................................................102<br />

5 UNA SINTESI .....................................................................................115<br />

5.1 Commento ........................................................................................................... 122<br />

6 TRADUZIONI A CONFRONTO ........................................................124<br />

6.1 Soluzioni <strong>di</strong>verse ................................................................................................. 124<br />

5


6.2 La rive<strong>la</strong>zione <strong>di</strong> Eusebio a Trabucco................................................................. 138<br />

CONCLUSIONE: INTERTESTUALITÀ...............................................142<br />

BIBLIOGRAFIA.....................................................................................144<br />

INTRODUZIONE: UNA QUESTIONE IN SOSPESO<br />

Una delle problematiche che impegnano con sempre maggiore intensità le menti e le penne <strong>di</strong><br />

giornalisti, intellettuali e scrittori è quel<strong>la</strong> del confronto con una cultura straniera.<br />

Ogni in<strong>di</strong>viduo che, nel<strong>la</strong> città <strong>di</strong> Mi<strong>la</strong>no in partico<strong>la</strong>re, sperimenta nel<strong>la</strong> propria quoti<strong>di</strong>anità<br />

<strong>la</strong> convivenza, <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione o il confronto con un numero sempre più grande <strong>di</strong><br />

immigrati, così come il viaggiatore che in un mondo sempre più piccolo, senza quasi rendersi<br />

conto delle <strong>di</strong>stanze, si trova d’improvviso in un paese straniero, non può che porsi<br />

costantemente <strong>la</strong> domanda sul<strong>la</strong> possibilità del<strong>la</strong> reciproca comprensione tra persone <strong>di</strong><br />

madrelingua <strong>di</strong>fferente.<br />

Pare evidente che l’elemento linguistico ricopre una rilevanza fondamentale in questo tipo <strong>di</strong><br />

riflessione, dato che proprio attraverso il linguaggio orale e scritto l’uomo si sforza <strong>di</strong><br />

comunicare i propri bisogni e <strong>di</strong> conciliare le esigenze dei singoli, o per lo meno questo ci si<br />

auspica.<br />

La problematica del linguaggio e del<strong>la</strong> sua <strong>traduzione</strong> si trova anche al<strong>la</strong> base degli attuali<br />

<strong>di</strong>battiti giuri<strong>di</strong>ci, senza contare le complicazioni e l’arricchimento che il plurilinguismo<br />

apporta agli sforzi <strong>di</strong> unificare almeno politicamente i paesi <strong>di</strong> questa tanto menzionata<br />

Europa.<br />

E’ possibile trasportare un significato da una lingua ad un’altra mantenendo tutte le sfumature<br />

<strong>di</strong> un’espressione o <strong>di</strong> un accento?<br />

Questo tema è da secoli ambito <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, e per quanto negli ultimi decenni si sia sviluppato un<br />

approccio scientifico al<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, <strong>la</strong> soluzione non è stata affatto raggiunta.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista personale mi sono trovata in questi anni, durante i miei più o meno lunghi<br />

soggiorni fuori d’Italia, o <strong>di</strong>alogando con persone d’altre nazionalità, in numerose situazioni<br />

in cui con urgenza mi si è posto il problema del<strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> esprimere il proprio pensiero<br />

in una lingua straniera, e del<strong>la</strong> p<strong>la</strong>usibilità che il destinatario comprendesse fino in fondo ciò<br />

che desideravo comunicare. Più volte ho dovuto arrestarmi <strong>di</strong> fronte all’impossibilità <strong>di</strong><br />

spiegare tutti i isottintesi che avrebbero reso accessibile ad un orecchio straniero una semplice<br />

espressione nel<strong>la</strong> mia lingua madre, una battuta o un’imprecazione.<br />

6


In ambito letterario, il mio campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, il problema si inserisce in un <strong>di</strong>scorso estetico<br />

complesso, perché, oltre all’aspetto referenziale del <strong>di</strong>scorso, grande ruolo hanno anche le<br />

considerazioni sul<strong>la</strong> forma del testo che, nel<strong>la</strong> poesia come nel<strong>la</strong> prosa, rendono ancora più<br />

intricata <strong>la</strong> situazione.<br />

Per rendere più interessante lo stu<strong>di</strong>o si può inoltre aggiungere, oltre al<strong>la</strong> variabile geografica,<br />

anche quel<strong>la</strong> cronologica, decidendo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> un’opera che sia stata scritta<br />

in un periodo precedente.<br />

Si vedrà nelle pagine che seguono in che modo il tempo acquisisca rilevanza da <strong>di</strong>versi punti<br />

<strong>di</strong> vista, dato che da una parte non si può ignorare l’effetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza che esso crea tra<br />

originale e <strong>traduzione</strong> e d’altra parte è bene collocare anche <strong>la</strong> scrittura e <strong>la</strong> <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong><br />

un’opera in un determinato momento storico. Per cercare <strong>di</strong> comprendere <strong>la</strong> poetica <strong>di</strong> un<br />

traduttore è fondamentale sapere per chi stesse scrivendo, elemento che può influenzare le sue<br />

scelte.<br />

Nel <strong>la</strong>voro che segue esaminerò una <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> <strong>di</strong> <strong>due</strong> <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>,<br />

apparsa nel 1941 nel<strong>la</strong> raccolta Narratori spagnoli.<br />

Per prima cosa darò un inquadramento generale dell’opera italiana, tracciando a gran<strong>di</strong> linee il<br />

contesto nel quale nacque e le intenzioni dell’e<strong>di</strong>tore e dei col<strong>la</strong>boratori, nonché le finalità del<br />

libro, che attualmente si può consultare presso <strong>la</strong> biblioteca Angelo Mai <strong>di</strong> Bergamo.<br />

Dopo una presentazione generale mi soffermerò sull’importanza, all’interno del volume, delle<br />

traduzioni dell’opera <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> e delineerò quin<strong>di</strong> alcuni aspetti e punti <strong>di</strong> interesse e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>battito che riguardano <strong>la</strong> raccolta delle Nove<strong>la</strong>s ejemp<strong>la</strong>res <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>.<br />

Passerò poi al<strong>la</strong> figura del traduttore occupandomi dell’esperienza <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> in questo<br />

ambito e sottolineando le cause <strong>di</strong> tale pratica da parte dello scrittore ligure; farò poi<br />

riferimento a stu<strong>di</strong> su altre traduzioni montaliane per riconoscere le costanti <strong>di</strong> questi suoi<br />

saggi.<br />

A questo punto chiarirò quale sia stato il modello sul quale mi sono basata per realizzare<br />

l’analisi sucessiva, descrivendo <strong>la</strong> proposta <strong>di</strong> sintesi <strong>di</strong> <strong>Osimo</strong> che mi servirà per tirare le fi<strong>la</strong><br />

del confronto tra originale e <strong>traduzione</strong>.<br />

Nel capitolo seguente affronterò i testi, iniziando da un’analisi dei racconti spagnoli nel<strong>la</strong><br />

quale marcherò alcuni aspetti delle Nove<strong>la</strong>s in questione, in partico<strong>la</strong>re rispetto al rapporto<br />

che intercorre tra l’una e l’altra e le influenze letterarie che vi si riconoscono.<br />

Seguirà un’analisi <strong>di</strong>retta dei testi, durante <strong>la</strong> quale, confrontando l’originale con <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong><br />

montaliana, metterò in evidenza numerosi elementi fondamentali nel testo spagnolo ed<br />

osserverò in che modo <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> apporti mo<strong>di</strong>fiche ra<strong>di</strong>cali o parziali al senso del testo.<br />

7


Questa parte sarà <strong>di</strong>visa in sezioni per rendere più semplice un’auspicabile confronto con i<br />

testi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e racchiuderà considerazioni linguistiche e traduttologiche otre che ossevazioni<br />

<strong>di</strong> narratologia.<br />

Per tracciare una sintesi conclusiva dello stu<strong>di</strong>o seguirò <strong>la</strong> proposta del modello <strong>di</strong> <strong>Osimo</strong>,<br />

riconducendo a <strong>di</strong>versi gruppi <strong>di</strong> elementi le manipo<strong>la</strong>zioni osservate nelle pagine precedenti.<br />

Infine, per ampliare l’ambito dello stu<strong>di</strong>o, confronterò <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> con altre <strong>due</strong><br />

traduzioni delle stesse <strong>novelle</strong> pubblicate da autori quasi contemporanei, per osservare se il<br />

paragone confermerà le osservazioni avanzate al singolo <strong>la</strong>voro e per cercare <strong>di</strong> mettere in<br />

luce le motivazioni che guidarono le scelte del nostro autore.<br />

Conclude il <strong>la</strong>voro un ultimo paragrafo che rive<strong>la</strong>, attraverso le parole dell’autore stesso,<br />

seppur in una confidenza privata, il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> da lui impiegato.<br />

8


1 LA RACCOLTA DI NARRATORI SPAGNOLI<br />

1.1 La genesi <strong>di</strong> un’opera<br />

Ca<strong>la</strong>rsi all’interno <strong>di</strong> un orizzonte culturale è opera complessa e delicata, soprattutto se il<br />

periodo che si prende in esame è lontano da noi, o il luogo remoto, ma neppure bisogna<br />

pensare che analizzare un ambito re<strong>la</strong>tivamente vicino sia impresa da affrontare al<strong>la</strong> leggera.<br />

Tuttavia, per lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un’opera, <strong>di</strong> una <strong>traduzione</strong> in modo partico<strong>la</strong>re, è in<strong>di</strong>spensabile<br />

cercare per prima cosa <strong>di</strong> comprendere a quale ambiente e a che tipo <strong>di</strong> lettore si rivolga<br />

l’autore e, nel caso <strong>di</strong> un’opera moderna come quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> cui mi occupo, quale sia il suo<br />

pubblico.<br />

Prima <strong>di</strong> affrontare più da vicino <strong>la</strong> raccolta all’interno del<strong>la</strong> quale si trova <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> che<br />

analizzerò, cerchiamo dunque <strong>di</strong> darle una sistemazione cronologica.<br />

Non mi propongo qui <strong>di</strong> rappresentare un panorama esaustivo del<strong>la</strong> situazione letteraria<br />

italiana all’inizio degli anni Quaranta, impegno per il quale sarebbero necessari <strong>la</strong>vori più<br />

ampi <strong>di</strong> questo, ma <strong>di</strong> definirne con brevi tratti l’atmosfera.<br />

Gli anni appena prima dell’entrata in guerra dell’Italia furono mossi da impetuose correnti.<br />

Da una parte <strong>la</strong> situazione economica era molto instabile, era lievitato, dopo le sanzioni delle<br />

Nazioni Unite contro l’Italia, il costo del<strong>la</strong> carta, e i controlli da parte del Ministero del<strong>la</strong><br />

cultura popo<strong>la</strong>re si facevano sempre più pressanti.<br />

Come è noto, il desiderio <strong>di</strong> Mussolini era quello <strong>di</strong> control<strong>la</strong>re i mezzi <strong>di</strong> comunicazione al<br />

fine <strong>di</strong> uniformare <strong>la</strong> cultura italiana al messaggio <strong>di</strong> propaganda nazionalista e fascista.<br />

L’attenzione del regime era rivolta inizialmente soprattutto ai me<strong>di</strong>a a più ampia <strong>di</strong>ffusione<br />

quali i giornali e <strong>la</strong> ra<strong>di</strong>o, usati come canali <strong>di</strong> propaganda dei <strong>di</strong>scorsi e dell’immagine del<br />

duce. L’e<strong>di</strong>toria già dagli anni Venti subì un certo controllo, in partico<strong>la</strong>re per <strong>la</strong> produzione<br />

sco<strong>la</strong>stica, anche grazie al finanziamento delle imprese considerate favorevolmente dal<br />

fascismo, ma fu negli anni Trenta che, in reazione a una notevole apertura al<strong>la</strong> letteratura<br />

straniera avvenuta al<strong>la</strong> fine del decennio precedente, <strong>la</strong> censura <strong>di</strong>venne più serrata. Dal<br />

Trentasei i libri prima <strong>di</strong> essere stampati vennero giu<strong>di</strong>cati da lettori professionisti; tra il<br />

Trentotto e il Trentanove si ebbe una drastica riduzione del<strong>la</strong> pubblicazione <strong>di</strong> opere <strong>di</strong> autori<br />

9


stranieri; nel Quaranta l’attività del Minculpop ormai frenetica pubblicò nuove liste <strong>di</strong> autori<br />

proibiti.<br />

D’altra parte, nello stesso periodo si ebbe un grande aumento <strong>di</strong> pubblico dovuto al<strong>la</strong> nuova<br />

strategia <strong>di</strong> mercato delle più importanti case e<strong>di</strong>trici che cercavano <strong>di</strong> coinvolgere sempre<br />

nuove fette <strong>di</strong> lettori proponendo molteplici titoli in svariati settori. In partico<strong>la</strong>re fu <strong>la</strong><br />

narrazione in prosa il settore in cui si ebbero le più ampie proposte e<strong>di</strong>toriali, attraverso <strong>la</strong><br />

riproposta dei c<strong>la</strong>ssici sia italiani che stranieri oltre che, con le necessarie precauzioni, <strong>la</strong><br />

pubblicazione <strong>di</strong> autori contemporanei più o meno noti.<br />

La casa e<strong>di</strong>trice Bompiani ad esempio sviluppò uno stile “ra<strong>di</strong>calmente innovativo anche<br />

nel<strong>la</strong> grafica e nel<strong>la</strong> pubblicità, e unificava tutti i suoi libri sotto <strong>la</strong> cifra dell’esplorazione,<br />

dell’esperimento <strong>di</strong> scrittura narrativa e <strong>di</strong>vulgativa destinato a coinvolgere il pubblico fuori<br />

dalle abitu<strong>di</strong>ni consolidate <strong>di</strong> ricezione” 1 .<br />

Le iniziative <strong>di</strong> Bompiani erano proposte e sostenute da importanti col<strong>la</strong>boratori e<br />

intellettuali, fra i quali spicca <strong>la</strong> figura <strong>di</strong> Vittorini che, dal Trentotto, col<strong>la</strong>borò ufficialmente<br />

con <strong>la</strong> casa mi<strong>la</strong>nese ricoprendo <strong>di</strong>versi incarichi tra cui quello <strong>di</strong> consulente e<strong>di</strong>toriale. Le<br />

corrispondenze pubblicate 2 testimoniano un’attività tanto composita quanto instancabile.<br />

La figura <strong>di</strong> Vittorini, le contrad<strong>di</strong>zioni fondamentali del suo progetto letterario, tra volontà <strong>di</strong><br />

educazione delle masse ed elitarismo intellettuale, sono delineati molto bene nell’opera<br />

L’e<strong>di</strong>tore Vittorini <strong>di</strong> Gian Carlo Ferretti 3 .<br />

Tra le proposte del bril<strong>la</strong>nte consulente realizzate da Bompiani vi è <strong>la</strong> col<strong>la</strong>na “Pantheon<br />

letterario” che vide luce nel 1940 e che propone raccolte delle principali opere letterarie <strong>di</strong><br />

narrativa, e successivamente <strong>di</strong> teatro, <strong>di</strong> molti paesi tradotte in italiano.<br />

La seconda uscita del<strong>la</strong> col<strong>la</strong>na è l’opera Narratori spagnoli 4 . Il curatore del volume è Carlo<br />

Bo, ma Vittorini venne coinvolto <strong>di</strong>rettamente; basti ad esempio riportare lo stralcio <strong>di</strong> una<br />

lettera <strong>di</strong> Bo ell’e<strong>di</strong>tore a proposito <strong>di</strong> alcuni temi.<br />

“Carissimo,<br />

eccoti <strong>la</strong> nota. Calco<strong>la</strong> tu se ti sembra manchino molte pagine per arrivare alle 600-700 volute.<br />

Nel caso si fa tradurre qualcosa ancora. Puoi <strong>di</strong>re caso mai a Ferrarin <strong>di</strong> dare intero il Sonetier<br />

1<br />

G. RAGONE, Un secolo <strong>di</strong> libri. Storia dell’e<strong>di</strong>toria in Italia dall’Unità al post-moderno, Einau<strong>di</strong>, Torino<br />

1999, pag. 159<br />

2<br />

I carteggi <strong>di</strong> Vittorini cui faccio riferimento sono contenuti nelle raccolte : Caro Bompiani : lettere con<br />

l'e<strong>di</strong>tore , a cura <strong>di</strong> G. D'INA e G. ZACCARIA, Mi<strong>la</strong>no, Bompiani 1988 e I libri, <strong>la</strong> citta, il mondo : lettere<br />

1933-1943, a cura <strong>di</strong> C. MINOIA, Einau<strong>di</strong>, Torino 1985<br />

3<br />

G. FERRETTI, L’e<strong>di</strong>tore Vittorini, Einau<strong>di</strong>, Torino 1992<br />

4<br />

Narratori spagnoli : raccolta <strong>di</strong> romanzi e racconti dalle origini ai nostri giorni, a cura <strong>di</strong> C. BO, Bompiani,<br />

Mi<strong>la</strong>no a. XX [1941]<br />

10


e tu tradurre molto Unamuno (…) Di Pereda metti <strong>due</strong> o tre cose. Di Unamuno potrei tradurti:<br />

Una storia d’amore” 5<br />

Vittorini si occupò inoltre in prima persona del<strong>la</strong> scelta e del taglio delle immagini.<br />

Nel<strong>la</strong> raccolta dei Narratori spagnoli si riconosce l’impianto vittoriniano e cioè da un <strong>la</strong>to <strong>la</strong><br />

volontà <strong>di</strong> ampia <strong>di</strong>ffusione dell’opera, anche grazie al<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> scrittori già<br />

affermati come traduttori, ma d’altro canto un certo elitarismo intellettuale che ne restringe<br />

inevitabilmente il campo dei possibili lettori.<br />

A proposito possiamo citare l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> Bompiani a Vittorini, proprio par<strong>la</strong>ndo del<br />

volume in questione perché egli abbia “un po’ più <strong>di</strong> generosità (…) verso il lettore. Il quale<br />

non può essere tanto raffinato quanto tu lo vorresti ” e <strong>la</strong> successiva spiegazione che “Quelle<br />

informazioni che Bo sdegnosamente <strong>di</strong>chiara inutili, non lo sono in una raccolta che si<br />

propone scopi <strong>di</strong>vulgativi.” 6<br />

La questione delle “notizie sugli autori” <strong>di</strong> Bo per il volume dei Narratori spagnoli aveva<br />

causato non poche preoccupazioni a Vittorini, in quanto Bompiani continuava a considerarle<br />

troppo ostiche mentre il volume era già in corso d stampa. Vittorini stesso aveva allora<br />

corretto le parti introduttive ai capitoli, mentre aveva affidato a Carlo Cor<strong>di</strong>è <strong>la</strong> redazione <strong>di</strong><br />

quelle re<strong>la</strong>tive ai singoli autori. 7<br />

Oltre al<strong>la</strong> strategia e<strong>di</strong>toriale, giocò il suo ruolo nel<strong>la</strong> scelta degli autori spagnoli da<br />

pubblicare, naturalmente, anche l’occhio vigile del<strong>la</strong> censura, partico<strong>la</strong>rmente severa nei<br />

confronti del<strong>la</strong> letteratura straniera.<br />

Oltre alle numerose <strong>di</strong>fficoltà incontrate da Vittorini per <strong>la</strong> pubblicazione <strong>di</strong> Americana, anche<br />

<strong>la</strong> letteratura spagno<strong>la</strong> non fu esente dai sospetti del ministero. Garcìa Lorca venne bol<strong>la</strong>to<br />

come “poeta dei comunisti” 8 , mentre nel ’42 venne impe<strong>di</strong>ta <strong>la</strong> pubblicazione <strong>di</strong> un volume <strong>di</strong><br />

racconti <strong>di</strong> Perez de Aya<strong>la</strong> in quanto “le <strong>due</strong> nuove <strong>novelle</strong> hanno per protagonisti dei preti<br />

che compiono azioni poco pulite” 9 . I <strong>due</strong> racconti in questione sono Prometeo e Luce<br />

domenicale, ma quest’ultima era riuscita invece ad apparire all’interno del volume dei<br />

narratori un anno prima 10 .<br />

Tra inevitabili <strong>di</strong>fficoltà e ostacoli, il libro venne finalmente pubblicato nel 1941, occasione<br />

per <strong>la</strong> quale Bompiani stesso scrisse a Vittorini elogiando l’opera, <strong>la</strong>mentando <strong>la</strong> cattiva<br />

qualità del<strong>la</strong> carta (“molto brutta. Speriamo che il pubblico capisca le <strong>di</strong>fficoltà del<br />

5 Lettera <strong>di</strong> Carlo Bo a Elio Vittorini, Sestri Levante, 17 luglio 1941, in V. BOMPIANI, op. cit., p. 56<br />

6 Lettera <strong>di</strong> Bompiani a Elio Vittorini, Roma 17 <strong>di</strong>cembre 1941, ivi, pag. 116<br />

7 Lettera <strong>di</strong> Elio Vittorini a Valentino Bompiani, 1 novembre 1941, in E. VITTORINI, op.cit., pag. 167<br />

8 Da una lettera <strong>di</strong> Elio Vittorini a Valentino Bompiani del 12 luglio 1942,in ivi, pag.209<br />

9 Lettera <strong>di</strong> Bompiani a Elio Vittorini, 21 settembre 1942, in V. BOMPIANI, op. cit., pag. 126<br />

10 Lettera <strong>di</strong> Vittorini a Carlo Bo, 13 maggio 1942, in E. VITTORINI, op. cit., pag. 192<br />

11


momento…”), accettando le presentazioni, approvando, nonostante qualche osservazione, <strong>la</strong><br />

scelta e il taglio delle immagini. Per concludere, Bompiani esortava il col<strong>la</strong>boratore ad<br />

occuparsi <strong>di</strong>rettamente del<strong>la</strong> pubblicità, a scegliere slogan che facessero capire “che si tratta <strong>di</strong><br />

un libro da leggere” e illustrazioni “facili, donne soprattutto” 11 .<br />

La maggiore attenzione <strong>di</strong> Bompiani era naturalmente rivolta all’acquirente; sia nel caso delle<br />

introduzioni che del<strong>la</strong> pubblicità si preoccupava infatti che l’opera potesse essere apprezzata e<br />

scelta dal maggior numero possibile <strong>di</strong> lettori, un pubblico <strong>di</strong> massa che non aveva<br />

necessariamente una estesa preparazione letteraria e critica.<br />

Tali caratteri esteriori, definiti dalle intenzioni dell’e<strong>di</strong>tore, si rispecchiano anche nell’opera<br />

stessa.<br />

Il libro, col titolo Narratori spagnoli, e il sottotitolo raccolta <strong>di</strong> romanzi e racconti dalle<br />

origini ai giorni nostri ha lo scopo, secondo le parole del curatore Carlo Bo <strong>di</strong> “dare al lettore<br />

un panorama vasto e essenziale del<strong>la</strong> narrativa spagno<strong>la</strong>” 12 presentando “quei monumenti e<br />

quelle voci che hanno avuto un’eco universale e una importanza superiore a quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> una<br />

semplice economia nazionale”.<br />

Con questa spiegazione il curatore giustifica l’esclusione dei nomi che sono rimasti fuori da<br />

“quel<strong>la</strong> forza che rappresenta il contenuto spirituale <strong>di</strong> una nazione” e propone un criterio <strong>di</strong><br />

selezione: autori che abbiano raggiunto notorietà internazionale e che rappresentino lo spirito<br />

del popolo spagnolo. Attraverso le opere proposte il lettore “saprà che cosa vuol <strong>di</strong>re senso<br />

del<strong>la</strong> vita, forza del<strong>la</strong> realtà, gusto del<strong>la</strong> spontaneità, vigore d’immagine e <strong>di</strong> paro<strong>la</strong>, e infine<br />

riconoscerà il valore <strong>di</strong> uno spirito religioso, d’una me<strong>di</strong>tata visione del mondo.”<br />

Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un’opera presentata non solo per il valore letterario dei testi tradotti, ma<br />

soprattutto per i vari messaggi che racchiude: se da una parte offre una panoramica sintetica<br />

ma completa del<strong>la</strong> storia letteraria spagno<strong>la</strong>, d’altra parte il lettore può anche comprendere gli<br />

elementi del carattere del<strong>la</strong> nazione ed arricchirsi <strong>di</strong> preziosi insegnamenti morali.<br />

L’intento è evidentemente pedagogico, <strong>di</strong>retto a un pubblico curioso <strong>di</strong> novità ma anche<br />

affamato <strong>di</strong> cultura e conoscenza.<br />

Tale finalità è sottolineata dal sunto generale sul<strong>la</strong> storia letteraria spagno<strong>la</strong> che costituisce<br />

l’introduzione al volume, ed inoltre dal<strong>la</strong> presenza <strong>di</strong> prefazioni ai vari perio<strong>di</strong> o<br />

raggruppamenti scritte dallo stesso Carlo Bo, e <strong>di</strong> notizie re<strong>la</strong>tive ai vari autori presentati,<br />

redatte in extremis, come abbiamo visto, da Gianfranco Contini e da Carlo Cor<strong>di</strong>è.<br />

11 Lettera <strong>di</strong> Valentino Bompiani a Elio Vittorini, 17 <strong>di</strong>cembre 1941, in V. BOMPIANI, op. cit., pagg. 115-116<br />

12 C. BO, Introduzione a Narratori Spagnoli, cit., pag. II<br />

12


Nel complesso il volume risulta voluminoso: novecentociquantanove pagine sud<strong>di</strong>vise in otto<br />

capitoli che raccolgono traduzioni <strong>di</strong> testi <strong>di</strong> ventinove autori e <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa estensione.<br />

La raccolta riscosse sicuramente un certo successo se già nel 1943 ne venne stampata una<br />

seconda e<strong>di</strong>zione identica al<strong>la</strong> prima, con l’unica variazione dell’aumento del prezzo 13 .<br />

Il buon riscontro del pubblico sarà stato in buona parte aiutato dal<strong>la</strong> presenza <strong>di</strong> importanti<br />

nomi del panorama letterario italiano. Oltre a Carlo Bo, si riconoscono nel<strong>la</strong> lista dei<br />

traduttori anche altri scrittori noti quali Eugenio <strong>Montale</strong>, Carlo Emilio Gadda, Leone<br />

Traverso ed Elio Vittorini.<br />

Tra i tradotti invece, alcuni anonimi <strong>di</strong> secoli passati e tutti i più famosi autori spagnoli dal<br />

Quattrocento ai primi del Novecento, tra cui spicca per notorietà l’autore <strong>di</strong> uno dei romanzi<br />

più letti e stu<strong>di</strong>ati del mondo: Miguel de <strong>Cervantes</strong> Saavedra.<br />

Dell’autore, cui è de<strong>di</strong>cato un capitolo assieme a Quevedo, vengono presentate <strong>due</strong> Novelle<br />

tratte dal<strong>la</strong> raccolta Novelle Esemp<strong>la</strong>ri, entrambe tradotte da <strong>Montale</strong>.<br />

La centralità <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> per <strong>la</strong> storia letteraria spagno<strong>la</strong> è affermata chiaramente fin<br />

dall’introduzione<br />

“Al nome <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>” commenta Bo nel corsivo “col<strong>la</strong>borano le intenzioni e i tentativi <strong>di</strong><br />

tutti gli altri. Nel libro delle Novelle troviamo risolti i movimenti del<strong>la</strong> prosa fino al seicento,<br />

ma troviamo anche i segni fissi, eterni d’un carattere comune, d’una forma intatta del<br />

sangue” 14 , scrivendo a proposito dell’autore che già nell’introduzione aveva celebrato come<br />

“<strong>la</strong> più alta immagine dello scrittore, con tutte le esigenze che <strong>la</strong> definizione moderna<br />

comporta” 15 . Lo celebra insomma come il primo scrittore moderno spagnolo, che ha saputo<br />

cogliere tutti i frutti migliori delle opere precedenti e rie<strong>la</strong>borarne gli insegnamenti per creare<br />

uno stile assolutamente innovativo.<br />

In nessun momento il curatore spiega al lettore <strong>la</strong> scelta così partico<strong>la</strong>re <strong>di</strong> proporre <strong>due</strong> delle<br />

Novelle esemp<strong>la</strong>ri invece che un brano del<strong>la</strong> più famosa opera cervantina, liquidando il Don<br />

Quijote solo con un breve accenno nell’introduzione, quando definisce le Novelle “l’opera,<br />

<strong>la</strong>sciando a parte il romanzo, che interessa più da vicino <strong>la</strong> nostra storia.” 16<br />

La prima domanda che sorge spontanea a questo punto è perchè sia stato <strong>la</strong>sciato da parte il<br />

romanzo più famoso del<strong>la</strong> letteratura spagno<strong>la</strong> <strong>di</strong> tutti i tempi proprio in un’antologia che<br />

vuole fornire un prospetto esaustivo <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> storia letteraria. Infatti, se le Novelle esemp<strong>la</strong>ri,<br />

13 L’e<strong>di</strong>zione del 1941 costava settantacinque lire, mentre quel<strong>la</strong> del 1943 centoventi<br />

14 Narratori spagnoli, cit., pag. 233<br />

15 C. BO, Introduzione a Narratori Spagnoli, cit., pag. VII<br />

16 Ibidem, pag. VII<br />

13


come vedremo, hanno dato avvio a un nuovo genere in Spagna, il Don Quijote ha un rilievo<br />

incomparabilmente maggiore sia per <strong>la</strong> narrativa locale che europea in generale.<br />

La risposta non viene fornita dal curatore dei Narratori Spagnoli, ma se ne possono proporre<br />

alcune: <strong>la</strong> presenza <strong>di</strong> numerose traduzioni del Quijote già circo<strong>la</strong>nti sul mercato; <strong>la</strong><br />

preferenza per <strong>la</strong> pubblicazione <strong>di</strong> racconti completi invece che il brano <strong>di</strong> un romanzo,<br />

nonostante all’interno del<strong>la</strong> stessa raccolta si trovino stralci <strong>di</strong> altre opere; <strong>la</strong> presenza <strong>di</strong><br />

accor<strong>di</strong> e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti e<strong>di</strong>toriali su certi titoli. Diverse possibilità sono p<strong>la</strong>usibili.<br />

Segue questo primo interrogativo un’altra incertezza riguardante <strong>la</strong> scelta delle <strong>novelle</strong> da<br />

tradurre. E’ molto probabile che <strong>la</strong> selezione sia stata fatta dal curatore, ma non è una<br />

certezza, così come non abbiamo in<strong>di</strong>zi su chi sia ricaduta <strong>la</strong> scelta dei traduttori. Sarebbe<br />

davvero interessante ai fini <strong>di</strong> questa ricerca capire se sia stato Bo a decidere che fosse<br />

<strong>Montale</strong> a tradurre le <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, che ruolo abbiano avuto in merito Bompiani e<br />

Vittorini, o se sia stato il traduttore a scegliere con quale autore o opera volesse cimentarsi.<br />

1.2 Novelle esemp<strong>la</strong>ri<br />

Dopo aver descritto il volume dei Narratori Spagnoli e aver delineato in quale situazione sia<br />

nato, soffermiamoci ora in partico<strong>la</strong>re sui testi <strong>di</strong> cui più precisamente ci occuperemo e cioè<br />

quelli <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> tradotti da <strong>Montale</strong>, cercando in primo luogo <strong>di</strong> evidenziare i caratteri<br />

dell’opera originale che li contiene.<br />

Nonostante le Avventure dell’ingegnoso Idalgo siano il <strong>la</strong>voro più noto <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, vi è un<br />

altro libro, contemporaneo grosso modo a questo che riscosse un enorme successo; si tratta<br />

delle Novelle esemp<strong>la</strong>ri.<br />

La raccolta, de<strong>di</strong>cata al conte <strong>di</strong> Lemnos, venne pubblicata per <strong>la</strong> prima volta nel 1613, cioè<br />

<strong>due</strong> anni prima del<strong>la</strong> seconda parte del Don Quijote e contiene tre<strong>di</strong>ci <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

lunghezza.<br />

“Yo soy el primero que ha nove<strong>la</strong>do en lengua castel<strong>la</strong>na” 17 scrive l’autore nel prologo che<br />

brevemente introduce ai racconti. Lo scrittore non mente; prima <strong>di</strong> lui altri autori spagnoli si<br />

erano cimentati nel<strong>la</strong> composizione <strong>di</strong> racconti brevi, ma si basavano sempre sul<strong>la</strong> ben nota<br />

tra<strong>di</strong>zione dei novellieri italiani. Le opere dei narratori italiani del Quattrocento avevano<br />

riscontrato un enorme successo che aveva portato <strong>la</strong> loro fama ben oltre le Alpi.<br />

17 M. DE CERVANTES, Nove<strong>la</strong>s Ejemp<strong>la</strong>res, Crítica, Barcelona 2001, pag. 19<br />

14


E’ sufficiente osservare, per quanto esagerato, ciò che in proposito scrive Letterio <strong>di</strong> Francia<br />

nel<strong>la</strong> Novellistica che “fino al 1600 gli Spagnuoli non leggono altri novellieri che<br />

gl’italiani” 18 .<br />

<strong>Cervantes</strong> entrò in contatto con <strong>la</strong> narrativa italiana sicuramente già durante il suo lungo<br />

soggiorno nel nostro paese, ma nel frattempo le traduzioni dei novellieri in spagnolo, anche se<br />

spesso <strong>di</strong> non ottima qualità, cominciavano a circo<strong>la</strong>re tra le stamperie del<strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> iberica.<br />

Già dal<strong>la</strong> fine del Quattrocento vennero messe alle stampe, col titolo <strong>di</strong> Las cien nove<strong>la</strong>s, le<br />

traduzioni del Decamerone <strong>di</strong> Boccaccio. 19<br />

Non bisogna <strong>di</strong>menticare che <strong>la</strong> situazione politica del<strong>la</strong> Spagna del Cinquecento è ben<br />

<strong>di</strong>versa da quel<strong>la</strong> delle corti italiane. I racconti così liberali del maestro <strong>di</strong> Certaldo non<br />

potevano certo incontrare l’approvazione del rigido tribunale dell’Inquisizione spagno<strong>la</strong>, tanto<br />

che <strong>la</strong> raccolta venne ban<strong>di</strong>ta nell’In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Valdés del 1559.<br />

<strong>Cervantes</strong> in ogni caso venne <strong>di</strong> sicuro a contatto coi cento racconti e rimase probabilmente<br />

affascinato dal genere e dal<strong>la</strong> varietà in essi racchiusa, anche se non si ritrova nelle Novelle<br />

Esemp<strong>la</strong>ri alcun richiamo tematico ai racconti del Decameron.<br />

Sebbene <strong>la</strong> liberalità dei temi e il modo poco rispettoso <strong>di</strong> descrivere il clero negarono<br />

l’accesso e <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> in spagnolo <strong>di</strong> autori quali Firenzuo<strong>la</strong>, Aretino, Forteguerri o Fortini,<br />

altre <strong>novelle</strong>tte riuscirono a passare il confine.<br />

Nel 1583 ad esempio venne stampata <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> delle Piacevoli Notti del Caravaggio, con<br />

il tranquillizzante titolo <strong>di</strong> Honesto y agradable entretenimiento de damas y ga<strong>la</strong>nes 20 ,<br />

limitando però <strong>la</strong> pubblicazione al<strong>la</strong> prima e più casta parte delle <strong>novelle</strong> dello Straparo<strong>la</strong>.<br />

Anche per il Caravaggio l’influenza che può aver avuto sull’alca<strong>la</strong>ino risulta pressoché nul<strong>la</strong>,<br />

in quanto l’italiano fa ampio uso <strong>di</strong> elementi meravigliosi, pro<strong>di</strong>giosi e sovrannaturali tratti<br />

dal<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione popo<strong>la</strong>re napoletana, ben <strong>di</strong>stanti dal tipico realismo cervantino.<br />

Altrettanto irreali risultano i pro<strong>di</strong>gi e i portenti racchiusi nelle <strong>novelle</strong> francesi <strong>di</strong> Bovistau,<br />

Tesserant e Belleforest, tradotte in spagnolo nel 1588.<br />

Più vicino ai temi del nostro autore possono apparire le <strong>novelle</strong> del Bandello che, nonostante<br />

l’enorme successo sia in patria che all’estero, furono stampate in spagnolo nel limitato<br />

numero <strong>di</strong> quattor<strong>di</strong>ci e per mano <strong>di</strong> un poco rigoroso traduttore. 21<br />

Se queste <strong>novelle</strong> si <strong>di</strong>scostano dalle apparizioni e dal meraviglioso pre<strong>di</strong>ligendo <strong>la</strong><br />

descrizione del<strong>la</strong> realtà contemporanea, anch’esse hanno davvero poco in comune con le<br />

18<br />

Citazione tratta da A.G. DE AMEZUA’ Y MAYO, <strong>Cervantes</strong> creador de <strong>la</strong> nove<strong>la</strong> corta españo<strong>la</strong> [1956],<br />

Instituto “Miguel de <strong>Cervantes</strong>”, Madrid 1982, pagg. 444-445<br />

19<br />

Ve<strong>di</strong> A.G. DE AMEZUA’ Y MAYO, op. cit., pag. 441<br />

20<br />

Ivi, pag. 447<br />

21<br />

Ivi, pag. 455<br />

15


Novelle esemp<strong>la</strong>ri dello scrittore spagnolo. La situazione delle corti descritta dal domenicano,<br />

basata su rapporti <strong>di</strong> tipo me<strong>di</strong>oevale, i suoi personaggi tutti <strong>di</strong> alta estrazione quali imperatori<br />

re e principi ben poco hanno a che spartire con il contesto <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>. Ben lontana è <strong>la</strong><br />

società descritta da Bandello rispetto al <strong>di</strong>namismo dei mercanti, al<strong>la</strong> realtà degli hidalgos e a<br />

quel mondo <strong>di</strong> poveri ed emarginati tra cui spesso si ca<strong>la</strong> <strong>Cervantes</strong>.<br />

Nel clima <strong>di</strong> rigido controllo che seguì il Concilio <strong>di</strong> Trento si sviluppò l’attenzione<br />

moralistica e pu<strong>di</strong>ca delle <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> Giral<strong>di</strong> Cinzio, le cui Ecatommiti non vennero certo<br />

castigate dall’Inquisizione spagno<strong>la</strong>, attente come sono ad elogiare i retti comportamenti<br />

cattolici e <strong>la</strong> figura del Papa. L’opera venne tradotta integralmente a Sa<strong>la</strong>manca nel 1589, ma<br />

anche da essa non si può <strong>di</strong>re che <strong>Cervantes</strong> abbia tratto grande ispirazione, se non<br />

nell’intento moralizzante racchiuso in ciascun racconto.<br />

Confrontando dunque <strong>la</strong> produzione cinquecentesca italiana con le Novelle esemp<strong>la</strong>ri si<br />

possono in<strong>di</strong>viduare alcuni elementi che l’autore spagnolo mantenne nel<strong>la</strong> sua produzione,<br />

quali <strong>la</strong> lunghezza (una misura più lunga del Boccaccio usata dagli scrittori cinquecenteschi),<br />

l’unità e <strong>la</strong> continuità interna dei racconti, l’assenza <strong>di</strong> commenti esterni che rompano <strong>la</strong><br />

flui<strong>di</strong>tà del<strong>la</strong> lettura, e <strong>la</strong> descrizione breve e legata a pochi tratti delle città e degli ambienti.<br />

Infatti, <strong>la</strong> Natura e le città passano decisamente in secondo piano rispetto all’attenzione per le<br />

azioni e i <strong>di</strong>aloghi dei personaggi.<br />

<strong>Cervantes</strong>, però, compì anche un grande passo <strong>di</strong>staccandosi dal<strong>la</strong> produzione italiana per<br />

alcune considerevoli novità. Ad esempio espanse l’intreccio inserendo molteplici elementi e<br />

rese più complessa <strong>la</strong> trama degli avvenimenti, oltre ad aumentare l’importanza del <strong>di</strong>alogo.<br />

In partico<strong>la</strong>re, invece che ricercare orizzonti esotici, l’autore alca<strong>la</strong>ino racchiuse le sue <strong>novelle</strong><br />

per <strong>la</strong> maggior parte nell’ambiente spagnolo che egli conosceva così bene per i numerosi<br />

viaggi compiuti, proponendo una grande varietà <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti luoghi e contesti sociali e<br />

geografici. 22<br />

Oltre agli orizzonti locali all’interno dei quali si svolgono quasi tutte le storie, anche i<br />

personaggi sono per <strong>la</strong> maggior parte tratti <strong>di</strong>rettamente dal<strong>la</strong> società spagno<strong>la</strong><br />

contemporanea, in tutta <strong>la</strong> sua varietà <strong>di</strong> tipi e <strong>di</strong> strati sociali. La prima novel<strong>la</strong> ad esempio, <strong>la</strong><br />

gitanil<strong>la</strong>, spazia dalle più nobili famiglie citta<strong>di</strong>ne ai campi e alle baracche degli zingari, <strong>di</strong><br />

cui sono descritti, anche se in modo fantasioso, i costumi e le abitu<strong>di</strong>ni. I vari personaggi che<br />

animano le <strong>novelle</strong> sono figure dal maggiore o minore spessore psicologico, ma sono sempre<br />

caratterizzati da una viva coloritura espressiva, sia nel<strong>la</strong> descrizione fisica, a volte stilizzata<br />

dai canoni dell’epoca, che nel<strong>la</strong> definizione delle attitu<strong>di</strong>ni, delle qualità e dei vizi. Enumerare<br />

22 Ve<strong>di</strong> ivi, pag. 461<br />

16


tutte le figure che si incontrano nelle narrazioni sarebbe assai arduo, ma si può ben <strong>di</strong>re che<br />

esse danno un’ampia panoramica del<strong>la</strong> società spagno<strong>la</strong> <strong>di</strong> inizio Seicento, dagli eleganti<br />

cavalieri e dame delle più nobili casate agli ambienti meno raccomandabili, fino all’universo<br />

dei giovani delinquenti (o presunti tali) e vecchi ruffiani, senza tra<strong>la</strong>sciare osti, viaggiatori,<br />

servette, paggi e perfino gli emarginati come le donne considerate streghe.<br />

Grazie al<strong>la</strong> convinzione che <strong>la</strong> realtà è spesso più straor<strong>di</strong>naria del<strong>la</strong> fantasia, lo scrittore<br />

rinunciò in buona parte al patrimonio del fantastico e del meraviglioso per raccontare storie<br />

che per quanto improbabili (non mancano agnizioni e riconoscimenti insperati) sono pur<br />

sempre possibili e, soprattutto, inequivocabilmente umane. Se, ad esempio, i gran<strong>di</strong> viaggi e i<br />

rapimenti dei Mori descritti nel Amante liberal non facevano parte dell’esperienza <strong>di</strong> ogni<br />

lettore, erano pur sempre delle situazioni possibili in quel tempo, tanto che lo scrittore stesso<br />

si era trovato durante <strong>la</strong> sua vita in con<strong>di</strong>zioni simili, e da tali avventure aveva sicuramente<br />

preso spunto al momento <strong>di</strong> comporre le sue opere.<br />

<strong>Cervantes</strong> durante il suo periodo in Italia rimase sicuramente affascinato dal genere<br />

<strong>novelle</strong>sco, ma invece <strong>di</strong> limitarsi a tradurre le opere italiane o riutilizzarle prendendone<br />

suggerimenti ed esempi, come avevano fatto altri suoi connazionali, <strong>di</strong>ede vita a una raccolta<br />

assolutamente originale e <strong>di</strong>stinta dalle precedenti.<br />

Oltre all’esempio italiano da cui, come abbiamo visto, trasse spunti soprattutto per <strong>la</strong> struttura,<br />

vi furono altri generi del<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione spagno<strong>la</strong> che influenzarono questa produzione <strong>di</strong><br />

<strong>Cervantes</strong>.<br />

Molto presente in alcune narrazioni, in partico<strong>la</strong>re in Rinconete y Corta<strong>di</strong>llo, ma anche nelle<br />

avventure del cane Berganza, è il genere picaresco.<br />

Altro importante ruolo gioca nelle <strong>novelle</strong> <strong>la</strong> narrazione pastorale rinascimentale secondo<br />

l’esempio del<strong>la</strong> Diana <strong>di</strong> Jorge de Montemayor, cui si fa riferimento in modo ironico anche<br />

nel Don Quijote, nel momento in cui l’ “ingenioso hidalgo” decide <strong>di</strong> abbandonare <strong>la</strong> vita del<br />

cavaliere errante e farsi pastore.<br />

Se ci soffermiamo sul capo<strong>la</strong>voro cervantino, non possiamo <strong>di</strong>menticare l’importanza del<br />

genere cavalleresco, causa <strong>di</strong> tutte le sventure del più famoso cavaliere errante <strong>di</strong> tutta<br />

Spagna, e dal quale ere<strong>di</strong>tano alcuni elementi anche le <strong>novelle</strong> corte.<br />

Inoltre, si possono riconoscere tracce del genere bizantino, su cui lo scrittore si baserà per <strong>la</strong><br />

stesura del<strong>la</strong> sua ultima opera: il Persiles y Sigismunda.<br />

17


Infine, e lo vedremo meglio nel caso del Coloquio del los perros, i c<strong>la</strong>ssici suggerirono al<br />

nostro autore temi e strutture, in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> comme<strong>di</strong>a, <strong>la</strong> satira, e il romanzo <strong>di</strong> Apuleio. 23<br />

<strong>Cervantes</strong>, instancabile lettore, anche se non compì stu<strong>di</strong> rego<strong>la</strong>ri <strong>di</strong> letteratura, conobbe tutti i<br />

generi più <strong>di</strong>ffusi del tempo e da ciascuno colse e rie<strong>la</strong>borò immagini e moduli narrativi<br />

rimesco<strong>la</strong>ndoli e creando un tessuto assolutamente originale. “El” commenta Avalle-Arce “no<br />

tiene modelos literarios, ni los ha querido buscar, immenso himno de liberación artística que<br />

<strong>Cervantes</strong> comenzó a modu<strong>la</strong>r con do de pecho en el Quijote de1605. Suponer que después<br />

del Quijote de 1605 <strong>Cervantes</strong> podía imitar a otros artistas, sería suponer un retroceso<br />

intelectual equivalente a <strong>la</strong> anu<strong>la</strong>ción homicida del artista liberado” 24 .<br />

L’operazione <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> è molto complessa e <strong>di</strong>fficilmente riconducibile a una definizione<br />

univoca, in quanto egli coglie gli elementi dei filoni letterari a lui noti, ma li rie<strong>la</strong>bora secondo<br />

un’ine<strong>di</strong>ta fantasia e capacità creativa. Infatti, nessuna novel<strong>la</strong> si può ascrivere a un singolo<br />

genere, ma in ciascuna si incontrano elementi tratti da altri autori, sia in chiave<br />

reinterpretativa che satirica. Se pren<strong>di</strong>amo come esempio il Colloquio dei cani, su cui ci<br />

soffermeremo, possiamo osservare ad esempio, su suggerimento <strong>di</strong> B<strong>la</strong>nco Aguinaga, come <strong>la</strong><br />

tra<strong>di</strong>zione del <strong>di</strong>alogo rinascimentale, basata su <strong>di</strong> un’opposizione dogmatica tra opinioni<br />

contrapposte si trasformi in un’ alternanza <strong>di</strong> <strong>due</strong> punti <strong>di</strong> vista a volte affini a volte <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>,<br />

ma in cui “the novelist never judges and (…) never says the <strong>la</strong>st word” 25 . Oltre al <strong>di</strong>alogo <strong>la</strong><br />

stessa novel<strong>la</strong> richiama il genere picaresco, ma anch’esso non viene rispettato in tutti i suoi<br />

aspetti perché, osserva Rodriguez Luis, “Berganza no es un verdadero pícaro: si cae en alguna<br />

tropelía es por breve aquiescencia pasiva, no pierde jamás el buen juicio moral con que ha<br />

nacido, no padece con <strong>la</strong> característica intensidad picaresca el hambre y los malos tratos…” 26 .<br />

<strong>Cervantes</strong> conosceva le regole dei generi, ma le eludeva a proposito, ed anzi sempre nel<strong>la</strong><br />

novel<strong>la</strong> dei cani sbeffeggia un poeta che scrive un’opera rispettando al<strong>la</strong> lettera le norme<br />

aristoteliche, ma usando degli illeggibili proparossitoni sostantivali. Lo scrittore, nelle sue<br />

creazioni, osserva Riley, “ri<strong>di</strong>colizza ogni sorta <strong>di</strong> pedante, le regole se non si accompagnano<br />

al talento non produrranno arte” 27 .<br />

23 Ve<strong>di</strong> J. GARCIA-LOPEZ, Prólogo a M. DE CERVANTES, Nove<strong>la</strong>s ejemp<strong>la</strong>res, Crítica, Barcelona 2001,<br />

pag. LXIII<br />

24 J. B. AVALLE-ARCE, Introducción a M. DE CERVANTES, Nove<strong>la</strong>s ejemp<strong>la</strong>res, Castalia, Madrid 1982,<br />

pagg. 16-17<br />

25 citato da T.R. HART , Cervate’s exemp<strong>la</strong>ry fiction, a study of the Nove<strong>la</strong>s ejemp<strong>la</strong>res,.University press of<br />

Kentucky, 1994, pag. 331<br />

26 J. RODRIGUEZ-LUIS, Novedad y ejemplo de <strong>la</strong>s Nove<strong>la</strong>s de <strong>Cervantes</strong>, 2 voll., José Porrúa Turanzas,<br />

Madrid 1980,<br />

pag. 238<br />

27 E. C. RILEY, Teoria del romanzo in <strong>Cervantes</strong>, <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> G. FIGLIA, Il Mulino, Bologna 1988, pag. 64<br />

18


<strong>Cervantes</strong> inaugurò in Spagna un nuovo genere autoctono, ma, anche nel<strong>la</strong> definizione dei<br />

suoi <strong>la</strong>vori, non vi è precisione. Se il romanzo non era ancora stato c<strong>la</strong>ssificato quale tipologia<br />

letteraria perché non rientrava nel<strong>la</strong> ripartizione aristotelica in quanto ibrido tra poesia e<br />

trage<strong>di</strong>a, <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> ancor meno aveva raggiunto una propria in<strong>di</strong>pendenza teorica. Era assente<br />

in Spagna, fino all’opera del Pinciano del 1596, un manuale <strong>di</strong> Poetica che contenesse<br />

un’estetica normativa adatta anche alle <strong>novelle</strong>. 28<br />

Secondo <strong>la</strong> ripartizione aristotelica, <strong>la</strong> Storia si occupava del passato e del generale, mentre <strong>la</strong><br />

Poesia <strong>di</strong> ciò che avrebbe potuto accadere e del partico<strong>la</strong>re. Nel XVI secolo in Spagna si<br />

riscontra, secondo Javier B<strong>la</strong>sco, un avvicinamento tra Storia e Poesia, tanto che al<strong>la</strong> fine del<br />

Cinquecento il “generale” veniva rappresentato dal<strong>la</strong> poesia epica e il “partico<strong>la</strong>re” dal<strong>la</strong><br />

“nove<strong>la</strong>”. Teniamo presente, però, che il termine “nove<strong>la</strong>” <strong>di</strong>stingue in generale narrazioni <strong>di</strong><br />

lunghezza più o meno ampia, in opposizione al romance cavalleresco.<br />

In partico<strong>la</strong>r modo <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> corta cervantina è <strong>la</strong> rappresentazione <strong>di</strong> un “ “caso” partico<strong>la</strong>r y<br />

circumstanciado; y <strong>la</strong> ejemp<strong>la</strong>ridad, que no tiene que ver con <strong>la</strong> moralización, se deriva de <strong>la</strong>s<br />

conclusiones que el lector puede extraer de <strong>la</strong> confrontación (…) entre ese “caso” concreto y<br />

<strong>la</strong> doctrina oficial a <strong>la</strong> que el “caso” remite.” 29<br />

La <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> genere secondo i c<strong>la</strong>ssici <strong>di</strong>pendeva dallo scopo e dunque per fare chiarezza<br />

proviano a ricercare <strong>la</strong> finalità delle <strong>novelle</strong>.<br />

Il primo elemento, che compare già nel titolo è l’ “esemp<strong>la</strong>rità”. Perché esemp<strong>la</strong>ri?<br />

Le do<strong>di</strong>ci <strong>novelle</strong> che compongono <strong>la</strong> raccolta non hanno nul<strong>la</strong> a che vedere con gli exemp<strong>la</strong><br />

me<strong>di</strong>oevali e, se il lettore cercasse in buona fede degli esempi <strong>di</strong> comportamento cristiano tra i<br />

suoi protagonisti, rimarrebbe probabilmente deluso, poiché le narrazioni non sono infarcite <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scussioni eru<strong>di</strong>te come <strong>la</strong>s Noches de invierno <strong>di</strong> Antonio de Es<strong>la</strong>va o <strong>di</strong> campioni <strong>di</strong><br />

moralità come l’opera picaresca <strong>di</strong> Mateo Alemán. 30 I personaggi delle <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong><br />

non sono santi e non si comportano come tali e, anche se <strong>la</strong> narrazione non devia mai verso<br />

l’oscenità o lo scurrile, molto spesso è <strong>di</strong>fficile ritrovare un insegnamento morale o una<br />

traccia <strong>di</strong> dottrina cristiana tra i giovani innamorati, le gitane e i cavalieri o i piccoli e gran<strong>di</strong><br />

delinquenti delle pagine cervantine.<br />

28<br />

Ve<strong>di</strong> A.G. DE AMEZUA’ Y MAYO, cit., pag. 358 e sgg.<br />

29<br />

J. BLASCO, Estu<strong>di</strong>o preliminar a M. DE CERVANTES, Nove<strong>la</strong>s Ejemp<strong>la</strong>res, Crítica, Barcelona 2001, pag.<br />

XXIX<br />

30<br />

P. N. DUNN, Nove<strong>la</strong>s esemp<strong>la</strong>res, in Suma cervantina , a cura <strong>di</strong> J. B. AVALLE-ARCE e E. RILEY, Tamesis<br />

Book, London 1973, pag. 84<br />

19


Avalle-Arce, nell’introduzione all’e<strong>di</strong>zione Critica del 1982, sostiene che il motivo del titolo<br />

stia in un luogo comune dell’età dell’oro e nel<strong>la</strong> preoccupazione per il giu<strong>di</strong>zio<br />

dell’Inquisizione. 31<br />

Tale giustificazione è sicuramente fondata poichè <strong>la</strong> situazione era cambiata così in fretta che<br />

se <strong>la</strong> prima parte del Qijote non aveva incontrato ostacoli <strong>di</strong> sorta all’ora del<strong>la</strong> pubblicazione,<br />

anzi era stata messa alle stampe in tutta fretta prevedendo il grande successo, <strong>la</strong> raccolta <strong>di</strong><br />

<strong>novelle</strong> dovette superare l’assenso <strong>di</strong> ben quattro religiosi censori.<br />

Tuttavia, oltre a un <strong>Cervantes</strong> preoccupato del giu<strong>di</strong>zio etico del<strong>la</strong> Chiesa, altre riflessioni<br />

devono aver spinto l’autore al<strong>la</strong> scelta <strong>di</strong> un tale titolo.<br />

Se <strong>la</strong>sciamo da parte il valore <strong>di</strong> moralità cattolica, vi sono altri significati che il termine<br />

“esemp<strong>la</strong>re” potrebbe racchiudere. Avalle-Arce, seguendo le in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> Unamuno, 32<br />

propone quello dell’originalità estetica. Infatti <strong>Cervantes</strong>, secondo le <strong>di</strong>chiarazioni del<br />

prologo, era cosciente <strong>di</strong> fondare una nuova tipologia in Spagna, senza <strong>di</strong>menticare <strong>la</strong> varietà<br />

dei generi <strong>di</strong> cui le <strong>novelle</strong> proponevano esempi. In questo caso l’ “esemp<strong>la</strong>rità” farebbe<br />

riferimento all’insegnamento e al campione estetico che si può trarre dalle narrazioni.<br />

Torniamo però un momento alle parole dello stesso autore, che nel prologo afferma che “heles<br />

dado nombre de ejemp<strong>la</strong>res, y si bien lo miras, no hay ninguna de quien no se pueda sacar<br />

algun ejemplo provechoso”, ribadendo quin<strong>di</strong> l’utilità del<strong>la</strong> lettura, anche se non si spinge a<br />

spiegarne il senso morale “y si no fuera por no a<strong>la</strong>rgar este sujeto quizá te mostrara el sabroso<br />

y onesto fruto que se podría sacar así de todas juntas como de cada una de por sí” 33 .<br />

La morale delle <strong>novelle</strong> non viene spiegata né nel prologo né nelle singole narrazioni, ma<br />

dev’essere il lettore, grazie al<strong>la</strong> sua attenzione, a riconoscerlo; è interessante notare già il<br />

ruolo attivo del lettore richiesto da <strong>Cervantes</strong>. Non vi sono massime conclusive che svelino<br />

l’insegnamento nascosto nel<strong>la</strong> narrazione, anzi, il racconto spesso scopre spinosi interrogativi<br />

irrisolti. <strong>Cervantes</strong> propone un’esemp<strong>la</strong>rità che “è al tempo stesso negazione <strong>di</strong> ogni morale<br />

corrente e che accumu<strong>la</strong> chiaramente ogni tipo <strong>di</strong> dubbi e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà sia contro il monolitico<br />

concetto tridentino del<strong>la</strong> letteratura (…) sia contro <strong>la</strong> sca<strong>la</strong> <strong>di</strong> valori del<strong>la</strong> Spagna ufficiale<br />

dell’epoca” 34 .<br />

Più oltre le <strong>novelle</strong> sono definite come “una mesa de trucos, donde cada uno pueda llegar a<br />

intretenerse sin daño de barras(…) porqué los ejercicios honestos y agradables antes<br />

aprovechan que dañan”. Ecco una definizione molto interessante, quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> lettura quale<br />

31<br />

J. B. AVALLE-ARCE, op. cit., pag. 15<br />

32<br />

Ve<strong>di</strong> J. BLASCO, op. cit., pag. XCIII<br />

33<br />

M. DE CERVANTES, Nove<strong>la</strong>s ejemp<strong>la</strong>res, cit., pag. 18<br />

34<br />

Storia del<strong>la</strong> civiltà letteraria spagno<strong>la</strong>, <strong>di</strong>retto da F. MERENGALLI, vol. 1 “Dalle origini al Seicento”,<br />

UTET, Torino 1990, pag. 488<br />

20


gioco, che verrà ripetuta, come vedremo, in uno dei punti <strong>di</strong> massima carica emotiva del<strong>la</strong><br />

novel<strong>la</strong> del <strong>di</strong>alogo dei cani. Il gioco cui fa riferimento <strong>Cervantes</strong> non è puro intrattenimento<br />

ma è finalizzato a uno svago utile a riprendere scuccessivamente le attività interrotte.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> passatempo non solo è positivo per chi lo pratica, ma non causa danni ad altri,<br />

poiché il riso non si basa sul<strong>la</strong> satira o sul motteggio, ma su una descrizione onesta, per<br />

quanto critica, del<strong>la</strong> realtà.<br />

La lettura non è negotium ma otium, non ha a che vedere con il <strong>la</strong>voro ma con il riposo,<br />

perché, come si legge più avanti nel prologo, “no siempre se está en los templos, no siempre<br />

se ocupan los oratorios, no siempre se asiste a los negocios”, ma <strong>di</strong> un riposo non <strong>di</strong>ssoluto,<br />

tanto che “si por algun modo alcanzara que <strong>la</strong> lección destas Nove<strong>la</strong>s pu<strong>di</strong>era inducir a quien<br />

<strong>la</strong>s leyera a algun mal deseo o pensamiento, antes me cortara <strong>la</strong> mano con que <strong>la</strong>s escribí que<br />

sacar<strong>la</strong>s en publico” 35 (p.18-19)<br />

Il lettore non troverà dunque tra le pagine delle <strong>novelle</strong> insegnamenti licenziosi o immorali,<br />

ma sarà lui stesso a doverne trarre il miglior frutto attraverso <strong>la</strong> lettura. Come propone<br />

C<strong>la</strong>murro, riferendosi al tema del gioco, l’utore desidera che “the reader comes to this “table”,<br />

cue in hand, to try his or her skill, moreover, defines the reader’s role as active, autonomous,<br />

and creatively implicated” 36 .<br />

Il gioco non rappresenta l’inganno perché è “honesto y agradable”, si tratta <strong>di</strong> finzione,<br />

<strong>di</strong>stacco momentaneo dal<strong>la</strong> realtà. L’autore sembra voler mettere in guar<strong>di</strong>a il lettore<br />

dall’errore <strong>di</strong> Alonso Quijano che per essersi immedesimato troppo nei libri <strong>di</strong> cavalleria si<br />

era creduto don Quijote.<br />

I racconti sono partico<strong>la</strong>rmente realistici ma questo non significa che siano realtà, l’autore si<br />

preoccupa <strong>di</strong> delimitarli subito nel campo del gioco, del<strong>la</strong> sospensione. Le Nove<strong>la</strong>s presentano<br />

delle situazioni, dei personaggi ammissibili: siamo nel campo del<strong>la</strong> possibilità. Compito del<br />

lettore sarà collegare i testi con <strong>la</strong> vita, riflettere sul messaggio <strong>di</strong> ogni novel<strong>la</strong> in re<strong>la</strong>zione<br />

al<strong>la</strong> realtà, ma senza confonder<strong>la</strong> con essa, senza <strong>di</strong>menticare che <strong>di</strong> racconti si tratta.<br />

In questo senso, spiega Javier B<strong>la</strong>sco, tali racconti “son ficciones y por lo tanto remiten sólo a<br />

una realidad textual, creada por el texto; pero, a <strong>la</strong> vez, tienen capacidad para, desde esta<br />

realidad textual, hab<strong>la</strong>r y significar (en “figura veritatis”) en <strong>la</strong> realidad extratestual en <strong>la</strong> que<br />

se hal<strong>la</strong>n insta<strong>la</strong>dos los lectores”. 37<br />

Tale postura convinse i censori del<strong>la</strong> bontà del libro e a permettere che circo<strong>la</strong>sse per il paese.<br />

35 M. DE CERVANTES, Prólogo a Nove<strong>la</strong>s Ejemp<strong>la</strong>res, cit., pag. 18-19<br />

36 W.H. CLAMURRO, Beneath the fiction, Peter Langs, New York 1997, pag. 9<br />

37 J. BLASCO, op. cit., pag. XXIX<br />

21


Richiede partico<strong>la</strong>re attenzione l’approvazione del primo censore, frate Juan Bautista, col<br />

quale concordano anche i successivi commissari. Il religioso si rifà al<strong>la</strong> visione <strong>di</strong> S.<br />

Tommaso che, in opposizione alle ideologie precedenti, considerò positivamente il fine <strong>di</strong><br />

intrattenimento del<strong>la</strong> letteratura, e richiamò in questo senso <strong>la</strong> virtù positiva dell’ “eutrapelia”.<br />

Tale qualità rispecchia <strong>la</strong> capacità dello scrittore <strong>di</strong> dar piacere ai propri lettori senza deviare<br />

verso <strong>la</strong> buffonaggine, permettendo così un <strong>di</strong>vertimento onesto e non fine a se stesso, ma<br />

utile a recuperare le forze per tornare a de<strong>di</strong>carsi con efficacia ai propri impegni.<br />

Wardropper, che ritiene che sia proprio questo il segreto nascosto nelle <strong>novelle</strong> cervantine,<br />

oppone tale tipo <strong>di</strong> utile <strong>di</strong>vertimento al<strong>la</strong> “murmuración” e al<strong>la</strong> satira, tema che come<br />

vedremo occupa un ruolo rilevante nel Colloquio dei cani. 38<br />

L’esemp<strong>la</strong>rità delle <strong>novelle</strong>, sebbene interpretata in modo assai <strong>di</strong>verso nei <strong>di</strong>fferenti stu<strong>di</strong>,<br />

dovrebbe costituire l’elemento aggregante dei racconti, cui si oppone a livello strutturale e<br />

tematico una grande varietà che i critici si sono sforzati <strong>di</strong> ricondurre a un or<strong>di</strong>ne.<br />

Le <strong>novelle</strong> con<strong>di</strong>vidono sicuramente gli elementi stilistici che abbiamo visto <strong>di</strong> reazione e<br />

rie<strong>la</strong>borazione al<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione precedente, sebbene <strong>di</strong>ano più o meno spazio a determinati<br />

generi, <strong>di</strong>mostrando l’interesse <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> per <strong>di</strong>stinti tipi <strong>di</strong> sperimentazione, ma l’assenza<br />

<strong>di</strong> informazioni precise sul loro or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> composizione <strong>la</strong>scia aperte <strong>di</strong>verse ipotesi.<br />

El Saffar traccia una <strong>di</strong>stinzione tra le do<strong>di</strong>ci <strong>novelle</strong> posizionandole lungo un processo<br />

cronologico che vede un’evoluzione nell’opera narrativa <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> dal realismo del<strong>la</strong> novel<br />

all’idealismo del romance. Anche Riley in<strong>di</strong>vidua questi <strong>due</strong> poli del<strong>la</strong> narrativa cervantina,<br />

ma propone, invece che un’evoluzione cronologica da un estremo all’altro, una compresenza<br />

dei <strong>due</strong> elementi in tutta <strong>la</strong> produzione narrativa. 39<br />

L’opposizione tra realtà e fantasia è forse l’elemento che più ha interessato i critici, poichè<br />

tutte le <strong>novelle</strong>, perfino le più apparentemente stereotipate rive<strong>la</strong>no in realtà un me<strong>di</strong>tato<br />

approfon<strong>di</strong>mento psicologico dei personaggi. A questo proposito Hainsworth osserva che<br />

“<strong>Cervantes</strong> puede interpretar libremente dentro de cada trama <strong>la</strong> estilización o <strong>la</strong> imitación<br />

<strong>di</strong>recta de <strong>la</strong> realidad, mezc<strong>la</strong>ndo<strong>la</strong>s en cuanto enfoques literarios o utilizando los valores de <strong>la</strong><br />

segunda para arribar a los de <strong>la</strong> primera; de modo che ninguna de <strong>la</strong>s nove<strong>la</strong>s es ni totalmente<br />

estilizada ni realista”. 40<br />

38 B. W. WARDROPPER, La eutrapelia en <strong>la</strong>s “Nove<strong>la</strong>s Ejemp<strong>la</strong>res” de <strong>Cervantes</strong> in Actas del VII Congreso<br />

de <strong>la</strong> Asociación Internacional de Hispanistas,I, Bulzoni, Roma 1982, pag. 154<br />

39 Ve<strong>di</strong> E. C. RILEY, Teoria del romanzo in <strong>Cervantes</strong>, cit., pag. 28<br />

40 Citato da J. RODRIGUEZ-LUIS, op.cit., pag. 5<br />

22


La c<strong>la</strong>ssificazione tra l’elemento realista e quello idealista risulta piuttosto precaria dovendo<br />

considerare <strong>la</strong> complessità con cui i <strong>due</strong> aspetti si intrecciano all’interno <strong>di</strong> ogni racconto, per<br />

cui altri crtici hanno tentato <strong>di</strong>versi sentieri per metter or<strong>di</strong>ne nel<strong>la</strong> raccolta.<br />

Casal<strong>due</strong>ro nel suo Forma y sentido de <strong>la</strong>s Nove<strong>la</strong> ejemp<strong>la</strong>res 41 sud<strong>di</strong>vide con decisione le<br />

<strong>novelle</strong> secondo elementi tematici in<strong>di</strong>viduando quattro narrazioni basate sul tema dell’amore,<br />

<strong>due</strong> legate al matrimonio e tre che, sfuggendo al<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssificazione, si basano sul realismo.<br />

Oltre al rigido incasel<strong>la</strong>mento, Casal<strong>due</strong>ro sottolinea <strong>la</strong> presenza del barocco quale<br />

fondamentale elemento innovativo delle <strong>novelle</strong>. La modernità <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> sta nell’aver<br />

posto l’ideale all’interno dell’uomo, nelle sue capacità, a <strong>di</strong>fferenza dell’uomo rinascimentale<br />

che identifica l’ideale fuori <strong>di</strong> sé; il personaggio barocco agisce nel<strong>la</strong> narrazione mentre quello<br />

rinascimentale subisce i capovolgimenti del proprio destino governato dall’esterno.<br />

Al<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssificazione secondo correnti letterarie Castro reagisce invece negando l’utilità <strong>di</strong> un<br />

tale incasel<strong>la</strong>mento rispetto al piacere <strong>di</strong> una lettura dell’opera lontana da forzature estetiche:<br />

“Nada ganamos con razonar sobre <strong>la</strong> obra cervantina en terminon de Edad Me<strong>di</strong>a, de<br />

Renacimiento, de Barroco o de qualquiera otra abstracción fantasmal. Cabe leer a <strong>Cervantes</strong> y<br />

gozar con ello abundantemente” 42 .<br />

Amezuà, nel suo ampio stu<strong>di</strong>o sulle <strong>novelle</strong>, propone una c<strong>la</strong>ssificazione secondo <strong>la</strong> funzione<br />

principale che svolgono, e conclude col non riconoscere un or<strong>di</strong>ne preciso o un possibile<br />

raggruppamento, ma sostenendo che <strong>la</strong> loro posizione all’interno del<strong>la</strong> raccolta sia dovuta<br />

probabilmente al desiderio dell’autore <strong>di</strong> dare più gusto possibile al<strong>la</strong> lettura. 43<br />

Wardropper, prendendo spunto dall’approvazione <strong>di</strong> frate Juan Bautista, richiama <strong>la</strong><br />

“tropelía”, paro<strong>la</strong> che ricorre nelle <strong>novelle</strong>, per in<strong>di</strong>care ciò che pare una cosa <strong>di</strong>versa da ciò<br />

che è. Tutte le storie, osserva il critico, contengono un caso <strong>di</strong> trasformazione, o per meglio<br />

<strong>di</strong>re <strong>di</strong> sve<strong>la</strong>mento dell’identità del protagonista che determina negli astanti (e nei lettori)<br />

“admiratio”, ossia sorpresa e meraviglia. I racconti procedono dunque verso <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione<br />

del<strong>la</strong> verità, ed in questo si nasconde <strong>la</strong> loro virtù, come un gioco <strong>di</strong> prestigio al cui termine<br />

“el mágico de entretenimiento manifiesta al público que <strong>la</strong> baraja es normal, con sus quatro<br />

palos, y el numero regu<strong>la</strong>r de naipes” 44 .<br />

Garcìa Lopez, nel prologo all’e<strong>di</strong>zione Critica del 2001, dopo aver riassunto le <strong>di</strong>verse<br />

proposte <strong>di</strong> c<strong>la</strong>ssificazione dei critici precedenti basate sui temi, sui personaggi o sui generi <strong>di</strong><br />

riferimento, si oppone a tali proposte <strong>di</strong> raggruppamento. Secondo lo stu<strong>di</strong>oso “<strong>la</strong>s<br />

41 J. CASALDUERO, Sentido y forma de <strong>la</strong>s Nove<strong>la</strong>s Ejemp<strong>la</strong>res, Gredos, Madrid 1962<br />

42 A. CASTRO, <strong>Cervantes</strong>, in Hacia <strong>Cervantes</strong>, Taurus, Madrid 1960, pag. 373<br />

43 A.G. DE AMEZUA’ Y MAYO , op. cit., pagg. 477-482<br />

44 B. W. WARDROPPER, op. cit., pag. 144<br />

23


Ejemp<strong>la</strong>res, se mire como se mire, no presentan una rígida unidad. Resultado de un<br />

zigzagueante proceso creativo donde <strong>la</strong> cociencia de “colleción” – de unidad orgánica – se<br />

alcanza o impone, al parecer, gradualmente, y desemboca en una singu<strong>la</strong>r <strong>di</strong>sposición que<br />

responde con desgana a simetrías o tipologías.” 45<br />

La raccolta, secondo questa ipotesi, rifugge da una qualunque organizzazione strutturale per<br />

mostrare un processo creativo non lineare.<br />

Pare, in conclusione, che l’unico elemento che tenga unite le <strong>novelle</strong> sia il loro scopo<br />

esemp<strong>la</strong>re, dato che lo stesso autore fa riferimento, come abbiamo già visto, al “honesto y<br />

sabroso fruto que se podría sacar, así de todas juntas como de cada una <strong>di</strong> por sí” 46 .<br />

Eppure, tale esemp<strong>la</strong>rità rimane relegata al<strong>la</strong> capacità del lettore, perché le semplici <strong>novelle</strong><br />

“algún misterio tienen escon<strong>di</strong>do que <strong>la</strong>s levanta” 47 . Al lettore il compito <strong>di</strong> sve<strong>la</strong>rlo.<br />

45 J. GARCIA LOPEZ, Prólogo a M. DE CERVANTES, Nove<strong>la</strong>s Ejemp<strong>la</strong>res, op. cit., pag. LXXIX<br />

46 M. DE CERVANTES, Prólogo a Nove<strong>la</strong>s Ejemp<strong>la</strong>res, op. cit., pag. 20<br />

47 Ivi, pag. 20<br />

24


2 MONTALE: TRADUTTORE “TRADITORE”<br />

La raccolta dei narratori spagnoli, così come quel<strong>la</strong> del teatro spagnolo e<strong>di</strong>ta da Bompiani<br />

nello stesso anno, e le altre pubblicazioni sulle letteratura straniere del “pantheon letterario”,<br />

vantavano <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> autori molto noti come traduttori.<br />

In partico<strong>la</strong>re, nell’opera <strong>di</strong> cui mi occupo, sono presenti i nomi <strong>di</strong> Vittorini, Leone Traverso,<br />

Bo, Carlo Emilio Gadda e <strong>Montale</strong>.<br />

Si tratta <strong>di</strong> una chiara strategia e<strong>di</strong>toriale tesa a proporre un prodotto riconoscibile all’interno<br />

<strong>di</strong> un orizzonte letterario: nomi noti per equilibrare l’innovatività <strong>di</strong> un’antologia <strong>di</strong> letteratura<br />

straniera poco conosciuta quale quel<strong>la</strong> spagno<strong>la</strong>. La presenza <strong>di</strong> autori famosi garantisce<br />

all’acquirente <strong>la</strong> qualità dell’opera e le dà una posizione stabile all’interno del proprio<br />

orizzonte culturale.<br />

Considerando i nomi dei traduttori, non bisogna <strong>di</strong>menticare il periodo storico in cui avvenne<br />

<strong>la</strong> preparazione e <strong>la</strong> stampa dell’opera che stiamo osservando.<br />

Dal<strong>la</strong> metà degli anni Trenta, l’Italia colpita dalle sanzioni delle Nazioni Unite doveva<br />

affrontare una situazione economica non certo fiorente e tale crisi si faceva sentire in modo<br />

acuto nel settore dell’e<strong>di</strong>toria, causando una netta riduzione del<strong>la</strong> produzione libraria in<br />

generale.<br />

In partico<strong>la</strong>re, il regime fascista tentava <strong>di</strong> control<strong>la</strong>re, come abbiamo osservato, attraverso <strong>la</strong><br />

censura <strong>di</strong> alcune opere e <strong>di</strong> alcuni autori e il sostegno economico <strong>di</strong> altre iniziative, il mondo<br />

e<strong>di</strong>toriale.<br />

Tutte le opere sospette <strong>di</strong> contenere messaggi non ortodossi all’ideologia del regime fascista<br />

venivano ban<strong>di</strong>te e i loro autori rischiavano gravi conseguenze.<br />

Il Minculpop promuoveva invece e sovvenzionava <strong>la</strong> <strong>di</strong>ffusione dei libri degli intellettuali che<br />

aderivano al<strong>la</strong> posizione fascista e partecipavano alle iniziative politiche promosse dal regime.<br />

Gli scrittori e gli artisti che non <strong>di</strong>mostrassero <strong>la</strong> loro aderenza all’ideologia ufficiale<br />

venivano ostaco<strong>la</strong>ti ed emarginati.<br />

In una tale situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà economiche ed intellettuali, si può capire perché alcuni<br />

scrittori, invece che de<strong>di</strong>carsi ad opere proprie, fossero costretti a cercare impieghi alternativi,<br />

quali le traduzioni.<br />

Eugenio <strong>Montale</strong> nel 1941 aveva quarantacinque anni e in attivo una produzione poetica che<br />

era arrivata a riscuotere l’entusiasmo dei critici, tra i quali ad esempio Contini.<br />

25


Lo scrittore, che scelse <strong>di</strong> firmare il manifesto <strong>di</strong> Croce e <strong>di</strong> non iscriversi al PNF, entrò a far<br />

parte del<strong>la</strong> categoria dei “bigi”, come erano definiti coloro che, senza svolgere un’attività<br />

antifascista, non partecipavano alle iniziative e alle manifestazioni del partito e ignoravano le<br />

<strong>di</strong>rettive dall’alto.<br />

Questa presa <strong>di</strong> posizione <strong>di</strong> volontario iso<strong>la</strong>mento rispetto al<strong>la</strong> vita politica e ai contatti col<br />

partito, questo non voler partecipare al<strong>la</strong> posizione ufficiale, gli impe<strong>di</strong>rono <strong>di</strong> ottenere posti<br />

<strong>di</strong> <strong>la</strong>voro nell’amministrazione o negli uffici <strong>di</strong> cultura italiana all’estero o che gli venisse<br />

affidata una cattedra “per chiara fama”. Inoltre perse l’impiego <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore che ricopriva dal<br />

‘29 presso il Gabinetto Viesseux, e <strong>di</strong> conseguenza, una volta <strong>di</strong>ffusa <strong>la</strong> notizia del<strong>la</strong> causa del<br />

suo licenziamento, <strong>la</strong> <strong>di</strong>soccupazione dal ‘38 al ’47.<br />

La stampa allineata non pubblicò quasi mai i suoi <strong>la</strong>vori così da aumentare le sue <strong>di</strong>fficoltà a<br />

trovare un’occupazione. 48<br />

<strong>Montale</strong> stesso spiega <strong>la</strong> sua presa <strong>di</strong> posizione in un riassunto del<strong>la</strong> situazione del ventennio<br />

contenuto in un articolo del ’56. “Il Fascismo aveva <strong>di</strong>spensato i giovani dal pensare,<br />

<strong>di</strong>stribuendo posti e prebende a coloro che mostravano maggiore voglia <strong>di</strong> servire o maggiore<br />

aggressività biologica. Agli esclusi, restava <strong>la</strong> sod<strong>di</strong>sfazione morale <strong>di</strong> essere fuori dal gregge,<br />

<strong>di</strong> essere controcorrente.<br />

Se per alcuni fascisti in buona fede il fascismo fu una sorta <strong>di</strong> religione, altrettanto lo fu<br />

l’antifascismo per coloro che lo professarono con vera convinzione.” 49<br />

<strong>Montale</strong> non fu tra questi ultimi, per quanto arrivò a partecipare alle attività del partito<br />

d’azione da cui però uscì poco dopo. Alle domande sul<strong>la</strong> sua partecipazione politica durante il<br />

ventennio, il poeta ligure non idealizzava <strong>la</strong> propria figura, ma si limitava a descrivere <strong>la</strong><br />

propria non partecipazione come muta resistenza. Egli viveva in una re<strong>la</strong>tiva in<strong>di</strong>fferenza<br />

rispetto al<strong>la</strong> situazione politica del paese a causa <strong>di</strong> una maggiore concentrazione su questioni<br />

esistenziali.<br />

Non pubblicò poesia contro il regime, cosa comunque impossibile, ma non ne avrebbe<br />

comunque scritta anche se il pericolo fosse stato minore.“Non nego” ricorda in un’intervista<br />

del ’51 “che il fascismo dapprima, <strong>la</strong> guerra più tar<strong>di</strong> e <strong>la</strong> guerra civile più tar<strong>di</strong> ancora mi<br />

abbiano reso infelice: tuttavia esistevano in me ragioni <strong>di</strong> infelicità che andavano molto al <strong>di</strong><br />

là e al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> questi fenomeni” 50 .<br />

48<br />

G. ZAMPA, Introduzione a E. MONTALE, Il secondo mestiere, Arnoldo Mondadori e<strong>di</strong>tore, Verona 1996,<br />

pag. XXXV<br />

49<br />

E.MONTALE, Né a Dio né a Marx, in Idem., Auto da fe : cronache in <strong>due</strong> tempi, Il saggiatore, Mi<strong>la</strong>no 1966,<br />

pag. 59<br />

50<br />

E.MONTALE, Confessioni <strong>di</strong> scrittori (interviste con se stesso), in Idem, Sul<strong>la</strong> poesia, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no<br />

1976, pag. 570<br />

26


Restava il problema delle necessità economiche, e <strong>Montale</strong> dovette cercare qualche<br />

occupazione alternativa, un secondo mestiere. Durante gli anni Quaranta <strong>Montale</strong> si de<strong>di</strong>cò<br />

all’attività <strong>di</strong> critico soprattutto su “So<strong>la</strong>ria” e su “La fiera letteraria”.<br />

Sfogliando l’ampia raccolta a cura <strong>di</strong> Giorgio Zampa degli scritti <strong>di</strong> critica letteraria <strong>di</strong><br />

<strong>Montale</strong> si possono leggere numerose recensioni <strong>di</strong> autori italiani e francesi, nate<br />

probabilmente dagli interessi delle testate con cui col<strong>la</strong>borava più che da partico<strong>la</strong>ri interessi<br />

personali. Tra gli stranieri, le recensioni degli autori inglesi sono pochissime mentre nessuna è<br />

de<strong>di</strong>cata ad autori spagnoli.<br />

Questo dato a mio avviso porta a considerare più che lo scarso interesse dello scrittore per<br />

autori inglesi o spagnoli, da cui sono tratte <strong>la</strong> maggioranza delle sue traduzioni, il basso<br />

interesse e conoscenza <strong>di</strong> tali ambiti letterari tra il pubblico italiano.<br />

L’ intensa attività <strong>di</strong> critico che, secondo Zampa, non era davvero affine agli interessi del<br />

poeta, che avrebbe preferito “sbirciare 51 questo o quel libro” , continuò anche dopo <strong>la</strong> guerra a<br />

causa del<strong>la</strong> <strong>di</strong>fficoltà a trovare una “decente sistemazione” 52 . Dal 1948 fu redattore al<br />

“Corriere Del<strong>la</strong> Sera”, quoti<strong>di</strong>ano per il quale dal 1959 recensì le opere degli autori stranieri<br />

mentre Cecchi si occupava degli italiani.<br />

Si nota in <strong>Montale</strong> un costante interesse letterario che travalica i confini nazionali; egli stesso<br />

ricorda, nello stesso articolo sopra citato, come all’inizio del secolo l’Italia fosse chiusa in<br />

un’impasse culturale in cui “i Maestri autorizzati, coloro che si esprimevano dalle cattedre,<br />

erano pronti a bol<strong>la</strong>re dell’accusa <strong>di</strong> “decadentismo” qualsiasi tentativo <strong>di</strong> rottura e <strong>di</strong><br />

rinnovamento.” Il paese pareva imprigionato “in una cultura sua, <strong>di</strong>fesa da compartimenti<br />

stagni, se qualcosa veniva immesso dal <strong>di</strong> fuori era necessario <strong>di</strong>mostrare che con esso l’Italia<br />

tornava alle sue vecchie tra<strong>di</strong>zioni vichiane.”<br />

Estremamente positivo giu<strong>di</strong>cava <strong>Montale</strong> il fatto che <strong>la</strong> letteratura si fosse riaperta a ragioni<br />

vitali e i Maestri a una revisione interna. “Ma più contò” conclude “ il fatto che <strong>la</strong> rottura<br />

avvenisse da parte <strong>di</strong> scrittori e <strong>di</strong> artisti, e che l’aria del<strong>la</strong> nostra letteratura –tra l 1910 e il<br />

1940- tornasse ad essere, dopo lunghissimi anni, un’aria europea.” 53<br />

<strong>Montale</strong> seguiva con attenzione le novità del<strong>la</strong> letteratura straniera, tanto che le sue opere ne<br />

conservano l’influenza, si vedano ad esempio le tracce <strong>di</strong> Proust, Joyce ed Eliot nel<strong>la</strong><br />

composizione <strong>di</strong> Buffalo e Keepsake 54 , ma traduceva per necessità, a volte pefino opere che<br />

egli considerava “indegne <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong>”. 55<br />

51 G. ZAMPA, op. cit, pag. XIX<br />

52 Ivi, pag. XLIII<br />

53 E.MONTALE, Confessioni <strong>di</strong> scrittori, cit., pag. 62<br />

54 R. LEPORATTI, Per una lettura delle Occasioni: Buffalo e Keepsake in “Proteo”, IV (1991) pagg. 27-44<br />

55 G. ZAMPA, op. cit., pag. XXXV<br />

27


Eppure, fu forse quel<strong>la</strong> stessa “forzata e sgra<strong>di</strong>ta attività <strong>di</strong> traduttore”, afferma lo scrittore, ad<br />

assisterlo nel<strong>la</strong> raccolta Occasioni a “scavare un’altra <strong>di</strong>mensione nel nostro pesante<br />

linguaggio polisil<strong>la</strong>bico”. 56<br />

L’obbligo <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi a tale occupazione non deve però farci supporre che <strong>Montale</strong> <strong>la</strong><br />

portasse avanti con superficialità.<br />

Molto interessante a questo proposito è far riferimento a un suo articolo intito<strong>la</strong>to Buon anno<br />

ai traduttori mal pagati pubblicato su “Belfagor” in occasione del Natale 1949, <strong>di</strong> cui vale <strong>la</strong><br />

pena riportare uno stralcio.<br />

“Tradurre è <strong>di</strong>fficile, in un certo senso più <strong>di</strong>fficile che scrivere opere originali. Si può<br />

<strong>di</strong>ventare un grande scrittore in proprio usando poche centinaia <strong>di</strong> parole; ma per tradurre<br />

occorre una vasta tastiera e una profonda conoscenza <strong>di</strong> almeno <strong>due</strong> lingue (quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> cui e<br />

quel<strong>la</strong> in cui si traduce) e dei possibili scambi, delle possibili equivalenze delle <strong>due</strong> lingue in<br />

giuoco”.<br />

Già da queste considerazioni si nota l’impegno e <strong>la</strong> serietà con cui <strong>Montale</strong> affrontava <strong>la</strong><br />

<strong>traduzione</strong>, e le <strong>di</strong>fficoltà che avrà sicuramente incontrato. Seguiamo il <strong>di</strong>scorso dell’autore<br />

nel<strong>la</strong> prosecuzione dell’articolo.<br />

“Fino al ’43 si de<strong>di</strong>carono al<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> anche ottimi scrittori tenuti lontani dalle red<strong>di</strong>tizie<br />

(allora) col<strong>la</strong>borazioni giornalistiche da veti o ostracismi <strong>di</strong> natura non precisamente letteraria.<br />

Le loro versioni non erano sempre perfette perché non sempre un ottimo scrittore ha il merito<br />

<strong>di</strong> essere poliglotta; ma avevano, in cambio, un carattere <strong>di</strong> spiccata serietà artistica, degna <strong>di</strong><br />

una tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> traduttori e rifacitori genialmente infedeli che va dall’Apuleio del<br />

Fiorenzuo<strong>la</strong>, all’Omero del Monti, al Viaggio Sentimentale del Foscolo, fino, si parva<br />

licet…al Billy Budd del sottoscritto e al Piccolo Campo <strong>di</strong> Vittorini.”<br />

La lettera prosegue denunciando <strong>la</strong> crisi del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> nel<strong>la</strong> situazione contemporanea, in<br />

cui gli scrittori professionisti si de<strong>di</strong>cano alle proprie opere e le proposte e<strong>di</strong>toriali <strong>di</strong><br />

<strong>traduzione</strong> non sono più molto allettanti. Queste con<strong>di</strong>zioni causano pessime retribuzioni e <strong>di</strong><br />

conseguenza traduzioni imprecise e solo <strong>di</strong> opere commercializzabili su ampia sca<strong>la</strong>.<br />

Se vi potevano essere dei dubbi, il riferimento finale garantisce l’elemento autobiografico <strong>di</strong><br />

questo intervento che potremmo considerare una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> traduttologia. Innanzitutto<br />

<strong>Montale</strong> giustifica le possibili imprecisioni delle traduzioni d’autore sottolineandone il valore<br />

artistico più che <strong>la</strong> precisione del testo, e successivamente sostiene questa considerazione<br />

inserendo<strong>la</strong> all’interno del<strong>la</strong> storia letteraria italiana e ricorrendo a nomi noti del<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione.<br />

Compiendo questa operazione accosta <strong>la</strong> pratica del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> a quel<strong>la</strong> del rifacimento,<br />

56 E. MONTALE, “Intenzioni (intervista immaginaria)” in Idem, Sul<strong>la</strong> Poesia, cit., pag. 567<br />

28


esplicitando così ancora maggiormente l’importanza del<strong>la</strong> resa artistica del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> anche<br />

a scapito del rispetto letterario dell’originale. Tale strategia traduttiva effettivamente si<br />

riscontra in tutti i <strong>la</strong>vori <strong>di</strong> <strong>Montale</strong>.<br />

I critici che hanno analizzato il <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> poetica dello scrittore ligure hanno<br />

sottolineato come, nei vari casi, egli abbia reinterpretato il testo originale seguendo una lettura<br />

personale dell’opera e perseguendo lo scopo <strong>di</strong> renderne il senso globale attraverso soluzioni<br />

innovative.<br />

In un’intervista del ’60 per i “Quaderni Mi<strong>la</strong>nesi” il poeta sud<strong>di</strong>vide <strong>due</strong> tipi <strong>di</strong> poesia. Quel<strong>la</strong><br />

filosofica che racchiude concetti si potrebbe rendere anche in altra forma, mentre “i poeti del<br />

Dolce Stil Novo, Petrarca, Shakespeare nei sonetti, i gran<strong>di</strong> poeti metafisici (o religiosi)<br />

spagnoli, inglesi e tedeschi e ieri Hopkins, Valéry, Yests Benn ed altri hanno espresso idee<br />

che sono accettabili solo in “quel<strong>la</strong>” forma. Di qui <strong>la</strong> scarsa traducibilità del<strong>la</strong> poesia.” 57<br />

Nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> poetica <strong>Montale</strong> adotta soluzioni <strong>di</strong>stinte. Nel caso dei sonetti shakespeariani<br />

tradotti dall’inglese, ad esempio, considerando l’importanza del poeta inglese nel<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione<br />

culturale del suo paese, cerca <strong>di</strong> riprodurre le composizioni attraverso una resa strutturale e<br />

lessicale petrarchesca. La scelta dell’uso degli endecasil<strong>la</strong>bi per rendere i decasil<strong>la</strong>bi<br />

elisabettiani, a causa del<strong>la</strong> maggiore concentrazione del<strong>la</strong> lingua inglese, lo porta a dover<br />

operare delle scelte <strong>di</strong> selezione e variazione ra<strong>di</strong>cali sul piano del lessico; in partico<strong>la</strong>re nel<br />

caso del sonetto XXII il traduttore si concentra su tratti semantici legati all’alternanza<br />

chiaroscurale e opera una compressione delle metafore 58 . Allo stesso modo, nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong><br />

<strong>di</strong> “Pied Beauty” <strong>di</strong> Hopkins l’infedeltà strutturale è finalizzata al<strong>la</strong> resa del<strong>la</strong> musicalità dei<br />

versi del poeta inglese 59 . La poesia risulta un omaggio a un autore tanto amato dal traduttore<br />

che echi tematici dei suoi brani si trovano nel<strong>la</strong> raccolta montaliana <strong>di</strong> Finisterre.<br />

Nel caso <strong>di</strong> Garden seat <strong>di</strong> Hardy i cambiamenti investono soprattutto gli elementi verbali.<br />

Anche in questo caso il traduttore si muove con ampia libertà rispetto al<strong>la</strong> forma del testo<br />

originale inserendo un senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>namismo assente nel testo inglese e sve<strong>la</strong>ndone <strong>la</strong> potenziale<br />

<strong>di</strong>mensione narrativa. 60<br />

In generale, nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> delle composizioni poetiche, <strong>Montale</strong> trasforma ampiamente il<br />

testo cercando <strong>di</strong> raggiungere, attraverso <strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> forma, il mantenimento del<br />

57 E MONTALE, Dialogo con <strong>Montale</strong> sul<strong>la</strong> poesia, in Idem, Sul<strong>la</strong> poesia, cit., pag. 583<br />

58 M. P. MUSATTI, <strong>Montale</strong> traduttore: <strong>la</strong> me<strong>di</strong>azione del<strong>la</strong> poesia, in “Strumenti critici”, febbraio 1980, pagg.<br />

122-148. Per una trattazione più ampia dell’argomento, consultare R. MEOLI TOULMIN, Shakespeare ed Eliot<br />

nelle versioni <strong>di</strong> Eugenio <strong>Montale</strong> , in “Belfagor”, 31 luglio 1971, pagg. 453-471<br />

59 Vedere L. BARILE, Sparviero o procel<strong>la</strong>ria? Una versione <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> da Hopkins , in Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> filologia e<br />

critica offerti dagli allievi a Lanfranco Caretti, Salerno E<strong>di</strong>trice, Roma 1985, pagg. 805-846<br />

60 Vedere P.V. MENGALDO La panchina e i morti (su una versione <strong>di</strong> <strong>Montale</strong>), in: Atti del Convegno<br />

Internazionale “La poesia <strong>di</strong> Eugenio <strong>Montale</strong>”, Mi<strong>la</strong>no-Genova 1982 , Librex, Mi<strong>la</strong>no 1983, pagg. 133-148<br />

29


messaggio fondamentale. Proce<strong>di</strong>menti ricorrenti sono l’uso <strong>di</strong> sinonimi invece che <strong>di</strong><br />

ripetizioni, seguendo il gusto italiano per <strong>la</strong> variatio, che lo porta nel caso <strong>di</strong> Hardy fino al<strong>la</strong><br />

destrutturazione del ritornello, e <strong>la</strong> compensazione per l’eliminazione delle assonanze o delle<br />

rime attraverso il ricorso a riman<strong>di</strong> fonici interni.<br />

Nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> il poeta non si limita a rendere le parole, ma riconosce e adatta le immagini<br />

del testo concentrandosi sul<strong>la</strong> singo<strong>la</strong> composizione e inserendo<strong>la</strong> in un contesto storicoculturale.<br />

“Il sistema verbale e concettuale dell’originale” secondo Maria Pia Musatti “ rappresenta<br />

l’input <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> riscrittura cui presiede, oltre ovviamente il nuovo co<strong>di</strong>ce linguistico,<br />

una grammatica del<strong>la</strong> visione tutta personale, che crea nuove re<strong>la</strong>zioni <strong>di</strong> senso entro il<br />

sistema lessicale e nuove soluzioni sintattiche, con il sostegno spesso dell’accumu<strong>la</strong>zione<br />

memoriale <strong>di</strong> tutta una tra<strong>di</strong>zione letteraria”. 61 Tali pratiche sono accompagnate dal<strong>la</strong> scelta <strong>di</strong><br />

poeti molto amati e quin<strong>di</strong> conosciuti in modo approfon<strong>di</strong>to dal traduttore.<br />

Se nel<strong>la</strong> poesia <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> è sempre accompagnata da ovvie e drastiche scelte tra il rispetto<br />

del<strong>la</strong> forma o del contenuto, anche nel<strong>la</strong> prosa <strong>Montale</strong> mantiene lo stesso approccio al<strong>la</strong><br />

<strong>traduzione</strong> pre<strong>di</strong>ligendo <strong>la</strong> ricerca del senso piuttosto che <strong>la</strong> riscrittura letterale del testo.<br />

La Grignani, curatrice del<strong>la</strong> pubblicazione del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> <strong>di</strong> Green mansion <strong>di</strong><br />

Hudson, rive<strong>la</strong>, grazie al<strong>la</strong> lettura del<strong>la</strong> corrispondenza con Lucia Rodocanachi, col<strong>la</strong>boratrice<br />

<strong>di</strong> tanti rinomati traduttori del tempo, <strong>la</strong> preoccupazione <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> per <strong>di</strong>versi aspetti del<br />

testo. Se da una parte si interessa al<strong>la</strong> resa precisa <strong>di</strong> alcune parole, al<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> letterale<br />

del<strong>la</strong> col<strong>la</strong>boratrice oppone una prosa più libera, ma assai attenta alle rese foniche e<br />

coloristiche.<br />

Come per <strong>la</strong> poesia, elimina le ripetizioni usando sinonimi e snellisce le ridondanze analitiche<br />

e i trapassi logici, sebbene in questo testo <strong>la</strong> scelta non sia giustificata da esigenze metriche.<br />

Anche in questo caso si tratta <strong>di</strong> una “ricerca dei “possibili scambi, delle possibili<br />

equivalenze” delle <strong>due</strong> lingue in campo, ma è anche lotta per tras<strong>la</strong>re in un contesto<br />

linguistico e storico-culturale <strong>di</strong>verso i valori dell’originale che si colgono sullo sfondo del<br />

loro contesto.” 62<br />

Bisogna sottolineare a questo punto che <strong>la</strong> <strong>di</strong>stinzione tra “poesia” e “prosa” che<br />

consideriamo ovvia può stimo<strong>la</strong>re alcune riflessioni. Per non allontanarci dal nostro tema, mi<br />

limito a riportare il pensiero del nostro scrittore in proposito, attraverso una considerazione<br />

che risulta partico<strong>la</strong>rmente calzante. In un’intervista del ‘62, <strong>Montale</strong>, rispondendo al<strong>la</strong><br />

61 M. P. MUSATTI, <strong>Montale</strong> traduttore, cit., pagg. 123-124<br />

62 M. A. GRIGNANI , A p<strong>la</strong>y of iridescent colour in W. H. HUDSON, La vita del<strong>la</strong> foresta, <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> E.<br />

MONTALE, a cura <strong>di</strong> M. A. GRIGNANI, G. Einau<strong>di</strong>, Torino 1987, pagg. 309-310<br />

30


domanda sul rapporto tra poesia e prosa, afferma che non si trova d’accordo col “restringere<br />

<strong>la</strong> poesia a un certo tipo <strong>di</strong> scrittura in versi o pseudoversi. Non credo che <strong>Cervantes</strong> o Gogol’<br />

siano stati più razionali <strong>di</strong> Baude<strong>la</strong>ire” per poi aggiungere che “il verso nasce sempre dal<strong>la</strong><br />

prosa e tende a ritornarvi (…) E’ questione <strong>di</strong> tono e <strong>di</strong> concentrazione espressiva”. Si tratta,<br />

per il poeta <strong>di</strong> una questione principalmente storica perché “quando prevale <strong>la</strong> necessità del<br />

<strong>di</strong>scorso spiegato (che può essere vera poesia) si ha <strong>la</strong> stagione del<strong>la</strong> prosa; quando appaiono<br />

scrittori portati a un intensa concentrazione musicale ha <strong>la</strong> meglio <strong>la</strong> poesia…”. 63<br />

Si può capire quanto flebile sia il confine tra poesia e prosa e come il traduttore possa sentire<br />

<strong>di</strong> compiere il suo mestiere <strong>di</strong> poeta anche rendendo in italiano un testo del <strong>Cervantes</strong>.<br />

D’altra parte lo stesso <strong>Montale</strong> si cimenterà nel<strong>la</strong> scritture prosastica con <strong>la</strong> raccolta Farfal<strong>la</strong><br />

<strong>di</strong> Dinard, e nell’intervista già citata per i “Quaderni Mi<strong>la</strong>nesi” aveva affermato che, avesse<br />

avuto più tempo a <strong>di</strong>sposizione per <strong>la</strong> me<strong>di</strong>tazione e le ricerche necessarie, gli sarebbe<br />

piaciuto scrivere un romanzo.<br />

Non ci stupiamo allora <strong>di</strong> veder definita nell’intervista a sé stesso <strong>la</strong> prosa come “semenzaio<br />

d’ogni grande trovata poetica” 64 .<br />

Se <strong>la</strong> critica letteraria viene definita “secondo mestiere”, il tradurre sarà <strong>la</strong> terza occupazione<br />

<strong>di</strong> <strong>Montale</strong>, che si de<strong>di</strong>cò ad essa con molta puntualità ma poco entusiasmo. In una lettera al<strong>la</strong><br />

Rodocanachi del ’43 il poeta si <strong>la</strong>mentava scherzosamente del<strong>la</strong> situazione con una poesio<strong>la</strong><br />

che fa riferimento all’amico comune Sbarbaro:<br />

“Ad<strong>di</strong>o ad<strong>di</strong>o crudele,<br />

ti ho dato troppo spago,<br />

se manchi non ti pago,<br />

volgo altrove le vele.<br />

Lascia i pesci in barile<br />

e Camillo al rabarbaro<br />

per me ha tanto <strong>di</strong> barba<br />

questo mestiere vile<br />

ma solo traduzioni<br />

mi chiedono i coglioni!” 65<br />

Ecco una conferma giocosa dello scarso entusiasmo del poeta per l’attività <strong>di</strong> traduttore e del<br />

suo obbligo a praticarlo per necessità economiche.<br />

63 E. MONTALE, 7 domande sul<strong>la</strong> poesia a Eugenio <strong>Montale</strong>, in Idem, Sul<strong>la</strong> poesia, cit., pagg. 591-592<br />

64 E. MONTALE, Intenzioni (intervista immaginaria) in Idem, Sul<strong>la</strong> poesia, cit., pag. 564<br />

65 Citato da M. A. BARILE, op. cit., pag. 306<br />

31


Eppure, al momento <strong>di</strong> tradurre, <strong>Montale</strong> si concentrava sul testo cercando <strong>di</strong> coglierne gli<br />

aspetti principali e de<strong>di</strong>candosi, almeno per le traduzioni <strong>di</strong> poesia, a testi e ad autori che gli<br />

riuscissero partico<strong>la</strong>rmente affini sia dal punto <strong>di</strong> vista contenutistico che strutturale.<br />

Per quanto riguarda <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> delle <strong>novelle</strong> del <strong>Cervantes</strong>, non sappiamo se sia stato<br />

l’autore a scegliere il materiale da tradurre, o se sia stata una proposta del curatore o<br />

dell’e<strong>di</strong>tore. Tornando ai carteggi <strong>di</strong> Vittorini, veniamo a sapere che inizialmente egli a volte<br />

<strong>la</strong>sciava ai traduttori <strong>la</strong> scelta dei pezzi, mentre in altre occasioni li imponeva secondo le sue<br />

considerazioni. D’altra parte, abbiamo visto come <strong>Montale</strong> non fosse nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

rifiutare <strong>la</strong> proposta <strong>di</strong> un <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> anche se non gli fosse andato a genio.<br />

Rispetto al<strong>la</strong> sua opinione sul maestro spagnolo, possiamo ricorrere ad alcuni sfuggevoli<br />

riferimenti che denotano una notevole ammirazione da parte del poeta ligure.<br />

Ad esempio, in un articolo del ’59, <strong>Montale</strong> critica il fatto che nel mondo del marketing <strong>la</strong><br />

figura dell’intellettuale risulti superflua e gli scrittori debbano <strong>di</strong>pendere dalle esigenze <strong>di</strong><br />

mercato. “Si può sostenere” afferma “ che l’uomo sia meccanico per intrinseca natura, e che<br />

l’uomo libero sia una chimera <strong>di</strong> attardati, romantici ed anarchici; ma se questo fosse vero<br />

sarebbe pur sempre titolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità non arrendersi al vero” 66 . In questa affermazione mi pare<br />

evidente il riferimento al romanzo manifesto dell’uomo che non si arrende al<strong>la</strong> realtà, il don<br />

Quijotte.<br />

<strong>Montale</strong>, con <strong>la</strong> sua ostinazione a voler essere intellettuale in un mondo che ormai rifiuta<br />

questa figura e scrittore libero in una realtà e<strong>di</strong>toriale che <strong>di</strong>pende dalle richieste <strong>di</strong> mercato, si<br />

sente un po’ come l’hidalgo del<strong>la</strong> Mancha che non volle arrendersi all’estinzione dei cavalieri<br />

erranti. Oltre al personaggio fittizio, <strong>Montale</strong> pare identificarsi anche con lo scrittore spagnolo<br />

in carne ed ossa, proprio in un articolo intito<strong>la</strong>to Secondo mestiere.<br />

Dopo aver <strong>la</strong>mentato <strong>la</strong> <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> sostentamento per gli scrittori, l’autore chiama a<br />

<strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> tale situazione autorevoli figure del passato osservando che “né ci rifaremo<br />

più ad<strong>di</strong>etro per ricordare le professioni, e le <strong>di</strong>savventure economiche, <strong>di</strong> un genio quale il<br />

<strong>Cervantes</strong>” 67 .<br />

Nell’affrontare il suo <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> traduttore, <strong>Montale</strong> si <strong>di</strong>mostra cosciente dell’arbitrarietà e<br />

del<strong>la</strong> responsabilità del proprio compito, perché tradurre significa sempre trasformare<br />

un’opera.<br />

Così scrive in un articolo del ’52:<br />

“Per conoscere l’Amleto bisogna averlo letto nel testo (inglese), non in una <strong>traduzione</strong> più o<br />

meno cattiva come quelle che si rappresentano in Italia. La rappresentazione poi <strong>di</strong> queste<br />

66 E. MONTALE, Odradek, in Idem, Auto da fe, cit., pag. 123<br />

67 E. MONTALE, Secondo mestiere , cit., pag. 126<br />

32


traduzioni ci porterà ancora più fuori <strong>di</strong> strada dati gli inevitabili “tagli”, gli arbitri dei registri,<br />

le insufficienze degli attori ecc. Il risultato sarà, nel<strong>la</strong> migliore delle ipotesi, un’altra poesia o<br />

uno spettacolo figurativo, non certo <strong>la</strong> poesia <strong>di</strong> Shakespeare”. Dal teatro passa poi a tutti i<br />

tipi <strong>di</strong> rappresentazione e non manca un paragone con <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>. “Ciò conferma” continua<br />

più sotto “che in un certo senso è proprio vero: un <strong>la</strong>voro rappresentato è un <strong>la</strong>voro tradotto,<br />

un’opera assai <strong>di</strong>versa”, per concludere che “Pare dunque che l’opera d’arte esiste solo per chi<br />

l’ha creata, e in quel momento, non dopo. Dopo <strong>di</strong>venta una <strong>traduzione</strong> per tutti, anche per<br />

l’autore.” 68<br />

In queste <strong>di</strong>chiarazioni risulta un concetto <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> che risponde al valore <strong>di</strong> “rilettura” e<br />

<strong>di</strong> “interpretazione”. Se <strong>la</strong> lettura personale <strong>di</strong> un’opera equivale a una “<strong>traduzione</strong>”, <strong>di</strong><br />

conseguenza <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> deve mettere in luce una chiave <strong>di</strong> lettura personale del traduttore.<br />

Queste definizioni descrivono proprio il tipo <strong>di</strong> <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong>-interpretazione che<br />

abbiamo visto compiere da <strong>Montale</strong> nel momento in cui deve rendere in italiano un testo<br />

straniero. Consapevole dell’inevitabile trasformazione del testo, egli opta per una rilettura<br />

personale che ne evidenzi il messaggio implicito anche a costo <strong>di</strong> trasformare il tessuto<br />

linguistico e formale.<br />

La <strong>traduzione</strong> per il nostro autore è in sostanza un’operazione critica.<br />

<strong>Montale</strong> lo <strong>di</strong>chiara esplicitamente in un articolo scritto nel ’62: “Considero come mie opere<br />

critiche anche alcune traduzioni : L’Amleto, il Faust <strong>di</strong> Marlowe, il Billy Budd <strong>di</strong> Melville,il<br />

Quaderno <strong>di</strong> traduzioni che pubblicai del<strong>la</strong> Meri<strong>di</strong>ana e alcuni Entremeses <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>…” 69<br />

Ci stupisce l’assenza, accanto agli Entremeses, che il poeta tradusse per <strong>la</strong> raccolta del Teatro<br />

Spagnolo sempre per <strong>la</strong> Bompiani, <strong>di</strong> un accenno anche alle <strong>novelle</strong> tradotte per <strong>la</strong> raccolta<br />

dei Narratori.<br />

Poco dopo <strong>Montale</strong> osserva che “altre traduzioni furono invece frutto <strong>di</strong> necessità<br />

economiche. (Fui <strong>di</strong>soccupato dal ’38 – data del mio licenziamento dal gabinetto Viesseux -<br />

al 1947….)”.<br />

Se, <strong>di</strong> conseguenza, <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> per <strong>la</strong> raccolta <strong>di</strong> Bo fu esclusivamente frutto <strong>di</strong> necessità,<br />

questo non cambia l’interpretazione generale <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> del<strong>la</strong> pratica traduttiva e il suo modo<br />

<strong>di</strong> procedere nell’affrontare i testi stranieri con ampia libertà e profonda coscienza.<br />

68 E. MONTALE, “Variazioni V” in Idem, Auto da fe, cit., pagg. 172-173<br />

69 Citato da G. ZAMPA, op. cit., pag. XXXI<br />

33


3 TRADUTTOLOGIA: UNA PROPOSTA DI MODELLO<br />

Prima <strong>di</strong> procedere all’analisi del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> delle <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, sarà<br />

bene soffermarsi sul metodo utilizzato.<br />

Mi baserò sullo schema <strong>di</strong> sintesi e<strong>la</strong>borato da <strong>Osimo</strong>, il quale propone un modello concreto<br />

sul quale basare l’analisi traduttologica <strong>di</strong> un metatesto in riferimento al prototesto seguendo<br />

una sud<strong>di</strong>visione in 7 tipi <strong>di</strong> manipo<strong>la</strong>zioni.<br />

Nel libro Traduzione e qualità 70 egli traccia i più importanti sviluppi del campo.<br />

La scienza del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> è una materia piuttosto giovane, in quanto per lungo tempo essa si<br />

è trovata vinco<strong>la</strong>ta all’analisi linguistica, secondo le teorie <strong>di</strong> Chomsky, che vedeva <strong>la</strong><br />

possibilità <strong>di</strong> ricondurre un testo alle sue strutture profonde, dalle quali era possibile<br />

ricostruirlo in un’altra lingua.<br />

Una volta chiariti i limiti <strong>di</strong> un tale modello, tra cui ad esempio l’impossibilità <strong>di</strong> scoprire con<br />

sicurezza le strutture profonde del linguaggio, gli stu<strong>di</strong>osi cominciarono a considerare anche<br />

gli aspetti extralinguistici che influenzano <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>.<br />

L’ambito cultuare venne messo in risalto da Popovic, il quale paragonò il processo traduttivo<br />

al<strong>la</strong> formazione delle lingue creole, e considerò quin<strong>di</strong> in che modo influisce sul<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong><br />

il rapporto <strong>di</strong> forze che agisce tra <strong>la</strong> cultura del prototesto e quel<strong>la</strong> del metatesto.<br />

Approfondì questo approccio Even Zohar, stu<strong>di</strong>oso israeliano che propose il concetto <strong>di</strong><br />

polisistema letteraria, cioè una serie <strong>di</strong> sistemi che interagendo tra loro costituiscono l’intera<br />

letteratura mon<strong>di</strong>ale. Le opere tradotte, <strong>di</strong> cui si occupò in partico<strong>la</strong>re il suo collega Toury,<br />

possono ricoprire secondo questa teoria un ruolo centrale o periferico nel singolo sistema<br />

secondo le con<strong>di</strong>zioni culturali o politiche del paese.<br />

Toury approfondì lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> quest’ambito proponendo il riconoscimento nei testi tradotti del<br />

principio dell’adeguatezza (rispetto ai tratti dell’originale) e dell’accettabilità ( cioè del<strong>la</strong><br />

comprensibilità e del<strong>la</strong>conformità alle convenzioni del<strong>la</strong> cultura ricevente). L’analisi <strong>di</strong> una<br />

<strong>traduzione</strong> si basa dunque sul raffroto del testo con l’originale.<br />

Per realizzare tale paragone si può far riferimento all’ “abduzione” e<strong>la</strong>borata da Peirce, cioè<br />

al<strong>la</strong> ricostruzione a posteriori del rapporto che intercorre tra una rego<strong>la</strong> <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> applicata<br />

e il risultato, e alle riflessioni <strong>di</strong> Lévy sul<strong>la</strong> finalità <strong>di</strong> ricostruire il processo decisionale<br />

dell’autore per comprenderne <strong>la</strong> poetica.<br />

70 B. OSIMO, Traduzione e qualità, Hoepli, Mi<strong>la</strong>no 2004<br />

34


Holmes, sempre ai fini del<strong>la</strong> comparazione <strong>di</strong> prototesto e metatesto, propose il metodo del<strong>la</strong><br />

comparazione delle mappe mentali ideate dal traduttore per schematizzare l’ originale e ideare<br />

<strong>la</strong> proiezione sul<strong>la</strong> nuova lingua.<br />

De<strong>la</strong>bastita infine in<strong>di</strong>vidua <strong>due</strong> <strong>di</strong>fferenti pratiche <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong>, cioè l’analogia, ovvero <strong>la</strong><br />

ricerca <strong>di</strong> un enunciato che abbia un significato culturale analogo, o l’omologia, cioè <strong>la</strong><br />

riproduzione incentrata sul significante.<br />

<strong>Osimo</strong> osserva come ogni stu<strong>di</strong>oso abbia rie<strong>la</strong>borato e sviluppato i risultati dei predecessori<br />

permettendo <strong>di</strong> definire <strong>la</strong> critica del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> come scienza in<strong>di</strong>pendente e vinco<strong>la</strong>ta al<br />

paragone tra prototesto e metatesto.<br />

Rispetto al<strong>la</strong> <strong>di</strong>ffusa impostazione descrittiva, <strong>Osimo</strong> si remura <strong>di</strong> sottolineare l’importanza<br />

dell’e<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> criteri univoci <strong>di</strong> valutazione delle opere sia a fini <strong>di</strong>dattici che<br />

commerciali.<br />

Sviluppa quin<strong>di</strong> il proprio modello rie<strong>la</strong>borando l’approccio cronotopico e<strong>la</strong>borato da Torop e<br />

i risultati delle ricerche del<strong>la</strong> Leuven-Zwart.<br />

Peter Torop, stu<strong>di</strong>oso dell’università <strong>di</strong> Tartu, affronta nel suo testo Traduzione totale 71 il<br />

problema del superamento del<strong>la</strong> stasi nell’ambito del<strong>la</strong> ricerca traduttologica.<br />

Tale empasse è dovuto all’assenza <strong>di</strong> una adeguata critica che sappia analizzare in modo<br />

concreto le pratiche traduttologiche e possa creare un modello unico utile a c<strong>la</strong>ssificare le<br />

<strong>di</strong>verse operazioni <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong>.<br />

Il <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> Torop attua i principi del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> utilizzando un approccio esclusivamente<br />

descrittivo e non valutativo e considerando nel<strong>la</strong> ricerca anche tipi <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong><br />

intralinguisici, metatestuali, intertestuali e semiotici, oltre a quelli interlinguistici che in<br />

questo caso ci interessano.<br />

Lo stu<strong>di</strong>oso spiega i punti problematici del<strong>la</strong> ricerca e ripercorre poi i principali risultati<br />

raggiunti da ricerche precedenti illustrandone pregi e limiti e passando in fine a una proposta<br />

originale.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, secondo Torop, si basa non solo sull’osservazione del testo<br />

e<strong>la</strong>borato dal traduttore, ma sul confronto tra prototesto e metatesto; solo attraverso questo<br />

paragone è possibile cercare <strong>di</strong> capire quale sia stata <strong>la</strong> strategia adottata dal traduttore nel<strong>la</strong><br />

trasposizione dell’opera in un’altra lingua.<br />

Questa analisi deve superare i limiti dell’approccio esclusivamente linguistico per essere<br />

inserita in un campo <strong>di</strong> osservazione più ampio e complesso che tenga conto anche <strong>di</strong> altri<br />

elementi, sud<strong>di</strong>visi da Torop secondo il loro aspetto cronologico.<br />

71 P. TOROP, Total’nyj perevod (<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> totale), a cura <strong>di</strong> B. OSIMO, Logos, Modena 2000<br />

35


A livello acronico ritrova il <strong>la</strong>voro vero e proprio del traduttore che legge e rie<strong>la</strong>bora il testo<br />

attraverso un processo <strong>di</strong> analisi, cioè <strong>di</strong> focalizzazione sul prototesto e successivamente <strong>di</strong><br />

sintesi, ovvero <strong>di</strong> ri-creazione per il lettore.<br />

Tale proce<strong>di</strong>mento viene influenzato da aspetti <strong>di</strong> ricezione del<strong>la</strong> nuova opera, come <strong>la</strong><br />

notorietà del traduttore, <strong>la</strong> previsione <strong>di</strong> impatto sul pubblico, <strong>la</strong> prospettiva <strong>di</strong> tiratura e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ffusione del testo, <strong>la</strong> conoscenza del<strong>la</strong> lingua straniera d’origine e del suo ambiente. Si tratta<br />

insomma <strong>di</strong> considerare un intero orizzonte culturale all’interno del quale viene e<strong>la</strong>borata <strong>la</strong><br />

<strong>traduzione</strong>.<br />

L’aspetto socio culturale risulta fondamentale anche a livello <strong>di</strong>acronico se si considera<br />

l’importanza dell’ambito nel quale fu prodotto il prototesto in re<strong>la</strong>zione a quello a cui è <strong>di</strong>retto<br />

il metatesto. Il traduttore <strong>di</strong> un’opera del passato può ricorrere a un approccio storicizzante<br />

sottolineando <strong>la</strong> <strong>di</strong>stanza culturale, o modernizzante, cercando <strong>di</strong> rendere il significato vivo<br />

del<strong>la</strong> lingua.<br />

Tutti questi problemi sono tra loro interconnessi e sottolineano l’importanza dell’aspetto<br />

cronologico <strong>di</strong> ogni opera. Per questo motivo Torop auspica l’e<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> una storia del<strong>la</strong><br />

traduttologia oltre che l’analisi del<strong>la</strong> storia delle traduzioni <strong>di</strong> ogni opera che si voglia<br />

analizzare.<br />

Per poter considerare tutti gli aspetti dell’opera è necessario e<strong>la</strong>borare un modello<br />

tassonomico virtuale che permetta <strong>la</strong> creazione <strong>di</strong> un unico metalinguaggio non valutativo.<br />

Tale schema darebbe <strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> analizzare tutti i tipi <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> e <strong>di</strong> mettere in<br />

re<strong>la</strong>zione prototesto e metatesto per rive<strong>la</strong>re il processo traduttivo utilizzato nel<strong>la</strong> riscrittura.<br />

Torop rappresenta <strong>la</strong> traducibilità <strong>di</strong> un testo come <strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> una proiezione virtuale su<br />

un materiale <strong>di</strong>verso.<br />

In questa proiezione per prima cosa bisogna cercare <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere <strong>la</strong> forma dal contenuto. Per<br />

quanto ampiamente interre<strong>la</strong>ti fra loro, in ambito letterario si può intendere “ per piano<br />

dell’espressione le forme concrete <strong>di</strong> attualizzazione del<strong>la</strong> struttura artistica <strong>di</strong> un dato testo. Il<br />

piano del contenuto <strong>di</strong> un dato testo è definito dal suo modello poetico”. 72<br />

Se si applica tale definizione per esempio al<strong>la</strong> poesia, in cui nel piano poetico contenutistico<br />

rientra non solo l’aspetto semantico ma anche <strong>la</strong> struttura, risulta evidente <strong>la</strong> stretta<br />

interre<strong>la</strong>zione fra le <strong>due</strong> parti.<br />

Da tale reciproco rapporto Torop circoscrive l’elemento che sta al<strong>la</strong> base del suo modello<br />

traduttologico: <strong>la</strong> dominante.<br />

72 P. TOROP,op.cit., pag. 146<br />

36


La dominante permette <strong>di</strong> superare i limiti imposti dall’interpretazione storica perché è <strong>la</strong><br />

componente focalizzante <strong>di</strong> un’opera e ne garantisce l’integrità del<strong>la</strong> struttura. D’altra parte<br />

<strong>di</strong>versi lettori e <strong>di</strong>fferenti chiavi <strong>di</strong> lettura possono definire per lo stesso testo svariate<br />

dominanti.<br />

Lo stu<strong>di</strong>oso estone riconosce dunque quattro aspetti che determinano <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>.<br />

Da una parte definisce <strong>la</strong> <strong>di</strong>stinzione tra analisi e sintesi, cioè tra comprensione e riscrittura,<br />

mentre dall’altra <strong>di</strong>stingue tra il piano dell’espressione, che viene rico<strong>di</strong>ficato, e quello del<br />

contenuto, che dev’essere invece trasposto.<br />

Un’analisi <strong>di</strong> tale tipo permette lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un metatesto in re<strong>la</strong>zione sia al prototesto che al<strong>la</strong><br />

creatività e al<strong>la</strong> poetica del traduttore.<br />

Un tale tipo <strong>di</strong> critica traduttologica viene definita da <strong>Osimo</strong> “top down”, in quanto il modello<br />

cronotopico proposto da Torop parte dal testo specifico con lo scopo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduarne gli<br />

elementi salienti ed analizzandone <strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione traduttiva e le conseguenti alterazioni<br />

del<strong>la</strong> poetica del testo.<br />

Nel caso del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> interlinguistica testuale, è necessaria l’in<strong>di</strong>viduazione del<strong>la</strong><br />

dominante e delle re<strong>la</strong>tive manifestazioni sul piano linguistico<br />

Un’analisi <strong>di</strong> questo tipo dev’essere per forza preceduta da uno stu<strong>di</strong>o specifico del prototesto.<br />

Da premesse opposte si sviluppa invece l’analisi “bottom-up” e<strong>la</strong>borata dal<strong>la</strong> stu<strong>di</strong>osa<br />

neer<strong>la</strong>ndese Leuven-Zwart . La sua proposta <strong>di</strong> strategia per <strong>la</strong> comparazione testuale include<br />

anche l’ambito del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> interlinguistica.<br />

Il suo approccio si basa sull’analisi <strong>di</strong> elementi costanti nei testi che non <strong>di</strong>pendono dalle<br />

singole poetiche, ma vengono definiti a priori. Il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> analisi inizia con<br />

l’in<strong>di</strong>viduazione delle variazioni microstrutturali in ambito semantico, sintattico e pragmatico<br />

presenti nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>.<br />

Una volta riconosciuti tali cambiamenti, generati da una scelta consapevole o inconsapevole<br />

dell’autore, il critico deve riconoscere gli effetti <strong>di</strong> tali variazioni microstrutturali sul<strong>la</strong><br />

macrostruttura del testo.<br />

<strong>Osimo</strong> ha costruito un modello <strong>di</strong> analisi che sintetizza questi <strong>due</strong> orientamenti.<br />

Applicando <strong>la</strong> proposta <strong>di</strong> Torop definisce delle <strong>di</strong>rette re<strong>la</strong>zioni tra elementi linguistici e<br />

conseguenze strutturali cioè delle categorie per riconoscere <strong>la</strong> dominante <strong>di</strong> un testo e le sue<br />

manifestazioni sul piano linguistico:<br />

37


Parole funzionali: <strong>la</strong> loro importanza è data dal<strong>la</strong> funzione <strong>di</strong> ponte tra parti <strong>di</strong>stanti<br />

del testo e per creare dei richiami che hanno <strong>la</strong> funzione <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> intratestuali. La loro<br />

variazione determina un <strong>di</strong>verso equilibrio dell’elemento strutturale del testo.<br />

Campi espressivi: si tratta <strong>di</strong> espressioni, strutture e parole che ricorrono in quanto<br />

caratteristiche dello stile e dell’espressività <strong>di</strong> un autore. La loro mo<strong>di</strong>fica coinvolge <strong>la</strong> poetica<br />

del testo.<br />

Deittici: in<strong>di</strong>cano il punto <strong>di</strong> vista del personaggio o del narratore rispetto al<strong>la</strong><br />

situazione spazio temporale. La loro alterazione si ripercuote sul<strong>la</strong> psicologia in<strong>di</strong>viduale del<br />

personaggio o del narratore.<br />

Intertestualità e realia: in<strong>di</strong>cano il rapporto tra il testo e una o più altre culture. La loro<br />

manipo<strong>la</strong>zione ha conseguenze sul<strong>la</strong> psicologia <strong>di</strong> gruppo <strong>di</strong> elementi del<strong>la</strong> cultura del testo.<br />

Registri: si tratta dei <strong>di</strong>versi i<strong>di</strong>oletti usati nel testo per caratterizzare i personaggi o i<br />

narratori.<br />

Il riconoscimento delle categorie deve avvenire attraverso lo stu<strong>di</strong>o del prototesto, mentre<br />

l’analisi del metatesto permette <strong>di</strong> evidenziare le mo<strong>di</strong>fiche operate dal traduttore in questi<br />

ambiti e i loro esiti<br />

Gli elementi delle cinque categorie possono variare lungo l’asse definita da Torop come<br />

“proprio/altrui”, in cui il primo polo in<strong>di</strong>ca <strong>la</strong> vicinanza al prototesto e al<strong>la</strong> cultura emittente, e<br />

il secondo l’adattamento al<strong>la</strong> poetica del traduttore o al<strong>la</strong> cultura ricevente.<br />

Si nota che in questo caso <strong>la</strong> caratterizzazione “proprio/altrui” <strong>di</strong>pende essenzialmente<br />

dall’applicazione <strong>di</strong> criteri re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong> singo<strong>la</strong> opera in questione. Si tratta <strong>di</strong> una variante che<br />

si mo<strong>di</strong>fica a seconda del testo analizzato.<br />

Oltre a questa c<strong>la</strong>ssificazione si aggiunge l’asse generalizzazione/specificazione su cui si basa<br />

l’analisi del<strong>la</strong> Leuven-Zwart.<br />

Attraverso l’incrocio <strong>di</strong> questi assi è possibile determinare il tipo <strong>di</strong> trasformazione<br />

conseguente al<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> secondo uno spostamento dall’orizzonte culturale del prototesto a<br />

quello del metatesto e nel contempo verso una <strong>traduzione</strong> più o meno generica del<strong>la</strong><br />

semantica.<br />

Inoltre <strong>Osimo</strong> aggiungeuna terza <strong>di</strong>rezione verso <strong>la</strong> standar<strong>di</strong>zazione, cioè un criterio culturale<br />

neutro che corrisponde all’assimi<strong>la</strong>zione a un canone ritenuto super partes.<br />

38


Incrociando le tre <strong>di</strong>rezioni “proprio/altrui/standard” con i le assi “generalizzazione/<br />

specificazione/neutralità” si ottiene una <strong>di</strong>visione in nove parti all’interno del<strong>la</strong> quale è<br />

possibile catalogare le variazioni traduttive.<br />

Il modello proposto da <strong>Osimo</strong> unisce questi cambiamenti modu<strong>la</strong>tivi alle cinque categorie<br />

proposte dall’analisi cronotopica <strong>di</strong> Torop, ed inoltre gli elementi che si mo<strong>di</strong>ficano senza<br />

seguire un’asse del continuum proposto, e cioè:<br />

-le mo<strong>di</strong>fiche definite dal<strong>la</strong> Leuven Zwart <strong>di</strong> “contrasto” come omissioni, aggiunte o<br />

cambiamenti ra<strong>di</strong>cali <strong>di</strong> senso<br />

- tutte le mo<strong>di</strong>fiche non binarie né ternarie come quelle grammaticali, ad esempio il<br />

cambiamento dell’aspetto verbale.<br />

La seguente tabel<strong>la</strong> riassume il modello <strong>di</strong> sintesi approntato da <strong>Osimo</strong>:<br />

39


4 ANALISI<br />

4.1 Osservazioni strutturali<br />

Quando <strong>la</strong> raccolta delle Novelle esemp<strong>la</strong>ri venne pubblicata nel 1613, vennero<br />

partico<strong>la</strong>rmente apprezzate le narrazioni che Casal<strong>due</strong>ro definisce più “immaginative”, come<br />

La gitanil<strong>la</strong>, El amante liberal e La fuerza de <strong>la</strong> sagre, che raccontano avventure sorprendenti<br />

con<strong>di</strong>te <strong>di</strong> ritrovamenti ed agnizioni.<br />

Il passare del tempo, l’evolversi del gusto dei lettori e delle tendenze del<strong>la</strong> narrativa moderna<br />

fecero crescere col tempo l’interesse e l’attenzione per altri racconti considerati più realisti.<br />

Tra questi attrae molto l’interesse dei lettori e dei critici contemporanei <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> che<br />

racconta <strong>la</strong> vita del cane Berganza narrata da lui stesso al compagno Scipione.<br />

Si tratta dell’ultima novel<strong>la</strong> del volume ed è strettamente legata per struttura e tematica a<br />

quel<strong>la</strong> che <strong>la</strong> precede, El casamiento engañoso, tanto che molti stu<strong>di</strong>osi le considerano parte<br />

<strong>di</strong> un unico racconto.<br />

La novel<strong>la</strong> del Casamiento engañoso inizia a Val<strong>la</strong>dolid, appena fuori dall’ospedale del<strong>la</strong><br />

Resurrezione, dal quale esce zoppicando e con un aspetto assai ma<strong>la</strong>ndato l’alfiere<br />

Campuzano. Lo riconosce un amico <strong>di</strong> nome Peralta il quale, dopo avergli chiesto le cause<br />

del<strong>la</strong> cattiva cera, lo invita a pranzo. Il protagonista <strong>di</strong> buon grado accetta l’invito e dopo<br />

mangiato gli racconta le cause del suo malessere.<br />

Origine delle sofferenze <strong>di</strong> Campuzano è una donna che, dopo avergli rive<strong>la</strong>to <strong>di</strong> esser stata <strong>di</strong><br />

ma<strong>la</strong>ffare ma <strong>di</strong> voler cambiar vita, gli aveva proposto <strong>di</strong> sposarsi e <strong>di</strong> mantenersi entrambi<br />

con<strong>di</strong>videndo l’appartamento che lei possedeva con l’arredamento e i gioielli <strong>di</strong> valore che<br />

l’alfiere le aveva mostrato <strong>di</strong> possedere. Trasferitisi i <strong>due</strong> a casa del<strong>la</strong> donna, dopo alcuni<br />

giorni <strong>di</strong> de<strong>di</strong>zione del<strong>la</strong> sposina al consorte, era apparsa una dama che si comportava come<br />

fosse <strong>la</strong> padrona dell’appartamento e, <strong>di</strong> fronte alle proteste <strong>di</strong> Campuzano, <strong>la</strong> moglie gli<br />

aveva spiegato essere quel<strong>la</strong> un’amica cui lei stava facendo un favore. La donna aveva<br />

raccontato al marito <strong>di</strong> aver prestato l’appartamento all’amica perché lei, mostrandolo a un<br />

cavaliere come se fosse <strong>di</strong> suo possesso, lo convincesse a sposar<strong>la</strong>.<br />

Nonostante le proteste <strong>di</strong> lui, i <strong>due</strong> si erano trasferiti presso un’altra conoscente dove, alcuni<br />

giorni dopo, l’alfiere aveva scoperto <strong>la</strong> verità: l’imbroglio che <strong>la</strong> donna gli aveva raccontato<br />

era quello che lei stessa aveva compiuto nei suoi confronti facendogli credere fosse sua <strong>la</strong><br />

casa che apparteneva invece davvero all’amica. La moglie, avvisata dal<strong>la</strong> compagna dell’ira<br />

41


furibonde del consorte, era sparita assieme alle catene d’oro <strong>di</strong> Campuzano e <strong>la</strong>sciandogli<br />

come ricordo solo le pustole a causa delle quali il protagonista si trovava a sottoporsi ai sudori<br />

nell’ospedale <strong>di</strong> Val<strong>la</strong>dolid.<br />

Il finale del racconto, però, restituisce equilibrio al<strong>la</strong> vicenda, in quanto l’alfiere confida a<br />

Peralta che lui stesso aveva ingannato le donna mostrandole in garanzia del<strong>la</strong> propria<br />

ricchezze dei preziosi falsi. Egli, che pensava <strong>di</strong> ingannare <strong>la</strong> dama, era stato quin<strong>di</strong> ripagato<br />

del<strong>la</strong> stessa moneta.<br />

Al<strong>la</strong> reazione <strong>di</strong> stupore e ai dubbi sul<strong>la</strong> veri<strong>di</strong>cità del racconto dell’anfitrione, Campuzano<br />

aggiunge <strong>di</strong> aver assistito a fatti ancora più straor<strong>di</strong>nari. Dato che Peralta insiste per conoscere<br />

<strong>la</strong> nuova storia, l’alfiere gli confida <strong>di</strong> aver sentito nell’ospedale <strong>due</strong> cani par<strong>la</strong>re, e lo invita,<br />

mentre egli riposa, a leggere un manoscritto nel quale ha riportato <strong>la</strong> conversazione dei <strong>due</strong><br />

animali svoltasi durante una notte.<br />

Tale manoscritto racchiude in forma <strong>di</strong>alogata per “fare a meno dei <strong>di</strong>sse Scipione e rispose<br />

Berganza che menano per le lunghe” 73 , come Campuzano stesso anticipa, <strong>la</strong> conversazione tra<br />

i <strong>due</strong> cani, ed è il contenuto del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> che segue.<br />

Scipione e Berganza, cani del<strong>la</strong> questua dell’ospedale del<strong>la</strong> Resurrezione, all’improvviso si<br />

rendono conto <strong>di</strong> poter par<strong>la</strong>re e, pensando <strong>di</strong> non essere u<strong>di</strong>ti da nessuno, decidono <strong>di</strong><br />

raccontarsi le avventure vissute prima <strong>di</strong> conoscersi. I <strong>due</strong> animali <strong>di</strong>spongono che durante <strong>la</strong><br />

prima notte narrerà Berganza, e durante <strong>la</strong> seconda, se sarà possibile, Scipione.<br />

Berganza nel corso del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> racconta all’amico, il quale spesso lo interrompe con<br />

istruzioni o commenti, le sue peripezie e le numerose volte che ha dovuto cambiare padrone,<br />

trovandosi ad affrontare <strong>di</strong>verse situazioni nelle quali prevalgono in genere l’ingiustizia e <strong>la</strong><br />

sopraffazione.<br />

Proprio quando Peralta finisce <strong>di</strong> leggere il <strong>di</strong>alogo, l’autore si sveglia e l’ospite lo loda per<br />

l’opera e lo invita a completar<strong>la</strong> col resoconto del racconto <strong>di</strong> Scipione.<br />

La novel<strong>la</strong> si conclude con l’uscita <strong>di</strong> casa dei <strong>due</strong> amici.<br />

4.1.a Unità<br />

Come si vede le <strong>due</strong> storie sono fortemente interre<strong>la</strong>te strutturalmente, in quanto <strong>la</strong> prima<br />

sembra concludersi veramente solo al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> seconda, creando un gioco <strong>di</strong> scatole cinesi<br />

che, come vedremo, si complica all’interno del <strong>di</strong>alogo dei cani.<br />

73 Narratori spagnoli, op. cit., pag. 249<br />

42


Anche dal punto <strong>di</strong> vista del contenuto, le <strong>due</strong> narrazioni hanno molto in comune toccando<br />

entrambe <strong>la</strong> problematica del<strong>la</strong> giustizia e degli inganni.<br />

A questo proposito Casal<strong>due</strong>ro esor<strong>di</strong>sce nel suo stu<strong>di</strong>o su questa coppia <strong>di</strong> <strong>novelle</strong> con<br />

l’asserzione che “si tratta <strong>di</strong> una so<strong>la</strong>” 74 , opinione che molti critici con<strong>di</strong>vidono.<br />

Oltre al<strong>la</strong> struttura unitaria, lo stu<strong>di</strong>oso osserva come le <strong>due</strong> <strong>novelle</strong> siano unite da una<br />

comune foga narrativa, da un desiderio tumultuoso <strong>di</strong> raccontare che accomuna lo spirito <strong>di</strong><br />

Campuzano a quello <strong>di</strong> Berganza. In partico<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> narrazione del matrimonio serve all’alfiere<br />

come sfogo dei suoi pensieri, mentre per Berganza si tratta <strong>di</strong> una lotta contro il tempo<br />

causata del continuo timore <strong>di</strong> perdere d’improvviso il miracoloso dono del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>.<br />

Inoltre, ho notato un parallelismo tra il dono inatteso che entrambi i narratori interni ricevono<br />

d’improvviso. Tutti e <strong>due</strong> però sono <strong>di</strong>sturbati e preoccupati dal fatto <strong>di</strong> non aver meritato tale<br />

premio in quanto Campuzano sa <strong>di</strong> aver ottenuto il matrimonio con l’inganno, mentre<br />

Berganza non si spiega il motivo del miracolo che gli permette <strong>di</strong> par<strong>la</strong>re come un uomo.<br />

L’episo<strong>di</strong>o centrale del racconto del cane sarà infatti un tentativo <strong>di</strong> spiegazione dell’origine<br />

del<strong>la</strong> sua favel<strong>la</strong>.<br />

Zimil, nel suo stu<strong>di</strong>o, sottolinea invece come il <strong>di</strong>alogo dei cani rappresenti le riflessioni <strong>di</strong><br />

Campuzano sul<strong>la</strong> vita che egli deve aver e<strong>la</strong>borato durante i lunghi giorni <strong>di</strong> ma<strong>la</strong>ttia. Tutta <strong>la</strong><br />

narrazione dei cani sarebbe dunque arricchita da una complessità che maschera i pensieri<br />

nascosti dell’alfiere 75 . La chiave <strong>di</strong> lettura del manoscritto dei cani in questo caso si trova<br />

nel<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> precedente, cioè nel personaggio dello scrittore fittizio.<br />

Cabrera, nel<strong>la</strong> sua attenta analisi delle <strong>novelle</strong>, definisce <strong>la</strong> struttura “abierta y a <strong>la</strong> ves<br />

cerrada” e “incompleta y a <strong>la</strong> ves completa” evidenziando come questa caratterizzazione<br />

risponda ai canoni dei contrasti barocchi. La narrazione sarebbe nel suo complesso completa<br />

in quanto sia l’incontro dei <strong>due</strong> amici umani sia il <strong>di</strong>scorso dei cani hanno una conclusione,<br />

ma a ben guardare mancherebbe tutta <strong>la</strong> seconda parte del <strong>di</strong>alogo nel<strong>la</strong> quale Scipione si era<br />

ripromesso <strong>di</strong> raccontare <strong>la</strong> sua vita.<br />

Lo stu<strong>di</strong>oso considera le <strong>due</strong> come una singo<strong>la</strong> opera dal<strong>la</strong> struttura unitaria completa. Infatti,<br />

il matrimonio rappresenterebbe il prologo, il racconto <strong>la</strong> parte generale, e le riflessioni finali<br />

dei <strong>due</strong> amici l’epilogo.<br />

La connessione dei <strong>due</strong> racconti sarebbe <strong>di</strong>mostrata dal fatto che proprio l’apprezzamento per<br />

l’opera letta convincerebbe Peralta del<strong>la</strong> veri<strong>di</strong>cità del<strong>la</strong> prima avventura narrata dall’alfiere.<br />

Si costituiscono dunque dal<strong>la</strong> sovrapposizione dei <strong>di</strong>versi narratori tre piani <strong>di</strong> realtà: il primo<br />

mette in re<strong>la</strong>zione il narratore esterno con i suoi personaggi Campuzano e Peralta, il secondo<br />

74 J. CASALDUERO, op. cit., pag. 237<br />

75 S. ZIMIC, El casamiento engañoso y el coloquio de los perros, in BBMP, LXX (1994), pag. 61<br />

43


coinvolge il rapporto tra l’alfiere e i cani Scipione e Berganza e il terzo è definito dal<br />

confronto tra i cani e <strong>la</strong> realtà da essi descritta. 76<br />

4.1.b Generi e influenze<br />

Anche Casal<strong>due</strong>ro si sofferma sugli elementi <strong>di</strong> poetica barocca delle <strong>novelle</strong>. Nel<strong>la</strong> sua<br />

analisi sottolinea l’importanza del contrasto in tale letteratura, evidenziando come se ne faccia<br />

ampio uso nei racconti cervantini, dando spicco, in opposizione al periodare esuberante, a<br />

brevi espressioni concise dal<strong>la</strong> <strong>la</strong>conica semplicità inserite in punti chiave.<br />

In partico<strong>la</strong>re fa riferimento al<strong>la</strong> frase e al<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> brevi ed incisive con cui si conclude il<br />

Coloquio, “Vamos, <strong>di</strong>jo el aférez, y con eso se fueron”. “Esta pa<strong>la</strong>bra que está sirviendo de<br />

punto, de final, con su aire de clásica sencillez, tiene toda <strong>la</strong> decorativa retórica barroca”. 77<br />

Il critico evidenzia anche un altro elemento profondamente barocco nel<strong>la</strong> narrazione<br />

determinato dall’uso del racconto. Infatti, <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> non racconta un sogno, come sarebbe più<br />

tipico dell’ambito romantico, ma <strong>la</strong> sua narrazione. La presenza <strong>di</strong> questo secondo livello<br />

definirebbe <strong>la</strong> <strong>di</strong>stanza tra <strong>la</strong> narrativa <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> e <strong>la</strong> corrente <strong>di</strong> Gongora.<br />

Il barocchismo delle <strong>novelle</strong> sta anche nel<strong>la</strong> forza con cui tali narrazioni tentano <strong>di</strong> colpire i<br />

sensi proprio attraverso il contrasto, <strong>la</strong> forte opposizione tra maschera e realtà, tra grandezza e<br />

caducità, elementi che sarebbero caratteristici dell’epoca in cui vennero scritte le <strong>novelle</strong>, un<br />

periodo <strong>di</strong> crisi per <strong>la</strong> Spagna, in cui l’uomo, desideroso d’azione, si scontra con i limiti<br />

imposti dal contesto, determinato dai valori fondamentali dell’ideale cattolico e del potere<br />

del<strong>la</strong> monarchia. Da tale situazione derivano il senso forte del movimento e <strong>la</strong> foga del<strong>la</strong><br />

narrazione in opposizione al<strong>la</strong> concentrazione del tempo e dello spazio. Storie <strong>di</strong> grande<br />

ampiezza temporale, come quelle raccolte nel colloquio dei cani, vengono narrate<br />

nell’angolino nascosto <strong>di</strong> una stanza d’ospedale, nell’arco <strong>di</strong> una notte a sua volta contenuta<br />

in una lettura durante un dopopranzo.<br />

Per quanto riguarda <strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssificazione, una delle possibili definizioni <strong>di</strong> esemp<strong>la</strong>rità delle<br />

<strong>novelle</strong> fa riferimento al<strong>la</strong> molteplicità <strong>di</strong> generi in esse contenute.<br />

Williamson afferma che il Casamiento engañoso conterrebbe tutti gli elementi caratteristici <strong>di</strong><br />

una storia esemp<strong>la</strong>re. Vi si trova il peccato, il castigo, il pentimento e perfino <strong>la</strong> morale.<br />

Aggiungerei però che rispetto al<strong>la</strong> struttura evidente dell’exemplum, dove buon e cattivo<br />

comportamento si contrappongono senza ambiguità, in questo caso non è chiaro quale sia il<br />

76<br />

V. CABRERA, Nuevos valores de El casamiento engañoso y el Coloquio de los perros, “Hispanofi<strong>la</strong>” n° 45<br />

(1972), pag. 50<br />

77<br />

J. CASALDUERO, op.cit., pag. 241<br />

44


personaggio da identificare come esempio, dato che sia <strong>la</strong> dama che l’alfiere cercano <strong>di</strong><br />

perseguire un inganno.<br />

Un comportamento onesto <strong>di</strong> Campuzano non avrebbe migliorato <strong>la</strong> sua sorte, anzi l’avrebbe<br />

reso doppiamente beffato. Forse <strong>la</strong> funzione positiva è compiuta da Peralta che invita l’amico<br />

a pranzo senz’altro fine che ascoltare le sue avventure.<br />

Nel Colloquio dei cani <strong>la</strong> situazione si complica perchè vi sono numerosi riferimenti a <strong>di</strong>versi<br />

tipi <strong>di</strong> letteratura, così che vari stu<strong>di</strong>osi ne hanno sottolineato <strong>di</strong>fferenti aspetti.<br />

Le avventure del cane Berganza in primo luogo richiamano al<strong>la</strong> mente il genere picaresco che<br />

in Spagna era allora molto in voga. Oltre che per il contenuto avventuroso, <strong>la</strong> storia<br />

aderirebbe a questo genere anche per il fatto <strong>di</strong> essere narrata in prima persona dal<br />

protagonista, per l’identità <strong>di</strong> vagabondo <strong>di</strong> Berganza, come tanti giovani protagonisti <strong>di</strong><br />

romanzi <strong>di</strong> questo filone, e per il fatto che egli debba sottostare a numerosi e <strong>di</strong>fferenti<br />

padroni. 78<br />

Il Casamiento invece, anche se raccoglie le peripezie del narratore, si <strong>di</strong>stacca dal picaresco<br />

per l’accento <strong>di</strong> redenzione contenuto nel finale. 79<br />

Alcuni critici sono d’accordo nel considerare picaresca <strong>la</strong> narrazione dei cani anche se in essa<br />

“faltan algunas de <strong>la</strong>s notas características de este género”. 80<br />

<strong>Cervantes</strong> però, più che aderire a un genere si serve normalmente degli elementi <strong>di</strong> esso per<br />

ribaltarli in senso paro<strong>di</strong>stico, come nel <strong>la</strong>palissiano caso del Don Quijote.<br />

Anche in questa novel<strong>la</strong> l’elemento picaresco assume un valore comico se solo si considera<br />

che il picaro non è un personaggio umano ma un cane. 81<br />

Durante <strong>la</strong> narrazione è evidente il riferimento ad altri generi, come quello pastorale,<br />

anch’esso in chiave paro<strong>di</strong>ca, nell’episo<strong>di</strong>o dei pastori.<br />

La finzione parapicaresca sarebbe, secondo Queril<strong>la</strong>c, finalizzata ad una critica del<strong>la</strong> società,<br />

contenuta in un attacco che non è satira perché non mette in ri<strong>di</strong>colo i suoi bersagli, ma<br />

allegoria satirica che non risponde al semplice intento <strong>di</strong> intrattenere.<br />

Tuttavia “definir esta nove<strong>la</strong> con <strong>la</strong> pa<strong>la</strong>bra sátira es reducir y limitar su alcanze” 82 , in quanto<br />

<strong>la</strong> satira è solo uno degli elementi atto a raggiungere lo scopo principale, cioè <strong>la</strong> critica<br />

sociopolitica.<br />

78<br />

M. J. SANCHEZ ROMATE, Hechicería en el coloquio de los perros, CIAC I, pag. 271<br />

79<br />

M. LLORIS, El casamiento engañoso, “Hispanofi<strong>la</strong>” XIII (1970)<br />

80<br />

M. A. DEL BRAVO e M.L. LOPEZ MUNOZ, Vida y sociedad en <strong>la</strong> España del siglo XVII a travès del<br />

“Coloquio de los perros” de <strong>Cervantes</strong>, “Anales Cervantinos” XXIX (1991), pag. 132<br />

81<br />

E. WILLIAMSON, El juego de <strong>la</strong> verdad en el Casamiento engañoso y en el Coloquio de los perros, CIAC II,<br />

pag. 188<br />

82<br />

R. QUERILLAC, El coloquio de los perros: <strong>Cervantes</strong> frente a su època y a sì mismo, “Anales Cervantinos”<br />

XXVII (1989), pag. 123<br />

45


Il famoso critico <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> Riley in<strong>di</strong>vidua numerosi tipi <strong>di</strong> narrazione cui lo scrittore<br />

farebbe riferimento durante <strong>la</strong> stesura del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, in maniera <strong>di</strong>retta o in<strong>di</strong>retta. Egli<br />

riconosce in primo luogo il racconto straor<strong>di</strong>nario che eccede dai limiti del<strong>la</strong> natura per <strong>la</strong><br />

presenza dei cani par<strong>la</strong>nti, che da Peralta viene definito “sueño o <strong>di</strong>sparate” . Inoltre non sono<br />

esenti il riferimento al racconto secondo lo stile <strong>di</strong> Esopo (si pensi, <strong>di</strong> nuovo, agli animali che<br />

par<strong>la</strong>no) o infantile, citati questi <strong>di</strong>rettamente da Peralta al culmine del<strong>la</strong> sua incredulità<br />

quando chiede se “se nos ha vuelto el tiempo de Maricastaña cuando hab<strong>la</strong>ban <strong>la</strong>s ca<strong>la</strong>vazas, o<br />

el de Isopo, cuando departía el gallo con <strong>la</strong> zorra y unos animales con otros”. Sempre <strong>di</strong><br />

ambito c<strong>la</strong>ssico sono i riman<strong>di</strong> al<strong>la</strong> satira menippea e al romanzo dell’Asino d’oro <strong>di</strong> Apuleio,<br />

con cui <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> con<strong>di</strong>vide molti elementi, e testo quest’ultimo da cui prese spunto il genere<br />

picaresco.<br />

Sempre rispetto al rapporto col picaresco Riley sostiene che il colloquio sia una reazione al<br />

successo del Guzmán de alfarache <strong>di</strong> Mateo Alemán, in quanto <strong>Cervantes</strong> ribalta il<br />

commento-sermone del romanzo picaresco pe renderlo commento-<strong>di</strong>alogo 83 .<br />

La struttura <strong>di</strong>alogo rimanda infine al<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione del <strong>di</strong>alogo filosofico.<br />

Amezuà riconosce nel Casamieno <strong>la</strong> struttura del narratore interno tipica del picaresco,<br />

mentre nel racconto <strong>di</strong> Berganza tale elemento acquisirebbe <strong>la</strong> forma <strong>di</strong><strong>la</strong>tata tipica del<strong>la</strong><br />

polemica. Egli in<strong>di</strong>vidua tre fonti essenziali per il <strong>di</strong>alogo cervantino: <strong>la</strong> narrazione fittizia<br />

del Cinquecento nelle varianti bizantina, pastorale e picaresca, il colloquio rinascimentale e il<br />

<strong>di</strong>alogo drammatizzato del<strong>la</strong> comme<strong>di</strong>a. 84<br />

Anche in questo caso, l’aderenza <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> a una tra<strong>di</strong>zione letteraria non risulta mai<br />

acritica, ma arricchita da un giu<strong>di</strong>zio interno teso a rive<strong>la</strong>re i limiti del<strong>la</strong> finzione. Nel caso<br />

degli elementi ere<strong>di</strong>tati dalle favole <strong>di</strong> Esopo, ad esempio, l’autore non si limita a mettere in<br />

scena <strong>due</strong> cani che <strong>di</strong>scorrono tra loro, ma ne pone in evidenza l’assur<strong>di</strong>tà sottolineando, nel<strong>la</strong><br />

prima parte del <strong>di</strong>alogo, lo stupore degli animali per <strong>la</strong> straor<strong>di</strong>narietà <strong>di</strong> tale fenomeno. In<br />

questo modo <strong>Cervantes</strong> si ispira ad un genere <strong>di</strong> cui rifiuta però <strong>la</strong> pacata imitazione degli<br />

elementi palesemente irreali: ecco che l’assurdo dei cani che par<strong>la</strong>no si trasforma in un fatto<br />

non reale ma comunque possibile.<br />

Inoltre, evidente al<strong>la</strong> critica moderna è il riferimento al<strong>la</strong> filosofia cinica, sia per gli animali<br />

stessi protagonisti del<strong>la</strong> narrazione (cinismo deriva proprio dal vocabolo greco per <strong>di</strong>re<br />

“cane”), sia per il loro atteggiamento nei confronti del mondo; come i seguaci <strong>di</strong> Antistene,<br />

Scipione e Berganza descrivono le attività umane dal<strong>la</strong> loro <strong>di</strong>staccata posizione canina<br />

criticandone <strong>la</strong> corruzione dei costumi e delle abitu<strong>di</strong>ni.<br />

83 E. C. RILEY, La profecìa de <strong>la</strong> bruja (El coloquio de los perros), CIAC I pagg. 85-88<br />

84 A.G. DE AMEZUA’ Y MAYO, Introduzione a <strong>Cervantes</strong> creador , cit., pag. LXXXIII<br />

46


Da tutte queste considerazioni si può intuire <strong>la</strong> molteplicità degli spunti proposti da <strong>Cervantes</strong><br />

attraverso questa novel<strong>la</strong> che in questo senso viene definita proprio da Riley “<strong>la</strong> più<br />

esemp<strong>la</strong>re”. 85<br />

Per quanto riguarda <strong>la</strong> struttura del colloquio dei cani, Zimic <strong>la</strong> definisce, prendendo spunto<br />

dal testo stesso, “polipo”, come se dal corpo centrale, corrispondente all’episo<strong>di</strong>o del<strong>la</strong> strega,<br />

si <strong>di</strong>ramassero le altre avventure precedenti e successive. 86<br />

Passiamo allora ad affrontare <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> per capire in che modo il poeta si sia<br />

mosso all’interno <strong>di</strong> tale complessità.<br />

Confrontare <strong>due</strong> elementi significa determinare quali aspetti con<strong>di</strong>vidano e quali siano invece<br />

le <strong>di</strong>fferenze, e per far ciò sono necessari dei parametri <strong>di</strong> analisi e dei perimetri <strong>di</strong> ricerca.<br />

Considerando una <strong>traduzione</strong>, partiamo dal presupposto che l’autore del metatesto voglia<br />

riprodurre in un’altra lingua un prototesto, mantenendosi, a meno che non <strong>di</strong>chiari altro<br />

esplicitamente, fedele all’originale.<br />

Il processo <strong>di</strong> travaso in un contenitore linguistico <strong>di</strong>fferente presuppone una serie <strong>di</strong><br />

trasformazioni morfosintattiche obbligate per permettere <strong>la</strong> coerenza sintattica del<strong>la</strong> nuova<br />

opera, ed a volte anche degli inevitabili cambiamenti lessicali, dato che non sempre ad un<br />

termine del prototesto ne corrisponde uno nel<strong>la</strong> lingua del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>.<br />

Oltre alle trasformazioni inevitabili, si incontrano spesso delle mo<strong>di</strong>fiche, determinate dal<br />

gusto del traduttore più che da un’effettiva necessità pratica, che possono corrispondere ad un<br />

proce<strong>di</strong>mento volontario o involontario.<br />

Osservare le trasformazioni ricorrenti e rilevanti, sia dal punto <strong>di</strong> vista sintattico che da quello<br />

semantico, permette <strong>di</strong> ricostruire <strong>la</strong> poetica applicata dal traduttore e le sue priorità nello<br />

svolgere il <strong>la</strong>voro.<br />

Nell’analisi delle traduzioni <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> del Casamiento engañoso e del Coloquio de los<br />

perros<br />

seguirò sia l’approccio proposto da Torop che le in<strong>di</strong>cazioni del<strong>la</strong> Leuven-Zwart, procedendo<br />

attraverso il riconoscimento degli elementi significativi del microtesto e come essi vengano<br />

resi, ma anche attraverso l’osservazione delle trasformazioni <strong>di</strong> elementi morfosintattici in<br />

generale.<br />

Nel capitolo successivo procederò infine a tracciare una sintesi seguendo il modello che ho<br />

proposto in precedenza.<br />

85 E. C. RILEY, La profecìa de <strong>la</strong> bruja, cit., pag 94<br />

86 S. ZIMIC, El casamiento engañoso, cit., pag. 85<br />

47


Torop, nel suo libro Traduzione totale 87 , all’interno del<strong>la</strong> trattazione dell’aspetto cronologico,<br />

si sofferma anche su un punto che risulta partico<strong>la</strong>rmente interessante ai fini del<strong>la</strong> mia ricerca,<br />

cioè <strong>la</strong> questione del<strong>la</strong> non coincidenza del tempo storico tra prototesto e metatesto.<br />

Di fronte ad un’opera composta nel passato, il traduttore può adottare <strong>due</strong> strategie,<br />

scegliendo tra l’approccio storicizzante o modernizzante, ovvero tra <strong>la</strong> ricreazione delle parole<br />

o <strong>la</strong> resa del significato vivo dell’opera.<br />

L’aspetto temporale si incrocia con <strong>la</strong> <strong>di</strong>stanza spaziale definendo il pubblico dell’originale<br />

con il suo orizzonte culturale e letterario che, in misura maggiore o minore, si <strong>di</strong>scosta da<br />

quello del lettore ideale cui si rivolge il traduttore.<br />

Chi traduce <strong>di</strong> conseguenza può scegliere <strong>di</strong> assecondare il proprio destinatario con un testo<br />

facilmente comprensibile e adattabile al<strong>la</strong> propria realtà, o marcare invece <strong>la</strong> <strong>di</strong>stanza che si<br />

apre tra le <strong>due</strong> culture.<br />

Per il mio <strong>la</strong>voro ho usato l’e<strong>di</strong>zione delle Nove<strong>la</strong>s ejemp<strong>la</strong>res pubblicata dal<strong>la</strong> Crítica nel<br />

2001 88 e ho aggiunto, dopo le citazioni, per i lettori che non abbiano confidenza con lo<br />

spagnolo, tra parentesi quadra una <strong>traduzione</strong> strettamente letterale dei passi più complessi.<br />

4.2 Il matrimonio truffal<strong>di</strong>no<br />

Per quanto un autore riveli <strong>la</strong> propria poetica all’interno <strong>di</strong> tutta <strong>la</strong> sua opera, vi sono dei punti<br />

chiave su cui è bene soffermarsi per <strong>la</strong> pregnanza del loro significato, ed altri che sono da<br />

considerarsi critici per <strong>la</strong> posizione nel testo.<br />

L’incipit <strong>di</strong> un racconto, ad esempio, è uno degli elementi più carichi <strong>di</strong> valore, per cui sarà<br />

interessante osservare, fin dalle prime righe, come si comporti <strong>Montale</strong> <strong>di</strong> fronte all’inizio <strong>di</strong><br />

questa novel<strong>la</strong>.<br />

Innanzi tutto bisogna tener presente che <strong>la</strong> raccolta Narratori spagnoli non è dotata <strong>di</strong> testo a<br />

fronte, rivolgendosi a lettori che presumibilmente non hanno <strong>la</strong> possibilità per motivi<br />

linguistici, economici ecc., <strong>di</strong> leggere l’opera originale.<br />

87 P. TOROP, op. cit.<br />

88 M. DE CERVANTES, Nove<strong>la</strong>s ejemp<strong>la</strong>res,cit.<br />

48


Consideriamo inoltre che quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> viene presentata come <strong>traduzione</strong> e non come<br />

“rifacimento” dato che nessun elemento paratestuale del libro in<strong>di</strong>ca una partico<strong>la</strong>re libertà<br />

del traduttore rispetto all’originale.<br />

Detto questo, proce<strong>di</strong>amo subito al confronto dell’incipit del racconto, che <strong>di</strong>mostra una<br />

fedeltà quasi totale<br />

“Salía del hospital de <strong>la</strong> Resurrción, que está en Val<strong>la</strong>dolid, fuera de <strong>la</strong> puerta del Campo, un<br />

soldado...” che troviamo tradotto con rigoroso rispetto anche delle maiuscole e <strong>la</strong> resa italiana<br />

dei nomi “Usciva dall’ospedale del<strong>la</strong> Resurrezione, a Val<strong>la</strong>dolid, fuori dal<strong>la</strong> porta del Campo,<br />

un soldato...”<br />

La precisione <strong>di</strong> questa prima riga viene però smentita dal<strong>la</strong> parte appena successiva, cioè <strong>la</strong><br />

descrizione patetica che <strong>Cervantes</strong> <strong>di</strong>pinge del povero militare.<br />

“...por servirle su espada de báculo, y por <strong>la</strong> f<strong>la</strong>queza de sus piernas y amarillez de su<br />

rostro….” [per servirgli <strong>la</strong> sua spada da bastone, e per <strong>la</strong> magrezza delle sue gambe e il<br />

giallore del suo volto] nel<strong>la</strong> versione italiana suona “…gialliccio in volto e assai male in<br />

gamba, il quale appoggiandosi sul<strong>la</strong> spada a mo’ <strong>di</strong> bastone…”<br />

La prima osservazione è <strong>la</strong>mpante e riguarda l’or<strong>di</strong>ne degli elementi, poiché il traduttore<br />

sceglie <strong>di</strong> posporre l’elemento del<strong>la</strong> spada, nonostante nell’originale preceda <strong>la</strong> descrizione<br />

dell’aspetto, mentre <strong>la</strong> rappresentazione del viso è anteposta a quello delle gambe, invertendo<br />

in sostanza <strong>la</strong> successione dei partico<strong>la</strong>ri.<br />

Il riferimento coloristico del<strong>la</strong> faccia è mantenuto, nonostante <strong>la</strong> trasformazione del sostantivo<br />

“amarillez” nell’aggettivo “gialliccio”, mentre <strong>la</strong> magrezza delle gambe si trasforma in<br />

un’espressione italiana che non corrisponde all’originale.<br />

Il “por” che come si vede è assente nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, introduce una causale implicita che in<br />

italiano <strong>di</strong>venta una modale senza preposizione.<br />

Questa analisi può far comprendere <strong>la</strong> libertà del traduttore nel manipo<strong>la</strong>re il testo, sia<br />

cambiando l’or<strong>di</strong>ne degli elementi, che mutando una parte del <strong>di</strong>scorso in un'altra, con una<br />

frequente trasposizione <strong>di</strong> aggettivi in sostantivi e viceversa.<br />

Il personaggio mostra d’aver molto sudato, nonostante “no era el tempo muy caloroso”, cioè<br />

“non facesse molto caldo”. Qui abbiamo un cambiamento verbale dettato dalle <strong>di</strong>verse regole<br />

grammaticali delle <strong>due</strong> lingue, e successivamente una completa trasformazione lessicale che<br />

mantiene inalterato il senso del<strong>la</strong> proposizione, ma ne stravolge il tessuto verbale e ne<br />

cancel<strong>la</strong> il soggetto rendendolo sottinteso.<br />

49


Risulta chiaro, già da queste prime righe, che <strong>Montale</strong> intende <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, coerentemente<br />

alle sue <strong>di</strong>chiarazioni, come un tentativo <strong>di</strong> rendere il senso del testo anche a scapito del<strong>la</strong><br />

forma che può essere sostanzialmente mo<strong>di</strong>ficata.<br />

Le trasformazioni possono rispondere a un gusto letterario o al forte desiderio <strong>di</strong> sintesi, che<br />

pare una delle principali preoccupazioni dello scrittore.<br />

Non so se <strong>la</strong> forte volontà <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> <strong>di</strong> snellire il testo fosse dovuta a una scelta personale o<br />

al<strong>la</strong> necessità redazionale <strong>di</strong> far rientrare l’opera in un numero <strong>di</strong> pagine prestabilito, ma ciò<br />

che si può osservare con certezza è che egli compie lungo tutta <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> una costante<br />

limatura degli elementi che ritiene superflui.<br />

Ad esempio, il soldato c<strong>la</strong>u<strong>di</strong>cante entra a Val<strong>la</strong>dolid “por <strong>la</strong> puerta de <strong>la</strong> ciudad” che in<br />

italiano è solo “in città”. <strong>Montale</strong> può aver considerato il termine eliminato ridondante, o aver<br />

pensato che per il lettore contemporaneo entrare in città attraversandone le mura non ha più<br />

alcun senso, ma questo, come vedremo, è solo <strong>la</strong> prima <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> arbitrarie rimozioni.<br />

Il senso <strong>di</strong> un tempo e <strong>di</strong> un luogo si percepisce anche dalle espressioni che le persone usano<br />

nel linguaggio quoti<strong>di</strong>ano, come il “¿Que es eso?” o l’interca<strong>la</strong>re “como quien soy” che il<br />

traduttore mo<strong>di</strong>fica in mo<strong>di</strong> a lui più familiari come “Che vi succede?” o “Paro<strong>la</strong> mia”.<br />

Vi sono termini che, parti integranti del linguaggio e del pensiero <strong>di</strong> un certo periodo,<br />

risulterebbero incomprensibili al lettore moderno. Di fronte a tali ostacoli, come abbiamo<br />

detto, il traduttore, se vuole garantire <strong>la</strong> comprensibilità <strong>di</strong> ciò che scrive, può optare per <strong>la</strong><br />

trasposizione in espressioni del<strong>la</strong> contemporaneità, o aggiungere al testo un folto apparato<br />

critico <strong>di</strong> note esplicative, rendendo però <strong>la</strong> lettura più lenta e impegnativa.<br />

Dato che lo scopo del volume dei Narratori spagnoli non era certo arricchire l’eru<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

dotti e filologi, ma <strong>la</strong> <strong>di</strong>ffusione tra il grande pubblico, <strong>la</strong> scelta <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> è ovviamente<br />

quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> proporre un testo <strong>di</strong> rapida lettura e facile comprensione, anche se questo lo porta a<br />

trasformare numerosi e interessantissimi riferimenti culturali.<br />

L’amico che riconosce l’alfiere si stupisce che egli non sia nelle Fiandre “terciendo allá <strong>la</strong><br />

pica” [tenendo <strong>la</strong>ggiù in obliquo <strong>la</strong> picca], espressione che montale parafrasa “a giostrare con<br />

<strong>la</strong> <strong>la</strong>ncia”.<br />

Campuzano inizia allora a par<strong>la</strong>re delle proprie sventure, legate al<strong>la</strong> donna che “escojí por<br />

mia, que no debiera” [scelsi per mia, che non avrei dovuto] cioè, scrive <strong>Montale</strong>, “purtroppo<br />

ho sposato, mentre non ne valeva <strong>la</strong> pena”, con una resa che non spiega solo le <strong>due</strong><br />

espressioni, ma aggiunge anche un partico<strong>la</strong>re per esprimere il rammarico del soldato.<br />

Nel<strong>la</strong> poetica barocca <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, un rilievo partico<strong>la</strong>re hanno i giochi <strong>di</strong> parole che, tratti da<br />

un sostrato <strong>di</strong> calembuors noti ai lettori, col<strong>la</strong>borano ad animare il dettato.<br />

50


In queste prime battute troviamo il ricorso insistito a tali figure, già dall’affermazione <strong>di</strong><br />

Peralta, il quale, par<strong>la</strong>ndo dei matrimoni d’amore, afferma che “tales casamientos traen<br />

consigo aparejada <strong>la</strong> ejecución del arrepentimiento” [tali matrimoni portano con sé accoppiata<br />

l’esecuzione del pentimento], con una rima che <strong>Montale</strong> non riprende nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> “tali<br />

matrimoni portano seco il guaio del pentimento”.<br />

Campuzano risponde, con <strong>due</strong> giochi <strong>di</strong> parole <strong>di</strong> eco proverbiale, che “no sabré decir si fue<br />

por amores (…) anque sabré adfirmar que fue por dolores, pues de mi casamiento, o<br />

cansamiento...” [non saprò <strong>di</strong>re se fu per amore (…) anche se saprò affermare che fu per<br />

dolore, che del mio matrimonio, o affaticamento…], ma <strong>di</strong> fronte a tale insistenza il traduttore<br />

decide <strong>di</strong> semplificare il primo in “non saprei <strong>di</strong>re se fu per amore (…), ma posso affermare<br />

che i guai ci furono”, mentre riesce a trovare per il secondo un’assonanza corrispondente tra<br />

“sposalizio” e “supplizio”.<br />

Si può osservare già da questi casi come il traduttore, restio al<strong>la</strong> resa dei parallelismi, si<br />

concentri invece sui partico<strong>la</strong>ri che partecipano al<strong>la</strong> vivacità fonica del testo.<br />

Le funeste conseguenze del matrimonio afflissero il povero alfiere “ tanto en el cuerpo y en el<br />

alma”, definendo così una delle opposizioni tipiche del barocco e che egli procede ad<br />

esplicare spiegando come “los del cuerpo” gli abbiano causato <strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia che ha curato con i<br />

sudori, mentre “los del alma” non si possono alleviare.<br />

<strong>Montale</strong> propone <strong>la</strong> prima contrapposizione “nel corpo e nell’anima”, ma successivamente<br />

non ripete i <strong>due</strong> termini, sostituendoli con “i primi” e “i secon<strong>di</strong>”, <strong>di</strong> modo da mantenere il<br />

contrasto.<br />

Tale proce<strong>di</strong>mento non deve affatto stupirci, perché, come vedremo, tutto il <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>Montale</strong><br />

si basa sul tentativo <strong>di</strong> opporsi al<strong>la</strong> ripetitività dell’originale, nel quale le stesse parole<br />

ricorrono più volte a breve <strong>di</strong>stanza.<br />

Il traduttore, secondo i canoni del<strong>la</strong> variatio tipica del<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione letterale italiana, oppone<br />

all’uso insistito <strong>di</strong> determinati vocaboli, l’esercizio del<strong>la</strong> propria competenza linguistica<br />

impiegando svariati sinonimi.<br />

Una delle parole che più si ripete in questa novel<strong>la</strong> è quel<strong>la</strong> usata per in<strong>di</strong>care <strong>la</strong> persona che<br />

accompagnava ed aiutava un uomo o una donna <strong>di</strong> un certo tenore. Il “criado” <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong><br />

viene in genere reso con “servo”, ma può <strong>di</strong>ventare anche “incaricato” o “mio uomo”, a<br />

seconda del compito, mentre <strong>la</strong> “moza” è “servetta” o “ragazza”.<br />

La trasposizione in linguaggio contemporaneo delle <strong>di</strong>verse professioni del<strong>la</strong> Spagna<br />

secentesca può causare alcuni problemi per trovare dei termini che in modo sintetico ne<br />

esprimano <strong>la</strong> funzione, per cui <strong>la</strong> “<strong>due</strong>ña” <strong>di</strong>venta “maestra <strong>di</strong> casa” e il “licenciado”<br />

51


“dottore”, nel senso <strong>di</strong> colui che ha terminato gli stu<strong>di</strong> universitari. I “casamienteros” saranno<br />

invece “me<strong>di</strong>atori”.<br />

Al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> troviamo il riferimento a “los hermanos de <strong>la</strong> Capacha”, che, leggendo<br />

<strong>la</strong> nota critica, scopriamo essere i membri dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> San Juan de Dios che raccoglievano<br />

l’elemosina in ceste <strong>di</strong> palma chiamate in Andalusia “capachas”. <strong>Montale</strong> rigorosamente<br />

elude il problema traducendo “fratelli del<strong>la</strong> questua”.<br />

La stessa stretta c<strong>la</strong>ssificazione sociale <strong>di</strong>venta un problema, ad esempio per l’identificazione<br />

<strong>di</strong> un giovane “tan principal” <strong>Montale</strong> ricorre a “un pezzo grosso”.<br />

Lo scrittore spagnolo, per bocca <strong>di</strong> Campuzano, si <strong>di</strong>letta a descrivere con minuziosi<br />

partico<strong>la</strong>ri l’abbigliamento dei personaggi, restituendo al lettore una sfilza <strong>di</strong> indumenti<br />

dell’epoca così caratteristici quanto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile <strong>traduzione</strong>.<br />

A parte gonne, piume e perle, che si mantengono nel<strong>la</strong> loro letterarietà, <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong><br />

ripetizione <strong>di</strong> “manto”, <strong>Montale</strong> fa ricorso a “mantiglia” e poi “velo”, mentre un “capotillo”,<br />

per evitare equivoci, sarà una “mantellina”, e le piume “encarnadas” semplicemente ”rosa”.<br />

L’alfiere, invece che “calzas y jubón” indossa dei più comuni “pantaloni e giacca” , mentre <strong>la</strong><br />

“ropa b<strong>la</strong>nca” <strong>di</strong> Donna Stefania altro non è che “biancheria”, tessuta dai suoi stessi<br />

“pulgares”, generalizzato in “<strong>di</strong>ta”, e non acquistata da “tiendas ni lenceros”, ossia “merciai”.<br />

In opposizione al gusto del partico<strong>la</strong>re <strong>di</strong>mostrata da <strong>Cervantes</strong> nel<strong>la</strong> descrizione<br />

dell’abbigliamento, il tesoro dell’alfiere sembra composto <strong>di</strong> termini solo in<strong>di</strong>cativi “cadenas,<br />

cintillos, joyas y brincos”, o almeno tali li considera il <strong>Montale</strong>, che una volta traduce “catene,<br />

nastri e pendagli” e un’altra “le catene, i cordoni, le gemme e il resto”. Poco importa, in fin<br />

dei conti, perché il lettore è appena venuto a sapere che non si tratta d’altro che <strong>di</strong> “balumba”,<br />

cioè <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> oggetti, ovvero “paccottiglia”.<br />

Oltre alle informazioni sull’abbigliamento, <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> ci offre anche interessanti notizie<br />

sull’alimentazione dell’epoca, attraverso i cibi che consumano i personaggi.<br />

Questo aspetto storico dell’opera sembra debba interessare poco <strong>Montale</strong> o per lo meno il suo<br />

presunto lettore, poiché <strong>la</strong> “ol<strong>la</strong>”, che in<strong>di</strong>ca per metonimia una minestra tipica costituita <strong>di</strong><br />

verdura e carne, viene tradotta prima solo “cibo” e poi “zuppa”. Per non par<strong>la</strong>re dell’ec<strong>la</strong>tante<br />

trasformazione del cibo del servo che invece che un comune “pastel” si troverà per pranzo<br />

un’italianissima “pizza”. Infine, i raffinati “guisados” con cui <strong>la</strong> donna vizia il maritino sono<br />

prima un raro “cibreo” e poi succulenti “intingoli”.<br />

Il mondo del cibo vivifica le espressioni popo<strong>la</strong>ri, in partico<strong>la</strong>re con il pane che si trova ad<br />

esempio nel detto “el pan de <strong>la</strong> boda” che <strong>Montale</strong> traduce più semplicemente “ questa vita<br />

nuziale” , ma anche nel famoso detto “todos los <strong>due</strong>los con pan son buenos”[tutti i dolori con<br />

52


pane sono buoni], talmente conosciuta da spingere lo stesso Peralta a tra<strong>la</strong>sciare <strong>la</strong> seconda<br />

parte e citar solo “todos los <strong>due</strong>los ecc.”<br />

Di fronte al ricorso ad un proverbio così tra<strong>di</strong>zionale, <strong>Montale</strong> risponde inserendone un altro,<br />

preso dal<strong>la</strong> cultura italiana e altrettanto <strong>di</strong>ffuso, anche se non proprio adeguato “Non tutte le<br />

sventure ecc.” Tuttavia questo secondo detto fa riferimento al<strong>la</strong> felice soluzione <strong>di</strong> un<br />

problema, mentre il modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re <strong>di</strong> Peralta, in riferimento al furto <strong>di</strong> donna Stefania, par<strong>la</strong>va<br />

del conso<strong>la</strong>rsi per altra via <strong>di</strong> una sventura.<br />

Numerosi, già in questa prima novel<strong>la</strong>, sono i riferimenti a detti e a proverbi popo<strong>la</strong>ri che,<br />

assieme ai partico<strong>la</strong>ri tratti dal<strong>la</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana, col<strong>la</strong>borano a determinare il realismo del<strong>la</strong><br />

narrazione e il suo riflesso dell’epoca per <strong>la</strong> quale venne scritta.<br />

Al momento <strong>di</strong> ripropor<strong>la</strong> al pubblico italiano degli anni Quaranta, <strong>Montale</strong> prova a<br />

conservarne <strong>la</strong> forza espressiva, cercando espressioni adeguate ai suoi lettori.<br />

Alcune fette <strong>di</strong> prosciutto prima del piatto forte “nos hará <strong>la</strong> selva” <strong>di</strong>ce Peralta, e cioè “ci<br />

stuzzicheranno l’appetito” gli fa eco l’omonimo montaliano.<br />

Le trame dell’alfiere finiscono però per rivoltarsi contro <strong>di</strong> lui, per fargli ammettere che “me<br />

hirieron con mis proprios filos” [mi ferirono colle mie proprie <strong>la</strong>me], che trasposto in prima<br />

persona suona “ mi ferii col filo del<strong>la</strong> mia propria <strong>la</strong>ma”.<br />

Campuzano, tronfio del<strong>la</strong> propria bellezza ed eccentrica eleganza è sicuro del suo successo<br />

con le donne, certezza che con parole sue suona “me daba a intender que <strong>la</strong>s podía matar en el<br />

aire” [mi davo a intendere che potevo ucciderle nell’aria] e nel linguaggio del traduttore “non<br />

pensavo ci fossero donne capaci <strong>di</strong> resistermi”.<br />

Donna Stefania affascina tanto il suo spasimante da fargli affermare che “me tenía echado<br />

grillos el enten<strong>di</strong>miento”[mi rendeva come grilli l’inten<strong>di</strong>mento], ovvero “ormai padrone del<br />

mio buon giu<strong>di</strong>zio” , ma essa finisce <strong>di</strong> stupirlo con <strong>la</strong> sua <strong>di</strong>ligenza appena dopo il<br />

matrimonio, quando assieme al<strong>la</strong> servetta “bai<strong>la</strong>banme agua de<strong>la</strong>nte” [mi bal<strong>la</strong>vano acqua <strong>di</strong><br />

fronte] cioè “cercavano <strong>di</strong> prevenire ogni mio desiderio”.<br />

Più avanti, donna Hortigosa, scandalizzata dal comportamento <strong>di</strong> donna Stefania che ha<br />

portato un uomo nel<strong>la</strong> casa che non le apparteneva, esc<strong>la</strong>ma “se ha ido bien del pie a <strong>la</strong><br />

mano”, che in italiano suona con altrettanta stizza “si è fatta i comodacci suoi”.<br />

Infine, parafrasando un sonetto del Petrarca, il protagonista è costretto ad ammettere che forti<br />

sentimenti non si possono “tener a raya”, ovvero “dominare”.<br />

Come si vede, non sempre <strong>Montale</strong> trova o vuole usare delle espressioni colloquiali, e spesso<br />

preferisce spiegare <strong>la</strong> frase con parole più comprensibili.<br />

53


Oltre ai proverbi, simili proce<strong>di</strong>menti investono anche alcune esc<strong>la</strong>mazioni, come “¡Aqui fue<br />

ello! ¡Aqui me tuvo de nuevo Diós de su mano!” reso “eccomi dunque bell’e servito e ridotto<br />

al<strong>la</strong> mercè <strong>di</strong> Dio”, e appena prima “a Dios y a <strong>la</strong> ventura, sea lo que fuere”, che <strong>Montale</strong><br />

traduce “accada pure ciò che il cielo e il destino vogliono”, rendendo meno esc<strong>la</strong>mativa<br />

l’espressione.<br />

In un altro caso invece <strong>Montale</strong> inverte <strong>la</strong> rotta e mantiene un riferimento ad una tra<strong>di</strong>zione<br />

culturale ignota al pubblico nostrano, traducendo letteralmente “Credette don Simueque<br />

d’ingannarmi dandomi <strong>la</strong> figlia guercia, ma per Dio sono anch’io sciancato da una parte”,<br />

riportando con precisione un proverbio spagnolo e restituendo al lettore un’espressione più<br />

esotizzante che riconoscibile.<br />

Oltre alle intere frasi, sono capil<strong>la</strong>ri anche le espressioni i<strong>di</strong>omatiche legate a singole parole,<br />

come “hacía camerada”, ridotto ad “abitavo” o, per in<strong>di</strong>care il desiderio <strong>di</strong> possedere <strong>la</strong> donna,<br />

l’uso <strong>di</strong> “abrazado” reso “tutto infiammato” e “muerto” esteso invece a “morivo dal<strong>la</strong> voglia”.<br />

Le “algunas raíces” nel luogo dove l’alfiere “era natural”, <strong>di</strong>vengono più chiaramente “una<br />

picco<strong>la</strong> proprietà nel mio paese natale”.<br />

I letti del<strong>la</strong> casa dove gli sposini vengono ospitati erano così vicini che “<strong>la</strong>s sabanas se<br />

besaban” , <strong>di</strong>versamente dai lenzuoli <strong>di</strong> Monatale che più pu<strong>di</strong>camente “si sfioravano”.<br />

Per colmo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgrazia, non solo <strong>la</strong> donna fugge con i tesori del marito, ma ricongiungendosi a<br />

colui che era stato “su amigo a todo ruedo”, ovvero, maschera il traduttore, “se l’intendeva<br />

con lei”. D’altra parte, <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “amigo” per <strong>Cervantes</strong> ha il significato evidente <strong>di</strong> “amante”,<br />

ma spesso questo termine viene sostituito fingendo che l’interessato sia un membro del<strong>la</strong><br />

famiglia. Si capisce allora <strong>la</strong> sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> Campuzano quando nel<strong>la</strong> casa del<strong>la</strong> donna<br />

amata non “viese visiones en el<strong>la</strong> de parientes fingidos o amigo verdaderos”[vedesse visione<br />

in essa <strong>di</strong> parenti finti o amici veri], allusione ironica che il traduttore allevia con “senza che<br />

s’incontrassero falsi parenti o amici”.<br />

<strong>Cervantes</strong> ritrae con ironia il suoi personaggi, de<strong>di</strong>ti ad avventure amorose non certo virtuose<br />

piuttosto che all’esercizio del<strong>la</strong> spada. Così l’alfiere, costretto dal<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia ad usare <strong>la</strong> sua<br />

arma come un bastone, per ottenere l’agoniata preda metteva in mostra le sue qualità <strong>di</strong><br />

spadaccino, ma solo attraverso i <strong>di</strong>aloghi amorosi.<br />

“B<strong>la</strong>soné, hendí, rajé, ofrecí, prometí” [mi gloriai, fendetti, sfiorai, offrii, promisi] <strong>di</strong>ce<br />

Campuzano, usando alcuni termini specifici del <strong>due</strong>llo che in italiano sono resi “Braveggiai,<br />

con puntate e parate, offerte e promesse”, per cui <strong>la</strong> rapida successione verbale si trasforma in<br />

coppie <strong>di</strong> sostantivi.<br />

54


L’unico elemento conso<strong>la</strong>torio <strong>di</strong> tutta <strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, so<strong>la</strong> comunicazione autentica fra gli uomini<br />

pare <strong>la</strong> possibilità del narrare, raccontare del proprio passato con funzione catartica e come<br />

gesto <strong>di</strong> profonda con<strong>di</strong>visione. Si vedrà come <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> successiva sia totalmente incentrata<br />

su questo tema, dato che il protagonista non fa altro che narrare al suo ascoltatore del<strong>la</strong><br />

propria vita.<br />

Anche Campuzano, affranto dai propri ricor<strong>di</strong>, ha come unica conso<strong>la</strong>zione quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> poter<br />

narrare all’ascoltatore le proprie sventure. Osserviamo allora come sia definito l’argomento<br />

stesso <strong>di</strong> tale monologo che una volta egli definirà “mi historia”, reso da <strong>Montale</strong> con termine<br />

assai moderno “mio romanzo”, mentre più avanti “lo que me había contado” si riduce a “<strong>la</strong><br />

storia”.<br />

Poche pagine prima, quando l’alfiere narra del suo matrimonio all’amica del<strong>la</strong> moglie, <strong>di</strong>ce<br />

“contale todo el cuento” [le raccontai tutto il racconto], espressione che rende l’idea <strong>di</strong> un<br />

resoconto narrato all’interno del racconto principale, e che in italiano si affievolisce in<br />

“raccontai tutto”, <strong>traduzione</strong> che non rende il concetto <strong>di</strong> una storia narrata dall’inizio al<strong>la</strong><br />

fine.<br />

Un’intrusione <strong>di</strong> stile del traduttore piuttosto notevole si può osservare nel<strong>la</strong> descrizione dei<br />

litigi tra i <strong>due</strong> sposini, subito dopo il trasloco nel<strong>la</strong> casa dell’amica, poiché l’alfiere, non<br />

sod<strong>di</strong>sfatto del<strong>la</strong> nuova sistemazione, non fa che rimproverare <strong>la</strong> moglie, “<strong>di</strong>cendole <strong>la</strong><br />

necedad i<strong>di</strong>ozia que había hecho en haber dejado su casa y su hacienda...” [<strong>di</strong>cendole l’i<strong>di</strong>ozia<br />

che aveva fatto coll’aver <strong>la</strong>sciato <strong>la</strong> sua casa e i suoi posse<strong>di</strong>menti]. La subor<strong>di</strong>nata implicita<br />

viene esplicitato dal traduttore attraverso una costruzione molto lontana dall’uso cervantino<br />

che suona “per <strong>la</strong> sciocchezza che aveva fatto, <strong>di</strong>cevo io, nel <strong>la</strong>sciare <strong>la</strong> sua casa e i suoi<br />

beni…”<br />

Attribuisco al desiderio <strong>di</strong> maggior chiarezza possibile del testo altre trasformazioni ra<strong>di</strong>cali<br />

<strong>di</strong> frasi complesse, come “por haber sido parte del haberme puesto en el hospital” [per esser<br />

state parte dell’avermi messo nell’ospedale], tradotto “se queste m’hanno portato<br />

all’ospedale”.<br />

Allo stesso modo una frase arzigogo<strong>la</strong>ta come “ por tener <strong>la</strong> lengua estos animales comoda<br />

para poder pronunciar<strong>la</strong>s” [per avere <strong>la</strong> lingua questi animali comoda per poterle pronunciare]<br />

più semplicemente <strong>di</strong>venta “tra le più facili a essere pronunciate”, annul<strong>la</strong>ndo così anche <strong>la</strong><br />

ripetizione del termine “animales” che poco dopo verrà invece tradotto “cani”.<br />

Un ultimo accenno a perifrasi spagnole che in italiano vengono rese attraverso <strong>la</strong> costruzione<br />

sintetica, come l’accenno al futuro del “pienso escribir” e “pensaba leer” che in italiano sono<br />

rese solo “scriverò” e “leggerò”.<br />

55


Essendoci soffermati a lungo sull’inizio del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, anche per il finale è bene prestare<br />

partico<strong>la</strong>re attenzione, soprattutto in questo caso, poiché l’ultimo frase non solo conclude il<br />

racconto, che in realtà rimane in sospeso, ma costituisce soprattutto l’anello <strong>di</strong> collegamento<br />

con il testo successivo, cioè il contenuto del manoscritto che Campuzano offre a Peralta.<br />

La novel<strong>la</strong>, infatti, termina con il dottore che apre lo scartafaccio “y en el principio vio que<br />

estaba este título”[e all’inizio vide che c’era questo titolo], mentre per mano <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> egli<br />

vede che “cominciava con questo titolo”.<br />

Dopo questa analisi, risulterà chiaro che, se si deve incasel<strong>la</strong>re <strong>Montale</strong> tra i traduttori<br />

storicizzanti o modernizzanti, <strong>la</strong> scelta sarà ovviamente per il primo gruppo. Per approfon<strong>di</strong>re<br />

quin<strong>di</strong> i proce<strong>di</strong>menti che il traduttore applica al suo <strong>la</strong>voro, sarà bene procedere con l’analisi<br />

del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> seguente, ed osservare come, in un testo più esteso, <strong>Montale</strong> applichi <strong>la</strong> stessa<br />

strategia operativa.<br />

4.3 Il colloquio dei cani<br />

4.3.a La forza del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />

Essendo l’ultima novel<strong>la</strong> del libro, il Coloquio de los perros occupa una posizione chiave<br />

all’interno del<strong>la</strong> raccolta. <strong>Cervantes</strong> <strong>la</strong> mise probabilmente in fondo al volume per destinar<strong>la</strong><br />

ad un lettore reso più avveduto dal<strong>la</strong> conoscenza dei testi precedenti, e pronto ad affrontare un<br />

racconto che ammette <strong>di</strong>verse chiavi <strong>di</strong> lettura.<br />

Il primo livello del testo è quello del semplice <strong>di</strong>alogo dei cani, cioè il racconto delle<br />

avventure <strong>di</strong> Berganza, coinvolgenti per <strong>la</strong> narrazione delle <strong>di</strong>fficili situazioni che il<br />

protagonista deve affrontare. Un lettore più attento saprà poi cogliere le critiche al<strong>la</strong> società<br />

spagno<strong>la</strong> che <strong>Cervantes</strong> muove attraverso <strong>la</strong> descrizione dei <strong>di</strong>versi padroni <strong>di</strong> Berganza e<br />

delle loro nefandezze. Quest’ultimo tipo <strong>di</strong> lettura risultava evidentemente più facile per uno<br />

spagnolo del se<strong>di</strong>cesimo secolo, dato che vi trovava riflessa <strong>la</strong> realtà sociale nel<strong>la</strong> quale era<br />

immerso, che per il pubblico del 1941 per il quale traduce <strong>Montale</strong>.<br />

Abbiamo visto che il poeta è interessato non tanto al<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> letterale, quanto al<strong>la</strong> resa<br />

del senso <strong>di</strong> un testo dopo averlo analizzato all’interno dell’orizzonte culturale nel quale era<br />

stato prodotto.<br />

56


Oltre al<strong>la</strong> scelta del vocabo<strong>la</strong>rio moderno attuata dal traduttore, è interessante osservare in che<br />

modo egli decida <strong>di</strong> rendere il senso delle avventura del cane Berganza rendendole<br />

comprensibili al pubblico contemporaneo. Oltre al<strong>la</strong> comprensibilità sul piano semantico mi<br />

riferisco anche al<strong>la</strong> possibilità per i lettori dei Narratori spagnoli <strong>di</strong> capire il valore del<strong>la</strong><br />

profonda critica che <strong>Cervantes</strong> attua nei confronti del<strong>la</strong> propria società, proiettando<strong>la</strong><br />

contemporaneamente nel<strong>la</strong> realtà <strong>di</strong> cui essi hanno esperienza.<br />

All’elemento concettuale si sovrappone ed intreccia il problema tecnico. <strong>Montale</strong> deve<br />

tradurre, come abbiamo visto, da una lingua straniera con una forte somiglianza al<strong>la</strong> propria,<br />

ma spesso l’uso del calco <strong>di</strong>retto, cioè <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> con <strong>la</strong> stessa origine <strong>la</strong>tina, non risulterebbe<br />

adeguato al sistema linguistico italiano.<br />

Analizzerò il testo affrontando un episo<strong>di</strong>o per volta, in modo da potermi soffermare sui<br />

contenuti specifici delle singole parti e poter via via considerare come le scelte linguistiche<br />

del traduttore influenzino il piano del significato.<br />

Se <strong>la</strong> resa <strong>di</strong> una narrazione è paragonabile a un’interpretazione critica del traduttore, sarà<br />

importante vedere in primo luogo come egli trasponga il titolo, primo elemento del metatesto.<br />

In questo caso è molto interessante notare come <strong>Montale</strong> incroci procedure opposte già dal<strong>la</strong><br />

presentazione del brano.<br />

Da una parte <strong>la</strong> resa del titolo è letterale in quanto mantiene l’espressione “colloquio”, a<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> traduttori più recenti che hanno preferito tradurlo con “<strong>di</strong>alogo”, termine che<br />

racchiude in sé evidenti riman<strong>di</strong> letterali e filosofici.<br />

Altro elemento <strong>di</strong> corrispondenza con l’ originale è il carattere impiegato. La resa grafica del<br />

titolo italiano riporta <strong>la</strong> prima parte in maiuscolo, e <strong>la</strong> prosecuzione, come un sottotitolo, in<br />

corsivo, come l’e<strong>di</strong>zione originale spagno<strong>la</strong>.<br />

A livello lessicale, invece, si riscontra <strong>la</strong> libera interpretazione montaliana del testo, in quanto<br />

già il titolo si <strong>di</strong>scosta un poco dall’originale. Di fronte allo spagnolo “nove<strong>la</strong> y coloquio que<br />

pasó entre Cipión y Berganza” [novel<strong>la</strong> e colloquio che avvenne tra Scipione e Berganza], il<br />

traduttore scrive “Colloquio <strong>di</strong> Scipione e Berganza”. Oltre all’ovvia trasposizione dei nomi,<br />

uso mantenuto anche da tutti i traduttori successivi, vi è un evidente atto <strong>di</strong> selezione, poichè<br />

<strong>Montale</strong> sopprime il nesso e il verbo del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva accorciando nettamente il titolo. L’ elisione<br />

del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva è uno dei proce<strong>di</strong>menti che il poeta applica spesso al testo tradotto per<br />

perseguire una resa più concisa del dettato.<br />

Oltre al<strong>la</strong> parte verbale, il traduttore elimina anche <strong>la</strong> prima paro<strong>la</strong> “nove<strong>la</strong>”, decidendo <strong>di</strong><br />

mantenere solo <strong>la</strong> definizone <strong>di</strong> “colloquio”, operazione che risulta molto importante, in<br />

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quanto già nel<strong>la</strong> prima frase il poeta elimina <strong>la</strong> struttura ad en<strong>di</strong>a<strong>di</strong> tipica del<strong>la</strong> poetica<br />

cervantina e sottolinea il valore verbale dell’intero testo.<br />

Altra operazione interessante per il <strong>di</strong>scorso dell’unità delle <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> cui mi occupo è il fatto<br />

che <strong>la</strong> seconda inizi appena sotto <strong>la</strong> prima, come a determinare una continuità tra i <strong>due</strong> testi. In<br />

questo caso si tratta però <strong>di</strong> scelte e<strong>di</strong>toriali, nelle quali ritengo non sia coinvolto il traduttore.<br />

Il <strong>di</strong>alogo si apre con lo stupore dei <strong>due</strong> cani <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> loro sorprendente facoltà <strong>di</strong> par<strong>la</strong>re<br />

<strong>la</strong> lingua umana, esplicitando subito <strong>la</strong> loro reciproca simpatia attraverso gli epiteti che<br />

antepongono al nome dell’altro, dato che Scipione chiama “amigo” Berganza, il quale lo<br />

apostrofa “hermano”. <strong>Montale</strong> mantiene inalterata l’espressione fraterna, ma aggiunge ad<br />

“amico” il possessivo “mio”, aggiungendo in questo caso, rispetto al<strong>la</strong> solita attenzione per <strong>la</strong><br />

maggior sinteticità possibile, un aggettivo per rendere l’affettuosità e <strong>la</strong> vicinanza dei <strong>due</strong><br />

animali.<br />

I <strong>due</strong> mastini dunque, con stupore, iniziano a <strong>di</strong>alogare, incerti loro stessi delle cause e sui<br />

limiti <strong>di</strong> tale libertà.<br />

La facoltà <strong>di</strong> par<strong>la</strong>re è il primo tema del <strong>di</strong>alogo e ricopre un’importanza fondamentale, in<br />

quanto proietta l’intero racconto in un piano sospeso tra <strong>la</strong> realtà e l’irrealtà. Il realismo<br />

cervantino che si svelerà nel<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> nel<strong>la</strong> descrizione <strong>di</strong> ambienti estremamente concreti<br />

soprattutto nei loro aspetti più biechi, si smussa presentando <strong>la</strong> narrazione come il <strong>di</strong>scorso<br />

apparentemente irreale tra <strong>due</strong> cani. Questo contrasto così forte si può situare all’interno del<strong>la</strong><br />

generale problematica dell’opposizione tre Storia e Fantasia, tema molto <strong>di</strong>battuto dal<strong>la</strong> critica<br />

cervantina.<br />

Tutte le <strong>novelle</strong> del<strong>la</strong> raccolta contengono numerosi riferimenti realistici al<strong>la</strong> società del<br />

tempo, svolgendosi tra i <strong>di</strong>versi livelli sociali che <strong>la</strong> componevano, senza contare i richiami<br />

autobiografici dell’autore o le citazione <strong>di</strong> persone realmente esistite o ad<strong>di</strong>rittura conosciute<br />

durante i suoi viaggi.<br />

L’elemento favolistico gioca da contrappunto a tale concretezza, condendo ogni novel<strong>la</strong> <strong>di</strong><br />

elementi del<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione fantastica quali agnizioni sbalor<strong>di</strong>tive, insperati salvataggi e<br />

riconoscimenti che permettono spesso un improvviso lieto fine.<br />

L’autore, in questo caso, incorniciando il realismo dei fatti nell’improbabile <strong>di</strong>scorrere dei<br />

cani, propone al lettore un testo che richiede una momentanea sospensione del giu<strong>di</strong>zio.<br />

E’ così importante sapere se i cani par<strong>la</strong>ssero realmente o no? Alle proteste dell’amico <strong>di</strong><br />

fronte a tale assur<strong>di</strong>tà, Campuzano gli offre il manoscritto del <strong>di</strong>alogo e, dopo <strong>la</strong> lettura, è lo<br />

stesso Peralta a proporre <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scuterne più, <strong>la</strong>sciando il tema in sospeso. Non è<br />

fondamentale decidere se i cani par<strong>la</strong>ssero davvero perché <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> rimarrebbe in ogni caso<br />

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un’opera <strong>di</strong> finzione letteraria al<strong>la</strong> quale, per quanto realistica, non bisogna credere come se<br />

fosse realtà. La cornice del <strong>di</strong>alogo, il doppio mezzo del<strong>la</strong> narrazione, scritta dell’alfiere ed<br />

orale <strong>di</strong> Berganza, e <strong>la</strong> <strong>di</strong>ffidenza <strong>di</strong> Peralta fungono da ammonimento al lettore che non cada<br />

nell’errore <strong>di</strong> Alonso Quijano/don Quijote: creder vero il contenuto dei libri.<br />

La paro<strong>la</strong> dunque funge da me<strong>di</strong>atrice dei fatti, ma ricopre anche un ruolo fondamentale tra i<br />

personaggi delle <strong>due</strong> <strong>novelle</strong>, in quanto si tratta in entrambi i casi <strong>di</strong> <strong>due</strong> amici che <strong>di</strong>alogano<br />

tra loro. Campuzano, attraverso il racconto delle proprie <strong>di</strong>sgrazie sembra sublimare <strong>la</strong> propria<br />

<strong>di</strong>sperazione, mentre attraverso il <strong>di</strong>alogo dei cani esprime il suo risentimento verso<br />

l’ingiustizia.<br />

In molte <strong>novelle</strong> del<strong>la</strong> raccolta i personaggi vengono elevati dal<strong>la</strong> qualità del loro par<strong>la</strong>re,<br />

come <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> gitana che <strong>di</strong>mostra senza saperlo le proprie origini nobili proprio attraverso<br />

<strong>la</strong> saggezza delle proprie risposte, o l’inaspettata ricchezza del linguaggio <strong>di</strong> <strong>due</strong> piccoli<br />

delinquenti come Rinconete e Corta<strong>di</strong>llo, senza contare gli altri numerosi personaggi che<br />

vengono riscattati agli occhi degli astanti attraverso <strong>la</strong> narrazione delle incre<strong>di</strong>bili avventure<br />

che hanno vissuto.<br />

Il valore del linguaggio nelle avventure <strong>di</strong> Berganza è sottolineata dal<strong>la</strong> sua assenza, poiché<br />

più volte l’animale non sarebbe incorso in punizioni ingiuste se avesse potuto par<strong>la</strong>re con gli<br />

uomini e rive<strong>la</strong>re loro <strong>la</strong> verità.<br />

<strong>Cervantes</strong> esprime lo stupore dei <strong>due</strong> cani per essere d’improvviso dotati del dono del<strong>la</strong><br />

favel<strong>la</strong>, e rimarca l’importanza <strong>di</strong> tale opportunità, attraverso <strong>la</strong> ripetizione proprio del<strong>la</strong><br />

paro<strong>la</strong> “hab<strong>la</strong>r”, cioè “par<strong>la</strong>re”. Nel<strong>la</strong> seconda battuta del <strong>di</strong>alogo, Berganza <strong>la</strong> usa ad<strong>di</strong>rittura<br />

tre volte nel giro <strong>di</strong> appena tre righe, e subito dopo Scipione ne fa uso per <strong>due</strong> volte<br />

consecutive <strong>di</strong>stinguendo el “hab<strong>la</strong>r” dal “hab<strong>la</strong>r con <strong>di</strong>scurso”.<br />

<strong>Montale</strong> che, come sappiamo, preferisce <strong>la</strong> variatio, in questo caso sceglie <strong>di</strong> conservare <strong>la</strong><br />

ripetizione ma in modo più limitato.<br />

Il testo spagnolo <strong>di</strong>ce “Cipión hermano, óyote hab<strong>la</strong>r y sé que te hablo, y no puedo creerlo,<br />

por parecerme que el hab<strong>la</strong>r nosotros pasa de los limites de <strong>la</strong> naturaleza” [Scipione fratello, ti<br />

sento par<strong>la</strong>re e so che ti parlo, e non posso crederlo, per sembrarmi che il par<strong>la</strong>re noi supera i<br />

limiti del<strong>la</strong> natura], mentre quello italiano riporta “Scipione, fratello, ti ascolto par<strong>la</strong>re e sento<br />

che anch’io ti parlo e non posso crederlo, perché mi pare che questo fatto ecceda dai confini<br />

del naturale”.<br />

Come si nota, il traduttore <strong>di</strong>minuisce l’effetto del<strong>la</strong> ripetizione separando i <strong>due</strong> verbi con<br />

l’avverbio “anche” ed evitando il termine <strong>la</strong> terza volta. Così l’ “hab<strong>la</strong>r con <strong>di</strong>scurso” del<strong>la</strong><br />

battuta successiva <strong>di</strong>venta semplicemente “<strong>di</strong>scorrere” per evitare <strong>la</strong> reiterazione.<br />

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Più sotto, <strong>di</strong> nuovo <strong>Montale</strong> evade l’insistenza dell’autore spagnolo sul tema chiave del<br />

linguaggio, poiché Berganza fa riferimento al<strong>la</strong> propria esistenza passata definendo<strong>la</strong><br />

“<strong>di</strong>scurso de mi vida” che il traduttore rende semplicemente “vita mia”. Il termine in questo<br />

caso risparmiato, viene impiegato invece più sotto dove un’ulteriore ripetizione <strong>di</strong> “hab<strong>la</strong>r”<br />

viene reso “metterci a <strong>di</strong>scorrere”.<br />

Un proce<strong>di</strong>mento simile avviene nei confronti dei verbi re<strong>la</strong>tivi all’u<strong>di</strong>to, senso<br />

complementare all’azione del par<strong>la</strong>re e che ne garantisce <strong>la</strong> funzionalità. All’uso costante del<br />

verbo “oír”, <strong>Montale</strong> oppone al solito una gamma <strong>di</strong> termini <strong>di</strong>versi.<br />

Nel<strong>la</strong> seconda battuta, citata sopra, l’espressione sincretica “óyote (per oígote) hab<strong>la</strong>r” è resa<br />

con “ti ascolto par<strong>la</strong>re” che italiano risulta piuttosto forzoso. <strong>Montale</strong> adotta questa strana<br />

costruzione probabilmente perché preferisce usare il verbo “sentire” in altre occasioni, nel<br />

campo semantico proprio dell’interiorità piuttosto che dell’u<strong>di</strong>to. Così il “sé” appena<br />

successivo, letteralmente “so”, <strong>di</strong>venta “sento”, mentre, in un'altra occasione poco <strong>di</strong>stante,<br />

par<strong>la</strong>ndo degli uomini che “han querido sentir que tenemos un natural <strong>di</strong>stinto” si trasforma in<br />

“ han potuto trovarci una natura partico<strong>la</strong>re” per variare rispetto al “ho sentito par<strong>la</strong>re” appena<br />

precedente.<br />

Poco dopo Berganza racconta <strong>di</strong> aver appreso un dato inquietante da uno studente <strong>di</strong> Alcalá<br />

de Henares. L’ “oí decir” in questo caso si mantiene in italiano col suo valore <strong>di</strong> “ho sentito<br />

<strong>di</strong>re” con <strong>la</strong> so<strong>la</strong> mo<strong>di</strong>fica del tempo verbale. Scipione domanda allora incuriosito “¿Qué le<br />

oíste decir?” che <strong>Montale</strong> riduce a “Che <strong>di</strong>ceva?”, a cui l’amico risponde che il ragazzo<br />

spiegava che dei cinquemi<strong>la</strong> studenti iscritti quell’anno all’università, <strong>due</strong>mi<strong>la</strong> “oían<br />

me<strong>di</strong>cina” che il traduttore rende con “son <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina”.<br />

I casi da citare sarebbero numerosi all’interno <strong>di</strong> tutta <strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, e costituiscono in spagnolo<br />

una fitta trama lessicale, mentre nel<strong>la</strong> versione <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> danno luogo a un continuo<br />

esercizio dell’uso dei sinonimi.<br />

Ancora una volta, ad esempio, poche pagine dopo un “había oído contar” <strong>di</strong>venta “a ciò che si<br />

<strong>di</strong>ce”, con una forte trasformazione <strong>di</strong> significato. <strong>Montale</strong> in questo caso mantiene<br />

l’indeterminatezza dell’originale, ma trasforma l’azione singo<strong>la</strong>re del primo caso in<br />

un’espressione collettiva e generalizzata.<br />

L’annul<strong>la</strong>mento delle ripetizioni in buona sostanza non risparmia nemmeno le parole che per<br />

<strong>Cervantes</strong> dovevano avere un valore semantico davvero rive<strong>la</strong>nte.<br />

A sostegno <strong>di</strong> questa affermazione possiamo osservare ancora un caso evidente.<br />

Dopo aver <strong>di</strong>battuto sull’origine del<strong>la</strong> loro favel<strong>la</strong> e sulle capacità dei cani, arrivando anche ad<br />

accenti inquietantemente apocalittici, Scipione si prende <strong>la</strong> briga <strong>di</strong> interrompere tale <strong>di</strong>scorso<br />

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per invitare l’amico ad usare nel modo più proficuo possibile <strong>la</strong> miracolosa possibilità <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scorrere.<br />

Scipione per tutto il <strong>di</strong>alogo compie <strong>la</strong> funzione più filosofica e razionale, definendo i limiti<br />

coi quali argina <strong>la</strong> <strong>di</strong>spersività del<strong>la</strong> foga narrativa <strong>di</strong> Berganza e ammonendolo contro il<br />

“murmurar”.<br />

Anche in questo caso il saggio cane definisce l’argomento del <strong>di</strong>alogo, circoscrivendo in<br />

questo modo ciò che può essere più utile ai <strong>due</strong>. Interrompendo le <strong>di</strong>ssertazioni precedenti<br />

sancisce che l’uomo non può prevenire ciò che il cielo decide, e allo stesso modo è inutile<br />

<strong>di</strong>battere sul perché del loro par<strong>la</strong>re , ma è meglio “que este buen día, o buena noche, <strong>la</strong><br />

metamos en nuestra casa, y pues <strong>la</strong> tenemos tan buena en estas esteras y no sabemos cuánto<br />

durará esta ventura….”[ che questo buon giorno, o buona notte, <strong>la</strong> mettiamo in casa nostra, e<br />

dunque <strong>la</strong> teniamo tanto buona su queste stuoie e non sappiamo quanto durerà questa fortuna].<br />

La frase insiste sull’aggettivo “bueno”, perché tale è <strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> notte miracolosa in cui i<br />

<strong>due</strong> cani possono finalmente par<strong>la</strong>re e che assume quin<strong>di</strong> carattere <strong>di</strong> positività legata al<strong>la</strong> sua<br />

utilità. “Meglio” traduce <strong>Montale</strong> “sarà far tesoro <strong>di</strong> questo felice giorno, anzi <strong>di</strong> questa<br />

fortunata notte; e poiché non sappiamo quanto durerà tale fortuna”, determinando così una<br />

variazione dell’aggettivazione, ma aggiungendo anche una ripetizione <strong>di</strong> “fortunata” assente<br />

nello spagnolo.<br />

Il traduttore in questo caso sposta il senso del<strong>la</strong> positività legata all’utilità al<strong>la</strong> fortuna<br />

inaspettata che li ha toccati.<br />

Altro elemento centrale che appare già all’inizio del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> è <strong>la</strong> caratterizzazione dell’uomo<br />

per le sue qualità mentali che lo rendono <strong>di</strong>stinto dall’animale che non le possiede.<br />

Tale opposizione viene descritta da Scipione all’inizio del racconto mentre <strong>di</strong>ce che essi<br />

par<strong>la</strong>no “como si fuéramos capaces de razón, estando tan sin el<strong>la</strong> que <strong>la</strong> <strong>di</strong>ferencia que hay del<br />

animal bruto al hombre es de ser el hombre animal racional, y el bruto, irracional.” [come se<br />

fossimo capaci <strong>di</strong> ragione, essendo tanto privi <strong>di</strong> essa che <strong>la</strong> <strong>di</strong>fferenza che c’è tra l’animale<br />

bestiale e l’uomo è l’essere l’uomo animale razionale, e <strong>la</strong> bestia, irrazionale ]. Come si vede,<br />

l’autore spagnolo non si preoccupa assolutamente <strong>di</strong> ripetere lo stesso termine, anzi, usa con<br />

insistenza questo mezzo per rimarcare i termini fondamentali del <strong>di</strong>scorso.<br />

Anche in questo caso <strong>Montale</strong> preferisce <strong>la</strong> variatio scrivendo “come se fossimo dotati <strong>di</strong><br />

ragione, mentre lo siamo così poco che <strong>la</strong> <strong>di</strong>fferenza esistente tra l’uomo e <strong>la</strong> bestia, è appunto<br />

cotesta, che l’uomo è un essere ragionevole mentre <strong>la</strong> bestia non lo è affatto.”<br />

In questo caso <strong>la</strong> <strong>di</strong>fferenza è sostanziale e non si tratta solo <strong>di</strong> lessico. Per quanto possiamo<br />

comprendere <strong>la</strong> <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> per trovare sinonimi adatti, il gioco chiastico <strong>di</strong><br />

61


<strong>Cervantes</strong> proponeva una definizione che <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> non rende. Infatti, l’essere umano <strong>di</strong><br />

<strong>Cervantes</strong> è pur sempre un animale, ma dotato <strong>di</strong> razionalità, mentre l’uomo montaliano, non<br />

solo ha perso il suo carattere animalesco, ma risulta “ragionevole”. Per un lettore<br />

contemporaneo mi pare evidente che il significato <strong>di</strong> “ragionevole” sia molto <strong>di</strong>verso da<br />

quello che sottintenderebbe <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> più letterale “razionale”. Il termine usato da <strong>Montale</strong><br />

in quest’occasione sposta <strong>la</strong> gamma connotativa del termine dal<strong>la</strong> capacità <strong>di</strong> ragionare alle<br />

considerazioni etiche del proprio comportamento.<br />

I <strong>due</strong> cani, verso il principio del loro <strong>di</strong>alogo, riconoscono che, nonostante <strong>la</strong> loro razza<br />

appartenga al genere degli animali, si è sempre <strong>di</strong>stinta per alcune caratteristiche che altre<br />

bestie non posseggono, tra cui in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> gratitu<strong>di</strong>ne e <strong>la</strong> fedeltà al padrone,<br />

affermazione seguita da alcuni esempi partico<strong>la</strong>rmente toccanti perché fanno riferimento<br />

all’ambito funerario.<br />

In primo luogo si usa porre l’immagine <strong>di</strong> un cane sulle tombe dei coniugi ai pie<strong>di</strong> delle loro<br />

immagini a segno “que se guardaron en <strong>la</strong> vida amistad y fidelidad invio<strong>la</strong>bile”[che si<br />

conservarono in vita amicizia e fedeltà invio<strong>la</strong>bile]. Quest’espressione, sull’invio<strong>la</strong>bilità del<br />

rispetto matrimoniale non par<strong>la</strong> <strong>di</strong> sentimenti, ma <strong>di</strong> un dogma quasi legis<strong>la</strong>tivo che ben si<br />

accompagna al verbo “guardar” che è appunto usato nel caso <strong>di</strong> un guar<strong>di</strong>ano che custo<strong>di</strong>sca<br />

qualcosa, come il cane appunto. <strong>Montale</strong> trasforma completamente il senso dell’espressione<br />

scrivendo “dell’amicizia e dell’invio<strong>la</strong>bile fedeltà che li ha uniti in vita”. Il rispetto del<br />

coniuge così passa ad un valore profondo che non in<strong>di</strong>ca il custo<strong>di</strong>re qualcosa (più o meno<br />

volentieri) ma un’attiva partecipazione sentimentale. Ritengo tale trasformazione dettata dal<strong>la</strong><br />

poetica <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> che probabilmente fu partico<strong>la</strong>rmente affascinato da queste righe, interesse<br />

<strong>di</strong>mostrato anche dalle trasformazioni che compie delle frasi successive, con cambiamenti<br />

lievi ma significativi.<br />

Berganza prosegue raccontando <strong>di</strong> cani tanto riconoscenti al loro padrone “que se han<br />

arrojado con los cuerpos <strong>di</strong>funtos de sus amos en <strong>la</strong> misma sepultura.” [che si sono gettati<br />

con i corpi defunti dei loro padroni nel<strong>la</strong> stessa sepoltura]. L’aggettivo in questo caso viene<br />

spostato da <strong>Montale</strong> dai corpi ai “loro defunti padroni”, focalizzando in questo modo<br />

l’attenzione non sull’aspetto macabro e curioso dell’episo<strong>di</strong>o, ma sul<strong>la</strong> drammaticità del<strong>la</strong><br />

morte degli amati padroni; il cane non segue un corpo morto, ma <strong>la</strong> salma del padrone<br />

defunto.<br />

Altra reazione <strong>di</strong>sperata al<strong>la</strong> morte del caro umano può essere il non allontanarsi dal luogo<br />

dell’interramento e <strong>la</strong> rinuncia al cibo “hasta que se les acababa <strong>la</strong> vida” [fino a che terminava<br />

loro <strong>la</strong> vita]: è <strong>la</strong> vita del cane a consumarsi, <strong>di</strong> fronte a una caparbia rinuncia <strong>di</strong> essa da parte<br />

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dell’animale. <strong>Montale</strong> invece scrive che essi smettono <strong>di</strong> mangiare “fin che restavano in vita”,<br />

tracciando un comportamento <strong>di</strong> attiva sofferenza fino all’ultimo spasimo. Il cane non<br />

rinuncia al<strong>la</strong> vita, anzi vi rimane attaccato fino a soccombere per <strong>la</strong> fame.<br />

Io trovo che tali variazioni, concentrate proprio in questo brano, <strong>di</strong>mostrino come il poeta<br />

ligure abbia fatto prevalere, volontariamente o inconsciamente, un universo <strong>di</strong> emozioni che<br />

<strong>di</strong>scostano il suo mondo poetico e soprattutto esistenziale da quello <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>.<br />

4.3.b Jiferos e cria<strong>di</strong>l<strong>la</strong>s<br />

Berganza inizia il suo racconto dal primo luogo cui lo legano dei ricor<strong>di</strong> che è il mattatoio <strong>di</strong><br />

Siviglia, che doveva essere ben noto ai contemporanei se proprio dai suoi commerci deriva il<br />

nome del<strong>la</strong> porta del<strong>la</strong> Carne attraverso <strong>la</strong> quale questa entra in città.<br />

Il “Matadero”, che come l’ospedale del<strong>la</strong> Resurrezione, è scritto in spagnolo con <strong>la</strong> maiusco<strong>la</strong><br />

proprio in riferimento al<strong>la</strong> sua importanza e notorietà, in italiano è minuscolo in quanto<br />

assolutamente nuovo ai lettori. Allo stesso modo “afuera de <strong>la</strong> puerta de <strong>la</strong> Carne” <strong>di</strong>venta<br />

“fuori <strong>di</strong> porta del<strong>la</strong> Carne” con l’elisione dell’articolo determinativo.<br />

Solo in un’occasione, quando Berganza elenca i luoghi che si <strong>di</strong>ce il re non controlli a<br />

Siviglia, anche <strong>Montale</strong> lo definirà “il Mattatoio” col valore <strong>di</strong> un nome proprio.<br />

Sempre a confermare il gusto per i cambiamenti, più avanti questo luogo verrà chiamato<br />

invece “ammazzatoio”.<br />

La descrizione dei personaggi che vivono attorno al<strong>la</strong> macel<strong>la</strong>zione degli animali definisce un<br />

mondo <strong>di</strong> delinquenti che rubano i pezzi migliori e con essi sostengono se stessi e le proprie<br />

amanti.<br />

Tali manigol<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui Berganza ritrae <strong>la</strong> smodata violenza, sono definiti da <strong>Cervantes</strong><br />

“jiferos”, termine dell’epoca per in<strong>di</strong>care un tipo <strong>di</strong> coltello da macel<strong>la</strong>io. <strong>Montale</strong>, non<br />

trovando un espressione corrispondente in italiano, decide <strong>di</strong> usare “beccai” che rende bene il<br />

senso del<strong>la</strong> vicinanza al<strong>la</strong> morte, mentre più in basso “los que ejercitan <strong>la</strong> jifería” <strong>di</strong>ventano<br />

più semplicemente “macel<strong>la</strong>i” eliminando il rimando.<br />

Poco dopo, il cane che trasporta <strong>la</strong> carne non vuole mordere una soave fanciul<strong>la</strong> con <strong>la</strong><br />

propria bocca “jifera”, che <strong>Montale</strong> rende in questo caso con “sanguigna”.<br />

Il termine spagnolo, come si vede, non riguarda solo il <strong>la</strong>voro dei macel<strong>la</strong>i, ma tutta una serie<br />

<strong>di</strong> elementi connotativi del<strong>la</strong> loro professione e soprattutto del loro carattere che si<br />

esemplificheranno nel<strong>la</strong> figura del padrone del cane. Tale è l’ampiezza del significato, che ne<br />

viene investita anche <strong>la</strong> fidanzata del soggetto in questione, definita in spagnolo “dama<br />

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jifera”, con un aggettivo che in italiano viene reso dal traduttore nel suo valore ampio <strong>di</strong><br />

depravazione, spostando <strong>la</strong> connotazione gergale al sostantivo e dando luogo al<strong>la</strong> creativa<br />

espressione “su<strong>di</strong>cia ganza”. Si nota come il traduttore enuclei il valore dell’espressione e ne<br />

sottolinei aspetti <strong>di</strong>versi a seconda del contesto.<br />

Il mondo del mattatoio <strong>di</strong> Siviglia è reso con forte espressività al fine <strong>di</strong> dare l’idea <strong>di</strong> un<br />

universo sottratto al controllo delle istituzioni monarchiche, all’interno del quale regna <strong>la</strong><br />

legge del più forte, tra uomini che ammazzano un collega tanto facilmente quanto una vacca e<br />

si appropriano <strong>di</strong> ciò che vogliono. Costoro dettano legge nel mondo senza legge del<br />

mattatoio e sono definiti dunque i “ministros de aquel<strong>la</strong> confusión”, con un ‘espressività che<br />

<strong>Montale</strong> enfatizza con spiccata infedeltà nel suo “gran<strong>di</strong> arruffoni <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> Babilonia”, e tra<br />

cui si trova il primo padrone <strong>di</strong> Berganza, uno <strong>di</strong> questi delinquenti che si chiama “Nicolás el<br />

Romo”.<br />

Mentre il nome proprio viene italianizzato da <strong>Montale</strong> in “Nico<strong>la</strong>”, il soprannome <strong>di</strong>venta<br />

“Remo”, ma il traduttore si vede costretto ad inserire una nota a piè <strong>di</strong> pagina per spiegare che<br />

“Romo in spagnolo vuol <strong>di</strong>re mulo, e allo stesso tempo caparbio, ottuso”, mentre il testo<br />

critico da me usato lo spiega come “de nariz chata”[dal naso schiacciato]. In questo caso il<br />

nostro scrittore preferisce mantenere il nome spagnolo ed esplicitarne il significato in nota per<br />

permettere al lettore <strong>di</strong> comprendere i riferimenti attraverso il paratesto, usando una<br />

soluzione partico<strong>la</strong>rmente notevole perché si tratta dell’unica nota dell’intera novel<strong>la</strong>.<br />

Una scelta <strong>di</strong>versa avrebbe potuto portarlo a usare un termine come “mulo” che però in<br />

italiano si arricchirebbe <strong>di</strong> ulteriori riferimenti connotativi assenti nel prototesto.<br />

Il cane definisce l’uomo in questione “robusto, dob<strong>la</strong>do y colérico, como lo son todos todos<br />

aquellos que ejercitan (appunto) <strong>la</strong> jifería”, che <strong>Montale</strong> traduce “robusto, atticciato e <strong>di</strong><br />

natura collerica com’è quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> tutti i macel<strong>la</strong>i”. “Dob<strong>la</strong>do”, espressione ormai sparita dallo<br />

spagnolo corrente, tant’è vero che l’e<strong>di</strong>zione critica ne riporta in nota il significato, viene reso<br />

con una paro<strong>la</strong> altrettanto ricercata. Dell’ultimo termine abbiamo già detto, ma osserviamo<br />

come in questa occasione <strong>la</strong> facilità ad infuriarsi del personaggio nel testo originale sembra<br />

essere conseguenza del <strong>la</strong>voro, mentre nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> pare essere <strong>la</strong> causa che spinge gli<br />

in<strong>di</strong>vidui a scegliere tale professione. Se leggiamo <strong>la</strong> nota critica, scopriamo però che il tratto<br />

“colérico” è “uno de los humores que según <strong>la</strong> me<strong>di</strong>cina clásica determinaba el caracter de <strong>la</strong><br />

persona”, per cui <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> risulta partico<strong>la</strong>rmente adatta a rendere questa<br />

concezione <strong>di</strong> antica tra<strong>di</strong>zione dell’immutabilità del carattere.<br />

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Nico<strong>la</strong> insegna a Berganza in che modo dovessero buttarsi sui tori e “les hiciesemos presa”<br />

per le orecchie, verbo che <strong>di</strong>venta “acciuffarli” sottolineando <strong>la</strong> tendenza al<strong>la</strong> semplificazione<br />

e al<strong>la</strong> sintesi che <strong>Montale</strong> realizza dove è possibile, pur mantenendo l’espressività del termine.<br />

Dopo aver per un certo periodo aiutato il padrone a compiere le proprie nefandezze, Berganza<br />

ammette <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>ventato davvero bravo nelle sue mansioni, ammissione molto importante<br />

per capire <strong>la</strong> riflessione che il protagonista porta avanti durante tutta <strong>la</strong> narrazione, poiché<br />

spesso egli si rende conto che <strong>la</strong> frequentazione del male porta ad accettarlo. Le amare<br />

considerazioni <strong>di</strong> Berganza rappresentano il suo percorso filosofico <strong>di</strong> scoperta del potere<br />

degli istinti negativi che si mostrano perfino in lui, campione del<strong>la</strong> moralità.<br />

Il cane adotta un atteggiamento critico nei confronti del suo stesso comportamento che rende<br />

più complessa <strong>la</strong> sua narrazione, <strong>la</strong> quale non si limita dunque al resoconto <strong>di</strong> strane<br />

avventure, ma si arricchisce <strong>di</strong> valore formativo, proponendo un possibile piano <strong>di</strong><br />

interpretazione dell’intera novel<strong>la</strong>.<br />

Scipione funge come sempre da mentore, e in questa occasione fa una <strong>di</strong>chiarazione<br />

fondamentale per capire l’universo filosofico all’interno del quale si muove tutto il <strong>di</strong>alogo.<br />

La frase pronunciata dal cane è iso<strong>la</strong>ta in una brevissima asserzione, sottolineata dal<strong>la</strong><br />

tagliente incisività in mezzo alle lunghe <strong>di</strong>gressioni dell’amico.<br />

“No me maravillo, Berganza; que como el hacer mal viene de natural cosecha,” egli <strong>di</strong>chiara<br />

“facilmente se aprende el hacerlo” [ Non mi meraviglio, Berganza; che dato che il far il male<br />

viene da raccolto naturale, facilemente si impara a farlo ].<br />

Proprio in queste frasi così brevi e pregne <strong>di</strong> significato si può osservare con più chiarezza il<br />

modo in cui procede il traduttore, in quanto singoli elementi che in contesti più ampi possono<br />

avere un valore solo re<strong>la</strong>tivo, in questi casi assumono ampia significatività<br />

In italiano leggiamo: “Non mi meraviglio Berganza, poiché il male è spontaneo in noi, che si<br />

riesca ad apprenderlo senza <strong>di</strong>fficoltà”<br />

L’espressione i<strong>di</strong>omatica dello spagnolo risulta eliminata nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> e resa attraverso un<br />

aggettivo, chiuso però con quel “noi” in un universo canino all’interno del quale <strong>Cervantes</strong><br />

non lo limita assolutamente, poichè quando Scipione afferma che il male è naturale, è<br />

evidente il riferimento al comportamento umano che <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> recide. La successiva<br />

espansione del<strong>la</strong> parte verbale ed avverbiale tende a riequilibrare <strong>la</strong> sintesi precedente, ma<br />

toglie incisività all’affermazione conclusiva.<br />

<strong>Montale</strong> al rispetto del<strong>la</strong> forma, anche in casi decisivi, preferisce <strong>la</strong> resa del significato<br />

secondo <strong>la</strong> sua interpretazione.<br />

65


Poco dopo si osserva un’altra variazione <strong>di</strong> non poco conto. I macel<strong>la</strong>i sono persone<br />

spregiu<strong>di</strong>cate, senza pesi <strong>di</strong> coscienza, che non temono “ni el rey ni su justicia”. Tale en<strong>di</strong>a<strong>di</strong><br />

viene mantenuta da <strong>Montale</strong>, che però par<strong>la</strong> del<strong>la</strong> loro mancanza <strong>di</strong> rispetto al “re e al<strong>la</strong><br />

giustizia”. Il possessivo, aggettivo che <strong>Montale</strong> aggiunge e toglie con sistematica libertà, in<br />

questo caso in<strong>di</strong>ca un preciso contesto storico in cui le leggi sono emesse e garantite dal<br />

potere del re. Tale struttura politica, fondamentale per comprendere <strong>la</strong> società nel<strong>la</strong> quale si<br />

muovono i personaggi <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, viene offuscata da <strong>Montale</strong> attraverso un proce<strong>di</strong>mento<br />

che avvicina decisamente il testo storico ad un’Italia degli anni Quaranta al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> sua<br />

monarchia, in cui il potere del sovrano risultava decisamente più limitato.<br />

Un altro esempio <strong>di</strong> questo tipo, sempre nell’episo<strong>di</strong>o del mattatoio, riguarda l’assenza a<br />

Siviglia dell’ “obligado de <strong>la</strong> carne”, cioè, spiega <strong>la</strong> nota critica, del<strong>la</strong> persona “encargada de<br />

abastecer <strong>la</strong> ciudad a un precio determinato de antemano por contrato col municipio”<br />

[incaricata <strong>di</strong> approvvigionare <strong>la</strong> città a un prezzo determinato precedentemente per contratto<br />

col municipio], che in poche parole significa che non vi è nel<strong>la</strong> capitale il monopolio<br />

municipale del<strong>la</strong> <strong>di</strong>stribuzione del<strong>la</strong> carne.<br />

<strong>Montale</strong>, traducendo “il commercio è libero”, rende il senso dell’espressione, a scapito però<br />

dello specifico contesto politico e storico che avrebbe avuto sicuramente bisogno<br />

dell’aggiunta <strong>di</strong> un’esauriente nota esplicativa per il lettore. A quanto pare una figura politica<br />

corrispondente non sod<strong>di</strong>sfaceva il traduttore.<br />

I giorni più animati al mattatoio sono quelli in cui si vende <strong>la</strong> carne, soprattutto al<strong>la</strong> mattina<br />

presto, quando il macello si riempie <strong>di</strong> una quantità <strong>di</strong> donne e bambini che accorrono ad<br />

approfittare dei furti dei <strong>la</strong>voratori.<br />

<strong>Cervantes</strong> descrive con maestria questa confusione <strong>di</strong> gente e pezzi <strong>di</strong> carne “Todas <strong>la</strong>s<br />

mañanas que son días de carne, antes que amanezca están en el matadero gran cantidad de<br />

mujercil<strong>la</strong>s y muchachos, todos con talegas que, viniendo vacías, vuelven llenas de pedazos<br />

de carne, y <strong>la</strong>s criadas con cria<strong>di</strong>l<strong>la</strong>s y lomos me<strong>di</strong>o enteros” [tutte le mattine che sono giorni<br />

<strong>di</strong> carne, prima che sorga il sole si trova nel mattatoio gran quantità <strong>di</strong> donnine e ragazzi, tutti<br />

con ceste che, arrivando vuote, tornano piene <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> carne, e le serve con testicoli <strong>di</strong><br />

animali macel<strong>la</strong>ti e lombi mezzo interi].<br />

Si noti l’intreccio linguistico dell’originale che attraverso l’accento delle “a” e delle “e”<br />

rispetto al<strong>la</strong> chiusura delle “i” e <strong>la</strong> progressiva allitterazione dà partico<strong>la</strong>re rilievo<br />

drammatizzato al<strong>la</strong> scena, sottolineando il contrasto tra le ceste prima vuote poi piene, senza<br />

contare il rimando del <strong>di</strong>minutivo e l’ammiccante gioco <strong>di</strong> parole tra le donne <strong>di</strong> servizio e i<br />

pezzi <strong>di</strong> carne.<br />

66


A <strong>Montale</strong>, molto attento all’eco dei suoni, cui egli stesso fa spesso ricorso, tale complessità<br />

non sarà sfuggita, e si sarà interrogato su come rendere un tale tessuto linguistico.<br />

“Tutti i giorni in cui si vende <strong>la</strong> carne, prima che faccia giorno, si trova al mattatoio una fol<strong>la</strong><br />

<strong>di</strong> donnette e <strong>di</strong> bambini che arrivano con <strong>la</strong> sporta vuota e ripartono dopo aver<strong>la</strong> riempita <strong>di</strong><br />

pezzi <strong>di</strong> carne, e una quantità <strong>di</strong> serve che si portano via costate intere e frattaglie.”<br />

All’inizio, abbiamo un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> sintesi con, sorprendentemente, <strong>la</strong> ripetizione del<br />

termine “giorno”, l’elisione dell’iniziale in<strong>di</strong>cazione temporale, e lo scioglimento del<strong>la</strong> forma<br />

i<strong>di</strong>omatica “días de carne” che non ha corrispondenza letterale in italiano.<br />

Non potendo riprodurre <strong>la</strong> struttura linguistica originale, il traduttore insiste sull’animazione<br />

del<strong>la</strong> scena concentrandosi sull’accumulo dei personaggi, trasformando <strong>la</strong> “gran cantitad” in<br />

“fol<strong>la</strong>”, termine che presuppone già <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne e confusione.<br />

Il soggetto del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva passa dalle sporte, che sembrano quasi riempirsi autonomamente e<br />

miracolosamente nell’originale, ai personaggi che le caricano, sottolineando quin<strong>di</strong> l’aspetto<br />

narrativo; dal punto <strong>di</strong> vista fonico <strong>la</strong> frase viene marcata dall’allitterazione del<strong>la</strong> “p”, e <strong>la</strong><br />

coor<strong>di</strong>nata dall’uso del<strong>la</strong> “t”.<br />

E’ questo un interessante esempio dell’attenzione che il poeta de<strong>di</strong>ca al<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>,<br />

preferendo <strong>la</strong> resa del contenuto al<strong>la</strong> forma, ma senza per questo tra<strong>la</strong>sciare i tocchi stilistici<br />

dell’autore spagnolo.<br />

Berganza perde il suo impiego al mattatoio per non aver voluto recuperare <strong>la</strong> carne da una<br />

fanciul<strong>la</strong> che gliel’ha sottratta dal cesto e vi ha messo invece un “chapín”, cioè, traduce<br />

<strong>Montale</strong> “uno zoccolo”.<br />

Il cane consegna al<strong>la</strong> fidanzata del padrone <strong>la</strong> sporta “sin <strong>la</strong> porción y con el chapín”, ironica<br />

assonanza che <strong>Montale</strong> non potendo rendere letteralmente sostituisce ancora una volta con <strong>la</strong><br />

variatio. La donna, in italiano, vede infatti arrivare il cane “senza <strong>la</strong> carne e con una ciabatta<br />

vecchia”.<br />

Una delle qualità <strong>di</strong> Berganza, al<strong>la</strong> quale non viene meno durante tutti gli episo<strong>di</strong>, è il suo<br />

modo <strong>di</strong> compiere con sforzo e concentrazione gli or<strong>di</strong>ni dei padroni, mentre a tale attitu<strong>di</strong>ne<br />

si oppone <strong>la</strong> depravazione dei costumi degli uomini che incontra.<br />

Così, quando Nico<strong>la</strong> il Romo gli insegna a portare <strong>la</strong> carne al<strong>la</strong> sua donna, Berganza compie il<br />

suo incarico “<strong>di</strong>ligente”, che troviamo tradotto “con ogni zelo”. Più avanti il cane, perso il suo<br />

primo padrone, viene accolto da un gruppo <strong>di</strong> pastori per custo<strong>di</strong>re il gregge, e anche in<br />

questo caso il suo comportamento è “<strong>di</strong>ligente”, ma in questa occasione <strong>Montale</strong> lo rende con<br />

“sollecito”. Poche pagine dopo Berganza si impegna a rincorrere il supposto lupo con <strong>la</strong> solita<br />

“<strong>di</strong>ligencia” che in questo caso sì, è tradotta letteralmente “<strong>di</strong>ligenza”.<br />

67


In un episo<strong>di</strong>o successivo, ambientato nel<strong>la</strong> casa <strong>di</strong> un ricco mercante, lo stesso termine al<br />

plurale <strong>di</strong>venta “<strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong> cortesia”, a riprova del fatto che il senso del rispetto del<br />

proprio compito viene reso da <strong>Montale</strong> in modo <strong>di</strong>stinto a seconda del contesto in cui il cane<br />

si trova.<br />

Il mondo del mattatoio è un universo <strong>di</strong> personaggi che hanno un loro gergo, col quale<br />

nominano persone e oggetti tipici del<strong>la</strong> loro realtà e del loro mestiere.<br />

<strong>Cervantes</strong> arricchisce le sue <strong>novelle</strong> mesco<strong>la</strong>ndo stili e i<strong>di</strong>oletti che caratterizzano<br />

espressivamente i suoi molteplici personaggi, ricorrendo spesso a espressioni colloquiali che<br />

danno del filo da torcere al traduttore e al suo sforzo <strong>di</strong> abbreviazione.<br />

A volte, per rendere ciò che il prototesto specifica con un solo termine, è necessaria un’intera<br />

definizione, se non si vogliono perdere alcune sfumature importanti.<br />

Così, quando Nico<strong>la</strong> si rende conto dello scherzo del<strong>la</strong> sostituzione, <strong>di</strong>mostra un’ultima volta<br />

<strong>la</strong> sua violenza istintuale, sfoderando un coltel<strong>la</strong>ccio col quale tenta <strong>di</strong> colpire Berganza.<br />

Durante tutto l’episo<strong>di</strong>o del mattatoio, <strong>Cervantes</strong> focalizza l’attenzione del lettore sul<strong>la</strong><br />

<strong>di</strong>sonestà, ma in partico<strong>la</strong>r modo sul<strong>la</strong> ferocia dei macel<strong>la</strong>i, esprimendo <strong>la</strong> sua ripugnanza per<br />

tale attitu<strong>di</strong>ne, e anche in questa situazione il narratore insiste su tale aspetto, oltre che sul<br />

miracolo del<strong>la</strong> propria sopravvivenza, raccontando che il padrone tenta <strong>di</strong> pugna<strong>la</strong>rlo con<br />

“uno de cachas”, espressione che <strong>Montale</strong> si vede costretto a tradurre “coltel<strong>la</strong>ccio dal manico<br />

lungo”.<br />

Il personaggio del<strong>la</strong> fanciul<strong>la</strong> che ruba al cane il contenuto del<strong>la</strong> cesta ha dei tratti <strong>di</strong> grazia<br />

che si oppongono con forza all’ambiente del mattatoio e alle donne che lo frequentano.<br />

Questa delicatezza è espressa sia dal suo aspetto avvenente, sia dal<strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re raffinatezza<br />

delle sue parole, perché si rivolge al cane con il plurale <strong>di</strong> cortesia “Andad, Gavilán, o como<br />

os l<strong>la</strong>mais…” cui segue però un detto colloquiale. Nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, in altre occasioni attenta<br />

agli i<strong>di</strong>oletti che caratterizzano i personaggi, in questo caso el<strong>la</strong> si rivolge all’animale col “tu”.<br />

4.3.c Una beffa d’Arca<strong>di</strong>a<br />

Berganza, fuggendo all’ira del padrone, scappa dal<strong>la</strong> città e si rifugia nei boschi, dove trova<br />

dei pastori coi quali desidera restare, ma questa parte <strong>di</strong> narrazione, considerata forse puro<br />

collegamento tra i <strong>due</strong> episo<strong>di</strong> da parte <strong>di</strong> <strong>Montale</strong>, subisce un partico<strong>la</strong>re processo <strong>di</strong> sintesi.<br />

Quando Berganza scappa da Siviglia senza sapere dove andare, in spagnolo <strong>di</strong>ce “me fui por<br />

aquellos campos de Dios adonde <strong>la</strong> fortuna quisiese llevarme ” [me ne andai per quei campi <strong>di</strong><br />

68


Dio dove <strong>la</strong> sorte volesse portarmi] con un gioco <strong>di</strong> parole tra l’espressione i<strong>di</strong>omatica e <strong>la</strong><br />

campagna coltivata che circondava <strong>la</strong> città che in italiano sparisce sostituito da un semplice<br />

“mi affidai al<strong>la</strong> fortuna”.<br />

Il pastore, appena vede il cane randagio, lo tasta ed osserva per capire se sia forte e utile per<br />

<strong>la</strong>vorare, e quando il padrone lo interroga sulle con<strong>di</strong>zioni dell’animale risponde che “no hay<br />

señal que no muestre o prometa que ha de ser un gran perro”, affermazione che <strong>Montale</strong> rende<br />

semplicemente “tutti i segni mostrano che <strong>di</strong>venterà un cane come si deve”, con eliminazione<br />

del<strong>la</strong> doppia negazione, del doppio verbo e del<strong>la</strong> costruzione intraducibile “ha de ser”, che<br />

viene però equilibrata con l’espressone colloquiale finale.<br />

Ancora, durante i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> riposo dal <strong>la</strong>voro, Berganza ripensa con ribrezzo al mattatoio e in<br />

partico<strong>la</strong>re al<strong>la</strong> “vida que tenía mi amo” che in italiano è solo “al mio padrone”.<br />

In questi casi risulta evidente come le scelte <strong>di</strong> sintesi <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> siano legate al valore che<br />

egli dà alle <strong>di</strong>versi parti del<strong>la</strong> narrazione, non preoccupandosi <strong>di</strong> effettuare tagli importanti<br />

dove il testo gli pare meno significativo.<br />

Ripensando al mattatoio, il cane ricomincia a <strong>la</strong>mentarsi del<strong>la</strong> depravazione <strong>di</strong> coloro che vi<br />

<strong>la</strong>vorano e si <strong>di</strong>lunga in tale specu<strong>la</strong>zione tanto che il compagno lo richiama all’or<strong>di</strong>ne.<br />

Tutto il <strong>di</strong>alogo tra i cani è impregnato del<strong>la</strong> preoccupazione <strong>di</strong> non “murmurar”, cioè <strong>di</strong> non<br />

par<strong>la</strong>r male <strong>di</strong> qualcuno in partico<strong>la</strong>re, ma solo con riferimenti generali allo stato delle cose.<br />

Pare che questa preoccupazione animasse in primo luogo il narratore <strong>Cervantes</strong> che, proprio<br />

nel<strong>la</strong> sua novel<strong>la</strong> più audace, non si spinge mai a pronunciare nomi propri <strong>di</strong> personaggi<br />

dell’epoca, ma critica sempre genericamente una c<strong>la</strong>sse sociale o un comportamento umano.<br />

In partico<strong>la</strong>re questa procedura è significativa in questa parte del racconto, in cui l’ottusità del<br />

padrone dei greggi che si fa imbrogliare dai propri pastori perché non si preoccupa<br />

<strong>di</strong>rettamente dei problemi delle proprie mandrie, pare un’allegoria politica del<strong>la</strong> corruzione<br />

del<strong>la</strong> corte <strong>di</strong> Filippo III.<br />

Il “murmurar” risulta quin<strong>di</strong> una delle parole chiave del testo, per il suo ripetersi<br />

puntualmente e per l’importanza <strong>di</strong> tale concetto.<br />

Tale preoccupazione <strong>di</strong> eccedere nei commenti maliziosi e gratuiti porta Berganza a limitare a<br />

volte <strong>la</strong> propria narrazione, come appunto nei ricor<strong>di</strong> del mattatoio, che lo accendono <strong>di</strong><br />

sdegno, ma che egli non approfon<strong>di</strong>sce più perché l’amico non lo giu<strong>di</strong>chi “<strong>la</strong>rgo y<br />

murmurador”, che in italiano troviamo tradotto, con un’inversione <strong>di</strong> posizione, “maligno e<br />

chiacchierone”.<br />

Segue l’approvazione <strong>di</strong> Scipione e <strong>la</strong> concessione che “murmures un poco de luz y no de<br />

sangre”.<br />

69


Di fronte a questa espressione, <strong>Montale</strong> traduce con il permesso a “bronto<strong>la</strong>re un poco, ma<br />

sempre <strong>di</strong> cose utili e senza f<strong>la</strong>gel<strong>la</strong>zioni.”<br />

L’intervento dell’ascoltatore si conclude con un importante consiglio: “señales y no hieras ni<br />

de mates a ninguno en cosa seña<strong>la</strong>da” [in<strong>di</strong>ca e non ferire né ucci<strong>di</strong> alcuno nel<strong>la</strong> cosa in<strong>di</strong>cata]<br />

che riassume in buona sostanza l’atteggiamento dello scrittore che fa critiche, ma mai in<br />

modo <strong>di</strong>retto a qualcuno che potrebbe non gra<strong>di</strong>re; non <strong>di</strong>mentichiamo che ai tempi <strong>di</strong><br />

<strong>Cervantes</strong> era in vigore <strong>la</strong> pesante censura dell’inquisizione oltre che il filtro monarchico sulle<br />

opere da stampare.<br />

La similitu<strong>di</strong>ne con i termini del <strong>due</strong>llo, ambito così frequentato da <strong>Cervantes</strong> e dal<strong>la</strong><br />

letteratura dell’epoca, viene eluso in parte da <strong>Montale</strong> nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> “devi accennare senza<br />

ferire o far beffe <strong>di</strong> nessuno”. In questo caso lo scrittore italiano si preoccupa del<strong>la</strong> possibilità<br />

per i propri lettori <strong>di</strong> comprendere il senso <strong>di</strong> queste parole, che tanto rilievo hanno nel<br />

<strong>di</strong>alogo e nel<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> in generale, sebbene per rendere l’espressione più esplicita, ma non<br />

appesantir<strong>la</strong> <strong>di</strong> un’ulteriore esplicazione, non si preoccupi <strong>di</strong> cambiare ra<strong>di</strong>calmente <strong>la</strong> forma<br />

del<strong>la</strong> frase.<br />

“Que no es buena <strong>la</strong> murmuración” continua Scipione “aunqué aga reír a muchos, si mata a a<br />

uno; y si puedes agradar sin el<strong>la</strong>, te tendré por muy <strong>di</strong>screto” [che non è cosa buona <strong>la</strong><br />

mormorazione anche se fa ridere molti, se uccide uno; e se puoi dar piacere senza <strong>di</strong> essa ti<br />

considererò molto “<strong>di</strong>screto”].<br />

In questo caso <strong>Montale</strong> traduce con una variazione del<strong>la</strong> metafora “<strong>la</strong> mal<strong>di</strong>cenza che fa male<br />

a qualcuno è cosa cattiva anche se fa ridere molti; se potrai farne a meno loderò <strong>la</strong> tua<br />

<strong>di</strong>screzione”.<br />

Il consiglio del cane si trasforma in questo modo significativamente nel<strong>la</strong> parte finale, poiché<br />

in spagnolo non si trova solo l’esortazione a fare a meno dello spar<strong>la</strong>re, ma anche quel<strong>la</strong> a<br />

compiacere gli ascoltatori, altro elemento fondamentale per <strong>la</strong> teoria letteraria dello stesso<br />

<strong>Cervantes</strong>.<br />

Nell’approvazione delle <strong>novelle</strong> da parte degli incaricati dell’Inquisizione, i pregi che<br />

vengono sottolineati dai canonici, e grazie ai quali viene approvato il volume, sono<br />

“entretener y enseñar”, scopo topico del<strong>la</strong> narrativa dell’epoca.<br />

Come per raggiungere il successo è fondamentale che un’opera compia <strong>la</strong> funzione <strong>di</strong><br />

intrattenere il proprio pubblico, così anche il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Berganza deve rispondere allo scopo<br />

<strong>di</strong> interessare il suo ascoltatore, altrimenti risulterà inutile. Non solo Scipione ban<strong>di</strong>sce <strong>la</strong><br />

mal<strong>di</strong>cenza, ma a maggior ragione <strong>la</strong> considera inaccettabile se contenuta in un racconto futile<br />

e insulso.<br />

70


<strong>Montale</strong> elimina con <strong>la</strong> sua variazione tutte queste considerazioni implicite sullo scopo del<strong>la</strong><br />

paro<strong>la</strong>, considerata fonte <strong>di</strong> sapere, ma anche <strong>di</strong> svago, in un mondo in cui non esistevano ne<br />

<strong>la</strong> ra<strong>di</strong>o né altri mezzi <strong>di</strong> intrattenimento privato e collettivo.<br />

Poche righe sotto, lo stesso concetto viene rimarcato da Berganza, il quale accetta le<br />

osservazioni del compagno e <strong>di</strong>ce, con un pizzico d’ironia, <strong>di</strong> attendere con impazienza il suoi<br />

racconti che sicuramente “enseñen y deleiten en un mismo punto”, ricorrendo all’espressione<br />

ormai i<strong>di</strong>omatizzata dei <strong>due</strong> scopi <strong>di</strong> ogni narrazione, che il traduttore trasforma nel “renderle<br />

(le cose sue) insieme utili e <strong>di</strong>lettevoli”, espressione i<strong>di</strong>omatica corrispondente in italiano.<br />

<strong>Montale</strong> ha optato qui per modu<strong>la</strong>re il valore pedagogico in una generica utilità, mantenendo<br />

però un’ espressione che suoni ai lettori come modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re standar<strong>di</strong>zzato.<br />

La sintesi si applica invece al<strong>la</strong> parte avverbiale, in quanto <strong>la</strong> perifrasi originale “en un mismo<br />

punto” <strong>di</strong>venta una so<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>.<br />

Un genere letterario che evidentemente secondo i canoni <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> non rispondeva a tale<br />

finalità educativa, erano i romanzi pastorali, per quanto egli stesso ne avesse scritto uno, <strong>la</strong><br />

Ga<strong>la</strong>tea, <strong>di</strong> cui continua a promettere <strong>la</strong> seconda parte.<br />

Non è un caso che appena dopo le affermazioni dei <strong>due</strong> cani riguardo alle regole <strong>di</strong> una buona<br />

narrazione, inizi <strong>la</strong> parte de<strong>di</strong>cata da Berganza ad accusare <strong>la</strong> falsità <strong>di</strong> tali libri.<br />

Il nostro mastino, descrivendo il suo <strong>la</strong>voro col gregge, riferisce il suo stupore nello scoprire<br />

che i pastori non vivevano affatto come “aqellos que <strong>la</strong> dama de mi amo leía en unos libros<br />

cuando yo iba a su casa, que todos trataban de pastores y pastoras, <strong>di</strong>cendo que se <strong>la</strong> pasaban<br />

toda <strong>la</strong> vida cantando y teñendo con gaitas, zampoñas, rabeles y chirumbe<strong>la</strong>s, y con otros<br />

instrumentos extraor<strong>di</strong>narios” [quelli che <strong>la</strong> donna del mio padrone leggeva in certi libri<br />

quando io andavo a casa sua, che tutti raccontavano <strong>di</strong> pastori e pastorelle, <strong>di</strong>cendo che<br />

passavano tutta <strong>la</strong> vita a cantare e a suonare con cornamuse, zampogne, ribeche e ciaramelle,<br />

e con altri srumenti straor<strong>di</strong>nari].<br />

La critica a questo tipo <strong>di</strong> letture inizia già dal riferimento all’amica <strong>di</strong> Nico<strong>la</strong>, il cui<br />

comportamento era appena stato ricordato con inquietu<strong>di</strong>ne da Berganza e attraverso il<br />

ricorso ad una struttura sintattica partico<strong>la</strong>rmente complessa che mi pare abbia uno scopo<br />

preciso. Il fatto che nel testo <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> <strong>la</strong> donna non legga <strong>la</strong> vita dei pastori, ma legga i<br />

pastori stessi nei libri, è in<strong>di</strong>zio proprio dell’errore che compie chi legge senza rendersi conto<br />

che ciò che sta affrontando è letteratura e non vita reale.<br />

Questo tema, fondamentale per <strong>Cervantes</strong> tanto da essere il problema centrale del suo<br />

romanzo più famoso, è anche presente nelle <strong>novelle</strong>, come abbiamo visto, già dal prologo,<br />

71


attraverso il riferimento al “juego de barras”, e si ritroverà <strong>di</strong> nuovo nel punto centrale <strong>di</strong><br />

questo racconto durante il <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> strega.<br />

Anche Berganza era caduto nell’errore dei lettori sprovveduti, in quanto aveva creduto a ciò<br />

che descrivono i libri pastorali, opere che davvero poco “enseñan” se consideriamo che tipo <strong>di</strong><br />

lettori vi si de<strong>di</strong>cano e quale messaggio ingannatore riportino.<br />

<strong>Montale</strong> si <strong>di</strong>mostra sempre molto attento al<strong>la</strong> scorrevolezza del testo, e spesso preferisce<br />

sciogliere le complesse costruzioni dell’originale per offrire al lettore un racconto più<br />

leggibile e <strong>di</strong> semplice comprensione. Si comporta <strong>di</strong> conseguenza anche in questo caso,<br />

traducendo lo scontento <strong>di</strong> Berganza nello scoprire <strong>la</strong> falsità <strong>di</strong> “ciò che si <strong>di</strong>ce del<strong>la</strong> vita dei<br />

pastori, per lo meno nei libri che leggeva l’amica del mio padrone quando andavo a casa sua; i<br />

quali, trattando <strong>di</strong> pastori e pastore, affermavano ch’essi trascorrevano <strong>la</strong> vita cantando e<br />

suonando cornamuse, sampogne, ribeche, ciaramelle e altri istrumenti straor<strong>di</strong>nari”<br />

<strong>Montale</strong> trascura <strong>la</strong> sfumatura che abbiamo riconosciuto nell’originale, per concentrarsi sul<br />

secondo periodo in cui si trova a dover tradurre una serie <strong>di</strong> strumenti dai nomi bizzarri.<br />

Uno degli elementi <strong>di</strong> maggior interesse del<strong>la</strong> narrativa <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> è il suo modo<br />

straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> rendere il linguaggio, <strong>la</strong> pluralità del<strong>la</strong> gamma <strong>di</strong> strati linguistici e l’ampia<br />

tastiera, come <strong>di</strong>rebbe <strong>Montale</strong>, del suo vocabo<strong>la</strong>rio. Ogni <strong>di</strong>verso luogo e ambiente visitato<br />

da Berganza, viene caratterizzato vivacemente attraverso termini specifici e settoriali che, in<br />

opposizione alle frequenti ripetizioni che abbiamo evidenziato, intessono una trama<br />

linguistica partico<strong>la</strong>rmente variegata.<br />

Nel caso dei pastori, <strong>Cervantes</strong> recupera i suoi termini ricercati <strong>di</strong>rettamente dal<strong>la</strong> letteratura<br />

pastorale, citando una serie <strong>di</strong> strumenti dai nomi sonori.<br />

Per mantenere l’eco <strong>di</strong> tale terminologia, <strong>Montale</strong> mantiene il ricorso a termini specifici anche<br />

se piuttosto desueti e, per conservare il forte valore acustico delle numerose vocali racchiuse<br />

in questa parte del dettato, il traduttore fa ad<strong>di</strong>rittura ricorso ad una “i” arcaicizzante nel<br />

termine “istrumenti”, forse per rendere in tal modo l’eco <strong>di</strong> un mondo letterario<br />

c<strong>la</strong>ssicheggiante.<br />

Si nota come <strong>Montale</strong> si muova con estrema libertà referenziale nel suo <strong>la</strong>voro, se si osserva<br />

che poco dopo gli stessi termini “chirumbe<strong>la</strong>s, rabeles o gaitas” <strong>di</strong>ventano “sampogne, ribeche<br />

o cornamuse” eliminando così dal<strong>la</strong> scena le strane ciaramelle.<br />

La satira caustica <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> nei confronti dei libri pastorali non si limita ai suoi personaggi,<br />

ma si <strong>di</strong>rige anche al loro stile pomposo, riproducendo in parte <strong>la</strong> prosa arcaica <strong>di</strong> tali opere.<br />

Berganza si <strong>di</strong>ffonde nel<strong>la</strong> descrizione dei racconti che ascoltava leggere dal<strong>la</strong> compagna <strong>di</strong><br />

Nico<strong>la</strong>, e le sue parole ricalcano le sdolcinate epopee <strong>di</strong> pastori che osannano le loro belle,<br />

72


come Anfrisso che “cantaba estremada y <strong>di</strong>vinamente, a<strong>la</strong>bando <strong>la</strong> sin par Belisarda, sin<br />

haber, en todos los montes de Arca<strong>di</strong>a, árbol en cuyo tronco no se ubiese sentado a cantar,<br />

desde que salía el sol en los brazos de Aurora, hasta que se ponía en los de Tétis” [cantava<br />

estremamente <strong>di</strong>vinamente, lodando <strong>la</strong> senza pari Belisarda, senza che ci fosse, in tutti i monti<br />

d’Arca<strong>di</strong>a, albero su cui tronco non si fosse seduto a cantare, da quando usciva il sole nelle<br />

braccia <strong>di</strong> Aurora, finchè si ritirava in quelle <strong>di</strong> Teti ].<br />

<strong>Montale</strong> rispetta in parte tale ricercatezza, ma rende anche in questo caso il <strong>di</strong>scorso più<br />

semplice, trasformando in coo<strong>di</strong>nata esplicita l’implicita, per cui il pastore “cantava<br />

<strong>di</strong>vinamente lodando l’impareggiabile sua Belisarda, e in tutti i monti dell’Arca<strong>di</strong>a non c’era<br />

un albero sul cui tronco egli non si fosse seduto a cantare, dal momento in cui il sole usciva in<br />

braccio all’aurora fino a quando scendeva in grembo a Teti.”<br />

In questo caso il traduttore offusca in parte <strong>la</strong> poeticità del brano originale aggiungendo una<br />

serie <strong>di</strong> articoli che avrebbe potuto decisamente omettere, ed elude anche un riferimento al<strong>la</strong><br />

c<strong>la</strong>ssicità trasformando il nome del<strong>la</strong> <strong>di</strong>vinità dell’alba in nome comune. Tuttavia, il poeta si<br />

concentra sul<strong>la</strong> resa metaforica del trascorrere del giorno, dato che mantiene lo stile e il<br />

campo semantico, ma varia il contenuto del<strong>la</strong> figura retorica.<br />

Il narratore continua col suo alto prosare “y aún después de haber ten<strong>di</strong>do <strong>la</strong> negra noche por<br />

<strong>la</strong> faz de <strong>la</strong> tierra sus negras y oscuras a<strong>la</strong>s él no cesaba de sus bien cantadas y mejor lloradas<br />

quejas” [e perfino dopo aver teso <strong>la</strong> nera notte sul volto del<strong>la</strong> terra le sue nere e oscure ali egli<br />

non interrompeva le sue ben cantate e meglio piante <strong>la</strong>mentele] che troviamo tradotto “E<br />

anche quando l’oscura notte aveva steso sul<strong>la</strong> faccia del<strong>la</strong> terra le nere sue ali, egli non ristava<br />

col canto e più ancora con le <strong>la</strong>crime delle sue querele”.<br />

In parte <strong>la</strong> resa italiana rispetta il rallentamento del dettato posponendo l’aggettivo possessivo<br />

al qualificativo, e in parte ne mantiene l’effetto arcaizzante tramite il ricorso a termini desueti<br />

quali il verbo “ristare” o il calco “querele”; ancora una volta elimina però <strong>la</strong> ripetizione<br />

dell’aspetto coloristico “negra”, in significativa opposizione al<strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> “vedere”,<br />

l’anticipazione verbale e l’allungamento del doppio aggettivo finale. Infatti, l’andamento<br />

estremamente calmo dell’originale, che fa precedere al sostantivo <strong>due</strong> aggettivi composti,<br />

sparisce in italiano a favore <strong>di</strong> <strong>due</strong> sostantivi e un avverbio.<br />

Descrivendo il mondo dei pastori d’Arca<strong>di</strong>a, Berganza fa riferimento a un repertorio tratto dai<br />

libri contemporanei, sicuramente noti ai lettori del tempo, in partico<strong>la</strong>re a El pastor de Fílida<br />

<strong>di</strong> Luis Galvez Montalvo, all’opera più famosa <strong>di</strong> tale filone, cioè Los siete libro de Diana <strong>di</strong><br />

Jorge de Montemayor, e al<strong>la</strong> sua stessa Ga<strong>la</strong>tea, <strong>di</strong>mostrando un netto <strong>di</strong>stacco critico<br />

dall’opera.<br />

73


Del libro <strong>di</strong> Galvez Montalvo, il narratore richiama una serie <strong>di</strong> personaggi, tra cui il<br />

protagonista Filida, mentre, da Montemayor, cita l’acqua miracolosa <strong>di</strong> Felicia che “deshizo<br />

aquel<strong>la</strong> máquina de enredos”, reso, in un mondo il cui il termine “macchina” rimanda a ben<br />

altre realtà, “aveva <strong>di</strong>sfatto un or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> inganni”.<br />

Dal<strong>la</strong> stessa opera sono citati anche <strong>la</strong> protagonista stessa Diana e “los desmayos de Sireno”<br />

che <strong>Montale</strong> traduce, senza riconoscerne <strong>la</strong> fonte, “gli svenimenti delle sirene”. In questo caso<br />

è possibile che il traduttore volesse inserire un riferimento noto ai lettori all’interno <strong>di</strong> una<br />

foresta <strong>di</strong> nomi pressoché sconosciuti, oppure lo svenimento potesse non essere ritenuto<br />

adatto a un personaggio maschile dall’ideologia fascista che richiamava i valori dell’uomo<br />

forte e del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssicità. Eppure, inserire le eroine dei mari in mezzo ad un ambiente <strong>di</strong> boschi e<br />

pastori mi sembra a <strong>di</strong>r poco azzardato. Direi che si può par<strong>la</strong>re davvero <strong>di</strong> una svista del<br />

traduttore, strana, per <strong>la</strong> cura che <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care in generale al testo, ma sempre<br />

possibile.<br />

Invece che gli strumenti sopra citati, i veri pastori suonano ben più rudemente con “el dar un<br />

cayado con otro o al de algunas tejue<strong>la</strong>s puestas entre los dedos” [il battere un bastone contro<br />

un altro o a quello <strong>di</strong> alcune tegole poste tra le <strong>di</strong>ta] che in italiano sono “<strong>due</strong> bastoni battuti<br />

insieme o <strong>di</strong> <strong>due</strong> tegole percosse”, il che <strong>di</strong>mostra ancora una volta come l’attenzione del<br />

traduttore non si concentri affatto sul<strong>la</strong> resa letterale del testo, quanto sul<strong>la</strong> descrizione<br />

contenutistica e sul<strong>la</strong> resa fonica.<br />

Berganza sta <strong>di</strong> nuovo esagerando nelle sue descrizioni, motivo per il quale viene ripreso da<br />

Scipione con un “Vuelve a tu senda ” [torna al tuo sentiero], che <strong>Montale</strong> traduce con un<br />

“torna in carreggiata”, che ben rende l’aspetto i<strong>di</strong>omatico dell’espressione, ma poco si adatta<br />

al carattere campestre dell’episo<strong>di</strong>o.<br />

L’ascoltatore riprende l’amico per <strong>la</strong> sua eccessiva presunzione nel criticare i pastori, tanto da<br />

<strong>di</strong>menticarsi <strong>di</strong> essere egli stesso un animale senza ragione, e per esprimerlo usa l’espressione<br />

proverbiale “Mírate a los pies y desharás <strong>la</strong> rueda” [guardati i pie<strong>di</strong> e <strong>di</strong>sferai <strong>la</strong> ruota]. Il<br />

riferimento al pavone, che si vanta del<strong>la</strong> propria coda aperta ma si vergogna delle proprie<br />

zampe, <strong>di</strong>fficilmente potrebbe essere colto dal lettore italiano, se perfino le e<strong>di</strong>zioni critiche in<br />

spagnolo lo riportano in nota. <strong>Montale</strong>, per evitare l’apparato paratestuale ma rendere più<br />

comprensibile il riferimento, aggiunge, <strong>di</strong>rettamente nel testo dopo il proverbio, <strong>la</strong><br />

spiegazione “come il pavone” assente nell’originale. Questa aggiunta è interessante per<br />

osservare come al proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> sintesi a volte si oppongano principi più importanti per il<br />

traduttore, come <strong>la</strong> completa chiarezza del testo.<br />

74


Seguendo il consiglio, Berganza arriva al fatto saliente, cioè a raccontare come abbia scoperto<br />

che non erano i lupi a depredare il gregge, ma i pastori stessi, novità al<strong>la</strong> quale il cane aveva<br />

reagito con stupore e sconforto.<br />

Abbiamo visto come i vari critici abbiano sottolineato quale elemento letterario<br />

profondamente barocco l’uso <strong>di</strong> forti contrasti, e in partico<strong>la</strong>re, nel caso <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, come lo<br />

scrittore li addotti nelle costruzioni sintattiche, ponendo, in opposizione al<strong>la</strong> normale<br />

complessità del periodare, frasi brevi ed incisive che acquistano così partico<strong>la</strong>re risalto.<br />

In questo caso lo sconforto <strong>di</strong> Berganza per non poter far nul<strong>la</strong> è reso da una rapida<br />

successione <strong>di</strong> considerazioni. “No había lobos; menguaba el rebaño; quisiera yo descubrillo;<br />

hal<strong>la</strong>bame mudo” [non c’erano lupi; <strong>di</strong>minuiva il gregge; avrei voluto io sve<strong>la</strong>rlo; mi trovavo<br />

muto].<br />

La situazione è drammatica e contiene in sè un altro contrasto, cioè l’opposizione tre il<br />

silenzio <strong>di</strong> allora e <strong>la</strong> nuova possibilità del cane <strong>di</strong> comunicare.<br />

<strong>Montale</strong>, che in genere tende al<strong>la</strong> sintesi, in questo frangente non solo non rispetta il rapido<br />

andamento del dettato inserendo <strong>due</strong> congiunzioni, ma ad<strong>di</strong>rittura aggiunge un’espressione<br />

che allunga una frase. “Non c’erano lupi e il gregge si assottigliava <strong>di</strong> giorno in giorno;<br />

volevo par<strong>la</strong>re e mi trovavo muto”. L’imme<strong>di</strong>atezza <strong>di</strong>sperata delle asserzioni <strong>di</strong> Berganza si<br />

smorza in considerazioni quasi descrittive e in un pacato <strong>la</strong>mento.<br />

4.3.d Il mercader<br />

Fuggito <strong>di</strong> fronte all’inutilità del proprio ruolo <strong>di</strong> cane guar<strong>di</strong>ano, Berganza torna in città per<br />

trovare un nuovo padrone, ma questa volta affina <strong>la</strong> sua ricerca <strong>di</strong>rigendosi a case del<strong>la</strong> giusta<br />

grandezza e dal prospero aspetto, che lo possano accogliere e alimentare.<br />

Il metodo usato dal cane per convincere qualche signore ad adottarlo si basa sull’umiltà:<br />

mostrarsi gran <strong>la</strong>voratore e sottomesso anche se viene ricambiato con le bastonate.<br />

Ad<strong>di</strong>rittura, per imbonirsi i possibili padroni, racconta che “con <strong>la</strong> lengua le limpiaba los<br />

zapatos”, espressioni che risulta smorzata nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> “leccandogli le scarpe”.<br />

Gli sforzi del cane hanno buon effetto, ed egli viene accolto nel<strong>la</strong> famiglia <strong>di</strong> un ricco<br />

mercante, dove, ancora una volta, <strong>di</strong>mostra <strong>la</strong> sua buona volontà compiendo con attenzione<br />

tutti i suoi incarichi e impegnandosi anche in altri ulteriori sforzi. Berganza ricorda <strong>la</strong> propria<br />

buona volontà con una serie <strong>di</strong> indefinite tese all’accumulo accrescitivo delle proprie azioni<br />

notturne: “ No dormía de noche, visitando los corrales, subiendo a los terrazos, hecho<br />

75


universal centine<strong>la</strong>…” [non dormivo <strong>di</strong> notte, visitando i cortili, salendo sulle terrazze, reso<br />

universale sentinel<strong>la</strong>].<br />

Molto spesso, traducendo, <strong>Montale</strong> preferisce rendere espliciti dei verbi impliciti per dar<br />

maggior chiarezza e semplicità narrativa alle azioni. In questo caso il traduttore sceglie <strong>di</strong><br />

trasformare i gerun<strong>di</strong> e il participio in imperfetti, che trasformano <strong>la</strong> concitazione<br />

dell’originale in una or<strong>di</strong>nata elencazione: “non dormivo <strong>la</strong> notte, visitavo i cortili, salivo<br />

sulle terrazze e facevo <strong>la</strong> sentinel<strong>la</strong>..”<br />

Il padrone apprezza il buon servizio del cane e lo premia con avanzi <strong>di</strong> cibo, che l’animale<br />

accoglie con “infinitos saltos”, che in italiano <strong>di</strong>ventano “gran<strong>di</strong> salti”. La trasformazione<br />

dell’espressione è ra<strong>di</strong>cale perché passa dall’aspetto temporale del durare delle piroette<br />

all’ambito spaziale del<strong>la</strong> loro grandezza, quando apparentemente non vi è alcun motivo per<br />

una tale resa, perché non si tratta né <strong>di</strong> una sintesi né <strong>di</strong> un’espressione i<strong>di</strong>omatica. Un simile<br />

cambiamento, sempre per rendere <strong>la</strong> misura con parametri <strong>di</strong>versi, era <strong>la</strong> trasformazione <strong>di</strong><br />

“exorbitantes” in “straor<strong>di</strong>narie”, usato per qualificare le vicende del mattatoio. In<br />

quest’ultimo caso ravve<strong>di</strong>amo lo stesso proce<strong>di</strong>mento, ma secondo <strong>la</strong> <strong>di</strong>rezione opposta, in<br />

quanto il traduttore si sposta dal campo dello spazio (l’ampiezza ) a quello del tempo (<strong>la</strong> poca<br />

frequenza). Anche se apparentemente il significato delle espressioni coincide, <strong>la</strong><br />

trasformazione dell’ambito definisce parametri <strong>di</strong> misura <strong>di</strong>versi.<br />

Poco dopo <strong>Montale</strong> si trova a dover affrontare l’espressione spagno<strong>la</strong> “rodeele todo” per<br />

in<strong>di</strong>care il movimento del cane intorno al proprio padrone, <strong>la</strong> cui resa letterale “lo circondai<br />

tutto” non avrebbe senso. Il poeta, dovendo inserire una specificazione dell’azione, fa<br />

riferimento ai salti precedenti con <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> “gli feci intorno le mie piroette”, anche a<br />

costo <strong>di</strong> aggiungere un partico<strong>la</strong>re coloristico che richiama i saltimbanchi assente nel testo<br />

originale.<br />

L’espressività <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> si <strong>di</strong>mostra, oltre che nel variopinto uso del linguaggio, nel<strong>la</strong> sua<br />

capacità <strong>di</strong> penetrare e descrivere <strong>la</strong> vita spagno<strong>la</strong> attraverso il riferimento agli usi e alle<br />

tra<strong>di</strong>zioni che lo scrittore ha avuto modo <strong>di</strong> conoscere durante i suoi numerosi viaggi. Questi<br />

partico<strong>la</strong>ri, <strong>di</strong>sseminati per il testo, lo rendono partico<strong>la</strong>rmente realistico e ci descrivono tutto<br />

un universo <strong>di</strong> costumi e <strong>di</strong> mode mantenendone <strong>la</strong> vividezza.<br />

Quando Berganza critica chi non si comporta secondo il proprio lignaggio, cita l’esempio <strong>di</strong><br />

un eccentrico cavaliere che si vanta “que sabe jugar los cubiletes y <strong>la</strong>s agal<strong>la</strong>s, y que no hay<br />

quien como el sabe bai<strong>la</strong>r <strong>la</strong> chacona”. Leggiamo nelle note critiche all’e<strong>di</strong>zione spagno<strong>la</strong> che<br />

il riferimento è a un gioco il cui scopo è nascondere sotto un bicchiere (cubilete) <strong>la</strong> picco<strong>la</strong><br />

pigna del cipresso (agal<strong>la</strong>) e far<strong>la</strong> passare rapidamente sotto un atro recipiente, mentre l’altra<br />

76


era una danza dell’epoca considerata a carattere libi<strong>di</strong>noso. <strong>Montale</strong>, <strong>di</strong> fronte all’evidente<br />

<strong>di</strong>fficoltà del<strong>la</strong> resa <strong>di</strong> termini così specificamente referenziali, incomprensibili anche ai<br />

lettori spagnoli contemporanei, adatta il riferimento al proprio pubblico, traducendo che è<br />

capace <strong>di</strong> “giocare ai bussolotti o alle noci” e “nessuno sa bal<strong>la</strong>re le castagnette come lui”. Si<br />

nota come il passatempo è stato del tutto italianizzato, con un’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> giochi che<br />

realmente esistevano o risultavano comunque comprensibili, mentre lo strumento del ballo<br />

rimanda all’immagine folclorica delle nacchere. Allo stesso modo, il cane si scandalizza del<br />

comportamento <strong>di</strong> un signore che si pavoneggiava <strong>di</strong> aver ritagliato “trenta y dos florones<br />

para poner en un monumento sobre paños negros”. In questo caso il traduttore decide <strong>di</strong><br />

ampliare <strong>la</strong> frase per spiegarne il significato, cioè “trenta<strong>due</strong> fioroni <strong>di</strong> carta per metterli sul<br />

panno nero <strong>di</strong> un catafalco”, specificando <strong>la</strong> descrizione <strong>di</strong> un’abitu<strong>di</strong>ne che doveva essere al<br />

tempo ben nota.<br />

Difficoltà simili deve affrontare il traduttore quando il testo descrive cibi e bevande, che egli<br />

può scegliere se rendere nel<strong>la</strong> loro specificità originale, o ridurre a termini riconducibili<br />

all’esperienza dei propri lettori. <strong>Montale</strong> sceglie decisamente <strong>la</strong> seconda possibilità, ad<br />

esempio quando trasforma i “molletes y mantequil<strong>la</strong>s”, dolci invernali <strong>di</strong> Siviglia, in<br />

“pagnottelle al burro”, o più avanti quando <strong>la</strong> “manteca” per friggere, propriamente “strutto”,<br />

<strong>di</strong>venta invece “burro”.<br />

Perfino in ambito alimentare, <strong>Montale</strong> conduce <strong>la</strong> sua battaglia per <strong>la</strong> variatio contro le<br />

numerose ripetizioni del linguaggio cervantino, anche a costo <strong>di</strong> trasformare il concetto<br />

referenziale sotteso a certi termini. In partico<strong>la</strong>re, più avanti, Berganza racconta come <strong>la</strong> serva<br />

<strong>di</strong> casa cercasse <strong>di</strong> farlo stare zitto <strong>la</strong>nciandogli dei pezzi “de carne o de queso” e, più sotto, <strong>di</strong><br />

nuovo par<strong>la</strong> degli stessi bocconi <strong>di</strong> “carne, pan y queso”. <strong>Montale</strong> usa senza problemi <strong>due</strong><br />

volte <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “carne”, ma decide <strong>di</strong> trasformare quel “formaggio” <strong>la</strong> prima volta in “cacio”.<br />

La scelta del traduttore è in questo caso molto forte per <strong>la</strong> sua decisione <strong>di</strong> usare un termine<br />

ben noto ai suoi lettori, ma assolutamente estraneo all’universo cervantino. Il cacio, per<br />

quanto abbia sapore i<strong>di</strong>omatico in<strong>di</strong>ca un partico<strong>la</strong>re tipo <strong>di</strong> formaggio stagionato che non<br />

troverebbe probabilmente corrispondenza nel vocabo<strong>la</strong>rio culinario del<strong>la</strong> Spagna del<br />

<strong>di</strong>ciassettesimo secolo.<br />

Anche <strong>la</strong> ripartizione dei pasti è suscettibile <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse rese e interpretazioni, tanto è vero che<br />

in un successivo episo<strong>di</strong>o <strong>la</strong> “cena que cenaron” <strong>di</strong>venta “il pranzo che seguì” senza una<br />

motivazione evidente per <strong>la</strong> trasformazione.<br />

<strong>Montale</strong> pre<strong>di</strong>lige dunque delle espressioni comprensibili ai contemporanei, anche se spesso a<br />

costo <strong>di</strong> eliminare i caratteri <strong>di</strong> un mondo e <strong>di</strong> un periodo specifico che permetterebbero al<br />

77


lettore <strong>di</strong> comprendere <strong>la</strong> <strong>di</strong>stanza del<strong>la</strong> propria cultura da quel<strong>la</strong> descritta e <strong>di</strong> scoprire aspetti<br />

interessanti del<strong>la</strong> realtà rappresentata.<br />

A scuo<strong>la</strong>, per comprare i dolci per il cane, i giovani studenti arrivano a vendere o impegnare<br />

“más de dos Antonios”, espressione enigmatica per il lettore moderno che allude alle<br />

Intruductiones <strong>la</strong>tinae <strong>di</strong> Elio Antonio de Nebrija, usate fino all’Ottocento come manuale<br />

sco<strong>la</strong>stico. <strong>Montale</strong> preferisce all’uso <strong>di</strong> una nota paratestuale l’elisione del riferimento e <strong>la</strong><br />

<strong>traduzione</strong> generica “persino i testi <strong>di</strong> grammatica”.<br />

A <strong>di</strong>fferenza delle grammatiche, il vademecum mantiene il suo nome originale, ma con un<br />

tipo <strong>di</strong> manipo<strong>la</strong>zione inversa per cui, passando dal carattere corsivo al normale stampato,<br />

perde <strong>la</strong> connotazione <strong>di</strong> paro<strong>la</strong> strana o ricercata.<br />

Come il cibo, anche <strong>la</strong> struttura degli e<strong>di</strong>fici fa riferimento ad una realtà non più così<br />

comprensibile per i lettori <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> come lo era per quelli <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, per cui il traduttore<br />

sente <strong>la</strong> necessità <strong>di</strong> tradurre “puerta de <strong>la</strong> calle” come “<strong>la</strong> porta che dà sul<strong>la</strong> strada” , mentre<br />

“<strong>la</strong> (puerta) de en el me<strong>di</strong>o” sarà quel<strong>la</strong> “interna”.<br />

La città <strong>di</strong> Siviglia appare solo <strong>di</strong> sfuggita nel testo, anche se <strong>di</strong> questo luogo viene<br />

sottolineata <strong>la</strong> varietà dei suoi abitanti e delle loro con<strong>di</strong>zioni sociali. Tuttavia vi è, oltre che<br />

all’ospedale e al mattatoio, il riferimento ai suoi e<strong>di</strong>fici più rappresentativi, quali il Cabildo,<br />

che viene reso “Capitolo”, l’ “Ayuntamiento”, che viene tradotto “pa<strong>la</strong>zzo comunale”, e <strong>la</strong><br />

Lonja, per <strong>la</strong> quale <strong>Montale</strong> mantiene invece il termine spagnolo, senza spiegare <strong>di</strong> cosa si<br />

tratti.<br />

A volte traducendo si può mantenere l’esatta resa contenutistica, ma eliminare una sfumatura<br />

importante del linguaggio originale, testimone <strong>di</strong> un gap culturale che si desidera superare.<br />

Ad esempio nel<strong>la</strong> casa del mercante, oltre al cane, vi sono <strong>due</strong> crudeli gatti che da “gatos<br />

romanos” <strong>di</strong>ventano “gatti soriani”.<br />

Oltre al<strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione dei riferimenti contestuali, anche l’azione verbale spesso subisce<br />

delle trasformazioni <strong>di</strong> tempo e <strong>di</strong> modo, ma più interessanti appaiono i cambiamenti <strong>di</strong><br />

aspetto.<br />

Se numerose volte i mo<strong>di</strong> impliciti <strong>di</strong>ventano espliciti per garantire una maggiore narratività,<br />

altre volte il proce<strong>di</strong>mento inverso viene compiuto allo scopo <strong>di</strong> sintetizzare il testo, e in altre<br />

occasioni i cambiamenti investono <strong>la</strong> durata dell’azione.<br />

Ad esempio, in queste pagine troviamo alcune <strong>di</strong> queste soluzioni, partico<strong>la</strong>rmente notevoli<br />

perché al verbo principale viene aggiunta un’altra espressione <strong>di</strong> sostegno che ne trasforma in<br />

parte l’aspetto.<br />

78


Nel<strong>la</strong> descrizione dei tentativi <strong>di</strong> farsi accettare da un padrone, il cane racconta che quando<br />

vedeva un estraneo “le <strong>la</strong>draba”, che in italiano <strong>di</strong>venta “mi mettevo ad abbaiare”, come il<br />

bambino alle sue prime parole in spagnolo “hab<strong>la</strong>” mentre in italiano “riesce a spiccicare” e<br />

l’uomo che non riesce a liberarsi del<strong>la</strong> cattiva abitu<strong>di</strong>ne “juraba”, che nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong>venta<br />

“continuava a bestemmiare”. Infine “vivendo”, par<strong>la</strong>ndo <strong>di</strong> chi deve resistere alle miserie,<br />

<strong>di</strong>venta “durando a vivere”, mentre “si murmurase” si trasforma in “se mi accadesse <strong>di</strong><br />

bronto<strong>la</strong>re” e “si me fuere”,“se mi troverò ad aver trasgre<strong>di</strong>to”, mentre “me estragaron” è<br />

tradotto “riuscirono a infiacchirmi”.<br />

Queste soluzioni risultano partico<strong>la</strong>rmente notevoli in quanto apportano degli ampliamenti<br />

che si oppongono al<strong>la</strong> tensione montaliana al<strong>la</strong> sintesi che agisce invece spesso anche in<br />

queste pagine. Esemp<strong>la</strong>re <strong>di</strong> questa tendenza predominante è ad esempio <strong>la</strong> soppressione<br />

dell’intera frase “que si pensaba que alguno se había de agraviar” che <strong>di</strong>venta soltanto<br />

“altrimenti” o, par<strong>la</strong>ndo delle leggi, l’espressione “por el tenor y rigor” che è ridotta a<br />

“come”.<br />

Una soppressione che dev’essere dovuta senz’altro a una <strong>di</strong>strazione o a un errore <strong>di</strong> battitura<br />

è l’eliminazione del<strong>la</strong> negazione nel<strong>la</strong> frase “lo que no caía” che <strong>di</strong>venta “ciò che cadeva” e<br />

determina dunque il significato opposto.<br />

Altre volte il testo viene trasformato ra<strong>di</strong>calmente, soprattutto nel tentativo <strong>di</strong> eliminare le<br />

ripetizioni, ad esempio “de que más murmure” nel metatesto è “ che non ci ricasco per un<br />

pezzo”.<br />

Un'altra manipo<strong>la</strong>zione che cambia decisamente il valore del testo si trova in una riflessione<br />

<strong>di</strong> Berganza, che racconta <strong>di</strong> aver imparato presso i Gesuiti, assistendo alle lezioni assieme ai<br />

suoi giovani padroni, una serie <strong>di</strong> citazioni <strong>la</strong>tine che egli pensa <strong>di</strong> usare “como si hab<strong>la</strong>r<br />

supiera” [come se par<strong>la</strong>re sapessi]. Tale espressione nel<strong>la</strong> versione <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> <strong>di</strong>venta “una<br />

volta che sapessi par<strong>la</strong>re”, come se il cane fosse a conoscenza del fatto che un giorno avrebbe<br />

potuto esprimersi come gli uomini. Quest’uso determina un controsenso rispetto allo stupore<br />

<strong>di</strong> Berganza per <strong>la</strong> scoperta <strong>di</strong> poter par<strong>la</strong>re, dono da lui molto desiderato ma mai realmente<br />

atteso. La libertà <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> nel tradurre in questo caso arriva a intaccare perfino <strong>la</strong> coerenza<br />

interna del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong>.<br />

Scipione, per criticare lo sfarzo con cui il mercante tenta <strong>di</strong> nobilitare i propri figli, par<strong>la</strong> <strong>di</strong><br />

“con<strong>di</strong>ción” <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> persone, che in italiano è già <strong>di</strong>ventata una “tra<strong>di</strong>zione”.<br />

I cani iniziano a questo punto a <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> coloro che si vantano <strong>di</strong> conoscere <strong>la</strong> lingua <strong>la</strong>tina<br />

sfoggiando solo alcuni proverbi imparati a memoria e usandoli nei contesti meno adeguati.<br />

Tali detti in spagnolo si chiamano “<strong>la</strong>tines” e <strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, che non ha una precisa corrispondenza<br />

79


in italiano, si ripete numerose volte in queste battute del <strong>di</strong>alogo. Per trovare una <strong>traduzione</strong>,<br />

ma ovviare a tale ripetitività, <strong>Montale</strong> cerca svariati sinonimi all’interno delle ristrette<br />

possibilità che offre un termine così specifico, rendendo i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re “frasi in <strong>la</strong>tino”, “detti<br />

<strong>la</strong>tini” o semplicemente “<strong>la</strong>tino” oppure, con perifrasi, “par<strong>la</strong> in <strong>la</strong>tino”. L’azione <strong>di</strong> “hab<strong>la</strong>r<br />

<strong>la</strong>tín” sarà invece “par<strong>la</strong>re <strong>la</strong>tino” o “sapere il <strong>la</strong>tino”.<br />

Più sotto, quando Berganza, nonostante le recriminazioni, usa proprio un proverbio <strong>la</strong>tino per<br />

descrivere il proprio degrado morale, per poi giustificarsi coll’affermare che “este <strong>la</strong>tín viene<br />

aquí de molde”. <strong>Montale</strong>, oltre a trasformare l’espressione i<strong>di</strong>omatica in una italiana<br />

corrispondente, trasforma il termine specifico nel<strong>la</strong> lingua in generale, scrivendo che “il <strong>la</strong>tino<br />

calza qui perfettamente”.<br />

Al par<strong>la</strong>re <strong>la</strong> lingua degli eru<strong>di</strong>ti, si oppone il par<strong>la</strong>re “romance”, che <strong>Montale</strong> traduce<br />

“casigliano”, ma i “romancistas”, sono nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> “scrittori” , mentre il successivo uso<br />

<strong>di</strong> “<strong>la</strong>tines y romances” è reso “<strong>la</strong>tinisti e letterati”.<br />

Se Berganza conosce il <strong>la</strong>tino e ne fa sfoggio, Scipione non ignora il greco, e lo <strong>di</strong>mostra<br />

spiegando all’amico l’origine del termine “filosofia”, provocando grande sorpresa nel<br />

compagno che gli domanda “¿Quién <strong>di</strong>ablos te enseñó a ti nombres griegos?”. L’accento del<strong>la</strong><br />

domanda è posto sul destinatario, attraverso <strong>la</strong> ripetizione del pronome personale, mentre in<br />

italiano, secondo <strong>la</strong> rego<strong>la</strong> grammaticale che boccia l’“a te ti”, <strong>la</strong> domanda si limita a un “Che<br />

<strong>di</strong>avolo t’ha insegnato i nomi greci?” che evidenzia il soggetto.<br />

A volte, dunque, le variazioni dettate dalle <strong>di</strong>verse regole grammaticali portano una<br />

trasformazione inevitabile.<br />

Anche i giochi <strong>di</strong> parole spagnoli a volte non sono riproducibili in italiano mantenendo <strong>la</strong><br />

coerenza testuale perché usano espressioni che le <strong>due</strong> lingue non con<strong>di</strong>vidono.<br />

Ad esempio, in una delle tante espressioni <strong>di</strong> preoccupazione <strong>di</strong> Berganza per il poco tempo a<br />

sua <strong>di</strong>sposizione rispetto al gran numero <strong>di</strong> cose da raccontare, il cane afferma <strong>di</strong> temere che<br />

“al salir del sol nos hemos de quedar a escuras” [all’uscire del sole dobbiamo restare<br />

nell’oscurità], giocando sul significato metaforico dell’oscurità come ignoranza.<br />

L’espressione, che rimarca valori coloristici che, come abbiamo visto, sono molto importanti<br />

nel<strong>la</strong> poetica <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, viene resa senza il contrasto originale con “al sorgere del sole ci<br />

verrà a mancare <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> e saremo finiti”.<br />

Può anche darsi che nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> si creino volontari o involontari giochi <strong>di</strong> parole che<br />

sono assenti nell’originale, determinando anche così una <strong>di</strong>stanza, ma questa volta per<br />

aggiunta invece che per sottrazione.<br />

80


Scipione, rimproverando come <strong>di</strong> consueto Berganza per essersi soffemato troppo sui<br />

partico<strong>la</strong>ri del<strong>la</strong> sua storia, gli <strong>di</strong>ce che “no hagas soga, por no decir co<strong>la</strong>, de tu historia” che<br />

<strong>Montale</strong> traduce piuttosto fedelmente, con espressione i<strong>di</strong>omatica italiana “non dar troppa<br />

corda, per non <strong>di</strong>r coda, al tuo racconto”. In questa occasione il traduttore ha reso<br />

letteralmente i <strong>due</strong> termini “soga” e “co<strong>la</strong>” del testo, ma così facendo ha creato un evidente<br />

richiamo fonico che non c’era nell’originale. Se non avesse voluto aggiungere questa<br />

sfumatura, <strong>Montale</strong> avrebbe potuto usare ad esempio il termine “dar spago”, ugualmente<br />

funzionale al<strong>la</strong> resa del significato, ma il poeta ha preferito mantenere il gioco linguistico per<br />

quanto innecessario.<br />

Ci sono casi in cui il chiarimento <strong>di</strong> un’espressione è dato non dal<strong>la</strong> sua esplicitazione, ma dal<br />

cambiamento del<strong>la</strong> struttura del periodo sintattico. Osserviamo ad esempio <strong>la</strong> complessità del<br />

seguente brano in cui Berganza fa riferimento ai falsi dotti “…y quisiera que a estos tales los<br />

pusieran en una prensa, y a fuerza de vueltas les sacaran el jugo de lo que saben, porque no<br />

anduviesen engañando el mundo con el orpel de su greguescos rotos y sus <strong>la</strong>tines falsos, como<br />

hacen los portugueses con los negros de Guinea” [e vorrei che a questi tali li mettessero in<br />

una pressa, e a forza <strong>di</strong> giri estraessero il sugo <strong>di</strong> ciò che sanno, perchè non andassero<br />

ingannando il mondo con l’orpello dei loro grecismi rotti e dei loro falsi <strong>la</strong>tini, come fanno i<br />

portoghesi con i negri <strong>di</strong> Guinea].<br />

In questo caso <strong>Montale</strong> fraintende <strong>la</strong> comparazione, ritenendo che <strong>Cervantes</strong> volesse legare il<br />

riferimento ai portoghesi al<strong>la</strong> violenza del<strong>la</strong> punizione e non al loro erroneo senso <strong>di</strong><br />

superiorità, per cui il traduttore sposta <strong>la</strong> similitu<strong>di</strong>ne subito dopo l’in<strong>di</strong>cazione del<strong>la</strong> tortura,<br />

ma mantiene inalterata <strong>la</strong> metafora centrale “…e vorrei che questi tali li mettessero al torchio<br />

come fanno i portoghesi coi negri <strong>di</strong> Guinea, e a forza <strong>di</strong> strette ne spremessero fuori il sugo<br />

<strong>di</strong> ciò che sanno, perché non vadano in giro ingannando con l’orpello <strong>di</strong> queste grecherie e<br />

<strong>la</strong>tinerie da un soldo” .<br />

La sentenziosità dei cani par<strong>la</strong>nti si esprime spesso in frasi brevi e concise che hanno il sapore<br />

del<strong>la</strong> saggezza tra<strong>di</strong>zionale e del modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re. Par<strong>la</strong>ndo dei doni del<strong>la</strong> serva che sono riusciti<br />

a corrompere Berganza, egli, quasi giustificandosi, <strong>di</strong>chiara che “muchos pueden <strong>la</strong>s dá<strong>di</strong>vas”,<br />

e per ricalcare l’affermazione <strong>la</strong> ripete identica “vuelvo a decir que mucho pueden <strong>la</strong>s<br />

dá<strong>di</strong>vas”, e ancora una volta <strong>la</strong> enuncia uguale Scipione rispondendogli. <strong>Montale</strong>, dopo aver<br />

concesso a Berganza <strong>la</strong> prima ripetizione, <strong>la</strong> esclude dal<strong>la</strong> battuta <strong>di</strong> Scipione sostituendo<strong>la</strong><br />

col pronome clitico “lo”.<br />

Allo stesso modo elimina l’aggiuntiva caratterizzazione negativa del termine nel<strong>la</strong> frase<br />

successiva, in cui in spagnolo “ma<strong>la</strong>s dá<strong>di</strong>vas” crea un contrasto col “buenas intenciones”<br />

81


appena precedente, opposizione che <strong>Montale</strong> non riproduce traducendo “<strong>la</strong> mia rettitu<strong>di</strong>ne<br />

(“buenas intenciones”) respinse i doni (“ma<strong>la</strong>s dá<strong>di</strong>vas”) del<strong>la</strong> negra.”<br />

4.3.e Una locan<strong>di</strong>era sguaiata<br />

Una volta riuscito a sfuggire dal mercante e dal<strong>la</strong> serva nera che voleva ucciderlo per potersi<br />

incontrare in segreto col suo innamorato, Berganza, al<strong>la</strong> ricerca <strong>di</strong> un nuovo padrone, viene<br />

riconosciuto, per le strade <strong>di</strong> Siviglia, da un amico del suo primo padrone Nico<strong>la</strong> il Remo.<br />

Questo nuovo personaggio non viene chiamato mai per nome, ma viene presentato attraverso<br />

<strong>la</strong> sua funzione pubblica, definita col termine spagnolo “alguacil” in corsivo.<br />

La resa delle professioni, <strong>di</strong> cui <strong>la</strong> città offre una così vasto campionario, è una delle <strong>di</strong>fficoltà<br />

che <strong>Montale</strong> deve superare, per l’assenza talvolta <strong>di</strong> corrispondenze in italiano e per <strong>la</strong><br />

<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> evitare <strong>la</strong> ripetizione.<br />

Il nuovo padrone è chiamato in genere “poliziotto” o “sbirro”, termine <strong>la</strong> cui connotazione<br />

negativa è giustificata dal<strong>la</strong> corrutte<strong>la</strong> dell’uomo. Amico del poliziotto è un “escribano”,<br />

paro<strong>la</strong> per <strong>la</strong> quale <strong>Montale</strong> alterna <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> “cancelliere” a quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> “scrivano”.<br />

Il padrone è accompagnato da <strong>due</strong> ufficiali <strong>di</strong> rango inferiore, in spagnolo “corchetes”, che<br />

<strong>Montale</strong> traduce “sgherri” per <strong>la</strong> loro funzione <strong>di</strong> delinquenti, ma quando Berganza definisce<br />

anche se stesso al servizio del nuovo impiego “corchete”, è tradotto “birro”. La funzione <strong>di</strong><br />

“cane de ayuda” invece viene tradotta poco letteralmente “cane da guar<strong>di</strong>a”, ruolo che egli<br />

non ricopriva al mattatoio.<br />

I <strong>due</strong> corrotti amici vengono definiti “amancebedos”, termine che il traduttore elide, non<br />

riportando in questo modo il gioco <strong>di</strong> parole con l’accusa con <strong>la</strong> quale i <strong>due</strong> funzionari<br />

vogliono incastrare <strong>la</strong> loro preda e cioè proprio quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> “amancebedo”, che in italiano è reso<br />

“illeciti costumi”.<br />

Simili problemi causano in quest’episo<strong>di</strong>o gli indumenti, in partico<strong>la</strong>re un paio <strong>di</strong> “fol<strong>la</strong>dos”<br />

cioè, spiega <strong>la</strong> nota critica, “calzones huecos y arrugados” che vengono tradotti “brache”,<br />

“calzoni” e poi “pantaloni” perdendo in ogni caso <strong>la</strong> specificità del taglio considerato ri<strong>di</strong>colo<br />

per le ampie tasche.<br />

Anche i gra<strong>di</strong> dell’esercito causano una certa <strong>di</strong>fficoltà, che <strong>Montale</strong> risolve traducendo<br />

“governatore” per “asistente” e “vice governatore” per “teniente de asistente”.<br />

Oltre al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> gerarchica militare in Spagna era fortemente gerarchizzata anche <strong>la</strong> società,<br />

per cui tutti gli appartenenti ad una c<strong>la</strong>sse nobiliare erano riconosciuti con titoli che ne<br />

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chiarivano lo status, segno forte del<strong>la</strong> gerarchia monarchica, e che erano in genere ere<strong>di</strong>tari,<br />

tant’è vero che “de hidalgas con<strong>di</strong>ciones” viene tradotto “per con<strong>di</strong>zioni<strong>di</strong> famiglia”, ma<br />

potevano essere anche acquistati con denaro.<br />

<strong>Cervantes</strong> scaglia <strong>la</strong> sua ironia contro questa pratica <strong>di</strong> aggiungere un appel<strong>la</strong>tivo nobiliare,<br />

non per effettivo lignaggio del<strong>la</strong> casata ma per una mercificazione <strong>di</strong> tali concessioni, già<br />

nell’episo<strong>di</strong>o del mercante, che sfoggia <strong>la</strong> propria ricchezza nei figli come se fossero rampolli<br />

<strong>di</strong> una c<strong>la</strong>sse elevata.<br />

Più pungente ancora è <strong>la</strong> sua ri<strong>di</strong>colizzazione del<strong>la</strong> situazione nell’episo<strong>di</strong>o del poliziotto,<br />

dato che un’ostessa, accusata <strong>di</strong> ospitare nelle sue camere <strong>due</strong> prostitute, <strong>di</strong>chiara, <strong>di</strong>fendendo<br />

<strong>la</strong> propria onestà, che suo marito possiede un certificato <strong>di</strong> nobiltà. “Hermana camera”<br />

risponde allora il vice-governatore “yo quiero creer que vuestro marido tiene carta de<br />

hidalguía con que vos me confeséis che es hidalgo mesonero” [io voglio credere che vostro<br />

marito possiede l’attestato <strong>di</strong> nobiltà nonostante voi mi confessiate che è un nobile<br />

locan<strong>di</strong>ere], esprimendo un’audace ironia che è resa in italiano con un <strong>di</strong>verso gioco <strong>di</strong><br />

termini: “Signora affittacamere, son persuaso che vostro marito ha le carte in rego<strong>la</strong> per essere<br />

un oste b<strong>la</strong>sonato”.<br />

Questa battuta si trova al<strong>la</strong> fine <strong>di</strong> una delle scenette più gustose dell’intera novel<strong>la</strong>, arricchita<br />

da una molteplicità <strong>di</strong> battute colloquiali, pronunciate soprattutto dall’ostessa.<br />

Berganza spiega che il suo padrone e il complice, assieme alle loro compagne prostitute, si<br />

de<strong>di</strong>cavano a truffare gli stranieri, fingendo <strong>di</strong> coglierli sul fatto quando si trovavano in<br />

amorosa compagnia delle donne.<br />

Una volta i <strong>due</strong> delinquenti prendono <strong>di</strong> mira un “breton”, termine che in<strong>di</strong>ca in <strong>Cervantes</strong><br />

uno straniero in generale, mentre in <strong>Montale</strong> <strong>di</strong>venta un “bretone”. La scelta del traduttore<br />

non è dettata da una <strong>di</strong>strazione, ma da una precisa decisione, perché durante lo svolgersi<br />

del<strong>la</strong> scena, l’ingannato ur<strong>la</strong>, nel testo <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, <strong>di</strong> restituirgli i suoi “cinquenta escuti<br />

d’oro in oro” rive<strong>la</strong>ndo <strong>la</strong> sua ironica identità italiana.<br />

Non potendo rendere <strong>la</strong> paro<strong>di</strong>a linguistica, il traduttore avrebbe potuto usare una pronuncia o<br />

parole rubate da un’altra lingua, invece <strong>Montale</strong> preferisce eliminare del tutto questo elemento<br />

coloristico e tradurre semplicemente “cinquanta scu<strong>di</strong>, proprio <strong>di</strong> quell’oro”.<br />

Il linguaggio dell’uomo è per Berganza “adultero y bastardo” con evidente riferimento al<br />

personaggio che lo usa, mentre in italiano <strong>la</strong> lingua è solo “strana e bastarda”.<br />

Lo straniero dunque cade nel tranello e, mentre si trova in una locanda con <strong>la</strong> Colindre,<br />

complice dei <strong>due</strong> ufficiali corrotti, essi piombano nel<strong>la</strong> stanza assieme ai loro sgherri.<br />

83


La vittima dell’imbroglio per comprare <strong>la</strong> clemenza dei <strong>due</strong> ufficiali cerca i propri pantaloni<br />

nei quali aveva <strong>la</strong>sciato il denaro e, non trovandoli, comincia a gridare; il poliziotto allora,<br />

vedendo che da lui non si riesce a trarre il profitto sperato, decide <strong>di</strong> intortare <strong>la</strong> padrona del<strong>la</strong><br />

locanda, multando<strong>la</strong> per aver ospitato <strong>la</strong> prostituta e il compratore.<br />

<strong>Cervantes</strong> inizia qui un processo <strong>di</strong> accumu<strong>la</strong>zione per dare l’idea dell’agitazione del<strong>la</strong><br />

situazione, perché <strong>la</strong> donna giungendo nel<strong>la</strong> stanza trova il bretone ur<strong>la</strong>nte e senza pa<strong>la</strong>ntoni,<br />

<strong>la</strong> Colindre nuda e in <strong>la</strong>crime, gli sgherri che mettono tutto sottosopra, “el aguacíl en colera y<br />

el escribano enojado”, che viene tradotto “<strong>la</strong> collera del poliziotto e dello scriba” con una<br />

sintesi che sminuisce l’effetto <strong>di</strong> amplificazione.<br />

Ai sette personaggi radunati si aggiunge dunque <strong>la</strong> presenza dell’ostessa che, accusata, si<br />

ribel<strong>la</strong> vociando con tanta energia che l’autore, per dar più enfasi al<strong>la</strong> descrizione, usa, per <strong>la</strong><br />

prima volta nell’intera novel<strong>la</strong>, un’esc<strong>la</strong>mativa. “¡Aquí fue ello! ¡Aquí sí fue quando se<br />

aumentaron <strong>la</strong>s voces y aumentó <strong>la</strong> confusión!” che <strong>Montale</strong> ri<strong>di</strong>mensiona con un “non so<br />

<strong>di</strong>rti <strong>la</strong> confusione e il putiferio che nacque.”<br />

Allo scompiglio generatosi, si aggiunge <strong>la</strong> loquacità dell’ostessa che risponde in modo<br />

inaspettato alle accuse, <strong>di</strong>chiarando <strong>di</strong> conoscere gli imbrogli dei <strong>due</strong> impostori e sfoderando<br />

un linguaggio molto colorito che <strong>di</strong>mostra l’abilità dello scrittore spagnolo nel caratterizzare i<br />

propri personaggi con <strong>la</strong> varietà del loro i<strong>di</strong>oletto.<br />

La donna, in partico<strong>la</strong>re, esprime <strong>la</strong> propria ira sfoderando un modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re dopo l’altro, e<br />

costruendo un dettato estremamente espressivo, <strong>di</strong> fronte al quale <strong>Montale</strong> sceglie <strong>di</strong> rendere<br />

l’intensità delle battute mantenendo, dove possibile, <strong>la</strong> rispettiva <strong>traduzione</strong> letterale, o<br />

trasformandole in altrettante espressioni i<strong>di</strong>omatiche italiane.<br />

“Señor algauacil y señor escribano, no conmigo tretas, que entrevo toda costura; no conmigo<br />

<strong>di</strong>jes, ni poleos; callen <strong>la</strong> boca y váyanse con Dios; sino, por mi santiguada, que arroje el<br />

bodegón por <strong>la</strong> ventana, y que saque a p<strong>la</strong>za toda <strong>la</strong> chirino<strong>la</strong> desta historia…” [signor<br />

“alguacil” e signor “escribano” niente stratagemmi con me, che intravedo tutta <strong>la</strong> cucitura;<br />

niente ninnoli con me, né puleggi; chiudano <strong>la</strong> bocca e se ne vadano con Dio; se no, per il mio<br />

segno del<strong>la</strong> croce, che tiro l’osteria dal<strong>la</strong> finestra, e che porto in piazza tutto l’affare <strong>di</strong> questa<br />

storia] <strong>di</strong>venta “Signor poliziotto e signor scriba, non facciamo scherzi che conosco le vostre<br />

trappole. Basta con le chiacchere e gli urli, chiudete il becco; e andatevene con Dio se no,<br />

paro<strong>la</strong> d’onore, parlo io e metto in piazza tutta questa faccenda…”<br />

La resa italiana non mantiene forse tutta l’efficacia del<strong>la</strong> versione originale, ma si nota come<br />

il traduttore si sforzi <strong>di</strong> rendere l’aspetto concitato e al tempo stesso <strong>di</strong>retto e coloristico<br />

dell’affittacamere che osa sfidare i mandatari corrotti del<strong>la</strong> giustizia.<br />

84


Le espressioni pittoresche non si racchiudono solo nel <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> donna, ma anche nelle<br />

parti <strong>di</strong> narrazione che <strong>la</strong> riguardano, ad esempio quando entra nel<strong>la</strong> camera, <strong>la</strong> situazione che<br />

vede “no le plugo mucho”, espressione familiare che <strong>Montale</strong> standar<strong>di</strong>zza in un “non fu<br />

molto contenta” .<br />

Per rendere il modo <strong>di</strong> eprimersi colloquiale dell’ostessa, <strong>Montale</strong> fa però ricorso a un<br />

elemento che <strong>Cervantes</strong> non poteva conoscere, perché ere<strong>di</strong>tato dai maestri d’inizio<br />

novecento, cioè il <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto libero impiegato nel passo in cui <strong>la</strong> donna si <strong>la</strong>menta col<br />

vice governatore del<strong>la</strong> necessità <strong>di</strong> portare avanti quel mestiere “que Dios sabía lo que le<br />

pesaba”, mentre in italiano “Dio sapeva quanto l’era duro…”. Questo tocco <strong>di</strong> regionalismo,<br />

inserito liberamente da <strong>Montale</strong> ci fa capire ancora una volta il suo modo <strong>di</strong> muoversi tre<br />

originale e <strong>traduzione</strong>, selezionando gli elementi <strong>di</strong> rilievo e interpretandoli nel<strong>la</strong> resa<br />

corrispondente.<br />

Questo tratto in partico<strong>la</strong>re manifesta l’in<strong>di</strong>pendenza del traduttore, in quanto <strong>Cervantes</strong> usa<br />

per i suoi personaggi un linguaggio fortemente variegato, ma non mette mai loro in bocca, per<br />

quanto appartenenti a basse c<strong>la</strong>ssi sociali, evidenti errori grammaticali per caratterizzarli.<br />

<strong>Montale</strong>, inserendo un elemento <strong>di</strong> poetica estraneo all’autore, proietta l’intento originale in<br />

un <strong>di</strong>verso orizzonte letterario.<br />

Di fronte all’impassibilità del vice governatore, l’ostessa cerca <strong>di</strong> ottenere con i gesti <strong>la</strong> pietà<br />

che le parole non hanno provocato, e per impietosire l’ufficiale compie una serie <strong>di</strong> azioni <strong>di</strong><br />

cui <strong>Cervantes</strong> acutizza l’intensità con <strong>la</strong> brevità e <strong>la</strong> forte punteggiatura. “La cual nueva <strong>di</strong>o<br />

con el<strong>la</strong> en el suelo; arañose el rostro; alzó el grito” che in italiano suona più b<strong>la</strong>ndamente “A<br />

questa decisione si buttò a terra, si graffiò il volto ed emise alte strida”. Si noti, in partico<strong>la</strong>re,<br />

come le grida del<strong>la</strong> donna in spagnolo <strong>di</strong>ventano sempre più forti determinando un crescendo<br />

anche nel<strong>la</strong> drammaticità del<strong>la</strong> scena, mentre in italiano sono solo “alte”, senza variazione<br />

d’intensità.<br />

La scena si conclude con l’arresto da parte del governatore dei responsabili, costretti a pagare<br />

una grossa multa, i quali naturalmente risultano essere lo straniero e l’ostessa, mentre i veri<br />

furfanti restano in libertà.<br />

Berganza prosegue col racconto delle malefatte del proprio padrone spiegando come questi<br />

per ottenere fama non indugiasse a mettersi d’accordo con gli stessi criminali per inscenare<br />

<strong>due</strong>lli e gran<strong>di</strong> catture <strong>di</strong> <strong>la</strong>droni.<br />

Il cane <strong>di</strong>ce che questi “sustentaba <strong>la</strong> valentia sin peligro de su persona, pero a costa de su<br />

bolsa” [sostentava il coraggio senza pericolo del<strong>la</strong> sua persona, però a costo del<strong>la</strong> sua borsa]<br />

che <strong>Montale</strong> traduce “era un valore, quello, che metteva più a rischio <strong>la</strong> sua borsa che <strong>la</strong> sua<br />

85


persona”, rendendo con una costruzione <strong>di</strong>stinta il medesimo concetto e mantenendo <strong>di</strong><br />

conseguenza <strong>la</strong> partico<strong>la</strong>rità del<strong>la</strong> struttura e il significato, ma cambiando <strong>di</strong> fatto il testo.<br />

Il capo del<strong>la</strong> congrega <strong>di</strong> delinquenti che frequenta il poliziotto è un tal Monipo<strong>di</strong>o, eccentrico<br />

personaggio già presente nel<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> “Rinconete y Corta<strong>di</strong>llo”, definito in questa occasione<br />

“encubridor de <strong>la</strong>drones y pa<strong>la</strong> de rufianes”, che <strong>Montale</strong> traduce con un bel termine piuttosto<br />

ricercato “manutengolo <strong>di</strong> <strong>la</strong>droni e ruffiani”.<br />

Lo sbirro dopo <strong>la</strong> finta cattura dei criminali ricompensa i complici e paga il banchetto “…con<br />

todo cuanto Monipo<strong>di</strong>o <strong>di</strong>jo que había costado <strong>la</strong> cena , que se concluyó casi al<br />

amanecer…”[con tutto quanto Monipo<strong>di</strong>o <strong>di</strong>sse che era costata <strong>la</strong> cena, che si concluse quasi<br />

all’alba], con una re<strong>la</strong>tiva che dev’essere sembrata piuttosto ambigua al traduttore che decide<br />

<strong>di</strong> esplicitar<strong>la</strong> “…insieme con <strong>la</strong> cena, al prezzo che volle Monipo<strong>di</strong>o: cena che terminò<br />

all’alba con sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> tutti”. Questo proce<strong>di</strong>mento, accompagnato dal<strong>la</strong> trasformazione<br />

dell’interrogativa in<strong>di</strong>retta in re<strong>la</strong>tiva, mi pare partico<strong>la</strong>rmente notevole, perchè porta lo<br />

scrittore ad aggiungere una paro<strong>la</strong> rispetto all’originale, in opposizione al<strong>la</strong> sua pratica <strong>di</strong><br />

sintetizzare e tagliare il più possibile. E’ evidente che <strong>la</strong> motivazione <strong>di</strong> tale proce<strong>di</strong>mento,<br />

tanto rilevante da portarlo a contravvenire al<strong>la</strong> strategia predominante <strong>di</strong> tutto il <strong>la</strong>voro, è <strong>la</strong><br />

chiarezza del testo per il lettore, così che possa intendere <strong>la</strong> narrazione senza dubbi.<br />

Questo vale a chiarire che il principio del<strong>la</strong> sintesi, nel<strong>la</strong> poetica del <strong>Montale</strong> traduttore, segue<br />

per importanza lo scopo principale dell’imme<strong>di</strong>ata comprensibilità, fine che abbiamo visto<br />

perseguire anche attraverso <strong>la</strong> ra<strong>di</strong>cale trasformazione del testo.<br />

Come ogni gruppo con cui Berganza entra in contatto durante le sue <strong>di</strong>verse avventure, anche<br />

questi manigol<strong>di</strong> sono caratterizzati dal loro sottoco<strong>di</strong>ce, costituito da un gergo partico<strong>la</strong>re <strong>di</strong><br />

cui <strong>Cervantes</strong> recupera alcuni mo<strong>di</strong> per rendere espressivo e realistico il dettato.<br />

In questo caso, Berganza racconta come i malfattori facciano sapere al poliziotto dell’arrivo <strong>di</strong><br />

un nuovo mariolo in città usando <strong>due</strong> volte l’espressione “dar soplo”, corrispondente<br />

all’italiano “fare una soffiata”, termine colloquiale che <strong>Montale</strong> non impiega, preferendo<br />

tradurre “giunse notizia” una volta e “gli avevano fatto <strong>la</strong> spia” l’atra.<br />

L’incontro, come abbiamo visto, si svolge durante una <strong>la</strong>uta cena, per cui <strong>la</strong> nuova<br />

informazione funge quasi da dolce, secondo <strong>la</strong> metafora <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> che impiega<br />

effettivamente l’espressione “de postre”, <strong>di</strong> cui il traduttore mantiene ancora una volta il senso<br />

ma trasforma il significante, scrivendo “per far <strong>la</strong> bocca buona”.<br />

Tutta <strong>la</strong> fama <strong>di</strong> coraggioso è ottenuta <strong>di</strong> fatto dal nuovo padrone a forza <strong>di</strong> “meriendas y<br />

tragos”, altra espressione tratta dal mondo culinario, che <strong>Montale</strong> non traduce letteralmente,<br />

ma con il modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re familiare al lettore italiano “mangiate e bevute”.<br />

86


Berganza promette <strong>di</strong> narrare ancora un “cuento que le suce<strong>di</strong>ó”, espressione che rimanda al<br />

tramite dell’oralità <strong>di</strong> cui si stanno servendo i cani e che preannuncia una storia completa con<br />

un inizio e una fine e magari arricchita <strong>di</strong> qualche avventura interessante, rispetto al<strong>la</strong> quale<br />

l’italiano “un altro fatto” in questo caso sminuisce in parte l’anticipazione <strong>di</strong> Berganza<br />

appiattendone <strong>la</strong> connotazione.<br />

Nell’ episo<strong>di</strong>o successivo i personaggi non solo si fanno beffe del<strong>la</strong> giustizia, ma <strong>la</strong> usano<br />

proprio come mezzo per compiere un inganno ai danni del poliziotto. Entrano in gioco allora<br />

alcuni termini estratti dall’ambito giuri<strong>di</strong>co per in<strong>di</strong>care le azioni dei nuovi furfanti che<br />

fingono un contenzioso, per cui, per iniziare, uno dei <strong>due</strong> “pi<strong>di</strong>ó por una petición” che<br />

<strong>Montale</strong> traduce “denunziò”. La truffa prevede che il manigoldo rec<strong>la</strong>mi il pagamento <strong>di</strong> una<br />

somma in<strong>di</strong>cata in una ricevuta “de <strong>la</strong> cual hacía presentación”, che <strong>di</strong>venta solo “che aveva<br />

con sé” e chieda che “sacasen prenda”, reso “facessero un sequestro”. Una volta ottenuto il<br />

cavallo del debitore, l’uomo afferma <strong>di</strong> ritenersi sod<strong>di</strong>sfatto, <strong>di</strong>chiarando “pasados los<br />

terminos de <strong>la</strong> ley”, che per <strong>Montale</strong> è “che le formalità del<strong>la</strong> legge erano finite”. Come si<br />

vede sono davvero numerosi gli ambiti <strong>di</strong> cui <strong>Cervantes</strong> si serve a favore del<strong>la</strong> varietà e del<br />

realismo del<strong>la</strong> sua novel<strong>la</strong>, dalle espressioni più basse ai termini ufficiali che <strong>Montale</strong> si<br />

sforza <strong>di</strong> tradurre mantenendo, anche se non vi riesce completamente, <strong>la</strong> loro formalità<br />

burocratica.<br />

Inserite in mezzo a questo tipo <strong>di</strong> vocabo<strong>la</strong>rio, risultano partico<strong>la</strong>rmente ironiche certe<br />

espressioni colloquiali che non a caso vengono usate proprio in riferimento al poliziotto<br />

corrotto, come un “le creció el ojo” per <strong>di</strong>re che egli decide <strong>di</strong> prendere il bel cavallo o “lo<br />

marcó por suyo”, <strong>di</strong> cui <strong>Montale</strong> non mantiene invece l’espressività, e traduce più<br />

semplicemente “ ebbe una gran voglia <strong>di</strong> averlo” e “decise <strong>di</strong> farne acquisto”, eliminando in<br />

questo modo l’efficacia del contrasto.<br />

Non potendo agire <strong>di</strong>rettamente, il padrone “echó de manga” un complice, altro termine<br />

decisamente informale per <strong>di</strong>re che lo convinse con l’astuzia, cui <strong>Montale</strong> sostituisce un<br />

“aveva sotto mano”. Dopo aver concluso <strong>la</strong> ven<strong>di</strong>ta i <strong>due</strong> “mondaron <strong>la</strong> haza”, ennesimo<br />

i<strong>di</strong>omatismo che il traduttore in parte mantiene col suo “sparirono subito”.<br />

Si è notato come <strong>Montale</strong>, dovendo affrontare <strong>di</strong>verse varianti del linguaggio e all’interno <strong>di</strong><br />

esse numerosi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che spesso non hanno una soluzione corrispondente in italiano,<br />

opta a volte per una resa standar<strong>di</strong>zzata, mentre in altre occasioni si sforza <strong>di</strong> mantenerne <strong>la</strong><br />

coloritura originale anche a costo <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficarle ra<strong>di</strong>calmente, coerente al<strong>la</strong> sua intenzione <strong>di</strong><br />

conservare il senso del testo pur mo<strong>di</strong>ficandone <strong>la</strong> forma.<br />

87


Il poliziotto, come abbiamo visto, ama in modo partico<strong>la</strong>re gli elogi del<strong>la</strong> gente e <strong>di</strong><br />

conseguenza corre a mostrare a tutti il cavallo appena acquistato, facendolo trottare per <strong>la</strong><br />

piazza, <strong>di</strong>mostrando un egocentrismo da fanfarone che è rappresentato nell’originale da una<br />

bel<strong>la</strong> metafora, poiché egli “voltando y revolviendo el caballo, representaba su trage<strong>di</strong>a en el<br />

teatro de <strong>la</strong> referida p<strong>la</strong>za” [passando e facendo rigirare il cavallo, rappresentava <strong>la</strong> sua<br />

trage<strong>di</strong>a nel teatro del<strong>la</strong> nominata piazza], che nel<strong>la</strong> versione italiana suona “girando e<br />

rigirandosi in arcioni si metteva in mostra nel teatro del<strong>la</strong> piazza”. La <strong>traduzione</strong> è in questo<br />

caso all’inizio piuttosto letterale, nonostante <strong>la</strong> sostituzione del nome dell’animale per evitare<br />

l’ennesima ripetizione, mentre il finale elimina <strong>la</strong> ricchezza del<strong>la</strong> similitu<strong>di</strong>ne spagno<strong>la</strong> che<br />

rendeva così viva l’immagine del senso <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione del poliziotto spaccone. Tali<br />

passeggiate poco sotto vengono chiamate “caracoles y rodeos” che <strong>Montale</strong>, con un<br />

inaspettato calco, traduce “caracol<strong>la</strong>ndo e volteggiando”.<br />

La storia però si conclude in modo beffardo poichè il padrone scopre che il cavallo <strong>di</strong> cui va<br />

tanto fiero è appena stato rubato, per cui è costretto a restituirlo al legittimo proprietario.<br />

Il tema <strong>di</strong> quest’ultimo aneddoto è in che modo <strong>la</strong> giustizia e i malviventi siamo intimamente<br />

re<strong>la</strong>zionati, dato che i funzionari del<strong>la</strong> prima sono <strong>di</strong>sonesti, e i furfanti possano riuscire nei<br />

loro intenti servendosi proprio delle leggi.<br />

Questa argomentazione si inserice nel filo conduttore <strong>di</strong> tutte le vicende <strong>di</strong> Berganza, in cui<br />

al<strong>la</strong> fine hanno <strong>la</strong> meglio sempre gli imbroglioni e i profittatori e l’ingiustizia regna sovrana in<br />

ogni luogo, all’interno <strong>di</strong> ogni tipo <strong>di</strong> ambiente e <strong>di</strong> c<strong>la</strong>sse sociale.<br />

Lo sottolinea ironicamente un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Scipione che, per opposizione, descrive le<br />

scelleratezze che compie <strong>la</strong> maggior parte degli uomini. “Non tutti si intromettono nei<br />

processi o si accordano con le parti (…), non tutti gli sbirri fan comunel<strong>la</strong> coi vagabon<strong>di</strong> e coi<br />

bari (…), ci son tanti e tanti nobili che son tali per nascita e per con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> famiglia, e che<br />

non sono spaval<strong>di</strong>, insolenti, screanzati e manigol<strong>di</strong> (…) E non tutti mettono in libertà<br />

l’arrestato che più gli garba e si fanno giu<strong>di</strong>ci e avvocati quando vogliono”. Così facendo il<br />

cane contemporaneamente limita ed espande <strong>la</strong> portata delle proprie accuse all’istituzione<br />

giu<strong>di</strong>ziaria.<br />

Per questo motivo mi pare importante il fatto questa storia si concluda con <strong>la</strong> ripetizione<br />

proprio <strong>di</strong> tale concetto, poichè si riseppe tra <strong>la</strong> gente che “por manos e intervención de <strong>la</strong><br />

misma justicia ven<strong>di</strong>eron lo que habían hurtado” [per mani e intervento del<strong>la</strong> stessa giustizia<br />

vendettero ciò che avevano rubato]. La <strong>traduzione</strong> per cui “con l’intervento e l’aiuto del<strong>la</strong><br />

polizia erano riusciti a vendere ciò che avevano rubato”, eliminando proprio il termine<br />

“giustizia” mi pare sottragga un elemento chiave che richiama qui non solo l’atto delle<br />

88


guar<strong>di</strong>e, ma un generale mondo <strong>di</strong> valori giuri<strong>di</strong>ci ed etici sempre meno rispettati, che gli<br />

stessi funzionari pubblici partecipano ad infrangere.<br />

L’unico che compie sempre il suo dovere è il cane che, infatti, incitato dal governatore a<br />

catturare un <strong>la</strong>dro, si getta contro il suo stesso padrone rive<strong>la</strong>ndone l’immoralità, stanco<br />

d’essere complice d’un tal impostore.<br />

4.3.f Vita <strong>di</strong> strada<br />

Berganza poi scappa dal<strong>la</strong> città e si ritrova un' altra volta in campagna dove si unisce a un<br />

gruppo <strong>di</strong> soldati <strong>di</strong>retti a Cartagena, fra i quali in partico<strong>la</strong>re si prende cura <strong>di</strong> lui un estroso<br />

tamburino, che il nostro è pronto a seguire, unitosi al<strong>la</strong> truppa, in capo al mondo, consapevole<br />

che i viaggi sono spesso utili all’appren<strong>di</strong>mento, nonostante il proverbio “Quien necio es en<br />

su vil<strong>la</strong>, necio es en Castil<strong>la</strong>” [chi è stupido al suo paesino, è stupido in Castiglia] che <strong>Montale</strong><br />

traduce con un simpatico proverbio italiano con lo stesso significato ed ugualmente in rima “<br />

Chi al suo paese è tonto, lo resta in tutto il mondo”.<br />

Berganza è inoltre interessato a conoscere e a par<strong>la</strong>re con <strong>di</strong>stinte persone, poiché ciò “hace a<br />

los hombres <strong>di</strong>scretos”. Questo termine “<strong>di</strong>screto”, che in<strong>di</strong>ca saggezza e capacità <strong>di</strong><br />

esprimer<strong>la</strong> con l’uso <strong>di</strong> un linguaggio adeguato, che ricorre molto spesso anche nelle altre<br />

<strong>novelle</strong>, mette come al solito al<strong>la</strong> prova in <strong>Montale</strong> <strong>la</strong> capacità <strong>di</strong> variare il dettato ricorrendo<br />

ai più <strong>di</strong>versi sinonimi; tale proce<strong>di</strong>mento si rive<strong>la</strong> partico<strong>la</strong>rmente creativo nei casi, come<br />

questo, in cui non esiste un significato letterale italiano per un termine tipico, che acquisisce<br />

una sfumatura specifica in ogni determinato contesto.<br />

Fin dall’inizio del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> Berganza elogia Scipione <strong>di</strong>cendogli che sempre, e allora più che<br />

mai, lo ha considerato “<strong>di</strong>screto y amigo”, che <strong>Montale</strong> traduce “un amico, e avveduto”. Più<br />

avanti lo stesso termine è usato per definire un uomo che secondo <strong>Montale</strong> è “<strong>di</strong> buon senso”,<br />

mentre in un’altra battuta l’aggettivo è trasformato nel sostantivo “<strong>di</strong>screzione” per in<strong>di</strong>care <strong>la</strong><br />

qualità <strong>di</strong> Scipione nel saper evitare le <strong>di</strong>gressioni inutili. Durante l’episo<strong>di</strong>o dei pastori,<br />

Scipione avverte Berganza <strong>di</strong> non <strong>di</strong>re cose <strong>di</strong> cui potrebbe pentirsi se vuol esser “<strong>di</strong>screto”<br />

cioè, secondo <strong>Montale</strong>, “cauto”, mentre, par<strong>la</strong>ndo dei falsi <strong>la</strong>tinisti, il sostantivo “<strong>di</strong>screción”<br />

<strong>di</strong>venta “buon senso”.<br />

Tornando al tema dei viaggi <strong>di</strong> cui stanno <strong>di</strong>scorrendo i <strong>due</strong> mastini, conoscere altre realtà,<br />

come abbiamo detto, “hace a los hombres <strong>di</strong>scretos” che in questo contesto <strong>Montale</strong><br />

generalizza decisamente scrivendo che “c’è pur qualcosa da guadagnare”.<br />

89


Scipione è d’accordo e ricorda a proposito il famoso Ulisse (notiamo che per <strong>la</strong> seconda volta<br />

il cane <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> conoscere <strong>la</strong> cultura greca), che fu chiamato “prudente” (nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong><br />

“uomo avveduto”) per “haber andado muchas tierras y comunicado con <strong>di</strong>versas gentes y<br />

varias naciones” [per aver percorso molte terre e comunicato con <strong>di</strong>verse genti e vari popoli].<br />

La <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> “per aver molto viaggiato e comunicato con molte genti e <strong>di</strong>versi<br />

paesi” non rispetta <strong>la</strong> coerenza interna, poiché il traduttore, che, come abbiamo visto, ha come<br />

priorità <strong>la</strong> comprensibilità del proprio testo, in questo caso usa una <strong>traduzione</strong> letterale che<br />

danneggia il senso del<strong>la</strong> frase. E’ ovvio che il “naciones” spagnolo, come chiarisce <strong>la</strong> nota<br />

critica, in<strong>di</strong>ca non gli spazi fisici, ma i popoli che vi abitano, anche perché non avrebbe senso<br />

l’atto <strong>di</strong> comunicare con un luogo. Non capisco <strong>di</strong> conseguenza il proce<strong>di</strong>mento del traduttore<br />

che decide <strong>di</strong> trasformare il termine, ma invece <strong>di</strong> usarne uno adatto al contesto, opta per una<br />

variante che rende ancora meno logica <strong>la</strong> frase.<br />

Nelle parole <strong>di</strong> Berganza, <strong>Montale</strong> decide <strong>di</strong> aggiungere qualche espressione caratteristica che<br />

nell’originale non corrisponde a usi i<strong>di</strong>omatici. Ad esempio, <strong>la</strong> truppa era piena <strong>di</strong> vagabon<strong>di</strong><br />

che “hacían algunas insolencias”, ma che in italiano “ne facevano <strong>di</strong> tutti i colori”; Berganza<br />

andrebbe nei dettagli “si no tuviera cuenta en no ade<strong>la</strong>ntarme en mostrar<strong>la</strong>” [se non tenessi<br />

conto <strong>di</strong> non andare troppo avanti mostrando<strong>la</strong>], cioè, scrive <strong>Montale</strong> “se volessi descriverli<br />

per filo e per segno”. A volte invece l’uso i<strong>di</strong>omatico è finalizzato a impiegare gli stessi<br />

termini dell’originale, come nel caso del guadagnare senza <strong>la</strong>vorare che “tiene muchos<br />

aficionados y golosos”, espressione che il traduttore mantiene all’interno dello stesso campo<br />

semantico usando il modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re “fa go<strong>la</strong> a molti”.<br />

Il narratore presenta in questo episo<strong>di</strong>o al lettore un sottomondo <strong>di</strong> figurine che animavano le<br />

strade delle città gran<strong>di</strong> e piccole coi loro commerci e i loro spettacoli.<br />

Berganza si ritrova in nuovi ambienti, cioè quelli dei paesini nei quali sosta, denominati<br />

vil<strong>la</strong>s, cioè circoscrizioni con alcuni privilegi, che <strong>Montale</strong> definisce “feudo” o “borgo”, nei<br />

quali il tamburino mostra il cane come un pro<strong>di</strong>gio a un pubblico pagante, suscitando in<br />

Berganza <strong>la</strong> critica verso tutti coloro che vivono come ambu<strong>la</strong>nti sostentandosi con le<br />

professioni più <strong>di</strong>sparate, le quali, secondo il cane, nascondono <strong>di</strong> sicuro qualche attività<br />

illecita.<br />

“Por esto” commenta il mastino “hay tantos titiriteros, en España, tantos que muestran<br />

retablos, tantos que venden alfileres y cop<strong>la</strong>s”. Se per i primi è evidente <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong><br />

“burattinai”, i ven<strong>di</strong>tori smerciano “aghi e canzonette stampate”, cancel<strong>la</strong>ndo per non<br />

<strong>di</strong>lungarsi tutta <strong>la</strong> specificità del termine “cop<strong>la</strong>”, usato per in<strong>di</strong>care una breve composizione<br />

poetica tipica del<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione popo<strong>la</strong>re, ma <strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione più sorprendente avviene ai<br />

90


danni <strong>di</strong> coloro che mostrano “retablos”, cioè una serie <strong>di</strong> figure o un teatrino, che, per non<br />

te<strong>di</strong>are il lettore con spiegazioni, <strong>di</strong>ventano nel<strong>la</strong> versione montaliana “giocolieri”.<br />

L’ambito del<strong>la</strong> strada è in stretta re<strong>la</strong>zione con l’universo dei giochi e dei passatempi, vera<br />

bestia nera del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, come abbiamo già avuto modo <strong>di</strong> osservare nel brano del<strong>la</strong><br />

critica ai <strong>la</strong>tinismi.<br />

Il tamburino, per intrattenere il proprio pubblico, mette sul dorso del cane un fantoccino, e gli<br />

insegna a simu<strong>la</strong>re <strong>di</strong> “correr sortija”, inscenando un gioco cortigiano nel quale i cavalieri<br />

dovevano centrare con una <strong>la</strong>ncia un anello appeso ad una cor<strong>di</strong>cel<strong>la</strong>, svago questo che<br />

doveva essere conosciuto ai lettori <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> ma sarebbe risultato certamente ignoto ai<br />

contemporanei <strong>di</strong> <strong>Montale</strong>. Il traduttore ricorre <strong>di</strong> conseguenza, per rendere i <strong>due</strong> impieghi del<br />

termine, <strong>la</strong> prima volta all’espressione “<strong>la</strong>ncia in resta”, mentre <strong>la</strong> seconda volta inserisce un<br />

“avrebbe saltato l’anello” per cui si capisce il riferimento ad un gioco che non viene però<br />

specificato.<br />

Inutile ripetere un’altra volta quale miniera <strong>di</strong> partico<strong>la</strong>ri storici contengano i racconti<br />

cervantini, i quali, per quanto si possa dubitare del<strong>la</strong> loro atten<strong>di</strong>bilità scientifica, hanno un<br />

valore incomparabile a livello letterario, che <strong>Montale</strong> cancel<strong>la</strong> senza rimpianti optando quasi<br />

sempre per <strong>la</strong> sintesi e l’adattamento modernizzante.<br />

Un altro strumento dello spettacolo, l’ “aro de cedano” viene tradotto “cerchio <strong>di</strong> setaccio”,<br />

mantenendo l’ambiguità del<strong>la</strong> forma e del<strong>la</strong> funzione, mentre il rinnovato riferimento al ballo<br />

del<strong>la</strong> Chacona viene tradotto come l’altra volta “castagnette”.<br />

Altro dettaglio che subisce trasformazione è ancora una volta un elemento architettonico,<br />

perché “el tinelo”, usato per in<strong>di</strong>care <strong>la</strong> parte d’ingresso del<strong>la</strong> corte, <strong>di</strong>venta “le sue<br />

anticamere”.<br />

Un altro esempio <strong>di</strong> manipo<strong>la</strong>zione verso <strong>la</strong> standar<strong>di</strong>zzazione che provoca l’eliminazione <strong>di</strong><br />

tutta <strong>la</strong> specificità del termine è il tessuto del<strong>la</strong> sel<strong>la</strong> che il padrone pone sul cane, fatta <strong>di</strong><br />

“guadamecí”, ossia un tipo <strong>di</strong> cuoio pressato con delle figure in rilievo, che <strong>Montale</strong><br />

semplifica in “pelle”.<br />

Anche per le espressioni tipiche e colloquiali <strong>Montale</strong> si trova a cambiare profondamente il<br />

testo. Il “viejo verde”, espressione ancora in uso per in<strong>di</strong>care un anziano libi<strong>di</strong>noso, <strong>di</strong>venta<br />

solo “vecchio”, corretto dall’aggiunta successiva dell’in<strong>di</strong>cazione che “faceva il pollo”,<br />

assente nell’originale, mentre “se escabechaba <strong>la</strong> barba” si trasforma in “si tingeva ancora i<br />

capelli”, traducendo così l’intento dell’uomo <strong>di</strong> apparire giovane nonostante l’età avanzata.<br />

91


Se in spagnolo il tamburino immagina con sod<strong>di</strong>sfazione che “<strong>la</strong> cosecha iba de grul<strong>la</strong>”, in<br />

italiano prevede “una buona colletta”, mantenendo il campo semantico del<strong>la</strong> raccolta ma non<br />

quello del<strong>la</strong> mietitura.<br />

L’espressione colloquiale, impiegata dal cane, “de mi santiscario” doveva suonare bizzarra o<br />

un po’ b<strong>la</strong>sfema già ai lettori secenteschi, se lo scrittore, o meglio il narratore Berganza, sente<br />

<strong>la</strong> necessità <strong>di</strong> far<strong>la</strong> seguire dal<strong>la</strong> giustificazione “como <strong>di</strong>cen”, <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> quale <strong>Montale</strong><br />

non fa altro che semplificare in “li eseguivo del mio meglio”, senza inserire corrispondenti<br />

espressioni ricercate o tipiche del par<strong>la</strong>to che non sarebbero certo mancate.<br />

Il traduttore aggiunge invece <strong>di</strong> sua iniziativa un paio <strong>di</strong> parole <strong>di</strong> spiegazione al termine<br />

“trenta leghe”, che risulterebbe forse incomprensibile ai suoi lettori senza <strong>la</strong> successiva<br />

annessione “<strong>di</strong> strada”.<br />

Dopo una così folta lista <strong>di</strong> manipo<strong>la</strong>zioni, tagli e cambiamenti ra<strong>di</strong>cali, c’è da notare una<br />

partico<strong>la</strong>re fedeltà nel trascrivere i nomi delle città che rimangono, come nell’originale,<br />

“Ciudad Real, San Martin e Ribadavia”, soluzione alquanto sorprendente rispetto al<strong>la</strong> scelta <strong>di</strong><br />

italianizzare in “Siviglia” o “Granata” le città più note, soprattutto se si considera che anche il<br />

nome del<strong>la</strong> piazza del<strong>la</strong> capitale era <strong>di</strong>ventata “San Francesco”.<br />

In questo episo<strong>di</strong>o <strong>Montale</strong>, come al solito, si barcamena tra rese letterali e traduzioni<br />

approssimative, senza perdere però mai <strong>di</strong> vista <strong>la</strong> comprensibilità imme<strong>di</strong>ata del suo scritto e<br />

<strong>la</strong> resa del senso del testo, anche se variamente reinterpretato.<br />

4.3.g Brujas, magas y hechiceras<br />

L’episo<strong>di</strong>o che i critici considerano centrale per <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> è quello del<strong>la</strong> strega Cañizares, che<br />

si trova giusto al centro del racconto e che assume profondo significato per questa narrazione<br />

se non per l’intera raccolta.<br />

Il tamburino, nel pieno del suo spettacolo, ha <strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ugurata idea <strong>di</strong> nominare “<strong>la</strong> famosa<br />

hechicera que <strong>di</strong>cen que hubo en este lugar” [<strong>la</strong> famosa incantatrice che <strong>di</strong>cono che visse in<br />

questo posto], ma a queste parole appare una vecchia a<strong>di</strong>rata che comincia a sbraitare che non<br />

esiste alcuna fattucchiera, e che l’unico motivo per cui <strong>la</strong> gente crede a questa <strong>di</strong>ceria è una<br />

“ley de encaje”, termine giuri<strong>di</strong>co che <strong>Montale</strong> traduce “legge male applicata”, a<br />

<strong>di</strong>mostrazione fin dalle prime battute del<strong>la</strong> varietà del vocabo<strong>la</strong>rio <strong>di</strong> questo nuovo<br />

personaggio.<br />

92


Il padrone, costretto ad interrompere l’esibizione, si ripromette <strong>di</strong> proporre un altro giorno “lo<br />

que en aquel día había faltado”, che il traduttore solleva dal<strong>la</strong> possibile <strong>di</strong>fficoltà<br />

interpretative traducendo “lo spettacolo mancato”.<br />

Questo nuovo personaggio femminile è il simbolo dell’ambiguità, caratteristica che domina in<br />

partico<strong>la</strong>re nel suo <strong>di</strong>scorso, ma che delinea in generale tutta <strong>la</strong> sua personalità; eppure le sue<br />

riflessioni sembrano provenire dal<strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà del<strong>la</strong> coscienza.<br />

I termini stessi per definire <strong>la</strong> donna si mesco<strong>la</strong>no nel<strong>la</strong> versione italiana, in quanto<br />

“hechicera” è tradotto “fattucchiera”, ma gli “echizos” sono le “stregonerie”, mentre “strega”<br />

è usato per “bruja”, che a sua volta viene tradotto anche “stregona”; “brujos” sono invece i<br />

“maghi”, mentre “maga” è “megera”, termine usato per tradurre anche il semplice “vieja”.<br />

La vecchia sembra riconoscere il mastino e lo invita a seguir<strong>la</strong> nel<strong>la</strong> sua stanza, dove gli rive<strong>la</strong><br />

con grande emozione essere lui il figlio <strong>di</strong> un’amica strega trasformato in animale dal<strong>la</strong><br />

maestra gelosa, per poi descrivergli le abitu<strong>di</strong>ni dei loro raduni stregoneschi e illustrargli <strong>la</strong><br />

loro natura malefica che le porta a compiere gran<strong>di</strong> peccati, sempre control<strong>la</strong>ti però dal<strong>la</strong><br />

potestas <strong>di</strong> Dio.<br />

Le spiegazioni del<strong>la</strong> donna sono lunghe ed accurate, e in questo brano <strong>Montale</strong> si mantiene<br />

partico<strong>la</strong>rmente fedele all’originale, anche perché <strong>la</strong> strega fa ricorso <strong>di</strong> rado ad espressioni<br />

colloquiali o a mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che richiedano l’impiego <strong>di</strong> espressioni corrispondenti.<br />

Il brano introduce tutta una serie <strong>di</strong> nuove informazioni e specu<strong>la</strong>zioni, per cui si trova<br />

nell’originale <strong>la</strong> ripetizione dell’espressione introduttiva “has de saber” che <strong>Montale</strong> traduce<br />

con partico<strong>la</strong>re rigore “hai da sapere”.<br />

La donnaccia, per quanto strega, ha un modo <strong>di</strong> par<strong>la</strong>re molto ricercato, anche per i temi<br />

teleologici <strong>di</strong> cui tratta, ma nonostante il modo <strong>di</strong> esprimersi sia per <strong>la</strong> maggior parte depurato<br />

dai colloquialismi e dalle espressioni che si trovano invece nel linguaggio degli altri<br />

personaggi, qualche modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re si trova anche in questo <strong>di</strong>scorso, soprattutto nelle parti<br />

meno control<strong>la</strong>te, e produce l’attuazione da parte <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse soluzioni.<br />

La donna, al principio, a<strong>di</strong>rata contro il padrone del cane, lo chiama “tamburilero”, che<br />

<strong>Montale</strong> rende con un sonoro “stamburante”.<br />

Tra le capacità del<strong>la</strong> grande maestra Camacha, <strong>la</strong> Cañizares racconta che costei era perfino<br />

capace <strong>di</strong> trasportare le persone “de lejas tierras”, complemento <strong>di</strong> origine che <strong>Montale</strong><br />

trasforma in destinazione traducendo senza motivazione “nelle terre più lontane”.<br />

Rispetto al<strong>la</strong> famosa strega, capace ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> leggere il futuro nell’ “uña de una creatura”,<br />

che in italiano <strong>di</strong>venta soltanto “unghia” con elisione del<strong>la</strong> specificazione, <strong>la</strong> Cañizares,<br />

invece, si <strong>di</strong>chiara più “medrosil<strong>la</strong>”, cioè “paurosetta” ed invece del<strong>la</strong> legione <strong>di</strong> demoni del<strong>la</strong><br />

93


maestra deve accontentasi <strong>di</strong> una “me<strong>di</strong>a legión”, cui <strong>Montale</strong> aggiunge <strong>la</strong> specificazione “<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>avoli” per render<strong>la</strong> più comprensibile, ma creando anche in questo modo una sottile<br />

<strong>di</strong>fferenza tra le <strong>due</strong> espressioni.<br />

Il <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> donna è segnato però anche da un’amara rassegnazione, perché “<strong>la</strong> vida que<br />

corre sobre <strong>la</strong>s ligeras a<strong>la</strong>s del tiempo se acaba…” [<strong>la</strong> vita che corre sulle leggere ali del<br />

tempo si esaurisce] che <strong>Montale</strong> traduce “corre <strong>la</strong> vita sulle ali leggere del vento”,<br />

tra<strong>la</strong>sciando il verbo che ha nell’originale <strong>la</strong> funzione <strong>di</strong> completare il senso <strong>di</strong> caducità a cui<br />

sono destinati tutti gli esseri umani, e causando così l’assenza <strong>di</strong> un elemento decisivo anche a<br />

livello semantico.<br />

Un passo molto significativo è l’esc<strong>la</strong>mazione del<strong>la</strong> decana Camacha al<strong>la</strong> nascita dei gemelli<br />

dell’allieva Montil<strong>la</strong>, i quali appaiono in forma <strong>di</strong> cane, occasione in cui essa asserisce che<br />

quel<strong>la</strong> trasformazione mostruosa “algún misterio contiene”.<br />

Tale osservazione così ambigua contiene un riferimento importante perché rimanda<br />

ad<strong>di</strong>rittura al prologo del<strong>la</strong> raccolta, nel quale si trova l’espressione enigmatica, riferita alle<br />

<strong>novelle</strong>, “algún misterio tienen escon<strong>di</strong>do”, che ha sollevato tanti dubbi tra i critici.<br />

Non si può non notare che proprio in questo <strong>di</strong>scorso, il più significativo e drammatico<br />

dell’ultima novel<strong>la</strong>, si trova un collegamento col prologo, come se proprio in queste parole si<br />

sve<strong>la</strong>sse il senso <strong>di</strong> tutta l’opera: un mistero, appunto, che aleggia attorno al<strong>la</strong> forma dei<br />

neonati e al significato dei racconti esemp<strong>la</strong>ri.<br />

<strong>Montale</strong> elimina invece il parallelismo traducendo “è assai misterioso”, scelta che d’altra<br />

parte, considerando l’e<strong>di</strong>zione italiana in questione, non ha un’importanza così decisiva, dato<br />

che il testo tradotto non si trova all’interno del<strong>la</strong> raccolta completa, e dunque il lettore cui si<br />

rivolge <strong>Montale</strong> non conosce probabilmente il prologo originale.<br />

Il forte collegamento con le pagine iniziali è rimarcato anche dalle parole <strong>di</strong> Scipione, che<br />

giu<strong>di</strong>ca le <strong>di</strong>chiarazioni del<strong>la</strong> strega un gioco, parallelismo che si trova anche nel prologo in<br />

riferimento sempre ai racconti.<br />

Mistero e gioco sono dunque i <strong>due</strong> termini che definiscono il <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> strega e le<br />

<strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> poetica dell’autore spagnolo al principio del volume, sebbene le parole del<strong>la</strong><br />

Cañizares siano molto serie e trattino <strong>di</strong> temi davvero importanti, dal<strong>la</strong> spiegazione sul<strong>la</strong><br />

malvagità del <strong>di</strong>avolo al<strong>la</strong> natura umana.<br />

In un punto, <strong>Montale</strong> decide <strong>di</strong> sciogliere l’ambiguità <strong>di</strong> una re<strong>la</strong>tiva, quando <strong>la</strong> strega <strong>di</strong>ce al<br />

mastino che egli dev’esse “hijo de <strong>la</strong> Montie<strong>la</strong>, a quien con grandísimo gusto doy notizia de tu<br />

sucesos…” [figlio del<strong>la</strong> Montie<strong>la</strong>, a chi con gran<strong>di</strong>ssimo piacere informo dei fatti accaduti a<br />

te]. Da cui effettivamente risulta <strong>di</strong>fficile comprendere se quel pronome re<strong>la</strong>tivo faccia<br />

94


iferimento al<strong>la</strong> donna o al cane, ragion per cui in italiano leggiamo “sei il figlio del<strong>la</strong><br />

Montie<strong>la</strong> e con gran piacere ti do notizia del<strong>la</strong> tua storia…”.<br />

Uno dei misteri che avvolgono <strong>la</strong> strega è il <strong>di</strong>lemma se lei e i suoi compagni vivano davvero<br />

le malefiche esperienze <strong>di</strong> cui si compiacciono, o se non siano che frutto del<strong>la</strong> loro<br />

immaginazione “porque todo los que nos pasa en <strong>la</strong> fantasía es tan intensamente que no hay<br />

<strong>di</strong>ferenciarlo de cuando vamos real y verdaderamente” [perché tutto ciò che ci accade nel<strong>la</strong><br />

fantasia avviene tanto intensamente non si può <strong>di</strong>fferenziarlo da quando an<strong>di</strong>amo realmente e<br />

veramente]. Tale spiegazione si trasforma per mano <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> in una coor<strong>di</strong>nata e nel<strong>la</strong><br />

sintesi dell’intera frase in “e tutto ciò che accade nel<strong>la</strong> fantasia ha una tale intensità che per<br />

noi non <strong>di</strong>fferisce in nul<strong>la</strong> da un fatto reale”.<br />

La strega, per concludere, non dà una risposta certa, ma <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> accettare entrambe le<br />

possibilità.<br />

L’incertezza avviluppa anche l’enigmatica figura del leader delle stegonesche riunioni, un<br />

caprone, che deve avere anche <strong>la</strong> funzione <strong>di</strong> veggente, per quanto porre domande precise<br />

all’animale è inutile, poichè le risposte che egli fornisce risultano sempre vaghe e mai<br />

sod<strong>di</strong>sfacenti.<br />

Il “preguntamos”, plurale che rendere <strong>la</strong> molteplicità <strong>la</strong>sciva che anima le serate, <strong>di</strong>venta in<br />

<strong>Montale</strong> “gli chiedo”, in<strong>di</strong>cando invece il rapporto <strong>di</strong>retto tra <strong>la</strong> megera e il capo.<br />

Dal<strong>la</strong> confusione delle profezie, <strong>la</strong> donna ha dedotto che “él no sabe nada de lo por venir<br />

certamente, sino por conjeturas”, che <strong>Montale</strong> traduce piuttosto liberamene “può far<br />

congetture sull’avvenire ma non <strong>di</strong>re nul<strong>la</strong> <strong>di</strong> certo”, <strong>la</strong>sciando da parte il fatto che egli possa<br />

effettivamente o meno conoscere il futuro, a prescindere da ciò che gli sia lecito comunicare.<br />

Una simile ombra è gettata dal traduttore sul motivo per cui le streghe non riescono a liberarsi<br />

del legame col demoniaco animale, scrivendo che “per quanto egli inganni tutte le streghe<br />

come me e ci faccia mille burle, non lo possiamo abbandonare”, mentre l’originale era più<br />

esplicito sul tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza delle donne dal caprone perché <strong>di</strong>ce “nos trae tan engañadas a<br />

<strong>la</strong>s que somos brujas, que, con hacernos mil bur<strong>la</strong>s, no le podemos dejar” [ci tiene così<br />

ingannate a noi che siamo streghe che, pur facendoci mille burle, non lo possiamo <strong>la</strong>sciare].<br />

La fattucchiera risulta nel<strong>la</strong> versione spagno<strong>la</strong> molto più lucida, in quando lei stessa ammette<br />

non solo che il loro leader non conosce il futuro, ma che tiene le donne legate a sé grazie a un<br />

inganno.<br />

Sprofondate nel segreto rimangono anche le azioni che i partecipanti compiono durante i loro<br />

sfrenati ritrovi, perché <strong>la</strong> strega, per non offendere le caste orecchie del cane, non osa<br />

descriverle “en verdad, en Dios y en mi ánima”, scongiuro che <strong>Montale</strong> semplicemente<br />

95


elimina, forse per non riportare un’espressione che potrebbe risultare davvero b<strong>la</strong>sfema,<br />

soprattutto se inserita in un tale contesto.<br />

Tali incontri <strong>di</strong> scatenati vengono chiamati dal<strong>la</strong> strega “jira”, paro<strong>la</strong> generica per un percorso<br />

con tappe in <strong>di</strong>versi luoghi, che Monale traduce “ribotta”, termine che equivale ad un festoso<br />

convito.<br />

Par<strong>la</strong>ndo del<strong>la</strong> propria con<strong>di</strong>zione attuale, <strong>la</strong> fattucchiera usa un linguaggio decisamente meno<br />

sorvegliato, passando dall’astrazione al<strong>la</strong> realtà, ed inserendo <strong>di</strong> conseguenza una serie <strong>di</strong><br />

espressioni che si adattano all’uso quoti<strong>di</strong>ano del linguaggio.<br />

Dopo aver tentato inutilmente <strong>di</strong> ravvedersi, espresso dal<strong>la</strong> frase “he hecho mil <strong>di</strong>ligencias”,<br />

usando una paro<strong>la</strong> <strong>di</strong> cui già abbiamo notato <strong>la</strong> molteplicità delle traduzioni adottate dal poeta,<br />

il quale in questo caso scrive “mi ci sono provata <strong>di</strong> buona voglia”, in vecchiaia <strong>la</strong> Cañizares<br />

ha deciso <strong>di</strong> sembrare una santa, de<strong>di</strong>candosi al<strong>la</strong> cura dei ma<strong>la</strong>ti, nonostante tale<br />

atteggiamento <strong>di</strong> facciata nasconda <strong>la</strong> de<strong>di</strong>zione al <strong>di</strong>avolo che continua a professare,<br />

coprendo<strong>la</strong> con una serie <strong>di</strong> comportamenti ipocriti per salvare l’apparenza.<br />

Il cane, <strong>di</strong> fronte a tanta malvagità è preso dal desiderio <strong>di</strong> saltare al collo dell’orrida vecchia,<br />

ma non lo fa per non far<strong>la</strong> morire “en tal mal estado”, situazione che <strong>Montale</strong> specifica con<br />

l’espressione “quelle con<strong>di</strong>zioni d’anima”, senza considerare che <strong>la</strong> cattiveria, come si<br />

comprende dal<strong>la</strong> descrizione successiva, non vincoli solo i suoi pensieri, ma anche il suo<br />

terribile aspetto.<br />

I buoni comportamenti permettono però, a lei e all’amica Montie<strong>la</strong>, <strong>di</strong> godere <strong>di</strong> un gran<br />

cre<strong>di</strong>to “en todo el mundo”. Questa espressione evidentemente non fa riferimento al globo<br />

terrestre, dato che <strong>la</strong> strega non si allontanami dal proprio paesino, altrimenti le sarebbe stato<br />

facile cambiare <strong>la</strong> propria reputazione, ma è un modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re tipicamente spagnolo per<br />

in<strong>di</strong>care <strong>la</strong> totalità delle persone, traducibile con un generico “tutti”. <strong>Montale</strong>, per una<br />

<strong>di</strong>strazione o per scelta, mantiene invece <strong>la</strong> letteralità del significato, ma per renderlo<br />

p<strong>la</strong>usibile traduce con un “in faccia al mondo” che rende bene il valore <strong>di</strong> pura apparenza<br />

del<strong>la</strong> buona reputazione.<br />

La vecchia si mantiene in realtà rubando agli infermi, quando decedono, i loro pochi beni, “<br />

por el cuidado que tengo de espulgarlos los vestidos” [per l’attenzione che ho <strong>di</strong> spulciar loro<br />

i vestiti]. L’espressione è partico<strong>la</strong>rmente rappresentativa dell’ambiguità del<strong>la</strong> donna, poiché<br />

l’atto letterale <strong>di</strong> “togliere le pulci ai vestiti” sarebbe una buona azione, se non si intendesse in<br />

questo contesto che <strong>la</strong> maga desidera solo derubarli, ma <strong>Montale</strong> elimina <strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà<br />

dell’espressione traducendo “tra i quali non manco mai <strong>di</strong> frugare”.<br />

96


Un’altra interiezione estremamente colloquiale viene impiegata dall’anziana per riportare il<br />

probabile pensiero del cane <strong>di</strong> fronte alle sue congetture, ed è l’esc<strong>la</strong>mazione “Cuerpo de tal<br />

con <strong>la</strong> puta vieja”, che in italiano troviamo ammorbi<strong>di</strong>to in un “Corpo<strong>di</strong>bacco che vecchia<br />

megera”, riducendone <strong>la</strong> volgarità.<br />

La donna <strong>la</strong>menta <strong>di</strong> non potersi liberare dal male che <strong>la</strong> tiene ormai sotto controllo, e per<br />

affermarlo usa l’i<strong>di</strong>omatismo “me tiene echados grillos”[mi ha resa grilli], che il traduttore<br />

rende pianamente “è ormai padrone” eliminando in questo caso l’espressione del par<strong>la</strong>to.<br />

Appena dopo, <strong>la</strong> vecchia deplora coloro che appena a “dos dedos del oído”, tradotto con<br />

appropriatezza “a un palmo dalle orecchie”, le <strong>di</strong>cono “el nombe del <strong>la</strong>s fiestas”, usando una<br />

misteriosa espressione, che tradotta letteralmente non avrebbe alcuna re<strong>la</strong>zione col contesto, e<br />

significa che <strong>la</strong> gente le manda degli ingiuri, che <strong>Montale</strong> traduce quin<strong>di</strong> “improperi”<br />

eliminando in questo caso l’espressività <strong>di</strong> un modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re dal sapore così popo<strong>la</strong>re.<br />

Il lungo monologo del<strong>la</strong> strega, ombreggiato <strong>di</strong> malinconia, si conclude con l’accettazione<br />

del<strong>la</strong> situazione e l’invito a godere dei piaceri che le offre il demonio, per quanto siano solo<br />

apparenti, per esprimere il quale <strong>la</strong> donna sfodera ben tre proverbi uno dopo l’altro “que todos<br />

los <strong>due</strong>los con pan son buenos; el buen día meterle en casa, pues mientras se rie no se llora”<br />

[che tutti i dolori col pane sono buoni; <strong>la</strong> buona giornata metter<strong>la</strong> in casa, che mentre si ride<br />

non si piange].<br />

Mi pare interessante sottolineare che dopo lunghe e filosofiche riflessioni, interrotte da solo<br />

spora<strong>di</strong>ci colloquialismi, <strong>la</strong> donna concluda il suo <strong>di</strong>scorso proprio con dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re, come<br />

se, dopo essersi in qualche modo astratta dal<strong>la</strong> sua con<strong>di</strong>zione umana, vi rientrasse con <strong>la</strong><br />

descrizione del<strong>la</strong> sua vita attuale, e in partico<strong>la</strong>re tramite il ricorso a queste espressioni <strong>di</strong><br />

saggezza popo<strong>la</strong>re. Non si capisce veramente quello che <strong>Cervantes</strong> pensasse delle streghe e<br />

del<strong>la</strong> spietata caccia che si dava loro nel suo tempo, ma sicuramente il gesto che compie è<br />

quello <strong>di</strong> inserirle in una realtà fatta <strong>di</strong> quoti<strong>di</strong>anità e sofferenza, e <strong>di</strong> dotare <strong>la</strong> Cañizares <strong>di</strong><br />

una rassegnazione al<strong>la</strong> propria con<strong>di</strong>zione che provoca al<strong>la</strong> fine più commiserazione che<br />

desiderio <strong>di</strong> torturar<strong>la</strong>. La donna, in fin dei conti, ammette <strong>di</strong> non far del male a nessuno, e se<br />

<strong>la</strong> sua colpa è solo quel<strong>la</strong> dell’ipocrisia, è forse lei più empia <strong>di</strong> tutti gli altri personaggi<br />

corrotti che il cane ha incontrato nelle sue avventure? Se non accusa i roghi, lo scrittore<br />

circoscrive <strong>la</strong> malvagità delle streghe all’interno del panorama complessivo <strong>di</strong> una società<br />

empia e <strong>di</strong>ssimu<strong>la</strong>trice.<br />

<strong>Montale</strong>, se altrove aveva cercato proverbi corrispondenti tratti dal<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione popo<strong>la</strong>re<br />

italiana, in questo caso opta per tradurre le espressioni con delle parafrasi, senza badare al loro<br />

aspetto i<strong>di</strong>omatico: “tutti i dolori sono sopportabili se c’è il pane, le buone giornate bisogna<br />

97


metterle a profitto e dove si ride non si piange”. Si noti, per cogliere <strong>la</strong> stranezza <strong>di</strong><br />

quest’operazione, che ad esempio, all’inizio del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> , <strong>la</strong> stessa espressione “este buen<br />

día (….) le metamos en nuestra casa” era stata tradotta “far tesoro <strong>di</strong> questo felice giorno”,<br />

così come “todos los <strong>due</strong>los ecc.”, nel “casamiento engañoso” era stato reso “Non tutti i mali<br />

ecc.”. Non è chiaro il motivo per cui, invece, proprio nelle parole del<strong>la</strong> strega, presenza che in<br />

fin dei conti è frutto proprio <strong>di</strong> un’ immaginario collettivo, il richiamo ad un senso popo<strong>la</strong>re<br />

sia tanto affievolito.<br />

Una volta risvegliatasi dal<strong>la</strong> trance causata dall’unguento, <strong>la</strong> fattuchiera che tanto si<br />

preoccupava del<strong>la</strong> propria reputazione, si trova sdraiata in mezzo ad un folto pubblico, <strong>di</strong> cui<br />

l’autore sottolinea proprio gli sguar<strong>di</strong> curiosi, scrivendo che el<strong>la</strong> scopre sopra <strong>di</strong> sé “tantos<br />

ojos”, che <strong>Montale</strong> traduce fuor <strong>di</strong> metafora “tanta gente”.<br />

Di fronte alle accuse degli astanti, <strong>la</strong> vecchia se <strong>la</strong> prende col cane, tentando <strong>di</strong> ucciderlo, ma<br />

egli fugge rapidamente, e per raccontarlo usa un’espressione che <strong>Montale</strong> riporta al suo<br />

orizzonte i<strong>di</strong>omatico, cioè <strong>la</strong> definizione “a campana herida” che <strong>di</strong>venta in italiano “a<br />

campana a martello”.<br />

Di fatto, per quanto le parole <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> possano essere interpretate secondo <strong>di</strong>fferenti punti<br />

<strong>di</strong> vista, il comportamento del solerte Berganza rive<strong>la</strong> in conclusione repulsione e cieco o<strong>di</strong>o<br />

verso <strong>la</strong> donna.<br />

Se durante il <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> vecchia, probabilmente per <strong>la</strong> pregnanza del suo significato, il<br />

traduttore si era mantenuto partico<strong>la</strong>rmente aderente al testo, appena il cane torna a par<strong>la</strong>re per<br />

proprio conto, <strong>Montale</strong> si concede <strong>di</strong> trasformare alcuni termini, pur mantenendo, beninteso, il<br />

significato generico dell’originale.<br />

Il “día” <strong>di</strong>venta una volta “alba” e una volta “mattino”; <strong>la</strong> “garganta”, che <strong>la</strong> strega afferra<br />

tentando <strong>di</strong> uccidere il cane è il “collo”; il verso del<strong>la</strong> vecchia a<strong>di</strong>rata che “gruñía”, che più<br />

in<strong>di</strong>etro era stato tradotto letteralmente “grugniva”, <strong>di</strong>venta ora un “berciava”, più adatto ad<br />

un essere umano; “ha dos horas” è genericamente “prima”; “en <strong>la</strong> cumbre” è reso “portati in<br />

su”; l’espressione <strong>di</strong> tempo “en seis hora” si trasforma inspiegabilmente in “in un’ora”<br />

Alcune <strong>di</strong>ttologie vengono unite in una so<strong>la</strong> espressione, come “espantosa y fea catadura” che<br />

<strong>di</strong>venta “quel<strong>la</strong> sua spaventevole grinta”, “enten<strong>di</strong>miento y razón” si contrae in “un po’ <strong>di</strong><br />

ragione” e “pensar y creer” dà “persuadermi”.<br />

Non mancano, anche in quest’ambito i termini specifici, come “santiguarme” che<br />

naturalmente non corrisponde al “santificarmi” italiano, ma piuttosto, come scrive <strong>Montale</strong>,<br />

“esorcizzarmi” e “me conjursen”, verbo inesistente nel<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione italiana che viene perciò<br />

reso con “occorreva una scongiuro”.<br />

98


Molto meno appropriato nè giustificato mi pare invece <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> del “rabia” usato come<br />

verbo per descrivere l’improvviso comportamento violento del cane, e tradotto da <strong>Montale</strong><br />

per <strong>due</strong> volte “arrabbiato”, invece che “rabbioso”, facendo pensare ad un animale a<strong>di</strong>rato ma<br />

non al<strong>la</strong> sua furia ingiustificata.<br />

Opinione <strong>di</strong>ffusa tra <strong>la</strong> gente era al tempo che le streghe fossero vittime <strong>di</strong> allucinazione<br />

causate dal<strong>la</strong> bassa temperatura degli unguenti <strong>di</strong> cui si cospargevano il corpo; <strong>la</strong> vecchia<br />

stessa lo ammette, spiegando come le pomate non fossero composte <strong>di</strong> sangue <strong>di</strong> bimbi, ma<br />

“compuesto de jugos de yerbas en todo estremo friós”, da cui risolta chiaro che <strong>la</strong> bassa<br />

temperatura è dei succhi e non un “composto <strong>di</strong> succhi <strong>di</strong> erbe fred<strong>di</strong>ssime” come traduce,<br />

senza troppo senso, <strong>Montale</strong>.<br />

Una volta che Berganza ha concluso l’episo<strong>di</strong>o, passerebbe subito a raccontare del<strong>la</strong> sua<br />

esperienza con gli zingari, se Scipione non lo interrompesse per <strong>di</strong>squisire sul<strong>la</strong> falsità delle<br />

parole del<strong>la</strong> strega. Egli <strong>di</strong>mostra che, sia considerate letteralmente che in termini metaforici,<br />

le insinuazioni del<strong>la</strong> megera non sono altro che menzogne, o, usando le sue parole, “pa<strong>la</strong>bras<br />

de conseja o cuentos de vieja”, con una forte assonanza che in <strong>Montale</strong> sparisce nel “bubbole<br />

e farnetichi <strong>di</strong> una vecchia”.<br />

Si tratta <strong>di</strong> storie, continua, come quelle che si narrano per intrattenersi durante le “<strong>di</strong><strong>la</strong>tadas<br />

noches de invierno”, espressione in cui l’anteposizione dell’aggettivo rafforza il senso<br />

dell’allungamento temporale, che il traduttore invece spezza eliminando l’attribuzione e<br />

scrivendo solo “notti d’inverno”.<br />

Nomen omen<br />

L’episo<strong>di</strong>o del<strong>la</strong> strega è l’ultimo in cui Berganza acquisice un nome <strong>di</strong>verso, in quanto <strong>la</strong><br />

donna, riconoscendolo come figlio dell’amica Montie<strong>la</strong>, lo chiama “Montiel”, nome che il<br />

traduttore mantiene invariato. Durante le varie avventure il mastino aveva spesso acquisito<br />

nomi <strong>di</strong>stinti, a seconda dei padroni cui si sottometteva, elemento che rappresenta le<br />

trasformazioni del cane a seconda degli uomini che incontra e <strong>di</strong> conseguenza traccia il suo<br />

percorso <strong>di</strong> formazione.<br />

Nel mattatoio egli era conosciuto come “Gavilán”, che <strong>Montale</strong> traduce letteralmente<br />

“Sparviero”, mantenendone il valore semantico, nome che lo caratterizzerà anche quando<br />

vivrà con il poliziotto, che era <strong>di</strong> fatto un amico del macel<strong>la</strong>io.<br />

I pastori avevano invece chiamato l’animale “Bercino”, in re<strong>la</strong>zione al colore tendente al<br />

rosso che doveva avere il pelo <strong>di</strong> Berganza, tanto che <strong>Montale</strong> lo traduce “Rossino”.<br />

99


Il mercante non affida nessun appel<strong>la</strong>tivo partico<strong>la</strong>re al mastino, mentre il tamburino attira il<br />

suo pubblico decantando le capacità del “Perro savio” che effettivamente <strong>Montale</strong> rende<br />

“Cane saggio”.<br />

A parte l’episo<strong>di</strong>o del<strong>la</strong> fattucchiera, in cui il nome non sembra essere dovuto a partico<strong>la</strong>ri<br />

giustificazioni semantiche, nel resto dei casi anche <strong>la</strong> resa dei nomi propri segue <strong>la</strong> poetica<br />

generale del maggior peso del significato rispetto al significante.<br />

A proposito <strong>di</strong> questo argomento vorrei aggiungere ancora un’osservazione sul mistero del<br />

colloquio, rispetto al fatto che, nonostante racconti <strong>la</strong> sua intera vita, in nessun modo il cane ci<br />

riveli da dove derivi il suo nome definitivo, quello che lo caratterizza durante tutta <strong>la</strong> novel<strong>la</strong>.<br />

E’ probabile che esso sia solo l’ennesimo appel<strong>la</strong>tivo che gli sia stato finalmente affidato<br />

nell’ospedale <strong>di</strong> Val<strong>la</strong>dolid, anche se, come ci spiega il titolo, i <strong>due</strong> animali sono<br />

comunemente noti come “i cani <strong>di</strong> Mahudes”.<br />

La profezia<br />

Centrale per il <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> strega è <strong>la</strong> citazione del<strong>la</strong> profezia del<strong>la</strong> Camacha, che dovrebbe<br />

in<strong>di</strong>care le con<strong>di</strong>zioni perché i cani ritornino al loro aspetto umano.<br />

“Volverán en su forma verdadera<br />

Cuando vieren con presta <strong>di</strong>ligencia<br />

Derribar los soberbios levantados,<br />

Y alzar los humildes abatidos<br />

Con poderosa mano para hacello”<br />

[Torneranno al<strong>la</strong> loro forma veritiera<br />

Cuando vedranno con rapida “<strong>di</strong>ligenza”<br />

Abbattere i superbi sollevati<br />

E alzare gli umili abbattuti<br />

Con mano poderosa per farlo]<br />

Perfettamente inseriti nell’orizzonte <strong>di</strong> ambiguità e misteri che circonda tutto l’episo<strong>di</strong>o,<br />

anche questi endecasil<strong>la</strong>bi risultano partico<strong>la</strong>rmente arzigogo<strong>la</strong>ti ed incomprensibili, come<br />

dovevano essere le sentenze del caprone.<br />

Questi versi ricoprono però un ruolo decisivo nel<strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, perchè si trovano nel punto <strong>di</strong><br />

maggiore tensione e costituiscono il livello più profondo del<strong>la</strong> narrazione. Infatti, se<br />

consideriamo il gioco <strong>di</strong> scatole cinesi per cui un personaggio viene al<strong>la</strong> luce perché nominato<br />

100


da un altro personaggio, le parole del<strong>la</strong> Camacha si arricchiscono <strong>di</strong> ben sei interme<strong>di</strong>ari:<br />

<strong>Cervantes</strong>, lo scrittore Campuzano, il narratore interno Berganza, <strong>la</strong> Camacha, <strong>la</strong> Montie<strong>la</strong> e<br />

infine <strong>la</strong> Cañizares.<br />

I critici hanno riconosciuto nel<strong>la</strong> profezia echi satirici e apocalittici e ricor<strong>di</strong> letterari<br />

dell’Eneide e del vangelo <strong>di</strong> Luca, mentre alcuni sono arrivati ad in<strong>di</strong>viduare ad<strong>di</strong>rittura una<br />

critica all’autorità politica o una bur<strong>la</strong> delle profezie cavalleresche 89 .<br />

Quel che è sicuro è che <strong>Cervantes</strong> insiste sul<strong>la</strong> formu<strong>la</strong>, poiché <strong>la</strong> riporta non solo, come<br />

abbiamo visto, in un nodo centrale del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, ma <strong>la</strong> ripete, per bocca <strong>di</strong> Scipione, una<br />

seconda volta, anche se <strong>la</strong> citazione <strong>di</strong> Scipione è finalizzata a far capire all’amico che quelle<br />

frasi non hanno senso, sia che le si interpreti allegoricamente come il ra<strong>di</strong>cale cambiamento<br />

delle sorti, sia letteralmente come il gioco dei birilli che una pal<strong>la</strong> può abbattere e una mano<br />

risollevare.<br />

Come abbiamo visto, <strong>la</strong> profezia risulta agli occhi del cane filosofo nient’altro che inganno,<br />

menzogna e gioco, <strong>di</strong>ssolvendo così l’entusiasmo <strong>di</strong> Berganza per aver risolto il mistero del<strong>la</strong><br />

loro facoltà <strong>di</strong> par<strong>la</strong>re.<br />

Se una delle funzioni del traduttore è proprio quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> risolvere le ambiguità, facendo delle<br />

scelte che pre<strong>di</strong>ligono uno dei campi semantici sottesi allo stesso termine, in questa<br />

situazione <strong>Montale</strong> si sarà domandato come rendere l’enigmaticità dei versi mantenendo i<br />

riferimenti metatestuali e <strong>la</strong> loro forma poetica.<br />

Il traduttore <strong>di</strong>mostra in realtà <strong>di</strong> non preoccuparsi <strong>di</strong> conservare <strong>la</strong> struttura endecasil<strong>la</strong>bica,<br />

ma <strong>di</strong> preferire perfino in questo estremo caso una semplificazione, nonostante così facendo<br />

<strong>di</strong>minuisca l’aspetto contorto del<strong>la</strong> profezia.<br />

“Torneranno al<strong>la</strong> forma primitiva<br />

Quando vedranno, rapida e sagace,<br />

Una mano possente alzare gli umili<br />

E abbattere i superbi.”<br />

In questo modo lo scrittore mantiene il senso profondo del<strong>la</strong> preveggenza, ma l’aspetto viene<br />

completamente mo<strong>di</strong>ficato.<br />

89 Ve<strong>di</strong> <strong>la</strong> nota critica al<strong>la</strong> profezia in M. DE CERVANTES, Nove<strong>la</strong>s Ejemp<strong>la</strong>res, cit., pag. 594<br />

101


4.3.h Ai margini del<strong>la</strong> società<br />

Dopo l’incontro con <strong>la</strong> strega, il cane riprende il suo vagabondaggio, e <strong>di</strong> conseguenza <strong>la</strong> sua<br />

esplorazione e descrizione delle molteplici realtà che compongono <strong>la</strong> società spagno<strong>la</strong><br />

contemporanea.<br />

Il viaggio <strong>di</strong> Berganza, iniziato tra i bassifon<strong>di</strong> del mattatoio <strong>di</strong> Siviglia e proseguito tra <strong>la</strong><br />

rozzezza dei pastori, passato in mezzo agli agi del<strong>la</strong> casa del mercante, <strong>la</strong> corruzione del<strong>la</strong><br />

polizia e <strong>la</strong> poca serietà dell’esercito, aveva portato infine il cane, assieme col lettore, a<br />

considerare l’emarginazione delle donne considerate streghe.<br />

La panoramica del<strong>la</strong> società finora ritratta rappresenta una serie <strong>di</strong> situazioni fra loro molto<br />

<strong>di</strong>verse, ma che con<strong>di</strong>vidono il senso <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong> un’ingiustizia che attraversa tutti i personaggi,<br />

tranne forse solo i gesuiti, che si <strong>di</strong>mostrano però troppo severi e che comunque allontanano<br />

anch’essi il povero Berganza.<br />

In mezzo a tanta depravazione <strong>di</strong> furti e <strong>di</strong> inganni, e soprattutto <strong>di</strong> ipocrisia, in cui l’unico<br />

scopo del<strong>la</strong> gente è quello <strong>di</strong> mascherare nel miglior modo possibile le proprie meschinità o<br />

apparire ciò che non è, il personaggio del<strong>la</strong> fattucchiera non costituisce altro che un ennesimo<br />

tassello <strong>di</strong> tale mosaico, tanto da destare al<strong>la</strong> fine più rammarico per <strong>la</strong> sua impossibilità <strong>di</strong><br />

sfuggire al male che o<strong>di</strong>o.<br />

Questo dato è interessante da considerare perché al tempo in cui scriveva <strong>Cervantes</strong> <strong>la</strong><br />

persecuzione delle streghe era ancora molto in voga, per quanto si desse più <strong>la</strong> caccia agli<br />

indemoniati che alle donne ritenute <strong>di</strong>aboliche. Desta stupore che proprio il lungo monologo<br />

del<strong>la</strong> megera si <strong>di</strong>fferenzi dal resto del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> per lo stile control<strong>la</strong>to e <strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà degli<br />

argomenti, paragonabili solo alle dotte considerazioni <strong>di</strong> Scipione, e che proprio al centro<br />

delle parole del<strong>la</strong> vecchia si trovi un nesso col prologo dell’opera, e dunque un misterioso<br />

rimando ad un senso nascosto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile accesso.<br />

Dopo le parole del<strong>la</strong> maga, quasi timoroso che il lettore, come era accaduto al cane, rimanga<br />

ingannato dal <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> donna che con <strong>la</strong> sua ambiguità, così come il caprone, ha <strong>la</strong><br />

capacità <strong>di</strong> stregare (appunto) il suo u<strong>di</strong>torio, lo scrittore sente <strong>la</strong> necessità <strong>di</strong> richiamare il<br />

pubblico al<strong>la</strong> realtà.<br />

Compie questa operazione attraverso le parole del saggio Scipione, il quale avverte il proprio<br />

compagno del rischio <strong>di</strong> essere sedotto da idee che non possono che essere false e, con<br />

un’ulteriore rimando al prologo, spiega come non possa trattarsi che <strong>di</strong> un gioco.<br />

102


Il doppio legame tra il <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> fattucchiera e <strong>la</strong> raccolta <strong>di</strong> <strong>novelle</strong> costituisce un<br />

elemento molto interessante perché determina una chiave interpretativa che presuppone una<br />

lettura approfon<strong>di</strong>ta e non solo superficiale, ma <strong>di</strong>sincantata e libera dall’illusione che ciò che<br />

si trova scritto corrisponda al<strong>la</strong> realtà.<br />

Queste considerazioni ci aiutano a far luce sul mondo degli zingari, i successivi personaggi<br />

incontrati da Berganza nel corso dei suoi vagabondaggi.<br />

I gitani non si ascrivono all’interno del<strong>la</strong> baraonda del<strong>la</strong> società spagno<strong>la</strong> perché, come ci<br />

spiega lo stesso Berganza, ne rimangono volontariamente esclusi, de<strong>di</strong>ti a mantenere le<br />

proprie tra<strong>di</strong>zioni e a non mesco<strong>la</strong>rsi con gli altri, vivono <strong>di</strong> rapine e <strong>di</strong> inganni, coprendo le<br />

loro attività illecite con <strong>la</strong> parvenza <strong>di</strong> <strong>la</strong>voretti onesti ed elemosina “por dar color a su<br />

ociosidad”, che troviamo tradotto “per mascherare il loro ozio”.<br />

Nonostante <strong>la</strong> libertà e l’in<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> questo popolo rispetto al paese nel quale vivono,<br />

anch’essi si sottopongono a una struttura gerarchica simile a quel<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zionale, in quanto,<br />

pur non avendo un re, si <strong>di</strong>ce che rendano omaggio al paggio <strong>di</strong> un conte, <strong>di</strong>ventato zingaro<br />

per amore, e tanto rispettato da <strong>di</strong>ventare una personalità e da istituire un vero e proprio<br />

vassal<strong>la</strong>ggio. La comunità, infatti, gli tributa gran rispetto e gli offre puntualmente una parte<br />

del<strong>la</strong> merce rubata. Si può ben sospettare, come ci fa osservare Queril<strong>la</strong>c 90 , che questa società<br />

alternativa non sia altro che specchio <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> che <strong>la</strong> circonda, imbrigliata nel<strong>la</strong> stessa<br />

struttura e nel<strong>la</strong> medesima ipocrisia.<br />

Le donne, per quanto sfaticate e vagabonde, all’ora del parto sono ad<strong>di</strong>rittura migliori <strong>di</strong><br />

quelle spagnole, in quanto sono tutte levatrici e danno al<strong>la</strong> luce i bimbi senza assistenza, ed<br />

inoltre, ironizza Berganza, sono partico<strong>la</strong>rmente rispettose dei mariti perché “no les ofenden<br />

con otros que no sean de su generación”, che viene tradotto da <strong>Montale</strong> “non infrangono i loro<br />

doveri con uomini d’altra razza”. Questa trasformazione naturalmente non è neutra, ma si<br />

tratta del<strong>la</strong> proiezione nell’universo ideologico <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> <strong>di</strong> un concetto basico del<br />

nazismo.<br />

Da una parte abbiamo <strong>la</strong> trasformazione del senso <strong>di</strong> rispetto coniugale dei gitani nel dovere<br />

quasi marziale delle donne del loro ruolo casalingo, e dall’altra <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> inserisce nel<br />

testo uno dei punti essenziali del<strong>la</strong> propaganda del<strong>la</strong> seconda decade del ventennio, e cioè il<br />

<strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> mesco<strong>la</strong>re il sangue italico con altri considerati impuri.<br />

Considerando che <strong>Montale</strong>, seppur non si schierò mai contro il regime, si astenne sempre dal<br />

sostenerlo in modo <strong>di</strong>retto o in<strong>di</strong>retto, questa partico<strong>la</strong>re manipo<strong>la</strong>zione del testo potrebbe<br />

essere considerata secondo <strong>di</strong>verse interpretazioni, dal <strong>di</strong>stacco ironico al<strong>la</strong> partecipazione,<br />

90 Ve<strong>di</strong> R. QUERILLAC, op. cit.<br />

103


seppur in modo in<strong>di</strong>retto, ad un’idea che <strong>la</strong> propaganda fascista riuscì purtroppo a rendere<br />

molto <strong>di</strong>ffusa.<br />

Non è mia intenzione estrapo<strong>la</strong>re prese <strong>di</strong> posizioni o <strong>di</strong>chiarazioni del traduttore da questa<br />

singo<strong>la</strong> frase, mentre mi interessa osservare come il testo venga mo<strong>di</strong>ficato in modo<br />

sostanziale rispetto all’originale in re<strong>la</strong>zione al periodo storico nel quale è stato pubblicato,<br />

determinando una rete <strong>di</strong> re<strong>la</strong>zioni che prescinde dal solo ambito letterario.<br />

In ogni caso l’elemento importante è che i gitani costituiscono un mondo a parte, pur restando<br />

vinco<strong>la</strong>ti, per <strong>di</strong>versi aspetti, al<strong>la</strong> realtà che li circonda.<br />

Rispetto a questa corrispondenza tra zingari e non, mi pare notevole che <strong>Cervantes</strong>, che come<br />

sappiamo, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> <strong>Montale</strong>, non si preoccupava affatto delle ripetizioni, nel descrivere<br />

le <strong>di</strong>verse attività cui si de<strong>di</strong>cano gli uomini e le donne del<strong>la</strong> comunità, usi sempre i soggetti<br />

“ellos” ed “el<strong>la</strong>s”. Le parole “gitanos” e “gitanas” , come accadrà anche per le mogli dei<br />

“moriscos” non vengono quasi mai nominate <strong>di</strong>rettamente, come se <strong>la</strong> loro identità passasse in<br />

secondo piano.<br />

Il traduttore decide <strong>di</strong> ovviare a queste allusioni traducendo spesso “le zingare”, “le donne” o,<br />

nel caso dei mori, “le loro mogli”. Più avanti, “ellos y el<strong>la</strong>s” sarà esplicitato in “uomini e<br />

donne”, ma lo stesso termine “uomini” viene impiegato anche per in<strong>di</strong>care <strong>la</strong> caratterizzazione<br />

del genere <strong>di</strong> “varones”.<br />

Nonostante le critiche al tipo <strong>di</strong> vita nomade dei gitani, lo scrittore spagnolo sembra<br />

partico<strong>la</strong>rmente affascinato dal<strong>la</strong> loro abilità nell’organizzare svariate truffe che <strong>di</strong>mostrano<br />

una fine intelligenza continuamente esercitata.<br />

Dice Berganza che “son sus pensamientos imaginar cómo han de engañar y dónde han de<br />

hurtar” [sono i loro pensieri immaginare come devono ingannare e dove devono rubare], che<br />

<strong>Montale</strong> traduce facendo risaltare questa intensa attività celebrale che è, con una tipica sintesi<br />

espressiva, “un continuo <strong>la</strong>mbiccarsi su nuovi mo<strong>di</strong> d’inganni e <strong>di</strong> truffe”.<br />

In partico<strong>la</strong>re, questi delinquenti si de<strong>di</strong>cano al furto degli animali, nel quale Berganza si<br />

compiace <strong>di</strong> osservare che “son ellos graduados y en que más se ejercitan”[sono costoro<br />

<strong>la</strong>ureati e nel quale più si esercitano] creando un parallelismo ad<strong>di</strong>rittura con il corso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

universitario, che il traduttore sopprime con l’espressione “hanno una partico<strong>la</strong>re esperienza e<br />

abilità”.<br />

Se i gitani rappresentassero il male, il mondo positivo e <strong>di</strong> antichi valori dovrebbe essere<br />

simbolizzato, in una visione non sfumata, dai <strong>la</strong>voratori del<strong>la</strong> campagna che si guadagnano il<br />

pane col sudore del<strong>la</strong> fronte, ma abbiamo già osservato come nel <strong>di</strong>ssacratorio mondo <strong>di</strong><br />

<strong>Cervantes</strong> non esistano personaggi assolutamente positivi. In questa occasione il cane<br />

104


acconta <strong>di</strong> un tiro giocato dagli zingari ad un “<strong>la</strong>brador”, ingenuo compratore <strong>di</strong> un asino, che<br />

<strong>Montale</strong> chiama prima “onesto conta<strong>di</strong>no” e poi “bracciante”, ma le qualità positive<br />

dell’uomo, senza altra colpa che quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> farsi imbrogliare dai truffatori, decadono<br />

all’improvviso attraverso un gioco <strong>di</strong> parole molto sa<strong>la</strong>ce. Il conta<strong>di</strong>no, infatti, compra <strong>due</strong><br />

volte lo stesso asino che gli viene velocemente sgraffignato dopo il primo acquisto e, tornato<br />

al<strong>la</strong> locanda per pagare “halló menos <strong>la</strong> bestia a <strong>la</strong> bestia”[si accorse del<strong>la</strong> mancanza del<strong>la</strong><br />

bestia <strong>la</strong> bestia]. <strong>Montale</strong> non ripropone <strong>la</strong> stesso crudele gioco traducendo “s’avvide che<br />

l’altra bestia mancava”, ma appena dopo riprende il termine traducendo l’“aunqué lo era<br />

mucho” con “per quanto bestia fosse anche lui” che elimina però parte dell’ironia creata dal<br />

parallelismo spagnolo.<br />

Si noti in questo caso come il gioco tra “uomo” e “bestia” sia davvero significativo perché, fin<br />

dall’inizio del <strong>di</strong>alogo, i <strong>due</strong> cani pongono un cinico interrogativo sulle reali qualità<br />

intellettive umane.<br />

Come per <strong>la</strong> frode al poliziotto, anche in questo caso per completare il colpo sono coinvolte le<br />

istituzioni, in quanto il fatto che si tratti <strong>di</strong> <strong>due</strong> asini <strong>di</strong>versi è confermato proprio dall’addetto<br />

al<strong>la</strong> riscossione del<strong>la</strong> “alcaba<strong>la</strong>”. Quest’ultimo termine è davvero caratteristico, poiché<br />

rappresenta dal punto <strong>di</strong> vista storico uno degli elementi del<strong>la</strong> struttura economica che<br />

sotentava <strong>la</strong> monarchia e tutta una schiera <strong>di</strong> funzionari addetti alle più <strong>di</strong>versi compiti, a<br />

scapito <strong>di</strong> una popo<strong>la</strong>zione martoriata dalle tasse. Sotto il punto <strong>di</strong> vista linguistico, d’altra<br />

parte, ci restituisce il sapore del vivo contatto e scambio dello spagnolo col mondo is<strong>la</strong>mico,<br />

tanto da averne ere<strong>di</strong>tati innumerevoli parole e suoni.<br />

Tutti questi sottintesi, che si irra<strong>di</strong>ano anche da una so<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, o perlomeno gli aspetti<br />

linguistici, spariscono nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> “tassa sul<strong>la</strong> ven<strong>di</strong>ta”.<br />

Vi è a questo punto un altro richiamo a un episo<strong>di</strong>o precedente, perché <strong>di</strong>fende il gitano un<br />

“alguacil”, rimando che è però eliminato dall’uso dell’italiano “guar<strong>di</strong>a” rispetto al noto<br />

“poliziotto” <strong>di</strong> Siviglia.<br />

Oltre al<strong>la</strong> furbizia, <strong>la</strong> caratteristica che <strong>di</strong>stingue gli zingari è il loro gran numero e <strong>la</strong> loro<br />

capacità <strong>di</strong> col<strong>la</strong>borazione. Per descrivere questo esercito <strong>di</strong> complici, Berganza chiede a<br />

Scipione “¿Ves <strong>la</strong> moltitud dellos que hay en toda España?” e poi passa a descrivere come<br />

“todos se conocen y tienen notizia los unos de los otros”.<br />

“Sai quanti sono sparsi per tutta <strong>la</strong> Spagna” traduce <strong>Montale</strong> smorzando <strong>la</strong> connotazione<br />

“eppure tutti si conoscono, si comunicano”, e quando <strong>Cervantes</strong> rincara <strong>la</strong> dose osservando<br />

come “trasiegan y trasponen los hurtos déstos en aquéllos, y los de aquéllos en<br />

estos”[spostano e trasportano i furti da questi a quelli, e da quelli a questi] rimarcando con <strong>la</strong><br />

105


ipetizione <strong>la</strong> forza dell’espressione, il traduttore si limita a scrivere che “si passano <strong>la</strong><br />

refurtiva dall’uno all’altro, <strong>di</strong> mano in mano”.<br />

Un altro gruppo molto prolifico, e per questo pericoloso, sono i “moriscos”. Berganza con <strong>la</strong><br />

sua <strong>di</strong>sapprovazione dei parchi comportamenti <strong>di</strong> queste persone, testimonia <strong>la</strong><br />

<strong>di</strong>scriminazione <strong>di</strong> cui essi erano vittima. I “moriscos” erano nel<strong>la</strong> Spagna del Seicento coloro<br />

che per sfuggire al<strong>la</strong> cruenta persecuzione degli Arabi e degli Ebrei perpetrata dai re cattolici,<br />

si erano convertiti dall’Is<strong>la</strong>m al<strong>la</strong> Chiesa Romana, ragione per cui mi domando se il termine<br />

“mori” impiegato da <strong>Montale</strong>, senza alcun riferimento al<strong>la</strong> conversione coatta, renda il senso<br />

<strong>di</strong> questa realtà.<br />

Le accuse rivolte a questa comunità sono partico<strong>la</strong>rmente prive <strong>di</strong> fondamento, poiché essi<br />

vengono tacciati d’essere gran<strong>di</strong> <strong>la</strong>voratori e risparmiatori che “todo lo llegan, todo lo<br />

esconden y todo lo tragan” [a tutto arrivano, tutto nascondono e tutto trangugiano],<br />

espressione questa che fa pensare a dei mostri voraci capaci <strong>di</strong> far sparire in breve tutte le<br />

ricchezze del paese accumu<strong>la</strong>ndole nei loro nascon<strong>di</strong>gli, che <strong>di</strong>venta nel<strong>la</strong> versione italiana un<br />

più b<strong>la</strong>ndo “trovan tutto e tutto nascondono e inghiottono”.<br />

Un ampliamento si ritrova invece nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> dell’agettivo “muchos” per in<strong>di</strong>care <strong>la</strong> loro<br />

gran quantità che <strong>di</strong>venta “innumerevoli”. La vita sobria è legata al<strong>la</strong> prolificità perchè<br />

aumenta “<strong>la</strong>s causas de <strong>la</strong> generación”, tradotto questa volta “ le cause del<strong>la</strong> generazione del<strong>la</strong><br />

specie” con altro riferimento pseudoscientifico.<br />

Berganza, stufo <strong>di</strong> essere alimentato a pane e spighe rinsecchite, si avvicina ad un’altra figura,<br />

<strong>la</strong> più <strong>di</strong>sgraziata <strong>di</strong> tutta <strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, un nuovo personaggio che sembra materializzarsi<br />

nell’orto dell’arabo ogni mattina “juntamente con el alba” [insieme all’alba], stretta<br />

interconnessione che <strong>Montale</strong> elimina con <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> “al sorgere dell’alba” e con <strong>la</strong> resa<br />

del seguente “amanecía” [albeggiava], sempre in riferimento al poeta, “appariva”.<br />

L’uomo è un “des<strong>di</strong>chado”, che nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> è reso con espressione colloquiale “povero<br />

<strong>di</strong>avolo”, e il cane lo trova talmente preso dal suo <strong>la</strong>voro da non muovere “pie, ni mano, ni<br />

aún <strong>la</strong>s pestañas”, ma <strong>Montale</strong> considera superflua quest’ultima aggiunta ed elimina il<br />

partico<strong>la</strong>re delle ciglia.<br />

L’episo<strong>di</strong>o del poeta, che si apre con <strong>la</strong> luce soffusa dell’alba accanto all’albero rosso del<br />

melograno, si tinge <strong>di</strong> colori cal<strong>di</strong>, poiché egli <strong>di</strong>chiara d’essere partico<strong>la</strong>rmente sod<strong>di</strong>sfatto<br />

per il partico<strong>la</strong>re degli abiti vio<strong>la</strong> dei car<strong>di</strong>nali del<strong>la</strong> sua comme<strong>di</strong>a, mentre il “rojo” dei vestiti<br />

quoti<strong>di</strong>ani dei religiosi si trasforma nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> in “porpora”.<br />

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Il “morado” [vio<strong>la</strong>], dopo l’assurdo partico<strong>la</strong>re dell’abbigliamento dei clericali, accompagna il<br />

poeta anche nel suo magro pasto, poiché i tozzi <strong>di</strong> pane induriti che egli estrae sono “morados<br />

con <strong>la</strong> borra de <strong>la</strong> faldriquera”, ma in italiano risultano “anneriti dal su<strong>di</strong>cio delle tasche”.<br />

Una menzione a sè merita in questo contesto il verbo “echar”, termine passepartout del<strong>la</strong><br />

lingua spagno<strong>la</strong> che può essere impiegato per esprimere in maniera figurata o per rafforzare i<br />

più svariati significati. Proprio in queste prime righe dell’incontro col poeta lo troviamo <strong>due</strong><br />

volte nel “me echase a ver” e <strong>di</strong> seguito “echéme”. Nel primo caso l’espressione è resa con un<br />

“si accorgesse <strong>di</strong> me”, mentre il secondo uso letterale è “mi gettai”. Poco prima il conta<strong>di</strong>no<br />

“abía echado menos <strong>la</strong> bestia”, che in italiano suona “aveva fatto caso al<strong>la</strong> sparizione del<br />

primo”. Come si vede, a volte l’esercizio sinonimico <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> è impiegato per evitare <strong>la</strong><br />

ripetizione <strong>di</strong> un termine che ricorre più volte nel linguaggio <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, mentre atre volte è<br />

causato dall’esistenza <strong>di</strong> espressioni per le quali non esistono traduzioni letterali nel<strong>la</strong> seconda<br />

lingua.<br />

Nell’episo<strong>di</strong>o del poeta ritroviamo le espressioni colloquiali caratteristiche del plurilinguismo<br />

del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, soprattutto nelle parti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso pronunciate dello scrittore. “Así yo le daré mi<br />

come<strong>di</strong>a como vo<strong>la</strong>r” <strong>di</strong>chiara par<strong>la</strong>ndo del capocomico, e <strong>Montale</strong>, fedele alle espressioni<br />

i<strong>di</strong>omatiche scrive “Sta fresco se si aspetta <strong>la</strong> mia comme<strong>di</strong>a”, per poi tradurre l’interiezione<br />

“¡Cuerpodetal!” con un bel “Perbacco!”.<br />

Il ricorso ad espressioni del par<strong>la</strong>to pervade anche le descrizioni del cane, che fa ricorso al<strong>la</strong><br />

sua espressività per rendere in modo decisamente ironico <strong>la</strong> miseria e le <strong>di</strong>sgrazie dello<br />

sventurato padrone. Il pranzo del povero <strong>di</strong>avolo consiste de “<strong>la</strong> sombra de veinte<br />

pasas”[l’ombra <strong>di</strong> venti uvette], cioè l’ombra <strong>di</strong> venti chicchi d’uva, che in italiano, forse per<br />

il brio del termine, <strong>di</strong>ventano “una ventina d’acini <strong>di</strong> zibibbo”, e il <strong>di</strong>sgraziato è talmente<br />

affamato da mangiarsi perfino “los palillos”, che più coerentemente al<strong>la</strong> natura del<strong>la</strong> pianta è<br />

tradotto “anche il raspo”. Infine il poveraccio tira fuori quei tozzi <strong>di</strong> pane rappreso che<br />

abbiamo detto, ma essi sono talmente duri che risulta impossibile “moverlos de su<br />

torquedad”, come se quelli, testar<strong>di</strong>, si impuntassero a mantenere <strong>la</strong> propria consistenza,<br />

espressione al<strong>la</strong> quale <strong>Montale</strong> sostituisce un “renderli men secchi”, eliminando, come già in<br />

altri passi, il proce<strong>di</strong>mento attraverso il quale <strong>Cervantes</strong> rende spesso protagonisti gli oggetti<br />

inanimati rispetto all’azione umana.<br />

Quando il poeta smette <strong>di</strong> andare all’orto, il cane rimane ancora più affamato, e il suo<br />

sentimento è espresso da un bel gioco <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> che come sempre ama arricchire <strong>di</strong><br />

contrad<strong>di</strong>zioni il dettato e scrive “faltó el poeta y sobró en mi <strong>la</strong> hambre” [mancò il poeta e<br />

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avanzò in me <strong>la</strong> fame], mentre <strong>Montale</strong> che preferisce non usare costruzioni così barocche<br />

traduce “il poeta non venne più e io mi trovai ancora affamato”.<br />

Berganza, dunque, racconta <strong>di</strong> essere andato in città, dove incontra il suo <strong>di</strong>sgraziato<br />

benefattore all’uscita dal convento <strong>di</strong> “San Jerónimo”, che in italiano inspiegabilmente si<br />

converte in San Gero<strong>la</strong>mo, forse santo più conosciuto in ambiente nostrano.<br />

Il poeta tira fuori i soliti tozzi <strong>di</strong> pane, ma questa volta <strong>la</strong> complessa azione <strong>di</strong> estrarli dalle<br />

tasche dove erano custo<strong>di</strong>ti come preziosi è resa da un’immagine molto visiva attraverso il<br />

verbo “desambau<strong>la</strong>r”, come se li estraesse ad<strong>di</strong>rittura da una cassa, che <strong>Montale</strong> traduce<br />

“gettarmi”, cui segue un’altra bel<strong>la</strong> immagine, data dal<strong>la</strong> mancanza <strong>di</strong> ispirazione del poeta<br />

poichè egli precipita ancor più nel suo misero mondo dato che “tenía <strong>la</strong>s musas<br />

vergonzantes”, ma <strong>Montale</strong> lo salva dallo sdegno delle dee e scrive solo come esse “non<br />

fossero più in buone con lui”.<br />

Nonostante l’in<strong>di</strong>genza, il povero <strong>di</strong>avolo non smette <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre il proprio poco cibo col<br />

cane, <strong>di</strong>mostrando <strong>la</strong> falsità del proverbio che “más da el duro que el desnudo”, che <strong>Montale</strong><br />

parafrasa con “da più il tirchio del povero”.<br />

“De <strong>la</strong>nce en <strong>la</strong>nce” riprende Berganza, che <strong>Montale</strong> rende “Gira e rigira”, lo scrittore arriva a<br />

dec<strong>la</strong>mare <strong>la</strong> sua opera ad un “autor de come<strong>di</strong>as”, che in italiano suona “capocomico”, ma <strong>la</strong><br />

composizione è così mal scritta che causa <strong>la</strong> rovina del “mismo poeta”, che <strong>Montale</strong>,<br />

considerando <strong>la</strong> compassione del cane per il povero sventurato, trasforma in un solidale<br />

“nostro poeta”.<br />

L’opera è così <strong>di</strong>sastrosa che gli attori cominciano a picchiare l’autore, e non <strong>la</strong> smetterebbero<br />

più se non intervenisse il capocomico con <strong>la</strong> sua “autoridad, llena de ruegos y voces” [autorità<br />

piena <strong>di</strong> preghiere e richiami], cioè, con un ulteriore contrad<strong>di</strong>zione, un’autorità garantita<br />

dalle suppliche, permettendo così al poveraccio <strong>di</strong> salvarsi, ma facendogli perdere il cane, che<br />

attratto dalle carezze del capocomico decide <strong>di</strong> rimanere con lui, entrando così nel corrotto<br />

mondo del teatro, e <strong>Montale</strong> e noi con lui.<br />

Tra i personaggi che calcano le scene vi è l’ “entremesista”, ciò l’ “attore <strong>di</strong> intermezzi” , ma<br />

al cane tocca <strong>la</strong>vorare come “gran farsante”, che in ambito italiano è, secondo <strong>Montale</strong>, il<br />

“gran buffo”.<br />

Anche questa esperienza <strong>di</strong>sgusta però il nostro mastino che ormai <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> essere quasi giunto<br />

al<strong>la</strong> fine del suo racconto e <strong>di</strong> stare per concludere. Anche <strong>Montale</strong> sembra ormai preoccupato<br />

<strong>di</strong> chiudere in fretta <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> e in queste ultime pagine si de<strong>di</strong>ca sistematicamente al<strong>la</strong><br />

sintesi.<br />

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“Ves mi muchos y <strong>di</strong>versos sucesos” ad esempio, Bergnaza lo <strong>di</strong>ce solo in spagnolo, dopo<br />

aver rimandato <strong>la</strong> narrazione del<strong>la</strong> vita dei teatranti “para cuento partico<strong>la</strong>r y para sosiego no<br />

sobresaldato” [a un racconto autonomo e al<strong>la</strong> tranquillità senza spaventi], ossia “per ritornarci<br />

con più calma”.<br />

Finalmente, Berganza arriva a raccontare come abbia seguito l’esempio <strong>di</strong> Scipione e “me<br />

acogí a Sagrado”, ossia “mi ritrassi dal<strong>la</strong> vita seco<strong>la</strong>re”, ma come si sa “más vale tarde che<br />

nunca” che ha il suo preciso corrispondente italiano nel “meglio tar<strong>di</strong> che mai”.<br />

Le avventure del cane però non sono finite, giacché, anche dentro l’ospedale, si trova ad<br />

assistere a situazioni degne <strong>di</strong> nota, come il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> quattro derelitti, de<strong>di</strong>ti ognuno ad una<br />

<strong>di</strong>versa ma altrettanto inutile impresa. Tra questi il primo ad esporre <strong>la</strong> propria situazione è un<br />

poeta che <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> conoscere al<strong>la</strong> perfezione ogni minuzia del<strong>la</strong> Poetica <strong>di</strong> Aristotele e <strong>di</strong><br />

averle applicate tutte al<strong>la</strong> sua opera che dev’essere però davvero illeggibile, composta com’è<br />

“todo en verso eroico, parte en octavas y parte en verso suelto; pero todo esdrúju<strong>la</strong>mente,<br />

<strong>di</strong>go, en esdrújulos de nombres sostantivos, sin admitir verbo alguno” [tutto in verso eroico,<br />

parte in ottave e parte in verso sciolto; però tutto sdruccio<strong>la</strong>mente, <strong>di</strong>co, in sdruccioli <strong>di</strong> nomi<br />

sostantivi, senza ammettere alcun verbo]. “In verso eroico” ci riporta <strong>Montale</strong> “parte in ottave<br />

e parte in isciolti, ma tutta in versi sdruccioli, nei sostantivi s’intende, perché non ho usato<br />

nessun verbo.”. Il poeta ligure si concede questa volta <strong>di</strong> inserire una ripetizione per evitare <strong>di</strong><br />

trasformare <strong>la</strong> comme<strong>di</strong>a del suo collega <strong>di</strong> carta in un’opera aberrante costitutita <strong>di</strong> versi<br />

terminanti tutti in nomi con accento sul<strong>la</strong> terzultima sil<strong>la</strong>ba, ma riesce comunque a schivare <strong>la</strong><br />

ripetizione del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> questa paro<strong>la</strong> così sonora che è “esdrúju<strong>la</strong>”.<br />

<strong>Montale</strong> sgonfia anche <strong>la</strong> vanagloria del poeta nel momento in cui egli afferma <strong>di</strong> aver seguito<br />

le istruzioni aristoteliche <strong>di</strong> aspettare <strong>di</strong>eci anni dal<strong>la</strong> composizione <strong>di</strong> una comme<strong>di</strong>a perché<br />

“salga a luz”, che in italiano è più semplicemente “mandar fuori”. Anche per le ampollose<br />

descrizioni dell’opera, <strong>Montale</strong> si trova a dover trasformare il “grande en surtejo”[grande per<br />

<strong>la</strong> varietà] in “<strong>di</strong> te<strong>la</strong> vasta” e “maravillosa en <strong>la</strong> <strong>di</strong>visiòn” in un più comprensibile “perfetta <strong>di</strong><br />

composizione”.<br />

I quattro illusi prendono estremamente sul serio le loro assur<strong>di</strong>tà e ascoltano le <strong>la</strong>mentele<br />

degli altri per poi esprimere <strong>la</strong> propria come fossero dotti che <strong>di</strong>sputassero del<strong>la</strong> più alta<br />

dottrina, e quando si rivolgono una domanda lo fanno con tutti i preamboli richiesti dal<strong>la</strong> loro<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> intellettuali,<br />

come il matematico che chiede con gran sussiego “Ha hecho, vuesa merced, señor alquimista,<br />

<strong>la</strong> experiencia de sacar p<strong>la</strong>ta de otros metales?” [ha fatto, vostra signoria, signor alchimista,<br />

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l’esperienza <strong>di</strong> estrarre argento da altri materiali?], che <strong>Montale</strong> abbrevia in “Signor<br />

alchimista, è riuscito vossignoria a cavar argento dagli altri metalli?”<br />

Quello che con maggior pomposità descrive <strong>la</strong> propria sofferenza, paragonando<strong>la</strong> ad<strong>di</strong>rittura<br />

allo sforzo <strong>di</strong> Tantalo, è proprio il matematico. Mentre l’alchimista per lo meno “está en <strong>la</strong><br />

potencia propinqua” <strong>di</strong> raggiungere <strong>la</strong> propria opera, cioè, traduce <strong>Montale</strong> “è potenzialmente<br />

vicino”, egli invece vede ogni momento sfuggirgli <strong>di</strong> davanti il risultato, <strong>la</strong> quadratura del<br />

cerchio, che gli permetterebbe <strong>di</strong> accedere al<strong>la</strong> “conyuntura de <strong>la</strong> verdad”, termine assai adatto<br />

a tale oratore, che Monale rende invece “stringere dappresso <strong>la</strong> realtà”.<br />

Ciascuno dei quattro personaggi è convinto che sia maggiore <strong>la</strong> propria sventura rispetto a<br />

quel<strong>la</strong> degli altri folli, per cui l’ultimo a par<strong>la</strong>re, l’“arbitrista”, che in italiano suona con<br />

termine molto moderno “consulente”, inizia <strong>la</strong> propria arringa rimproverando gli altri e se<br />

stesso d’essere “Quatro quejosos tales que lo pueden ser del Gran Turco” [quattro <strong>la</strong>mentosi<br />

tali che lo possono essere del Gran Turco], nominando il mitico gran signore simbolo anche in<br />

altre <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> terre lontanissime e ignote. Il traduttore, invece <strong>di</strong> chiamare in causa l’impero<br />

ottomano, trasforma il senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quest’ espressione proiettando<strong>la</strong> in un mondo dove<br />

già l’oriente non è più così lontano, e traducendo quin<strong>di</strong> “tre <strong>la</strong>gne dell’altro mondo”,<br />

insistendo sul valore iperbolico dell’espressione, ma <strong>la</strong>sciando da parte, come altre volte, un<br />

intero immaginario.<br />

Così come già gli era avvenuto con altri memoriali, <strong>la</strong>menta invece il consigliere, anche<br />

quest’ultimo “ha de parar en el carnero”[deve finire nel carnaio], ossia, attualizza <strong>Montale</strong>,<br />

“andrà in fumo”, e con esso <strong>la</strong> soluzione proposta che il re dovrebbe “pe<strong>di</strong>r en cortes” cioè, ci<br />

spiega il traduttore “ottenere con decreto <strong>di</strong> Corte”.<br />

Il consiglio sarebbe <strong>di</strong> sancire in tutto il regno un giorno <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno a pane ed acqua e che<br />

ogni persona consegni al sovrano <strong>la</strong> somma che avrebbe impiegato per il cibo, ovvero,<br />

secondo i conti del consulente, per ogni sud<strong>di</strong>to in me<strong>di</strong>a almeno “reale y me<strong>di</strong>o; y yo quiero<br />

que sea un real, que no puede ser menos…”[reale e mezzo; e io voglio che sia un reale, che<br />

non può essere meno], cifra che il traduttore arrotonda a “un reale, cioè il meno possibile” .<br />

L’inventore annuncia con gran convinzione <strong>la</strong> propria idea, davvero orgoglioso che esso sia<br />

“limpio de polvo y de paja”, cioè pulito dal<strong>la</strong> feccia del grano, ossia, secondo <strong>Montale</strong> “non è<br />

suggerito dal tornaconto”, e convinto che questo guadagno che non sarebbe “barro”[fango],<br />

ovvero “cosa da nul<strong>la</strong>”. La sua attuazione permetterebbe al re <strong>di</strong> ottenere ogni mese tre<br />

milioni <strong>di</strong> reali come “ahechados”, che letteralmente deriva dal verbo “ahechar” che<br />

corrisponderebbe a “ripulire”, consolidando così <strong>la</strong> connessione col campo semantico<br />

agricolo, che <strong>Montale</strong> scarta in toto traducendo “risparmiare”.<br />

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Gli u<strong>di</strong>tori, che hanno ascoltato attentamente lo sventurato, all’ultima affermazione che tale<br />

decisione potrebbe anche offrire a qualcuno un beneficio <strong>di</strong> salute, non riescono a trattenere le<br />

risa, coinvolgendo al<strong>la</strong> fine anche lo stesso consulente e <strong>la</strong>sciando stupefatto Berganza.<br />

Il cane, prima <strong>di</strong> concludere <strong>la</strong> sua narrazione, vuole aggiungere ancora <strong>due</strong> piccoli ed<br />

istruttivi aneddoti, per denunciare il fatto che i consigli <strong>di</strong> un “pobre humilde”, tradotto<br />

“povero <strong>di</strong>avolo” non vengano mai ascoltati e che molti fanno gli sbruffoni solo perché<br />

protetti da potenti.<br />

Il primo episo<strong>di</strong>o par<strong>la</strong> del<strong>la</strong> visita a casa <strong>di</strong> un “Corregidor”, che in italiano sarà un “giu<strong>di</strong>ce”<br />

e come Berganza, per aver troppo abbaiato, sia cacciato a legnate dal<strong>la</strong> sua “sa<strong>la</strong>” che in<br />

italiano, per un errore, suppongo <strong>di</strong> ricopiatura o <strong>di</strong> stampa, <strong>di</strong>venta “città”.<br />

La morale <strong>di</strong> Scipione a questo episo<strong>di</strong>o è che “La sabiduría en el pobre está asombrada, que<br />

<strong>la</strong> necesidad y miseria son <strong>la</strong>s sombras y nubes que <strong>la</strong> escurecen; y si acaso se descubre, <strong>la</strong><br />

juzgan por tontedad y <strong>la</strong> tratan con menosprecio” [<strong>la</strong> sapienza nel povero è in ombra, poiché<br />

<strong>la</strong> necessità e <strong>la</strong> miseria sono le ombre e le nubi che <strong>la</strong> oscurano; e se per caso si scopre, <strong>la</strong><br />

giu<strong>di</strong>cano tontaggine e <strong>la</strong> trattano con <strong>di</strong>sprezzo ], che il nostro traduce “ Il senno del povero è<br />

oscurato spesso da quelle ombre o nubi che sono il bisogno e <strong>la</strong> miseria, e se talora si mostra è<br />

giu<strong>di</strong>cato dabbenaggine e trattato con <strong>di</strong>sprezzo”. A parte l’ennesima sintesi, richiede una<br />

picco<strong>la</strong> osservazione il cambiamento <strong>di</strong> genere del soggetto dal femminile al maschile che<br />

crea una certa ambiguità tra il povero e il suo giu<strong>di</strong>zio, rendendo più complicato capire se ad<br />

essere denigrato sia l’uomo o il suo consiglio. La sentenza è come sempre assai savia, ma<br />

Berganza invece che con <strong>la</strong> filosofia l’ha appreso “escarmentandolo”, verbo che il traduttore<br />

decide <strong>di</strong> rendere con ben sei parole “avendolo imparato a suon <strong>di</strong> botte”.<br />

Tra queste righe ritroviamo l’unica paro<strong>la</strong> che <strong>Montale</strong> mantiene inalterata riproducendo<strong>la</strong><br />

al<strong>la</strong> lettera, e cioè il termine “cantimplora” per in<strong>di</strong>care un vaso <strong>di</strong> rame, che in italiano esiste<br />

identico.<br />

Il secondo aneddoto riguarda una minusco<strong>la</strong> cagnetta, compagnia abituale per le dame del<br />

tempo, tanto da essere una <strong>di</strong> quelle che chiamano “de falda”[da gonna], che in italiano, forse<br />

per in<strong>di</strong>care <strong>la</strong> sua misura viene definita “da manicotto”. Questo “animalejo”, alterato che il<br />

traduttore rende con un bel “bestiacco<strong>la</strong>”, quando scorge il mastino “saltó de los brazos de su<br />

señora”, ma solo nel testo spagnolo, prima <strong>di</strong> correre incontro al nuovo venuto e morderlo.<br />

Berganza ravvede nel<strong>la</strong> cagnetta il comportamento <strong>di</strong> coloro che essendo protetti da potenti si<br />

permettono <strong>di</strong> dar contro a “los que valen más que ellos” che <strong>Montale</strong>, trasformando <strong>la</strong><br />

componente morale dell’accezione in aspetto fisico, traduce “i loro maggiori”, nonostante sia<br />

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evidente che Berganza è più orgoglioso del<strong>la</strong> propria rettitu<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> cui non fa che par<strong>la</strong>re, che<br />

del<strong>la</strong> propria taglia. Il senso etico dell’affermazione viene però recuperato nel<strong>la</strong> frase<br />

successiva, in cui il cane osserva come, non appena vengano meno i loro padroni, si mostri<br />

come questi <strong>la</strong>cchè <strong>di</strong>pendano dal tutto dai loro signori, soprattutto per “sus prendas” cioè,<br />

rende ora <strong>Montale</strong>, “i loro meriti”.<br />

“La virtud y el buen enten<strong>di</strong>minto” conclude l’ormai navigato mastino “siempre es una y<br />

siempre es uno” [<strong>la</strong> virtù e il buon inten<strong>di</strong>mento sempre è una e sempre è uno], ma il<br />

traduttore, che più del cane, pare aver fretta <strong>di</strong> concludere traduce soltanto “non mutano”, così<br />

come poco dopo “lo que merece y vale” è reso “il loro merito”.<br />

Si chiude con questo finale sentenzioso il lungo racconto <strong>di</strong> Berganza, ma non con esso <strong>la</strong><br />

nostra novel<strong>la</strong>, perché <strong>Cervantes</strong> non si è <strong>di</strong>menticato dei personaggi del Casamiento Peralta e<br />

Campuzano, <strong>la</strong>sciati l’uno al<strong>la</strong> lettura dello scartafaccio e l’altro al riposino pomeri<strong>di</strong>ano.<br />

L’e<strong>di</strong>zione spagno<strong>la</strong> <strong>la</strong>scia solo una riga bianca prima <strong>di</strong> tornare ai <strong>due</strong> uomini, mentre nel<strong>la</strong><br />

versione tradotta abbiamo in maiuscolo <strong>la</strong> scritta esplicativa “epilogo”.<br />

Molti critici hanno osservato l’importanza del fatto che mentre il dottore stia leggendo il<br />

colloquio dei cani, il suo autore fittizio stia dormendo, determinando una stretta re<strong>la</strong>zione tra<br />

le parole dei mastini, frutto forse <strong>di</strong> un’allucinazione, e il mondo dei sogni, in quanto il<br />

par<strong>la</strong>re <strong>di</strong> Scipione e Berganza, come abbiamo già sottolineato, si trova in una <strong>di</strong>mensione che<br />

aleggia tra <strong>la</strong> realtà e <strong>la</strong> fantasia. I riferimenti storici danno al racconto un forte aspetto<br />

realistico, ma le ammonizioni <strong>di</strong> Scipione riportano continuamente il lettore a considerare il<br />

valore letterario e dunque meraviglioso del testo.<br />

Lo scrittore, facendo riferimento ai sogni che, come <strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, non sono appieno realtà ma <strong>la</strong><br />

rappresentano, ammonisce il lettore a non confondere ciò che sta leggendo con <strong>la</strong> vita vera, e<br />

a saper cogliere gli spunti e <strong>la</strong> satira che il testo offre per poter giu<strong>di</strong>care con <strong>di</strong>sincanto <strong>la</strong><br />

realtà.<br />

Il sonno e <strong>la</strong> lettura sono così al<strong>la</strong>cciati che “el acabar el colloquio el licenciado y el despertar<br />

el alférez fue todo a un tiempo” [il terminare il colloquio il dottore e lo svegliersi l’alfiere fu<br />

tutto a un tempo], come per una magia che leghi i <strong>due</strong> atti, ma in italiano non possiamo<br />

apprezzare questo rapporto perchè l’azione si <strong>di</strong><strong>la</strong>ta in un imperfetto “mentre il dottore finva<br />

<strong>di</strong> leggere il colloquio, l’alfiere si svegliò”, eliminando <strong>la</strong> circoscrizione puntuale del fatto.<br />

La questione se i cani possano par<strong>la</strong>re non è più un problema reale, perché abbiamo visto che<br />

non importa sapere se il racconto corrisponda ad un fatto avvenuto, per cui l’alfiere<br />

interrompe <strong>la</strong> <strong>di</strong>scussione con un “no volvamos a esa <strong>di</strong>sputa”, mentre <strong>Montale</strong> fa concludere<br />

il <strong>di</strong>battito insorgente da un “non parliamone più”.<br />

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I <strong>due</strong> decidono dunque <strong>di</strong> andare “al Espolón”, ma il lettore italiano non sapendo essere quello<br />

il nome <strong>di</strong> un giar<strong>di</strong>no, forse non capirebbe l’intenzione degli amici se il traduttore non<br />

scrivesse “a passeggiare sull’Espolon”. Peralta <strong>di</strong>chiara che lo scopo dell’escursione sarà<br />

“recrear los ojos del cuerpos pues ya he recreado los del enten<strong>di</strong>miento” [a ricreare gli occhi<br />

del corpo dato che ho già ricreato quelli dell’inten<strong>di</strong>mento], sancendo un parallelismo tra il<br />

piacere <strong>di</strong> un bel paesaggio e quello <strong>di</strong> una buona lettura, ma il traduttore, che per tutta <strong>la</strong><br />

novel<strong>la</strong> si è <strong>la</strong>mbiccato per evitare le ripetizioni, anche in questo caso non viene meno al<strong>la</strong> sua<br />

poetica scrivendo “per ricreare gli occhi del corpo dopo aver rallegrato quelli dello spirito”.<br />

Per quanto una novel<strong>la</strong> possa avere una struttura equilibrata e sia ricca <strong>di</strong> riman<strong>di</strong>, vi sono dei<br />

punti critici che hanno un’importanza fondamentale e ai quali è importante prestare<br />

partico<strong>la</strong>re attenzione, ed essi sono l’incipit e l’excipit. La frase iniziale e finale <strong>di</strong> un racconto<br />

o <strong>di</strong> un romanzo racchiudono sempre una pregnanza <strong>di</strong> spicco proprio in re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong> loro<br />

posizione, per cui non si può supporre che <strong>la</strong> loro scelta sia casuale, soprattutto nel Coloquio<br />

de los perros, <strong>la</strong> cui conclusione, essendo l’ultima novel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> raccolta, non è solo il finale<br />

del racconto, ma anche dell’intero volume e si carica dunque <strong>di</strong> un’ulteriore valenza.<br />

La frase con cui termina <strong>la</strong> novel<strong>la</strong> è estremamente incisiva, e dato che <strong>Cervantes</strong> era stato<br />

scrittore <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>e, mi sbi<strong>la</strong>ncerei a definir<strong>la</strong> teatrale, dato che dopo i racconti<br />

rocamboleschi dei vagabondaggi e delle esperienze <strong>di</strong> Berganza, dopo una panoramica<br />

sull’intera società spagno<strong>la</strong>, arricchita <strong>di</strong> commenti e morali, i <strong>due</strong> ultimi attori rimasti sul<strong>la</strong><br />

scena non fanno altro che abbandonare il proprio pubblico ed andarsene, <strong>la</strong>sciando alle<br />

proprie spalle <strong>la</strong> stanza dei racconti, del<strong>la</strong> lettura e del sonno, vuota ma piena <strong>di</strong> questioni<br />

irrisolte.<br />

“Vamos” <strong>di</strong>jo el alferéz.<br />

Y con esto se fueron”<br />

<strong>Montale</strong>, che per tutta <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> ha esercitato il suo spirito <strong>di</strong> libera interpretazione del<br />

testo, anche in questo caso pare del tutto in<strong>di</strong>fferente al<strong>la</strong> resa letterale dell’espressione<br />

dell’originale per quanto puntuale ed incisiva e per nul<strong>la</strong> ambigua.<br />

In questo caso non è <strong>la</strong> sintesi a preoccupare lo scrittore ligure, né <strong>la</strong> comprensibilità del testo,<br />

ma probabilmente ritenne che il finale originale non si adattasse al gusto del proprio pubblico,<br />

e questa considerazione ci riporta a riflettere ancora una volta sul rapporto tra una <strong>traduzione</strong><br />

e l’orizzonte letterario nel quale viene pubblicata.<br />

Che fosse per gusto personale o per accontentare i lettori, <strong>Montale</strong> si concede un ultimo colpo<br />

<strong>di</strong> mano <strong>di</strong>chiarandosi ancora una volta prima scrittore e poi traduttore, e scrive:<br />

113


“An<strong>di</strong>amo”, <strong>di</strong>sse l’alfiere.<br />

E così fu fatto.”<br />

Segue, tra parentesi, nell’e<strong>di</strong>zione del 1941, l’in<strong>di</strong>cazione del traduttore.<br />

114


5 UNA SINTESI<br />

Come si è potuto osservare attraverso l’analisi proposta, sono piuttosto numerosi gli aspetti<br />

interessati dalle mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> rispetto al prototesto. Egli, considerando <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong><br />

come possibilità <strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> propri criteri <strong>di</strong> poetica, in svariate occasioni procede al<strong>la</strong><br />

manipo<strong>la</strong>zione del lessico e delle strutture seguendo prevalentemente il criterio del<strong>la</strong><br />

comprensibilità imme<strong>di</strong>ata – secondo il canale interpretativo da lui scelto per il lettore italiano<br />

- e del<strong>la</strong> sintesi.<br />

Per chiarire i proce<strong>di</strong>menti impiegati dal poeta nel rendere in italiano le <strong>due</strong> <strong>novelle</strong>, sarà<br />

molto utile c<strong>la</strong>ssificare le mo<strong>di</strong>fiche osservate nei capitoli precedenti secondo il modello<br />

proposto da <strong>Osimo</strong> e presentato a pagina 38.<br />

Dato che durante l’analisi abbiamo osservato che le <strong>due</strong> <strong>novelle</strong> sono riprodotte in italiano da<br />

<strong>Montale</strong> secondo lo stesso tipo <strong>di</strong> approccio traduttivo, le considererò qui <strong>di</strong> seguito come un<br />

unico <strong>la</strong>voro.<br />

I primi tratti <strong>di</strong> cui mi occuperò sono quelli toccati da mo<strong>di</strong>fiche ra<strong>di</strong>cali, cioè che non<br />

possono essere valutate secondo l’asse proprio/altrui.<br />

Nelle pagine precedenti abbiamo osservato numerose trasformazioni <strong>di</strong> parole e <strong>di</strong> intere frasi,<br />

che vengono sostituite in parte o del tutto. Questo proce<strong>di</strong>mento si riscontra in modo evidente<br />

per le espressioni i<strong>di</strong>omatizzate o colloquiali, trasformate a volte in espressioni italiane<br />

secondo <strong>Montale</strong> sostituibili ed altre in frasi simili.<br />

Di fronte a mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re tipici del<strong>la</strong> lingua e del periodo <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, <strong>Montale</strong> tenta <strong>di</strong> rendere<br />

<strong>la</strong> connotazione del par<strong>la</strong>to estraendo espressioni simili in senso omologico dal patrimonio<br />

del<strong>la</strong> sua epoca, o rendendo esplicito il significato del<strong>la</strong> frase.<br />

Ripropongo come esempio il “Como quien soy”, reso “Paro<strong>la</strong> mia”, o l’espressione “me daba<br />

a intender que <strong>la</strong>s podía matar en el aire” tradotto “non pensavo ci fossero donne capaci <strong>di</strong><br />

resistermi”.<br />

In questo caso <strong>Montale</strong> procede verso <strong>la</strong> modernizzazione del testo, adattandolo ad un<br />

destinatario contemporaneo.<br />

In entrambe le <strong>novelle</strong>, ma soprattutto nel Colloquio, e in modo più ra<strong>di</strong>cale in alcuni brani,<br />

<strong>Montale</strong> procede al<strong>la</strong> sintesi del testo, eliminando in alcuni casi singole parole o sintagmi,<br />

mentre in altri casi vengono eliminate intere frasi.<br />

115


Questo metodo tende al<strong>la</strong> semplificazione del dettato e all’eliminazione delle espressioni<br />

ridondanti oltre che al<strong>la</strong> riduzione concreta del testo.<br />

Il fatto che <strong>la</strong> sintesi non sia applicata solo a singole parole ma così ra<strong>di</strong>calmente a intere<br />

costruzioni fa supporre che fosse dettata, oltre che dal gusto del traduttore, anche da esplicite<br />

<strong>di</strong>rettive redazionali. È molto probabile che Bo o Vittorini stesso, noto per il suo scarso<br />

rispetto per gli originali, abbiano suggerito al poeta <strong>di</strong> “tagliare dove fosse possibile”.<br />

Osservando le parti eliminate, possiamo ricostruire i criteri del traduttore, che riteneva<br />

probabilmente non in<strong>di</strong>spensabili alcuni passi, come l’inizio dell’episo<strong>di</strong>o dei pastori,<br />

considerandolo brano <strong>di</strong> collegamento con le pagine precedenti.<br />

Recidere alcune parole era inoltre una delle soluzioni adottate da <strong>Montale</strong> per contrastare il<br />

gusto per le ripetizioni tanto amate da <strong>Cervantes</strong> quanto biasimate in italiano. In queste scelte<br />

<strong>Montale</strong> non si pone come me<strong>di</strong>atore culturale tra <strong>Cervantes</strong> e il lettore italiano, ma come<br />

autore che si appropria del testo e lo ricrea secondo i propri dettami poetici. Il prototesto è<br />

mera fonte d’ispirazione: troppo forte è il desiderio <strong>di</strong> seguire le proprie inclinazioni poetiche<br />

per riuscire a metterle da parte in nome dell’interesse filologico.<br />

Se il criterio <strong>di</strong> sintesi agisce con forza su tutto il metatesto, esso può venir meno <strong>di</strong> fronte ad<br />

un principio più importante che è <strong>la</strong> chiarezza del significato.<br />

Di fronte ad espressioni piuttosto complicate o oscure, il traduttore preferisce usare <strong>la</strong><br />

perifrasi per rendere il contenuto più comprensibile. Questo può avvenire per perio<strong>di</strong><br />

arzigogo<strong>la</strong>ti, all’interno dei quali <strong>Montale</strong> si spinge ad inserire <strong>di</strong> suo pugno perfino qualche<br />

ripetizione. La stessa preoccupazione lo porta ad aggiungere parole esplicative accanto ad<br />

alcuni vocaboli tipici del<strong>la</strong> realtà culturale rappresentata (realia), per evitare delle note che<br />

agiscano quali ostacoli al<strong>la</strong> flui<strong>di</strong>tà del<strong>la</strong> lettura.<br />

Per chiarire questa procedura osserviamo come ad esempio <strong>la</strong> frase “pues el lobo allí venìa,<br />

allí sería mas certa <strong>la</strong> presa” [dato che il lupo lì veniva, lì sarebbe più sicura <strong>la</strong> cattura] si<br />

espanda in “se il lupo veniva lì, restando al mio posto ero sicuro <strong>di</strong> acciuffarlo”, soluzione che<br />

permette <strong>di</strong> rendere meglio il senso del <strong>di</strong>scorso e allo stesso modo <strong>di</strong> evitare <strong>la</strong> ripetizione<br />

dell’avverbio <strong>di</strong> luogo.<br />

Ve<strong>di</strong>amo un altro caso: “casa que pu<strong>di</strong>ese mantener y donde pu<strong>di</strong>ese entrar perro grande”<br />

[casa che potesse mantenere e dove potesse entrare cane grande] <strong>di</strong>venta “se <strong>la</strong> casa poteva<br />

mantenermi e se poteva tenere un cane grosso come me”, con <strong>la</strong> specificazione finale che<br />

rende più evidente il valore dell’aggettivo.<br />

116


Questo tipo <strong>di</strong> aggiunte sono più numerose nei brani più complessi, come nell’episo<strong>di</strong>o del<strong>la</strong><br />

strega, ma l’accrescimento del numero delle parole è comunque impiegato in misura molto<br />

minore rispetto all’omissione.<br />

Spesso, invece che all’eliminazione <strong>di</strong> una paro<strong>la</strong>, il traduttore procede al<strong>la</strong> sua<br />

trasformazione in una forma grammaticale <strong>di</strong>versa.<br />

I casi <strong>di</strong> questo tipo sono molto numerosi, con una preferenza del passaggio da nome ad<br />

aggettivo e viceversa, ma si trovano spesso anche trasformazioni <strong>di</strong> nomi in verbi e viceversa.<br />

Sebbene molto rari, sono anche presenti delle conversioni <strong>di</strong> aggettivi in avverbi.<br />

Osserviamo i nomi del<strong>la</strong> costruzione “Ese es el error que tuvo el que <strong>di</strong>jo que no era torpedad<br />

ni vicio nombrar <strong>la</strong>s cosas por su propios nombres” [questo è l’errore che compì colui che<br />

<strong>di</strong>sse che non era ottusità ne vizio nominare le cose col loro proprio nome] <strong>di</strong>ventare<br />

aggettivi: “Quest’è l’errore <strong>di</strong> colui che proc<strong>la</strong>mò non essere né turpe né vizioso il chiamar le<br />

cose coi propri nomi”.<br />

Una doppia trasformazione si trova anche nel passaggio dai verbi in “y desde que nacen hasta<br />

que mueren” a nomi in “e tutti, dal giorno del<strong>la</strong> nascita fino a quello del<strong>la</strong> morte”.<br />

Un altro proce<strong>di</strong>mento sistematico e ra<strong>di</strong>cale è <strong>la</strong> trasformazione <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nate implicite in<br />

esplicite, per renderle più comprensibili, o, in quantità molto maggiore, le esplicite in<br />

implicite per sveltire il periodare.<br />

Esempio del primo tipo è “en entrando el real en su poder” resa “un reale che entri in poter<br />

loro”, mentre per il secondo tipo ve<strong>di</strong>amo “aunque yo <strong>la</strong> nombro, no sé lo que es” <strong>di</strong>ventata in<br />

italiano: “pur nominando<strong>la</strong>, io non so davvero che sia”.<br />

La manipo<strong>la</strong>zione grammaticale può avvenire anche attraverso <strong>la</strong> trasformazione dell’aspetto<br />

del verbo dall’attivo al passivo per ridurre il numero dei soggetti, come nel caso “pero nunca<br />

los llevaban a <strong>la</strong> carcel, a causa que los estranjeros sempre remidían…”[pero mai li portavano<br />

in carcere, poiché gli stranieri sempre rime<strong>di</strong>avano] volta in “ma al carcere non erano condotti<br />

perché i forestieri si levavano dal pasticcio…”.<br />

La trasformazione delle strutture sintattiche, infine, è molto ampia e comprende<br />

trasformazioni <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate in subor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> vario tipo e viceversa, ma investe soprattutto le<br />

re<strong>la</strong>tive, in alcuni casi eliminate per rendere il metatesto più narrativo e meno statico,<br />

sostituendole con sostantivi o nessi <strong>di</strong>versi.<br />

Un esempio <strong>di</strong> omissione si può riscontrare già nel<strong>la</strong> prima riga del Casamiento. “Salía del<br />

hospital de <strong>la</strong> Resurreción, que está en Val<strong>la</strong>dolid….” è ridotto a “Usciva dall’ospedale del<strong>la</strong><br />

Resurrezione, a Val<strong>la</strong>dolid...”. Più oltre “ a costa de muchas cosas que <strong>la</strong> negra hurtaba” [a<br />

costo <strong>di</strong> molte cose che <strong>la</strong> nera rubava] viene sintetizzato in “a costo <strong>di</strong> varie ruberie”;<br />

117


interessante notare che in questo caso un’intera subor<strong>di</strong>nata è stata sostituita da nome e<br />

aggettivo.<br />

Per quanto riguarda il lessico impiegato da <strong>Montale</strong>, abbiamo osservato come esso sia<br />

caratterizzato dal<strong>la</strong> varietà sia dei termini che dei sottoco<strong>di</strong>ci da cui vengono tratti per<br />

riprodurre il plurilinguismo cervantino. In generale, per quanto appaiano alcune espressioni<br />

decisamente ricercate come “ribeche”, “trogolo” o “subornato”, <strong>la</strong> maggior parte delle parole<br />

corrisponde a un livello standard <strong>di</strong> comprensibilità.<br />

In generale assistiamo a un processo <strong>di</strong> continua modernizzazione dei vocaboli, per cui <strong>di</strong><br />

fronte a una paro<strong>la</strong> caratteristica del prototesto abbiamo <strong>la</strong> sostituzione con una più facilmente<br />

riconoscibile dal suo pubblico.<br />

Il lessico, infine, può subire delle mo<strong>di</strong>fiche sostanziali, come nel caso del “día” tradotto<br />

“mattino” o <strong>la</strong> “cena” resa “pranzo”.<br />

Si osserva dunque una forte <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fiche ra<strong>di</strong>cali dettate dal gusto dello scrittore e<br />

riconducibili in generale al processo <strong>di</strong> chiarificazione e sintesi del testo.<br />

Queste manipo<strong>la</strong>zioni influenzano <strong>la</strong> percezione del lettore che, a conti fatti, si troverà <strong>di</strong><br />

fronte a un metatesto con un contenuto denotativo sensibilmente <strong>di</strong>fferente dall’originale.<br />

Al pari del<strong>la</strong> sintassi, anche <strong>la</strong> punteggiatura subisce numerosissime manipo<strong>la</strong>zioni, sempre in<br />

base a criteri <strong>di</strong> leggibilità, per cui si assiste in genere a una trasformazione verso forme più<br />

marcate. Vengono spesso aggiunte virgole assenti nell’originale, alle virgole vengono<br />

sostituiti in numerosi casi dei punti e virgo<strong>la</strong>, i quali a loro volta, vengono a volte eliminati in<br />

favore del punto fermo.<br />

In altri casi il proce<strong>di</strong>mento è inverso, per rendere più scorrevole <strong>la</strong> lettura ed eliminare grosse<br />

pause, il punto può sostituire il punto e virgo<strong>la</strong>, il quale può essere cambiato per una virgo<strong>la</strong>. I<br />

<strong>due</strong> punti vengono a volte aggiunti ed altre omessi, ma non si mantengono mai nelle stesse<br />

se<strong>di</strong> del prototesto.<br />

Ad esempio, osserviamo questa parte “...ni has visto, ni oído decir jamás que haya hab<strong>la</strong>do<br />

ningún elefante, perro, caballo o mona; por donde me doy a entender que esto nuestro hab<strong>la</strong>r<br />

tan de improviso cae debajo de aquel<strong>la</strong>s cosas que l<strong>la</strong>man portentos…”[non hai mai visto nè<br />

sentito <strong>di</strong>re che abbia par<strong>la</strong>to alcun elefante, cane, cavallo o scimmia; per cui mi do a<br />

intendere che questo nostro par<strong>la</strong>re così d’improvviso cade tra quelle cose che chiamano<br />

portenti] resa “non hai mai visto né sentito <strong>di</strong>re <strong>di</strong> elefante o cane o cavallo o bertuccia che<br />

riuscisse a par<strong>la</strong>re. Mi persuado perciò che questo nostro metterci a <strong>di</strong>scorrere, così<br />

d’improvviso, entra nel numero <strong>di</strong> quelle cose che son dette pro<strong>di</strong>giose…”. Si può notare<br />

118


come, oltre all’uso e al<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione del<strong>la</strong> lingua, influisca ampiamente sulle manipo<strong>la</strong>zioni del<br />

traduttore il suo gusto personale.<br />

Partico<strong>la</strong>rmente sensibile si <strong>di</strong>mostra il nostro traduttore ai giochi fonici del testo, che<br />

riconosce e cerca <strong>di</strong> rendere attraverso l’inserimento <strong>di</strong> allitterazioni ed echi vocalici. <strong>Montale</strong><br />

non impiega le stesse figure <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, spesso estranee al testo italiano, ma tenta <strong>di</strong><br />

riprodurne l’intento poetico usando i suoi strumenti <strong>di</strong> versificatore.<br />

Mi riferisco, ad esempio, al<strong>la</strong> descrizione del Mattatoio su cui mi sono soffermata a pagina<br />

64.<br />

Partecipa al<strong>la</strong> trasformazione delle strutture, anche il cambiamento dell’or<strong>di</strong>ne delle parole,<br />

che spesso vengono spostate nel metatesto per facilitare <strong>la</strong> lettura.<br />

La struttura <strong>di</strong> base spagno<strong>la</strong> SVO viene spesso stravolta da <strong>Cervantes</strong> con <strong>la</strong> posposizione del<br />

soggetto o <strong>di</strong> altre parti che desidera mettere in evidenza. <strong>Montale</strong>, in generale, riporta i vari<br />

elementi al<strong>la</strong> loro posizione standard all’interno del<strong>la</strong> frase, offrendo strutture che richiedono<br />

uno sforzo interpretativo decisamente minore, e dando così una decisiva modernizzazione al<br />

testo.<br />

“Volvía a reñirles el señor” ad esempio <strong>di</strong>venta “Il padrone si metteva a sgridarli”, o<br />

“defender<strong>la</strong> de quien quitárme<strong>la</strong> quisiese” [<strong>di</strong>fender<strong>la</strong> da chi sottrarme<strong>la</strong> volesse] viene reso<br />

“<strong>di</strong>fender<strong>la</strong> da chi volesse rubarme<strong>la</strong>”.<br />

Tutte queste mo<strong>di</strong>fiche rientrano nel secondo gruppo del modello proposto, e <strong>di</strong>mostrano una<br />

tendenza verso l’appropriazione da parte del traduttore, che pre<strong>di</strong>lige soluzioni modernizzanti<br />

al<strong>la</strong> riproduzione letterale. Tali manipo<strong>la</strong>zioni incidono sul<strong>la</strong> poetica recitativa del microtesto,<br />

che nel caso del metatesto sarà per il lettore contemporaneo molto più scorrevole e fluida<br />

rispetto a quel<strong>la</strong> che caratterizza il prototesto.<br />

Nel prototesto, nonostante <strong>la</strong> varietà del lessico, si riscontra l’uso frequente del<strong>la</strong> ripetizione<br />

<strong>di</strong> alcuni vocaboli che servono a evidenziare l’importanza <strong>di</strong> un concetto o, <strong>di</strong>sseminato nel<br />

testo, funge da concatenazione fra parti <strong>di</strong>verse.<br />

Abbiamo notato, ad esempio, l’insistenza sul verbo “hab<strong>la</strong>r”, soprattutto nelle prime battute<br />

del colloquio dei cani, ma anche in altre posizioni, in re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong> centralità del ruolo<br />

dell’oralità in entrambe le <strong>novelle</strong>.<br />

I <strong>di</strong>versi episo<strong>di</strong> del <strong>di</strong>alogo contengono parole chiave ripetute più volte, mentre altre<br />

espressioni ricorrono in generale nel<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> garantendo l’unità del<strong>la</strong> narrazione grazie a una<br />

serie <strong>di</strong> riman<strong>di</strong>.<br />

Si ripetono più volte, ad esempio, il verbo “murmurar” o gli aggettivi “<strong>di</strong>screto” e “<strong>di</strong>ligente”.<br />

119


Tali richiami vengono cancel<strong>la</strong>ti nel metatesto, caratterizzato anche per questo aspetto da una<br />

tendenza all’appropriazione da parte del traduttore. In partico<strong>la</strong>re, per questo proce<strong>di</strong>mento lo<br />

scrittore italiano segue il criterio del<strong>la</strong> variatio, eliminando per quanto possibile le ripetizioni<br />

così tipiche del<strong>la</strong> poetica <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>. La poetica strutturale del microtesto risulta <strong>di</strong><br />

conseguenza mo<strong>di</strong>ficata, e l’unità strutturale sarà affidata in maggior misura all’elemento<br />

semantico piuttosto che a quello lessicale.<br />

Passando al secondo gruppo <strong>di</strong> elementi, osserviamo come il plurilinguismo del prototesto,<br />

fondamentale per <strong>la</strong> resa espressiva del<strong>la</strong> narrazione, si basi principalmente sul<strong>la</strong> varietà <strong>di</strong><br />

linguaggi usati per caratterizzare i <strong>di</strong>versi personaggi, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente estrazione sociale e<br />

frequentatori <strong>di</strong> ambienti <strong>di</strong>stinti.<br />

Tale molteplicità, evidenziata dal<strong>la</strong> presenza <strong>di</strong> termini gergali o settoriali e dal ricorso o<br />

meno alle espressioni colloquiali, si mantiene nel metatesto, tranne che in un solo caso. In<br />

questo ambito il traduttore riconosce il ruolo delle varianti e ne riproduce <strong>la</strong> pluralità.<br />

Il traduttore ricorre sia all’impiego <strong>di</strong> mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re tipici dell’oralità, riproposti come calco<br />

sullo spagnolo o più spesso selezionati dall’ambito italiano, che ad espressioni prese da<br />

sottoco<strong>di</strong>ci partico<strong>la</strong>ri, quali quello del<strong>la</strong> criminalità o dell’ambito giuri<strong>di</strong>co.<br />

Si nota tale attenzione sia per le battute dei personaggi che per le brevissime parti in cui il<br />

racconto è riportato <strong>di</strong>rettamente dal narratore esterno.<br />

Si può affermare <strong>di</strong> conseguenza che, nei confronti dei registri linguistici, il traduttore opera<br />

nel segno del riconoscimento, mantenendo sostanzialmente <strong>la</strong> poetica espressiva del<br />

microtesto.<br />

I realia del sesto gruppo racchiudono le parole che definiscono elementi specifici del<strong>la</strong> realtà<br />

descritta.<br />

Nel metatesto abbiamo <strong>la</strong> conservazione <strong>di</strong> spora<strong>di</strong>ci riferimenti al contesto del<strong>la</strong> Spagna<br />

secentesca, ad esempio nel<strong>la</strong> citazione <strong>di</strong>retta del<strong>la</strong> Lonja in lingua originale, ma <strong>la</strong> maggior<br />

parte dei termini partico<strong>la</strong>ri vengono privati dal<strong>la</strong> loro specificità e trasformati in espressioni<br />

più comprensibili.<br />

Gli ambiti all’interno dei quali si riscontra un processo <strong>di</strong> manipo<strong>la</strong>zione sono numerosi, ma<br />

spicca per evidenza quello del cibo.<br />

Se nel caso del<strong>la</strong> “ol<strong>la</strong>”, minestra tipica <strong>di</strong> carne, abbiamo il ricorso prima al<strong>la</strong><br />

standar<strong>di</strong>zzazione “cibo” e “zuppa”, poco dopo ci troviamo <strong>di</strong> fronte ad un’evidente<br />

appropriazione, nel caso del “pastel” trasformato in “pizza”. Un altro caso <strong>di</strong> appropriazione è<br />

120


il “queso” tradotto “cacio”, mentre si può par<strong>la</strong>re <strong>di</strong> generalizzazione, per i “guisados” tradotti<br />

“cibreo” o “intingolo”.<br />

Definirei anche standar<strong>di</strong>zzazione <strong>la</strong> trasformazione del “jamón de Rute” in un più generico<br />

“prosciutto”.<br />

Cambiando ambito, sempre verso <strong>la</strong> standar<strong>di</strong>zzazione verte <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> degli indumenti<br />

“calzas y jubón” resi “pantaloni e giacca”, nonché gli svariati vocaboli con i quali nel<br />

metatesto si in<strong>di</strong>ca un tipo partico<strong>la</strong>re <strong>di</strong> calzoni, chiamati, a casa delle ampie tasche,<br />

“fol<strong>la</strong>dos” nell’originale.<br />

La standar<strong>di</strong>zzazione investe anche <strong>la</strong> resa dei vari mestieri e ruoli. Osserviamo a titolo<br />

esemplificativo i <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rendere il ruolo dell’“amo” che può essere “servo” “uomo” o<br />

“incaricato”, mentre gli emblematici “jiferos” sono resi “macel<strong>la</strong>i” (o con appropriazione<br />

“beccai”), e gli “hermanos de <strong>la</strong> Capacha” “fratelli del<strong>la</strong> questua”. Altri casi <strong>di</strong> appropriazione<br />

si trovano invece per i passatempi come il ballo del<strong>la</strong> “chacona” <strong>di</strong>ventato “castagnette”, o per<br />

i “moriscos” resi “mori”.<br />

Di fronte a una tale prevalenza dei processi <strong>di</strong> appropriazione e standar<strong>di</strong>zzazione, si rilevano<br />

alcuni, spora<strong>di</strong>ci, casi <strong>di</strong> riconoscimento, come il mantenimento del nome “Simoeque” del<br />

proverbio.<br />

In generale, nel metatesto osserviamo un costante adattamento, rispetto al prototesto, a un<br />

linguaggio imme<strong>di</strong>atamente comprensibile ai contemporanei italiani, che influenza <strong>la</strong><br />

psicologia <strong>di</strong> gruppo, cioè impe<strong>di</strong>sce in molte occasioni al lettore <strong>di</strong> entrare in contatto con<br />

elementi dell’ambiente culturale dello scrittore e dei riceventi ideali del prototesto.<br />

Infine, per quanto riguarda i deittici, si nota, in opposizione alle scelte preponderanti per gli<br />

elementi precedenti, una tendenza al riconoscimento rispetto al<strong>la</strong> prospettiva cervantina, dato<br />

che il metatesto conserva le coor<strong>di</strong>nate spaziali e temporali <strong>di</strong> riferimento del prototesto e il<br />

punto <strong>di</strong> vista dei personaggi nel<strong>la</strong> narrazione. Ritengo che questa coerenza sia dovuta anche<br />

al<strong>la</strong> predominanza del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto e quin<strong>di</strong> del<strong>la</strong> narrazione in prima persona dei fatti da<br />

parte dei cani.<br />

Nel riferirsi agli altri personaggi si possono invece notare alcune manipo<strong>la</strong>zioni, nel<strong>la</strong><br />

trasformazione dei pronomi in sostantivi e viceversa, soprattutto nell’episo<strong>di</strong>o degli zingari, a<br />

causa del solito tentativo <strong>di</strong> evitare le ripetizioni.<br />

Anche sotto questo aspetto, che influenza <strong>la</strong> poetica espressiva del microtesto, si notano <strong>di</strong><br />

conseguenza degli interventi <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> nel segno del<strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione.<br />

121


Per concludere, accenniamo ai campi espressivi, cioè agli elementi caratteristici del<strong>la</strong> poetica<br />

dell’autore del prototesto.<br />

Per quanto si possono notare aspetti su cui <strong>Montale</strong> si sofferma con partico<strong>la</strong>re attenzione<br />

come <strong>la</strong> resa degli aspetti fonici, ve ne sono altri che vengono vistosamente mo<strong>di</strong>ficati.<br />

Nel Colloquio è possibile rintracciare numerosi elementi <strong>di</strong> continuità con le altre <strong>novelle</strong>, sia<br />

dal punto <strong>di</strong> vista sintattico che linguistico, e in partico<strong>la</strong>re mi soffermerò sulle <strong>di</strong>ttologie, cui<br />

<strong>Cervantes</strong> ricorre numerose volte, sia nominali che <strong>di</strong> verbali e aggettivali, come si nota nel<br />

titolo stesso Nove<strong>la</strong> y colloquio.<br />

Quest’uso si può riscontrare in tutte le narrazioni del<strong>la</strong> raccolta, fin dal<strong>la</strong> descrizione del<strong>la</strong><br />

protagonista del primo racconto “hermosa y <strong>di</strong>screta” e poi “cortés y bien razonada” o del<strong>la</strong><br />

corte dove “todo se compra y todo se vende”, tanto che è sufficiente aprire una pagina a caso<br />

del libro per poterne osservare un esempio.<br />

Queste strutture doppie del prototesto, in alcune occasioni arricchite <strong>di</strong> giochi <strong>di</strong> parole e<br />

assonanze, così caratteristiche del dettato cervantino, nel metatesto a volte corrispondono a<br />

delle coppie corrispondenti, anche se spesso invertite, mentre altre volte esse vengono sciolte<br />

in parole separate o in soluzioni <strong>di</strong>fferenti.<br />

Osserviamo come esempio <strong>di</strong> <strong>di</strong>ttologie mantenute con spostamento degli elementi “agudos y<br />

gustosos” tradotto “gustosi e piacevoli”o “mal<strong>di</strong>cente murmurador” “pettegolo mal<strong>di</strong>cente”,<br />

con un processo <strong>di</strong> appropriazione che risulta ancora più marcato nel<strong>la</strong> trasformazione<br />

grammaticale <strong>di</strong> “de antiguos y muchos” in “crescendo e invecchiando”.<br />

Come esempio <strong>di</strong> appropriazione che determina un cambiamento ancora più ra<strong>di</strong>cale<br />

possiamo citare invece l’avverbio “extremada y <strong>di</strong>vinamente” <strong>di</strong>ventare semplicemente<br />

“<strong>di</strong>vinamente” con una netta soppressione del<strong>la</strong> struttura originale.<br />

Anche nel caso <strong>di</strong> un elemento <strong>di</strong> poetica dell’autore dell’originale, abbiamo da parte del<br />

traduttore un processo <strong>di</strong> netta appropriazione che con<strong>di</strong>ziona un elemento macrotestuale.<br />

5.1 Commento<br />

Una delle problematiche degli attuali stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> traduttologia riguarda il dubbio se sia lecito o<br />

meno esprimere un giu<strong>di</strong>zio rispetto al<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> esaminata, dato che tutta le scuole più<br />

importanti basano le proprie osservazioni esclusivamente su aspetti descrittivi e non<br />

valutativi. Anche Torop nel suo libro segue questo tipo <strong>di</strong> approccio, considerando il<br />

122


metatesto come campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e non <strong>di</strong> valutazione, in quanto “Forma <strong>di</strong> critica<br />

dell’originale” e basando il giu<strong>di</strong>zio solo sul<strong>la</strong> coerenza del metatesto. 91<br />

Anche <strong>Montale</strong>, come ci fa sapere Zampa, vedeva nelle proprie traduzioni, almeno in quelle<br />

più apprezzate, un’operazione critica attuata, come si rileva dal<strong>la</strong> sua pratica, attraverso il<br />

processo <strong>di</strong> selezione, sintesi e mo<strong>di</strong>fica <strong>di</strong> consistenti parti del testo.<br />

Se dovessimo dunque giu<strong>di</strong>care <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> delle <strong>novelle</strong> secondo il mantenimento <strong>di</strong> una<br />

determinata poetica, potremmo considerare positivamente che tutta <strong>la</strong> stesura del metatesto sia<br />

legata al riconoscimento e al<strong>la</strong> rie<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> elementi contenutistici e stilistici considerati<br />

fondamentali.<br />

<strong>Bruno</strong> <strong>Osimo</strong> basa invece le sue osservazioni su una concezione <strong>di</strong>versa, cioè sul<strong>la</strong> necessità<br />

<strong>di</strong> e<strong>la</strong>borare dei metri <strong>di</strong> valutazione delle traduzioni, se non altro per chiarire quali siano i<br />

criteri per ritenere adeguata o meno una <strong>traduzione</strong>, al fine <strong>di</strong> far chiarezza in un mercato che<br />

si basa spesso su considerazioni personali e non esplicite degli e<strong>di</strong>tori, per quanto sia evidente<br />

che il testo deve essere valutato anche in base alle finalità per le quali viene prodotto.<br />

Un e<strong>di</strong>tore che, osservando il modello proposto, valutasse che nel caso considerato il<br />

traduttore, pur riconoscendo spesso le componenti essenziali del testo, ha scelto <strong>di</strong> agire nel<br />

segno dell’appropriazione tranne che per i deittici e gli i<strong>di</strong>oletti dei personaggi, senza contare<br />

le numerose omissioni, le mo<strong>di</strong>fiche ra<strong>di</strong>cali e le aggiunte, sarebbe <strong>di</strong>sposto a pubblicare tale<br />

<strong>la</strong>voro col<strong>la</strong> denominazione <strong>di</strong> “<strong>traduzione</strong>”? Più propriamente forse bisognerebbe par<strong>la</strong>re <strong>di</strong><br />

“rifacimento”, e sicuramente una tale pratica non sarebbe stata accettata se al<strong>la</strong> fine<br />

dell’e<strong>la</strong>borato non vi fosse stato a garanzia il nome <strong>di</strong> un grande del<strong>la</strong> letteratura italiana.<br />

Per osservare quanta libertà si sia concesso <strong>Montale</strong> al momento del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, sarà<br />

interessante confrontare le sue <strong>novelle</strong> con traduzioni <strong>di</strong> autori <strong>di</strong>fferenti, grossomodo a lui<br />

contemporanei.<br />

91 Cfr P. TOROP, op. cit.<br />

123


6 TRADUZIONI A CONFRONTO<br />

6.1 Soluzioni <strong>di</strong>verse<br />

Il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> è strettamente connesso al periodo storico nel quale viene<br />

realizzato, sia per le espressioni usate nel metatesto per rendere l’opera comprensibile ai<br />

lettori, che per <strong>la</strong> strategia applicata dall’autore. Infatti, in determinate epoche può prevalere<br />

<strong>la</strong> tendenza al<strong>la</strong> riproduzione letterale dell’originale, mentre in altre possono essere più in<br />

voga versioni più o meno manipo<strong>la</strong>te a causa <strong>di</strong> alcuni specifici interessi politici o culturali.<br />

Per capire fino a che punto <strong>la</strong> poetica <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> sia legata al<strong>la</strong> sua personale<br />

visione del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, può risultare assai fruttuoso confrontare <strong>la</strong> sua versione delle <strong>novelle</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> con altre traduzioni quasi contemporanee.<br />

Di seguito prenderò in considerazione le versioni del noto ispanista Giovanni Maria Bertini,<br />

pubblicata da Einau<strong>di</strong> <strong>la</strong> prima volta da nel 1931 e successivamente ristampata più volte, tra<br />

cui una nel 1943 92 , e quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> Renata Nor<strong>di</strong>o, contenuta nelle Novelle Esemp<strong>la</strong>ri, e<strong>di</strong>te a cura<br />

del<strong>la</strong> stu<strong>di</strong>osa dal<strong>la</strong> Utet nel 1943 93 .<br />

Sarà interessante, ai fini dell’analisi, poter confrontare <strong>di</strong>rettamente i tre testi, per cui<br />

riporterò, sud<strong>di</strong>vise per temi, alcune parti del<strong>la</strong> versione originale (C), seguita dal<strong>la</strong> quel<strong>la</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Montale</strong> (M) e successivamente <strong>la</strong> versione <strong>di</strong> Bertini (B) e infine quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o (N), per<br />

poi annotare alcune osservazioni. Il numero dopo <strong>la</strong> lettera in<strong>di</strong>ca <strong>la</strong> pagina nel<strong>la</strong> rispettiva<br />

e<strong>di</strong>zione.<br />

Seguendo l’or<strong>di</strong>ne del testo, il confronto inizia dal<strong>la</strong> prima novel<strong>la</strong> del Casamiento engañoso,<br />

cominciando proprio dal primo paragrafo.<br />

C 521 Salía del hospital de <strong>la</strong> Resurreción, que está en Val<strong>la</strong>dolid fuera de <strong>la</strong> puerta del<br />

Campo, un soldado que, por servirle su espada de báculo, y por <strong>la</strong> f<strong>la</strong>queza de sus piernas y<br />

amarillez de su rostro, mostraba bien c<strong>la</strong>ro que, aunque no era el tiempo muy caluroso, debía<br />

de haber sudado en veinte días todo el humor que quizá granjeó en una hora.<br />

M 235: Usciva dall’ospedale del<strong>la</strong> Resurrezione, a Val<strong>la</strong>dolid, fuori dal<strong>la</strong> porta del Campo, un<br />

soldato gialliccio in volto e assai male in gamba, il quale appoggiandosi al<strong>la</strong> spada a mo’ <strong>di</strong><br />

92 M. DE CERVANTES, Novelle esemp<strong>la</strong>ri, a cura <strong>di</strong> G. M. BERTINI, UTET, Torino 1931<br />

93 M. DE CERVANTES, Novelle esemp<strong>la</strong>ri, <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> R. NORDIO, Einau<strong>di</strong>, Torino 1943<br />

124


astone <strong>la</strong>sciava intendere assai chiaramente, per quanto molto caldo non facesse, <strong>di</strong> aver<br />

sudato in venti giorni tutto l’umore che aveva forse raccolto in un’ora.<br />

B 139: Usciva dall’ospedale del<strong>la</strong> Resurrezione, che si trova in Val<strong>la</strong>dolid, fuori porta <strong>di</strong><br />

Campo, un soldato, che, sorreggendosi con <strong>la</strong> spada, quasi fosse il suo bastone, e <strong>di</strong>mostrando<br />

fiacchezza nelle gambe e giallore del volto, rive<strong>la</strong>va chiaramente che senza essere il tempo<br />

molto caldo, aveva sudato in venti giorni tutto l’umore che, forse, aveva raccolto in un’ora.<br />

N 193: Usciva dall’ospedale del<strong>la</strong> Resurrezione, a Val<strong>la</strong>dolid, fuori del<strong>la</strong> porta del Campo, un<br />

soldato, il quale, per il fatto <strong>di</strong> servirsi del<strong>la</strong> spada a mo’ <strong>di</strong> bastone, dal<strong>la</strong> debolezza delle<br />

gambe e dal<strong>la</strong> lucida tinta del volto, dava a <strong>di</strong>mostrare chiaramente che, quantunque il tempo<br />

non fosse molto caldo, doveva aver sudato in venti giorni tutto l’umore che aveva forse<br />

accumu<strong>la</strong>to in un’ora.<br />

Già dal primo periodo notiamo <strong>la</strong> <strong>di</strong>fferenza nell’ affrontare <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, concentrandosi i tre<br />

autori su elementi <strong>di</strong>versi, tanto che, usando le parole <strong>di</strong> Torop, possiamo osservare come<br />

ognuno si basi su <strong>di</strong>fferenti dominanti.<br />

Bertini, partico<strong>la</strong>rmente attento al<strong>la</strong> letteralità del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, segue quasi paro<strong>la</strong> per paro<strong>la</strong><br />

lo snodarsi del periodare cervantino, <strong>di</strong>mostrando allo stesso tempo <strong>la</strong> preoccupazione per <strong>la</strong><br />

comprensibilità del suo <strong>la</strong>voro. Per spiegare l’uso del<strong>la</strong> spada come bastone preferisce<br />

ampliare <strong>la</strong> frase per evitare ambiguità e anche nel<strong>la</strong> proposizione successiva opta per<br />

aggiungere il verbo “<strong>di</strong>mostrare” per render<strong>la</strong> più esplicita. L’unica concessione all’uso<br />

italiano che determina un’elisione è l’eliminazione dell’articolo prima del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “porta” per<br />

dare forse un senso <strong>di</strong> familiarità all’ espressione, come se si trattasse <strong>di</strong> un luogo conosciuto.<br />

Un cambiamento sintattico che il brano <strong>di</strong> Bertini con<strong>di</strong>vide con le altre versioni è <strong>la</strong><br />

trasformazione del verbo “servirle” nel riflessivo “sorreggendosi”, con <strong>la</strong> conseguente<br />

mo<strong>di</strong>fica del soggetto che dal<strong>la</strong> spada passa ad essere il soldato. Si tratta del<strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione<br />

<strong>di</strong> un elemento stilistico <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, il quale, come abbiamo notato nell’analisi, tendeva a<br />

spostare il fuoco dell’azione su oggetti inanimati rendendoli quasi in<strong>di</strong>pendenti dall’intervento<br />

umano.<br />

Un’altra manipo<strong>la</strong>zione degna <strong>di</strong> nota è <strong>la</strong> trasformazione dell’in<strong>di</strong>cativo “no era”( el tiempo)<br />

nell’infinito “senza essere” finalizzata a sveltire il periodo.<br />

125


Anche per il <strong>la</strong>voro del<strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o si nota una notevole aderenza all’originale, nonostante <strong>la</strong><br />

trasformazione dell’elemento coloristico “amarillez” nel<strong>la</strong> rispettiva “lucida tinta”, che limita<br />

il forte impatto espressivo del<strong>la</strong> descrizione.<br />

Nonostante nessuno dei <strong>due</strong> precedenti si astenga da alcune mo<strong>di</strong>fiche, il <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>Montale</strong><br />

<strong>di</strong>mostra un approccio affatto <strong>di</strong>fferente, innanzi tutto per <strong>la</strong> trasformazione dell’or<strong>di</strong>ne nel<strong>la</strong><br />

descrizione dei partico<strong>la</strong>ri del soldato.<br />

Il poeta si muove inoltre liberamente nel segno del<strong>la</strong> sintesi, già dall’eliminazione del<strong>la</strong><br />

virgo<strong>la</strong> dopo il pronome re<strong>la</strong>tivo, in opposizione al proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Bertini che invece,<br />

aumentando il numero dei segni grafici, crea un rallentamento interno. Concorrono al risultato<br />

<strong>di</strong> compressione anche <strong>la</strong> trasformazione del sostantivo “amarillez” nell’aggettivo<br />

“gialliccio” e <strong>la</strong> soppressione del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “tiempo”.<br />

Già dalle prime righe possiamo notare come <strong>Montale</strong>, rispetto ai colleghi, si concentri<br />

maggiormente sul<strong>la</strong> composizione <strong>di</strong> un testo che garantisca <strong>la</strong> piacevolezza del<strong>la</strong> lettura al<br />

pubblico a lui contemporaneo piuttosto che sul rispetto <strong>di</strong> stilemi o <strong>di</strong> strutture tipiche<br />

dell’originale.<br />

Semplificando un poco, se immaginassimo un’asse ai cui estremi si trovassero da una parte le<br />

caratteristiche dell’opera originale e dall’altra le aspettative dei lettori contemporanei, il testo<br />

<strong>di</strong> <strong>Montale</strong> andrebbe posizionato, rispetto alle altre traduzioni, decisamente più vicino al<br />

secondo polo.<br />

Un tale proce<strong>di</strong>mento si può notare anche nell’ambito dei realia, come possiamo osservare in<br />

più occasioni, sia per quanto riguarda il campo del cibo che dell’abbigliamento o degli usi.<br />

C529 calzas y jubón<br />

M241 I pantaloni e <strong>la</strong> giacca<br />

B147 i calzoni e <strong>la</strong> giubba<br />

N 199 i pantaloni e il corpetto<br />

C 564 Era tiempo de inverno, cuando campean en Sevil<strong>la</strong> los molletes y mantequil<strong>la</strong>s, de<br />

quien era tan bien servido, que más de dos Antonios se empeñaron o ven<strong>di</strong>eron para que yo<br />

almorzase.<br />

126


M 265 S’era d’inverno, quando a Siviglia si vendono le pagnottelle al burro, me ne davano<br />

tante che <strong>due</strong> o tre studenti vendettero o impegnarono persino i testi <strong>di</strong> grammatica perchè<br />

non ne mancassero per co<strong>la</strong>zione.<br />

B180 Era d’inverno, quando in Siviglia si vendono i panini con burro dolce e dai ragazzi ne<br />

ricevevo spesso in dono, invero più stu<strong>di</strong>osi del<strong>la</strong> grammatica <strong>di</strong> Antonio Nebrija si<br />

impegnarono, o vendettero ad<strong>di</strong>rittura qualche oggetto perché io potessi gustare <strong>di</strong> quei dolci,<br />

a co<strong>la</strong>zione.<br />

N 223 Era d’inverno, quando a Siviglia regnano i panini e i “burrini”, dei quali io ero così ben<br />

servito che più <strong>di</strong> <strong>due</strong> grammatiche <strong>di</strong> Antonio (nota: testo sco<strong>la</strong>stico allora usatissimo)<br />

furono impegnate o vendute perché io facessi co<strong>la</strong>zione.<br />

Confrontando questi esempi, tratti rispettivamente dal Casamiento e dal Colloquio, è possibile<br />

osservare in modo evidente le <strong>di</strong>fferenti priorità dei traduttori.<br />

Per quanto riguarda gli abiti dell’alfiere, sia Bertini che Nor<strong>di</strong>o si sforzano <strong>di</strong> rendere, se non<br />

<strong>la</strong> precisa definizione dei vestiti, almeno un senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza temporale, impiegando parole<br />

che conservino un sapore storico, come “giubba” e “corpetto”, mentre <strong>Montale</strong> preferisce<br />

indumenti più moderni che il lettore possa inserire all’interno del<strong>la</strong> propria esperienza<br />

quoti<strong>di</strong>ana.<br />

Nel secondo periodo presentato si nota in Bertini il desiderio <strong>di</strong> restituire il testo ad un<br />

orizzonte letterario <strong>di</strong>stante, ad esempio attraverso il mantenimento del<strong>la</strong> preposizione “in”<br />

davanti al nome del<strong>la</strong> città, con un effetto <strong>di</strong> esotismo, mentre più avanti, sforzandosi <strong>di</strong><br />

interpretare in modo comprensibile quell’ “Antonios”, il traduttore incorre invece in un<br />

frainten<strong>di</strong>mento del senso del testo.<br />

Anche Nor<strong>di</strong>o inserisce con effetto straniante le virgolette per <strong>la</strong> definizione delle<br />

“mantequil<strong>la</strong>s”, inserendo quasi una <strong>di</strong>chiarazione dell’impossibilità del<strong>la</strong> trasposizione <strong>di</strong> un<br />

elemento così tipico del mondo spagnolo che non trova corrispondenti nell’alimentazione<br />

nostrana. Per quanto riguarda i libri <strong>di</strong> grammatica, invece che <strong>di</strong>lungarsi in spiegazioni, <strong>la</strong><br />

traduttrice inserisce una nota a piè <strong>di</strong> pagina per dare spazio a una chiosa che definisce una<br />

netta <strong>di</strong>stanza dal mondo contemporaneo.<br />

In <strong>Montale</strong> si nota all’opposto un chiaro orientamento al<strong>la</strong> scorrevolezza del<strong>la</strong> lettura, in<br />

favore del<strong>la</strong> quale sintetizza i <strong>due</strong> tipi <strong>di</strong> dolci nel semplice “pagnottelle al burro”,<br />

127


consentendo al lettore <strong>di</strong> riconoscere l’elemento senza esitazioni. Anche l’eliminazione del<strong>la</strong><br />

specificità dei manuali partecipa a circoscrivere il testo all’interno <strong>di</strong> un universo noto e ad<br />

eliminare <strong>la</strong> <strong>di</strong>stanza cronologica e sociale che gli altri traduttori tendono invece a<br />

sottolineare.<br />

Si può <strong>di</strong>re che <strong>Montale</strong> si de<strong>di</strong>ca costantemente al<strong>la</strong> semplificazione del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>,<br />

limando gli ostacoli a una piacevole lettura che glosse e approfon<strong>di</strong>menti potrebbero<br />

determinare.<br />

Per realizzare questo processo non si preoccupa <strong>di</strong> sacrificare alcuni elementi fondamentali<br />

del testo spagnolo, come nel caso del titolo del<strong>la</strong> seconda novel<strong>la</strong>.<br />

C Nove<strong>la</strong> y coloquio que .........<br />

M 249 Colloquio...<br />

B 157 Novel<strong>la</strong> e colloquio che ebbero tra loro…<br />

N 206 Racconto e colloquio che ebbe luogo tra…<br />

La <strong>di</strong>ttologia nominale dell’originale è ricca <strong>di</strong> significati, in quanto vi si riconosce sia <strong>la</strong><br />

struttura doppia tipica dello stile cervantino, sia <strong>la</strong> complessità strutturale e contenutistica del<br />

testo che segue, nel quale si intrecciano elementi tratti da <strong>di</strong>versi generi letterari.<br />

La scelta del poeta ligure in questo caso risulta partico<strong>la</strong>rmente significativa perché applica ad<br />

una parte estremamente rilevante del testo <strong>la</strong> sua procedura <strong>di</strong> sintesi a scapito <strong>di</strong> aspetti<br />

sostanziali dell’originale.<br />

Un altro elemento specifico dell’originale che <strong>Montale</strong> appositamente elide è l’uso delle<br />

ripetizioni che nel testo cervantino serve a marcare elementi concettualmente rilevanti e a<br />

determinare una vera e propria rete <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> interni.<br />

C 540 Cipión hermano, óyote hab<strong>la</strong>r y sé que te hablo, y no puedo creerlo, por parecerme que<br />

el hab<strong>la</strong>r nosotros pasa de los términos de naturaleza.<br />

“no so<strong>la</strong>mente hab<strong>la</strong>mos, sino en que hab<strong>la</strong>mos con <strong>di</strong>scurso...<br />

M 250 Scipione, fratello, ti ascolto par<strong>la</strong>re, sento che anch’io ti parlo e non posso crederlo,<br />

perchè mi pare che questo fatto ecceda dai confini del naturale.<br />

128


“ non soltanto noi parliamo, ma <strong>di</strong>scorriamo tra noi...”<br />

B 158 Oh Scipione, fratello mio, odo che tu parli e m’accorgo <strong>di</strong> par<strong>la</strong>re anch’io, ma non<br />

riesco a persuadermene perché è cosa che supera i limiti del<strong>la</strong> stessa natura.<br />

“Noi non soltanto parliamo, ma anche <strong>di</strong>scorriamo…”<br />

N 206 Fratello Scipione, ti odo par<strong>la</strong>re e so che anche io ti parlo, e non oso crederlo perché mi<br />

sembra che il par<strong>la</strong>re da parte nostra oltrepassi le leggi stesse del<strong>la</strong> natura.<br />

“Non so<strong>la</strong>mente parliamo, ma parliamo logicamente…”<br />

Nel<strong>la</strong> prima parte del <strong>di</strong>alogo i <strong>due</strong> mastini esprimono il loro stupore per l’inaspettato dono<br />

del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> usando più volte il verbo “hab<strong>la</strong>r”, che costituisce il punto nevralgico delle<br />

battute iniziali, e <strong>la</strong> cui importanza è evidenziata dal<strong>la</strong> costante ripetizione.<br />

Per quanto l’attenzione ad evitare le ripetizioni sia un elemento tra<strong>di</strong>zionale del<strong>la</strong> storia<br />

letteraria italiana, solo <strong>Montale</strong> trasforma questa preferenza in uno degli elementi fondanti<br />

del<strong>la</strong> sua pratica traduttiva, tanto da eliminare completamente le reiterazioni attraverso il<br />

ricorso a sinonimi, e da cancel<strong>la</strong>re in questo caso l’insistenza dell’originale sul verbo<br />

“hab<strong>la</strong>r”.<br />

Da contro, nel<strong>la</strong> versione del<strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o, l’elemento non solo mantiene <strong>la</strong> sua evidenzia, ma<br />

sembra perfino enfatizzato rispetto alle abitu<strong>di</strong>ni del<strong>la</strong> lingua italiana.<br />

Anche in questo caso, invece, <strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> è finalizzata a una più facile ed<br />

imme<strong>di</strong>ata assimi<strong>la</strong>zione del testo da parte del lettore.<br />

Il fatto che <strong>Montale</strong> non si concentri sul<strong>la</strong> riproduzione <strong>di</strong> tali elementi stilistici cervantini non<br />

deve far supporre che il poeta non abbia stu<strong>di</strong>ato con attenzione il testo prima <strong>di</strong> volgerlo<br />

all’italiano, ma <strong>di</strong>mostra che egli si preoccupi maggiormente <strong>di</strong> altri aspetti del tessuto<br />

linguistico.<br />

In partico<strong>la</strong>re, secondo le sue inclinazioni poetiche, de<strong>di</strong>ca grande impegno nel<strong>la</strong> resa degli<br />

effetti fonici del dettato.<br />

C 546 Todas <strong>la</strong>s mañanas que son días de carne, antes que amanezca están en el matadero<br />

gran cantidad de mujercil<strong>la</strong>s y muchachos, todos con talegas que, viniendo vacías, vuelven<br />

llenas de pedazos de carne, y <strong>la</strong>s criadas con cria<strong>di</strong>l<strong>la</strong>s y lomos me<strong>di</strong>o enteros”<br />

129


M 253 Tutti i giorni in cui si vende <strong>la</strong> carne, prima che faccia giorno, si trova al mattatoio una<br />

fol<strong>la</strong> <strong>di</strong> donnette e <strong>di</strong> bambini che arrivano con <strong>la</strong> sporta vuota e ripartono dopo aver<strong>la</strong><br />

riempita <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> carne, e una quantità <strong>di</strong> serve che si portano via costate intere e frattaglie<br />

B 162 Tutte le mattine che è giorno che si fa mercato <strong>di</strong> carne, prima che sorga l’alba, si<br />

trovano nell’ammazzatoio donnette e ragazzi in gran numero con tanto <strong>di</strong> bisaccia che<br />

riportano piena <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> carne, mentre prima l’avevano vuota. Le donne <strong>di</strong> servizio invece<br />

se ne vanno via con intere spalle d’animali e con le interiora.<br />

N209 Tutte le mattine dei giorni che non siano <strong>di</strong> magro, prima che spunti il sole, trovan<br />

convegno ai Macelli una gran quantità <strong>di</strong> donnine e monelli, tutti forniti <strong>di</strong> borse che, da vuote<br />

che erano<br />

venute, ritornano a casa piene <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> carne, e le domestiche si portano via dei cosciotti<br />

quasi interi.<br />

Di fronte al delicato intreccio <strong>di</strong> allitterazioni e assonanze dell’originale, il testo <strong>di</strong> Bertini<br />

comprova <strong>la</strong> costante attenzione al<strong>la</strong> resa letterale, ma una scarsa sensibilità agli aspetti fonici<br />

che scompaiono senza <strong>la</strong>sciare traccia.<br />

La Nor<strong>di</strong>o inserisce, oltre al<strong>la</strong> rima interna “Macelli”/ “monelli”, l’allitterazione del<strong>la</strong> “v” e<br />

del<strong>la</strong> “p” nel<strong>la</strong> seconda parte del periodo, costruendo una struttura che risulta a mio avviso<br />

piuttosto forzosa rispetto al<strong>la</strong> flui<strong>di</strong>tà del dettato cervantino.<br />

Il poeta ligure invece, pur procedendo al<strong>la</strong> consueta sintesi, riesce a inserire un elegante gioco<br />

fonico appena percettibile che restituisce il sapore ironico dell’originale senza appesantire o<br />

creare fratture nel testo.<br />

A questo punto risulta chiaro come <strong>la</strong> pratica traduttiva dei <strong>di</strong>versi <strong>la</strong>vori segua dominanti<br />

<strong>di</strong>verse, optando per privilegiare il mantenimento <strong>di</strong> determinati aspetti rispetto ad altri, che<br />

invece vengono resi con maggiore libertà.<br />

Compito del critico, secondo Torop, è proprio capire in base a quali criteri il traduttore abbia<br />

effettuato le sue scelte e se abbia mantenuto dei proce<strong>di</strong>menti costanti durante tutto il <strong>la</strong>voro.<br />

Osserviamo in proposito il modo in cui i <strong>di</strong>versi traduttori hanno affrontato il problema<br />

costituito dai proverbi.<br />

C 584 que puesto que <strong>di</strong>ce el refrán “Quien necio es en su vil<strong>la</strong>, necio es en Sevil<strong>la</strong>”<br />

130


M 280 per quanto il proverbio <strong>di</strong>ca: “Chi al suo paese è tonto, lo resta in tutto il mondo”<br />

B 200 ciò che <strong>di</strong>ce il proverbio: “colui che è sciocco nel suo paese lo è anche in Castiglia”<br />

N 239 Il proverbio che <strong>di</strong>ce: stupido in fasce, stupido in piazza<br />

C 600 que todos los <strong>due</strong>los con pan son buenos; el buen día meterle en casa, pues mientras se<br />

rie no se llora<br />

M 291 tutti i dolori sono sopportabili se c’è il pane, le buone giornate bisogna metterle a<br />

profitto e dove si ride non si piange<br />

B 213 che tutti i dolori dove c’è pane sono sopportabili; e far passare i giorni non fa tristezza,<br />

se <strong>la</strong> vita è lieta.<br />

N250 Tutti i dolori, quando c’è del pane, sono buoni; e il giorno che promette bene bisogna<br />

prenderlo per i capelli, perché mentre si ride non si piange.<br />

Si può osservare come Bertini mantenga in generale <strong>la</strong> preferenza per <strong>la</strong> resa letterale senza<br />

riportare ad esempio <strong>la</strong> rima del primo caso e trasformando senza evidenti motivazioni<br />

Siviglia in Castiglia, mentre nel secondo preferisca orientare il <strong>la</strong>voro maggiormente verso il<br />

ricevente impiegando un proverbio italiano invece che <strong>la</strong> parafrasi <strong>di</strong> quello spagnolo.<br />

Anche Nor<strong>di</strong>o oscil<strong>la</strong> tra <strong>la</strong> resa dell’aspetto i<strong>di</strong>omatico e tra<strong>di</strong>zionale del primo caso, per il<br />

quale sacrifica quasi del tutto <strong>la</strong> figura del proverbio, e <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> più letterale del secondo.<br />

<strong>Montale</strong>, fedele ai suoi interessi più fonici che filologici, sceglie <strong>di</strong> trasformare il primo modo<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>re per mantenere <strong>la</strong> rima, riuscendo anche a conservare una notevole aderenza al senso<br />

del motto, mentre nel secondo caso opta anch’egli per una <strong>traduzione</strong> più letterale a scapito<br />

dell’effetto fortemente espressivo dell’originale.<br />

Se per i proverbi le soluzioni non risultano molto <strong>di</strong>stinte, ben più notevole ai fini del<br />

confronto è osservare il <strong>di</strong>verso modo con cui viene riprodotto il brano forse più significativo<br />

dell’intera novel<strong>la</strong>, ovvero <strong>la</strong> profezia del<strong>la</strong> strega.<br />

C 605 Volverán en su forma verdadera<br />

cuando vieren con presta <strong>di</strong>ligencia<br />

131


derribar los soberbios levantados,<br />

y alzar los humildes abatidos<br />

con poderosa mano para hacello<br />

M286 Torneranno al<strong>la</strong> forma primitiva<br />

Quando vedranno, rapida e sagace,<br />

Una mano possente alzare gli umili<br />

E abbattere i superbi.<br />

B209 “Torneranno nel<strong>la</strong> loro verace forma, quando vedranno con rapida vicenda, rovinare i<br />

superbi potenti,e sollevarsi gli umili abbattuti, con l’aiuto <strong>di</strong> una mano capace <strong>di</strong> operare tali<br />

cose”<br />

N246 Riprenderanno <strong>la</strong> verace forma<br />

quando in rapido evento assisteranno<br />

al cader dall’alto dei superbi,<br />

e al salire degli umili dal basso<br />

per virtù d’una mano omnipossente<br />

Bertini nuovamente <strong>di</strong>mostra l’interesse per <strong>la</strong> resa letterale dell’originale, anche a scapito<br />

dell’aspetto fonico e in questo caso anche grafico e metrico, dato che trasforma i versi in una<br />

struttura orizzontale.<br />

La Nor<strong>di</strong>o applica una serie <strong>di</strong> trasformazioni delle parti del <strong>di</strong>scorso, ma mantiene i cinque<br />

versi e il loro significato in modo piuttosto letterale scegliendo ancora una volta una via <strong>di</strong><br />

mezzo tra <strong>la</strong> precisione delle parole e l’aspetto fonico e visuale.<br />

<strong>Montale</strong> fa una scelta assai ra<strong>di</strong>cale, dato che decide <strong>di</strong> mantenere <strong>la</strong> struttura in versi, ma <strong>di</strong><br />

trasformare ra<strong>di</strong>calmente il contenuto attraverso una sintesi che riduce a quattro il numero dei<br />

righi.<br />

In questo caso <strong>di</strong>rei che il poeta si è concentrato più che sul<strong>la</strong> corrispondenza dei testi, sul loro<br />

effetto sul lettore, <strong>di</strong>mostrando nuovamente <strong>la</strong> sua maggiore preoccupazione per il<br />

destinatario che per l’originale.<br />

132


In generale, paragonando le <strong>di</strong>verse versioni, si può osservare come alcune manipo<strong>la</strong>zioni del<br />

testo fossero <strong>di</strong>ffuse tra i traduttori, quali <strong>la</strong> trasformazione del<strong>la</strong> punteggiatura e delle<br />

strutture sintattiche per adattare l’opera al gusto contemporaneo, ed alcuni adattamenti <strong>di</strong><br />

elementi culturali e specifici. Si nota però, partico<strong>la</strong>rmente nel <strong>la</strong>voro del Bertini, una forte<br />

preoccupazione <strong>di</strong> presentare al lettore un testo fedele, grazie a una <strong>traduzione</strong> piuttosto<br />

letterale e a un apparato <strong>di</strong> note esplicative per chiarire alcune parole ed esplicitare alcuni<br />

aspetti dell’epoca nel<strong>la</strong> quale venne scritta.<br />

Rispetto a questa attenzione prevalentemente contenutistica e filologica, <strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o <strong>di</strong>mostra<br />

una maggiore concentrazione sul<strong>la</strong> forma del brano, sacrificando a volte <strong>la</strong> letteralità a favore<br />

<strong>di</strong><br />

partico<strong>la</strong>ri soluzioni stilistiche, forse anche per l’influenza del <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> andato alle<br />

stampe <strong>due</strong> anni prima del suo.<br />

Frutto <strong>di</strong> una poetica e <strong>di</strong> una visione assolutamente originale del proprio compito risulta<br />

l’opera <strong>di</strong> <strong>Montale</strong>, nel<strong>la</strong> scelta <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare spesso ra<strong>di</strong>calmente il testo, operare frequenti<br />

elisioni o aggiunte e manipo<strong>la</strong>zioni. Alcune tendenze, come <strong>la</strong> preferenza per <strong>la</strong> variatio<br />

rispetto al<strong>la</strong><br />

ripetizione, si notano anche negli altri traduttori, ma in <strong>Montale</strong> vengono rese vere e proprie<br />

regole e portate avanti con estrema coerenza pur intaccando elementi specifici del tessuto<br />

dell’originale.<br />

Nonostante questi scrittori optino nei casi messi in evidenza per soluzioni <strong>di</strong>verse, li<br />

accomuna in generale il problema che sta al<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> un testo nato in un<br />

periodo e in un luogo <strong>di</strong>verso dal loro. Come abbiamo visto, spesso i <strong>di</strong>lemmi non nascono<br />

solo dal<strong>la</strong> possibilità o meno <strong>di</strong> rendere in italiano una determinata paro<strong>la</strong>, ma dal<strong>la</strong> volontà <strong>di</strong><br />

restituire al lettore un intero orizzonte culturale e mentale percepito come <strong>di</strong>stante.<br />

Abbiamo osservato come, <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> scelta <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> <strong>di</strong> modernizzare il dettato per<br />

renderlo più accessibile al destinatario contemporaneo, gli altri <strong>due</strong> traduttori, Bertini in<br />

partico<strong>la</strong>re, si sforzino <strong>di</strong> mantenere il più possibile inalterato il brano per conservarne<br />

numerosi aspetti originali.<br />

Il dubbio che sorge riguarda <strong>la</strong> reale possibilità <strong>di</strong> compiere una tale operazione, e quali siano<br />

gli ostacoli <strong>di</strong> fronte ai quali il traduttore in veste <strong>di</strong> filologo e storico (in caso ad esempio<br />

desideri inserire spiegazioni nelle note al margine) sia comunque costretto a cedere a causa<br />

del numero illimitato <strong>di</strong> sfaccettature <strong>di</strong> un testo.<br />

133


Se considerando il lessico abbiamo potuto notare un partico<strong>la</strong>re impegno da parte <strong>di</strong> Bertini<br />

per mantenere alcune sfumature <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza temporale nel <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong>, già<br />

nell’ambito dei proverbi e del<strong>la</strong> profezia si è potuta osservare <strong>la</strong> rinuncia al<strong>la</strong> conservazione <strong>di</strong><br />

decisivi aspetti formali.<br />

Ciò che, evidentemente, risulta più <strong>di</strong>fficile mantenere, in una <strong>traduzione</strong>, non sono le singole<br />

parole, ma <strong>la</strong> visione del mondo dell’originale, cioè il modo in cui quelle parole definiscono<br />

una percezione dell’universo tipica <strong>di</strong> un tempo e <strong>di</strong> un luogo.<br />

Questi dettagli sono certo i più problematici da rendere e soprattutto da rendere comprensibili<br />

a un pubblico composto non da storici o da eru<strong>di</strong>ti ma da lettori eterogenei.<br />

Tra le numerose espressioni colloquiali usate dal cane Berganza nel suo narrare e dai suoi<br />

personaggi, vorrei soffermarmi a mo’ <strong>di</strong> esempio su un partico<strong>la</strong>re gruppo <strong>di</strong> espressioni che<br />

fanno riferimento ad uno degli aspetti che più ra<strong>di</strong>calmente potrebbero separare il lettore<br />

secentesco da quello del ventesimo secolo e cioè <strong>la</strong> vicinanza al mondo agricolo.<br />

Per quanto le <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong> non fossero <strong>di</strong> certo destinate all’intrattenimento dei<br />

conta<strong>di</strong>ni, il mondo delle città del<strong>la</strong> Spagna del tempo manteneva ancora una stretto vincolo<br />

con <strong>la</strong> campagna circostante, basti vedere <strong>la</strong> rapi<strong>di</strong>tà con cui il cane passi da un ambiente<br />

all’altro durante le sue fughe. Le piazze delle città erano luogo <strong>di</strong> smercio dei prodotti degli<br />

appezzamenti circostanti e i nobili stessi trascorrevano lunghi perio<strong>di</strong> nelle loro magioni in<br />

mezzo ai campi.<br />

Di conseguenza elementi e parole del<strong>la</strong> coltivazione impregnavano il linguaggio quoti<strong>di</strong>ano e<br />

colloquiale <strong>di</strong> tutti, dai braccianti ai loro signori e in più casi anche nel Colloquio incontriamo<br />

l’uso del riferimento al raccolto.<br />

Proprio all’inizio del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> Scipione, in una delle sue <strong>di</strong>chiarazioni più incisive, osserva<br />

che “el hacer mal viene de natural cosecha”, in<strong>di</strong>cando con queste parole l’istintiva tendenza<br />

dei cani (e degli uomini) al male.<br />

<strong>Montale</strong> evita il riferimento al<strong>la</strong> mietitura con l’espressione “il male è spontaneo in noi”, ma<br />

si può osservare come anche gli altri traduttori elidano il modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re dell’originale senza<br />

<strong>la</strong>sciarne traccia. Bertini infatti lo rende “il male ci deriva dal nostro naturale”, espressione<br />

peraltro piuttosto oscura, mentre <strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o scrive “il mal fare è un’inclinazione <strong>di</strong> natura”.<br />

Più avanti, durante l’episo<strong>di</strong>o del tamburino, Berganza racconta come il suo padrone fosse<br />

reso più spavaldo dal<strong>la</strong> certezza che “<strong>la</strong> cosecha iba de grul<strong>la</strong>”, espressione questa<br />

<strong>di</strong>rettamente tratta dal mondo conta<strong>di</strong>no per esprimere un anno <strong>di</strong> ricco raccolto. <strong>Montale</strong>,<br />

nuovamente scansando il rimando, scrive che il padrone si rallegrava “prevedendo una buona<br />

colletta”, ma anche Bertini evita il modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re e rende “prevedendo un buon guadagno”,<br />

134


mentre solo <strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o ne mantiene in parte il senso originale con l’espressione “il raccolto<br />

prevedeva d’esser ricco”.<br />

Verso <strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> novel<strong>la</strong>, durante l’intervento dell’ “arbitrista”, egli usa, aumentando così <strong>la</strong><br />

comicità del personaggio, alcuni riferimenti al grano per par<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> tassa che dovrebbe<br />

risollevare i problemi economici del<strong>la</strong> Corona. “¿Parecele” domanda “a vuesas mercedes que<br />

sería barro tener cada mes tres milliones de reales como ahechados?” [Pare alle vostre<br />

signorie che sarebbe fango avere ogni mese tre milioni <strong>di</strong> reali come …..], in cui l’ultima<br />

paro<strong>la</strong> in<strong>di</strong>ca proprio il raccolto ripulito da polvere, paglia e pietre, per poi concludere<br />

osservando come <strong>la</strong> sua soluzione sia appunto “limpia de polvo y de paja”, cioè “pulita dal<strong>la</strong><br />

polvere e dal<strong>la</strong> paglia”.<br />

<strong>Montale</strong> elimina <strong>di</strong> nuovo interamente il campo semantico dell’agricoltura traducendo<br />

“Pensano forse le signorie vostre che sia cosa da nul<strong>la</strong> risparmiare ogni mese tre milioni <strong>di</strong><br />

reali?” e “Non è un’idea suggerita dal tornaconto”, ma anche gli altri traduttori tacciono il<br />

riferimento.<br />

Bertini scrive “E non pare a voi poca cosa avere ogni mese tre milioni <strong>di</strong> reali come<br />

risparmio?” e “Questo consiglio è del tutto <strong>di</strong>sinteressato”, mentre <strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o traduce<br />

“Credono le vostre grazie che sia cosa da buttarsi via poter contare ogni mese su tre milioni <strong>di</strong><br />

reali <strong>di</strong> risparmio?” e “Eccovi un consiglio ottimo, e tuttaltro che <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>oso”.<br />

Queste considerazioni ci aiutano a comprendere le <strong>di</strong>fficoltà che devono affrontare i traduttori<br />

e l’impossibilità <strong>di</strong> rendere fino in fondo tutti gli elementi linguistici e culturali dell’originale.<br />

Di fronte a tale impossibilità si può scegliere, come <strong>Montale</strong>, per una netta modernizzazione<br />

del dettato, in modo da rendere il testo <strong>di</strong> più imme<strong>di</strong>ata comprensibilità per il lettore<br />

moderno, o ci si può sforzare <strong>di</strong> mantenere almeno in parte il sapore dell’originale<br />

sottolineandone <strong>la</strong> <strong>di</strong>stanza dal lettore del metatesto. Resta da capire quali siano le<br />

motivazioni che possono spingere un autore a scegliere l’una o l’altra opzione.<br />

Nel caso <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> si possono riconoscere <strong>due</strong> principali motivazioni che lo fanno<br />

propendere per un approccio molto personale al<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> e per l’uso frequente delle<br />

manipo<strong>la</strong>zioni.<br />

La prima ragione è data dal<strong>la</strong> personalità del poeta e dal maggior interesse per le proprie<br />

composizioni rispetto alle traduzioni, viste quasi come pretesto per <strong>la</strong> creazione <strong>di</strong> un’opera<br />

personale. Questa teoria che abbiamo visto come preponderante anche negli altri casi <strong>di</strong><br />

traduzioni montaliane, lo porta a mo<strong>di</strong>ficare vigorosamente il testo <strong>di</strong> partenza in nome, nel<br />

caso delle nove<strong>la</strong>s, del<strong>la</strong> sintesi e del<strong>la</strong> comprensibilità.<br />

135


Oltre a questi <strong>due</strong> principi che abbiamo ampiamente riconosciuto in precedenza mi pare<br />

importante sottolineare un altro aspetto del<strong>la</strong> poetica del nostro autore che influenza<br />

ampliamente le sue traduzioni.<br />

Confrontando il <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> con quello degli altri autori è possibile osservare come<br />

egli, molto più spesso dei colleghi, opti per lo spostamento del soggetto del verbo nei casi in<br />

cui tale soggetto sia un elemento inanimato.<br />

Facendo uso degli esempi in<strong>di</strong>cati in precedenza, possiamo osservare come nel periodo<br />

iniziale del Casamiento il “por servirle su espada de báculo” che Bertini sdoppia in <strong>due</strong> verbi<br />

“sorreggendosi con <strong>la</strong> spada, quasi fosse il suo bastone”, in <strong>Montale</strong> viene reso solo<br />

“appoggiandosi al<strong>la</strong> spada a mo’ <strong>di</strong> bastone”. Anche l’espressione “no era el tiempo muy<br />

caluroso” <strong>di</strong>venta in Bertini “senza essere il tempo molto caldo” e nel<strong>la</strong> versione del<strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o<br />

“quantunque il tempo non fosse molto caldo”, mentre <strong>Montale</strong> preferisce l’impersonale “per<br />

quanto molto caldo non facesse”.<br />

Successivamente, <strong>la</strong> frase “cuando campean en Sevil<strong>la</strong> los molletes y mantequil<strong>la</strong>s” viene<br />

mantenuta dal<strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o “quando a Siviglia regnano i panini e i “burrini””, mentre <strong>Montale</strong><br />

preferisce renderlo “a Siviglia si vendono le pagnottelle al burro”. Nello stesso periodo anche<br />

“más de dos Antonios se empeñaron o ven<strong>di</strong>eron”, si mantiene nel<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> del<strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o<br />

“più <strong>di</strong> <strong>due</strong> grammatiche <strong>di</strong> Antonio furono impegnate o vendute”, mentre in quel<strong>la</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Montale</strong> leggiamo “<strong>due</strong> o tre studenti vendettero o impegnarono persino i testi <strong>di</strong><br />

grammatica”, con slittamento dal passivo all’attivo.<br />

Anche nel<strong>la</strong> descrizione del mattatoio si nota il movimento delle “talegas que, viniendo<br />

vacías, vuelven llenas de pedazos de carne” tradotto dal<strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o “da vuote che erano venute,<br />

ritornano a<br />

casa piene <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> carne” <strong>di</strong>ventare in <strong>Montale</strong> “arrivano con <strong>la</strong> sporta vuota e ripartono<br />

dopo aver<strong>la</strong> riempita <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> carne”.<br />

Si può osservare che questo proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> spostamento del soggetto inanimato ad uno<br />

animato o sottinteso si riscontra anche negli altri traduttori, ma in misura molto più ridotta,<br />

mentre in <strong>Montale</strong> appare come pratica costante.<br />

Ricondurrei questa poetica a un desiderio <strong>di</strong> proporre un testo più narrativo dell’originale, che<br />

al<strong>la</strong> maggiore scorrevolezza del<strong>la</strong> sintassi e all’ammodernamento dei termini accompagni una<br />

rapi<strong>di</strong>tà d’azione che pre<strong>di</strong>lige il movimento al<strong>la</strong> descrizione ed evita <strong>la</strong> moltiplicazione dei<br />

soggetti.<br />

136


Conforta questa ipotesi anche l’osservazione <strong>di</strong> alcune strutture partico<strong>la</strong>ri che <strong>Montale</strong><br />

impiega per rendere certe forme verbali, per le quali l’autore, in contrasto con <strong>la</strong> tendenza<br />

prevalente del<strong>la</strong> sintesi, amplifica <strong>la</strong> struttura del verbo.<br />

Durante l’analisi, nel paragrafo dell’episo<strong>di</strong>o del mercante in partico<strong>la</strong>re, ho osservato <strong>la</strong><br />

peculiarità <strong>di</strong> un’ espressione come “mi mettevo ad abbaiare” per tradurre il più semplice “le<br />

<strong>la</strong>draba”, o l’uso <strong>di</strong> “riesce a spiccicare” per il sintetico “hab<strong>la</strong>”, o ancora <strong>la</strong> resa “riuscirono a<br />

infiacchirmi” per il solo “me estragaron”.<br />

Confrontando queste soluzioni con le corrispettive traduzioni dei colleghi è possibile<br />

osservare come tali scelte non fossero dettate da esigenze linguistiche, ma da precise<br />

preferenze dello scrittore. Infatti, nel<strong>la</strong> versione <strong>di</strong> Bertini, Berganza racconta che “abbaiavo”,<br />

il bambino “artico<strong>la</strong>” <strong>la</strong> prima paro<strong>la</strong> e <strong>la</strong> generosità del<strong>la</strong> serva “mi comprò <strong>la</strong> coscienza”,<br />

mentre in quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o troviamo il medesimo “abbaiavo”, un successivo “pronuncia”<br />

riferito al neonato e “soffocarono in me <strong>la</strong> voce del<strong>la</strong> coscienza” per descrivere l’effetto dei<br />

doni del<strong>la</strong> donna al cane.<br />

Si può notare, in conclusione, come l’attenzione <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> si concentri sull’azione del verbo<br />

più che sulle altre parti del<strong>la</strong> frase, tanto che in tale posizione egli risulta <strong>di</strong>sposto perfino ad<br />

ampliare il dettato per dare maggior rilievo all’azione ed approfondendone l’aspetto attraverso<br />

costruzioni più complesse.<br />

Se <strong>la</strong> prima motivazione delle numerose manipo<strong>la</strong>zioni <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> riguarda il gusto personale<br />

dello scrittore, per quanto riguarda <strong>la</strong> seconda bisogna considerare nel suo complesso l’opera<br />

dei Narratori Spagnoli 94 che contiene le traduzioni delle nove<strong>la</strong>s.<br />

<strong>Osimo</strong>, nel suo Traduzione e qualità 95 , proponendo degli strumenti per giu<strong>di</strong>care una<br />

<strong>traduzione</strong>,<br />

ricorda l’importanza <strong>di</strong> considerare lo scopo del <strong>la</strong>voro per tracciare una valutazione, ma <strong>la</strong><br />

finalità nel nostro caso non è da riferire al<strong>la</strong> singo<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, ma al volume nel quale essa è<br />

contenuta.<br />

Se confrontiamo le tre opere osserviamo da una parte quelle <strong>di</strong> Bertini e del<strong>la</strong> Nor<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cate<br />

interamente al<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> da parte <strong>di</strong> un unico autore <strong>di</strong> una parte <strong>di</strong> un <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>,<br />

destinate entrambe ad un pubblico con interessi specifici per quel genere <strong>di</strong> opere o <strong>di</strong> autore<br />

e, con buona probabilità, anche fornito <strong>di</strong> una seppur basica preparazione in merito. Dall’altra<br />

troviamo il <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> inserito in un volume de<strong>di</strong>cato a tutta <strong>la</strong> narrativa spagno<strong>la</strong> dal<br />

Trecento in poi, destinato al<strong>la</strong> grande <strong>di</strong>ffusione presso un pubblico variegato e con una<br />

preparazione in generale anche molto bassa o nul<strong>la</strong> sull’argomento.<br />

94 Narratori Spagnoli, cit.<br />

95 B. OSIMO, op.cit.<br />

137


Come ho già sottolineato nel primo capitolo, tra le prerogative dell’opera <strong>di</strong> Bompiani non vi<br />

era precisamente <strong>la</strong> correttezza filologica, ma <strong>la</strong> maggiore ven<strong>di</strong>bilità possibile. In questo<br />

senso si spiega il fatto che i primi <strong>due</strong> <strong>la</strong>vori siano arricchiti <strong>di</strong> numerose note a margine <strong>di</strong><br />

carattere storico e filologico o letterario, mentre quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> ne contenga solo una.<br />

Sempre in quest’ottica è possibile comprendere lo sforzo <strong>di</strong> sintesi <strong>di</strong> <strong>Montale</strong>, dovuto<br />

probabilmente anche a ragioni strettamente e<strong>di</strong>toriali e <strong>la</strong> sua attenzione per produrre un testo<br />

imme<strong>di</strong>atamente comprensibile e riconoscibile dal pubblico.<br />

Si può infatti ritenere che se il lettore <strong>di</strong> una <strong>traduzione</strong> specifica come quel<strong>la</strong> del Bertini si<br />

aspettasse un testo curato da cui trarre un arricchimento culturale, il lettore dei Narratori<br />

Spagnoli, attratto dai nomi <strong>di</strong> traduttori noti come scrittori, ricercasse in primo luogo <strong>la</strong><br />

piacevolezza e l’intrattenimento e non un testo ostico e complesso.<br />

6.2 La rive<strong>la</strong>zione <strong>di</strong> Eusebio a Trabucco<br />

Per comprendere <strong>la</strong> poetica traduttiva <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> siamo partiti dalle sue <strong>di</strong>chiarazioni generali<br />

sul<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong>, e abbiamo osservato come i criteri enunciati si riscontrino nel <strong>la</strong>voro<br />

effettuato nelle <strong>due</strong> Novelle Esemp<strong>la</strong>ri volte all’italiano per i Narratori spagnoli 96 .<br />

Una volta analizzati i testi e confrontati con altre soluzioni, sarà bene tornare ancora una volta<br />

alle parole del poeta per sve<strong>la</strong>re un segreto, a proposito proprio <strong>di</strong> questo <strong>la</strong>voro, che <strong>Montale</strong><br />

stesso confessò in una lettera privata.<br />

Ben prima <strong>di</strong> affermarsi razionalmente come critico, Contini pubblicò una recensione delle<br />

Occasioni che piacque molto all’autore, il quale gli rispose ringraziandolo ed elogiando le sue<br />

capacità, e dando così avvio ad una lunga corrispondenza e ad un lungo rapporto <strong>di</strong> reciproca<br />

stima ed affetto. I <strong>due</strong> entrarono così in confidenza da usare nelle lettere gli pseudonimi <strong>di</strong><br />

Trabucco ed Eusebio, storpiati ironicamente nelle <strong>di</strong>verse missive.<br />

Dal<strong>la</strong> raccolta delle lettere conservatesi nacque l’opera Eusebio e Trabucco, carteggio <strong>di</strong><br />

Eugenio <strong>Montale</strong> e Gianfranco Contini, a cura <strong>di</strong> Dante Isel<strong>la</strong>. 97<br />

Nell’ottobre del 1945, dati i problemi economici <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> <strong>di</strong> cui abbiamo par<strong>la</strong>to, Contini,<br />

col<strong>la</strong>boratore del<strong>la</strong> Mondadori, propone all’amico <strong>di</strong> tradurre le opere teatrali <strong>di</strong> Shakespeare<br />

96<br />

Narratori Spagnoli, op. cit.<br />

97<br />

E. MONTALE, Eusebio e Trabucco. Carteggio <strong>di</strong> Eugenio <strong>Montale</strong> e Gianfranco Contini, a cura <strong>di</strong> Dante<br />

Isel<strong>la</strong>, Adelphi, Mi<strong>la</strong>no 1997.<br />

138


e quelle <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, ricordando che per <strong>la</strong> raccolta del Teatro spagnolo 98 egli aveva<br />

contribuito con alcuni “entremeses” del maestro spagnolo.<br />

Rispetto a Shakespeare, <strong>Montale</strong> nel<strong>la</strong> risposta pone dei dubbi sul<strong>la</strong> propria competenza<br />

filologica, oltre che sull’impossibilità <strong>di</strong> superare l’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Praz e<strong>di</strong>ta dal<strong>la</strong> Sansoni.<br />

Per quanto riguarda lo spagnolo, sarà bene riportare <strong>di</strong>rettamente uno stralcio del<strong>la</strong> missiva:<br />

“Non parliamo poi <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>: io non so una paro<strong>la</strong> <strong>di</strong> spagnolo e per quei 3 intermezzi che<br />

piacquero a Croce seguii, rammodernando, <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> del Giannini. Ma un bel gioco dura<br />

poco! Non voglio vestirmi delle penne del pavone.” 99<br />

La <strong>di</strong>chiarazione non è da prendere al<strong>la</strong> lettera, considerando il tono informale e spesso<br />

ironico del<strong>la</strong> corrispondenza, ma <strong>Montale</strong> ripete <strong>la</strong> stessa argomentazione in una missiva<br />

successiva rispondendo alle reiterate proposte del corrispondente. Infatti, Contini prova a<br />

convincerlo a impegnarsi nell’opera.<br />

“ Dimmi seriamente se economicamente ti interesserebbe tradurre TUTTO il teatro <strong>di</strong><br />

<strong>Cervantes</strong>, eventualmente qualcosa anche delle altre opere in verso o il Persiles. La mia<br />

utilità, considera<strong>la</strong> secondaria. Naturalmente chiederei a Mondadori con<strong>di</strong>zioni specialissime.<br />

Non ho ancora vero contratto ecc., ma figuri già nel piano provvisorio come traduttore <strong>di</strong><br />

<strong>Cervantes</strong> accanto a Carlesi (Quijote) e al curatore Dalini (Ejemp<strong>la</strong>res). Puoi servirti <strong>di</strong> tutti i<br />

sussi<strong>di</strong> che cre<strong>di</strong>. Al<strong>la</strong> Nazionale ci sono tutti i vocabo<strong>la</strong>ri possibili. E nei limiti delle mie<br />

scarse possibilità, sono a <strong>di</strong>sposizione per ogni consulenza.” 100<br />

Il poeta però, rifiuta nuovamente <strong>la</strong> proposta, ribadendo <strong>la</strong> propria inadeguatezza.<br />

“…<strong>Cervantes</strong> temo proprio non potrò farlo – dato il mio sfacelo mentale. Faccio una vita<br />

pietosa e sicuro che al<strong>la</strong> Nazionale non ci potrei mai metter piede. I 3 intermezzi che avevo<br />

tradotto erano i migliori,e ora come farei a rifarli <strong>di</strong>versi? Non parliamo poi <strong>di</strong> <strong>la</strong>vori non<br />

tradotti da altri; non so un rigo <strong>di</strong> spagnolo; ne so quasi meno <strong>di</strong> Carlo Bo” 101<br />

E’ necessario a questo punto ricordare che proprio Bo era il curatore del<strong>la</strong> famosa raccolta dei<br />

Narratori spagnoli <strong>di</strong> cui ci siamo occupati nel primo capitolo e che conteneva appunto le<br />

traduzioni delle <strong>novelle</strong>?<br />

98 Teatro spagnolo : raccolta <strong>di</strong> drammi e comme<strong>di</strong>e dalle origini ai nostri giorni, a cura <strong>di</strong> E. VITTORINI,<br />

Bompiani, Mi<strong>la</strong>no 1941<br />

99 Lettera <strong>di</strong> Eugenio <strong>Montale</strong> a Gianfranco Contini, Firenze 8 settembre (ma ottobre) 1945, in E. MONTALE,<br />

Eusebio e Trabucco, cit, pag. 110<br />

100 Lettera <strong>di</strong> Gianfranco Contini a Eugenio <strong>Montale</strong>, Domo 16 (ottobre 1945), in E. MONTALE, Eusebio e<br />

Trabucco, cit., pag. 122<br />

101 Lettera <strong>di</strong> Eugenio <strong>Montale</strong> a Gianfranco Contini, Firenze 1 novembre (ma <strong>di</strong>cembre) 1945, ivi, pag. 127<br />

139


Il panorama che ne risulta conferma ancora una volta <strong>la</strong> politica <strong>di</strong> Bompiani volta a proporre<br />

nomi noti e scrittori consolidati per interessare il grande pubblico piuttosto che specialisti<br />

del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> o filologi.<br />

Di fronte a queste inequivocabili <strong>di</strong>chiarazioni, per quanto volutamente esagerate dallo<br />

scrittore, non può rimanere più alcun dubbio sul fatto che ben più del travaso in un'altra lingua<br />

a <strong>Montale</strong> interessasse <strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> come esercizio <strong>di</strong> stile.<br />

Resta ancora da capire se anche per le <strong>novelle</strong>, il nostro si sia rifatto al<strong>la</strong> versione <strong>di</strong> Giannini,<br />

pubblicata nel 1912 102<br />

Per prima cosa bisogna osservare che l’opera del Giannini contiene sì il Colloquio dei cani<br />

ma fin dal titolo esso si <strong>di</strong>scosta dal<strong>la</strong> versione montaliana perché viene intito<strong>la</strong>to “Dialogo<br />

che avvenne tra Scipione e Berganza, cani dell’ Ospedale del<strong>la</strong> resurrezione”, mentre il<br />

Casamiento engañoso non è nemmeno presente. Anche dal punto <strong>di</strong> vista stilistico le <strong>di</strong>stanze<br />

sono numerose in quanto non si trova in questa <strong>traduzione</strong> né l’ossessione per le ripetizioni <strong>di</strong><br />

<strong>Montale</strong>, né soluzioni sintattiche corrispondenti.<br />

Bastino a scopo <strong>di</strong> esempio solo un paio <strong>di</strong> stralci che abbiamo in<strong>di</strong>viduato come<br />

partico<strong>la</strong>rmente significativi nei capitoli precedenti.<br />

“ Fratello Scipione, io sento che tu mi parli e so che io parlo a te, né posso persuadermene,<br />

perché mi sembra che il par<strong>la</strong>re noi passi i limiti del naturale” (pag. 253)<br />

“Lupi non ce n’era e il branco scemava! Avrei ben voluto sve<strong>la</strong>re <strong>la</strong> cosa, ma non avevo <strong>la</strong><br />

favel<strong>la</strong>; e tutto questo mi riempiva <strong>di</strong> meraviglia e <strong>di</strong> amarezza (pag. 264)<br />

“D’inverno quando in Siviglia costumano panini <strong>di</strong> fiore e schiacciatine col burro, me ne<br />

rega<strong>la</strong>vano tanti che si impegnarono e vendettero ben più <strong>di</strong> <strong>due</strong> calepini (nota: il testo ha<br />

“<strong>due</strong> Antoni”ecc.) per farmi far co<strong>la</strong>zione.” (pagg. 270/271)<br />

“sebbene il proverbio <strong>di</strong>ce che col mutar paese non si muta cervello ( nota: è registrato dal<br />

Giusti e corrisponde a quello del testo ecc.) (pag. 287)<br />

“Perciò ci sono in Spagna tanti burattinai, tanti che vanno mostrando gran<strong>di</strong> storie figurate,<br />

tanti ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> spallette e canzonette”(pag. 289)<br />

102 M. DE CERVANTES, Novelle, <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> A. GIANNINI, Laterza, Bari 1912<br />

140


“mi ritrovai nell’orto <strong>di</strong> un convertito novello” (pag. 307)<br />

La versione <strong>di</strong> <strong>Montale</strong>, come si nota, si <strong>di</strong>fferenzia in molte parti da quel<strong>la</strong> del ’12, anche in<br />

alcune soluzioni come il soprannome del primo padrone che nel Giannini era “Naso <strong>di</strong> cane”<br />

o l’azzardata proposta, giustificata in nota, <strong>di</strong> titoli <strong>di</strong> canzoni popo<strong>la</strong>ri italiane nel repertorio<br />

dei pastori, quali “La bel<strong>la</strong> gigugin” o “La Marianna <strong>la</strong> va in campagna”.<br />

Anche le più notevoli sviste del<strong>la</strong> versione <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> sembrano testimoniare il fatto che egli<br />

non si fosse basato sul <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> Giannini, in quanto ad esempio il filologo non solo non<br />

inseriva strane sirene tra le scene dei pastori, ma citando gli “svenimenti <strong>di</strong> Sereno” chiariva<br />

in una nota come l’autore spagnolo alludesse satiricamente al protagonista del<strong>la</strong> Diana <strong>di</strong><br />

Montemayor.<br />

In conclusione, il poeta, per <strong>la</strong> sua versione, data <strong>la</strong> sua poca conoscenza del<strong>la</strong> lingua<br />

dell’originale, deve aver consultato sia il <strong>la</strong>voro del Giannini che <strong>la</strong> versione del Bertini, per<br />

poi rammodernale e trasformarle secondo <strong>la</strong> sua poetica personale <strong>di</strong> scrittore.<br />

141


CONCLUSIONE: INTERTESTUALITÀ<br />

Lo stu<strong>di</strong>o del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> interlinguistica inserisce l’analisi del testo nell’ambito del<strong>la</strong> grande<br />

problematica sul<strong>la</strong> traducibilità <strong>di</strong> un messaggio da una lingua ad un’altra, questione che<br />

occupa notevole spazio nel<strong>la</strong> riflessione sul mondo contemporaneo. Infatti, nonostante le<br />

<strong>di</strong>stanze fisiche sembrano continuamente comprimersi, <strong>la</strong> questione del <strong>di</strong>alogo tra popoli è<br />

tuttaltro che risolta, determinando così un sistema globale in cui pare che uno sviluppo<br />

sostenibile <strong>di</strong>penda in gran parte dal<strong>la</strong> capacità degli esseri umani <strong>di</strong> comunicare e <strong>di</strong><br />

comprendersi.<br />

Nel mio <strong>la</strong>voro ho affrontato il tema del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> letteraria confrontando prototesto e<br />

metatesto, dopo averli inseriti nel rispettivo ambito culturale ed avere descritto le peculiarità<br />

delle opere che li contengono.<br />

Grazie all’analisi <strong>di</strong>retta del testo è stato possibile osservare quali siano i problemi che un<br />

traduttore deve affrontare durante il suo <strong>la</strong>voro e quali siano le possibili soluzioni.<br />

L’analisi è stata partico<strong>la</strong>rmente interessante poiché il traduttore in questione, <strong>Montale</strong>, è un<br />

affermato scrittore con una precisa poetica personale che si trova a dover riportare in italiano<br />

le <strong>novelle</strong> <strong>di</strong> un maestro del<strong>la</strong> letteratura spagno<strong>la</strong>. La <strong>traduzione</strong> in questo caso non è solo<br />

attenta resa dell’originale, ma si trasforma nel<strong>la</strong> ricerca <strong>di</strong> un equilibrio tra il rispetto<br />

dell’originale e le manipo<strong>la</strong>zioni del traduttore, <strong>di</strong>venta una sfida in cui prevale il desiderio <strong>di</strong><br />

<strong>Montale</strong> <strong>di</strong> leggere e interpretare <strong>Cervantes</strong>, <strong>di</strong> acquisire una funzione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore tra il testo<br />

<strong>di</strong> partenza e il pubblico italiano del ventesimo secolo.<br />

Attraverso il confronto tra le <strong>due</strong> opere ho cercato <strong>di</strong> ripercorrere le riflessioni <strong>di</strong> <strong>Montale</strong><br />

impegnato nel tradurre da una lingua a lui poco nota, ovvero, con espressione <strong>di</strong> Torop, <strong>di</strong><br />

ricostruire <strong>la</strong> dominante che soggiace a tale operazione e alle scelte conseguenti.<br />

Una volta tracciata tale <strong>di</strong>rettiva e ricondotte a linee generali le manipo<strong>la</strong>zioni <strong>di</strong> <strong>Montale</strong>, è<br />

possibile porsi <strong>la</strong> domanda cruciale sul<strong>la</strong> legittimità <strong>di</strong> tale pratica.<br />

La maggior parte delle scuole <strong>di</strong> critica del<strong>la</strong> <strong>traduzione</strong> limitano il proprio ambito <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

al<strong>la</strong> descrizione senza proporre metri <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio dei <strong>la</strong>vori, mentre <strong>Osimo</strong> punta proprio<br />

sull’e<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> un metodo <strong>di</strong> valutazione univoco che renda più trasparenti gli obiettivi<br />

del <strong>la</strong>voro sia per chi realizza traduzioni che per chi le deve pubblicare.<br />

Lascio questo punto aperto agli sviluppi delle teorie per tornare al mio <strong>la</strong>voro.<br />

Svolgere l’analisi <strong>di</strong> una <strong>traduzione</strong> si è rive<strong>la</strong>to un impegno assai stimo<strong>la</strong>nte poiché <strong>la</strong> ricerca<br />

si addensa <strong>di</strong> livelli e variabili, poiché non solo bisogna tentare <strong>di</strong> penetrare <strong>la</strong> mente <strong>di</strong> un<br />

142


autore, ma è necessario tentare <strong>di</strong> determinare in che modo il traduttore abbia letto e<br />

interpretato l’originale, sforzandosi a sua volta <strong>di</strong> comprendere il messaggio che un altro<br />

scrittore aveva desiderato comunicare ai suoi lettori.<br />

Si aggiunga a questa stratificazione <strong>di</strong> letture e scritture l’elemento cronologico, il tentativo<br />

del traduttore <strong>di</strong> creare un ponte tra epoche <strong>di</strong>verse o <strong>di</strong> evidenziarne invece il <strong>di</strong>vario.<br />

Si sommi a questa complessità <strong>di</strong> parole scritte tutta una miriade <strong>di</strong> frasi <strong>la</strong>sciate sottintese o<br />

ambigue, aperte all’interpretazione del lettore, tutto un mondo <strong>di</strong> riferimenti culturali e<br />

temporali da scoprire, riprendere, oppure omettere, vengano essi riconosciuti o meno.<br />

Ad imbrogliare ancora <strong>di</strong> più <strong>la</strong> situazione si aggiunga un velo opaco dettato dal<strong>la</strong> censura,<br />

poiché entrambi gli scrittori compongono le loro opere consapevoli che dovranno essere<br />

vagliate da un tribunale prima <strong>di</strong> essere pubblicate. Si tratta, per <strong>Cervantes</strong>, del filtro<br />

dell’Inquisizione, per cui tanti dubbi si possono formu<strong>la</strong>re sui reali significati <strong>di</strong> certe parole e<br />

<strong>di</strong> alcune affermazioni, e per <strong>Montale</strong> del controllo del regime fascista.<br />

Il risultato sarà un quadro complesso, <strong>di</strong> cui ho dato con il mio <strong>la</strong>voro un piccolo esempio.<br />

Vorrei concludere queste pagine con un’immagine rappresentativa <strong>di</strong> tale stimo<strong>la</strong>nte<br />

complessità e sovrapposizione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi, ricordando il passo che per molti è il più<br />

significativa del Coloquio de los perros, cioè il momento in cui <strong>la</strong> strega Cañizares recita a<br />

Berganza <strong>la</strong> misteriosa profezia del<strong>la</strong> Camacha. Si tratta <strong>di</strong> un brano cruciale per <strong>la</strong> centralità<br />

strutturale, per il mistico contesto del <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> strega, per i riman<strong>di</strong> al prologo dell’intera<br />

raccolta, e perché sancirebbe <strong>la</strong> possibilità dei <strong>due</strong> cani <strong>di</strong> tornare ad essere uomini definendo<br />

quin<strong>di</strong> <strong>la</strong> loro identità umana.<br />

Ripercorrendo i vari livelli del <strong>di</strong>scorso, <strong>la</strong> profezia passa dalle parole del<strong>la</strong> Camacha alle<br />

orecchie <strong>di</strong> Berganza che <strong>la</strong> riporta a Scipione e <strong>di</strong> conseguenza all’alfiere. Passando<br />

attraverso <strong>la</strong> lettura <strong>di</strong> Peralta essa giunge al<strong>la</strong> penna <strong>di</strong> <strong>Cervantes</strong>, e, aggiungerei, al<strong>la</strong><br />

macchina da scrivere <strong>di</strong> <strong>Montale</strong> ed infine, si licet, al<strong>la</strong> mia tastiera, per terminare allo<br />

sguardo e al<strong>la</strong> mente <strong>di</strong> coloro che, con pazienza, hanno letto questo e<strong>la</strong>borato.<br />

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