Il pensiero di Adriano Tilgher - Giodi.it

concezione morale che non si chiude in nessuna definizione
prestabilita, ma cerca di accogliere le infinite possibilità di vita morale,
tutte giustificabili.
Accanto all’interesse etico, nel complesso del suo pensiero un
posto preminente continuò ad avere nell’ultimo decennio l’interesse
estetico che peraltro avvertì sempre fortemente. Nella “Estetica” del
1931 e negli “Studi di poetica” del 1934 la sua concezione dell’arte si
adegua sempre di più alla visione complessiva della vita come slancio
variamente e imprevedibilmente determinantesi.
Nell’ultima opera che è del 1941, l’anno stesso della morte, si
cerca di giustificare da un punto di vista metafisico la complessa
concezione morale, estetica e storica. Il “Casualismo critico” è il
suggello di un pensiero che, sia pure sotto l’influsso di varie e diverse
esperienze e attraverso fasi diverse di sviluppo, conserva nel
complesso una sua fondamentale unità: dal primitivo relativismo alle
ultime più mature riflessioni sulla morale e sull’arte esso rivela l’esigenza
profonda di uno spirito irrequieto di trovare, faticosamente e non
sempre felicemente, una propria strada.
Le parentele di Tilgher con gli spiriti più tormentati del primo
cinquantennio del Novecento, Borghese, Renzi, Buonaiuti, sono spesso
strettissime. Ma fra gli uomini della sua generazione Tilgher filosofo e
giornalista, critico drammatico e studioso di misteriosofia, pota una
nota personalissima di indipendenza spirituale e mentale, cosicchè è
difficile incasellarlo semplicisticamente nel quadro tumultuoso di quel
cinquantennio che vide fatti imprevedibili e drammatici tali da
giustificare quasi la tilgheriana aspettativa di una prossima palingenesi.
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