Dispense Patrologia 1 e 2 - Istituto Teologico Marchigiano
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<strong>Istituto</strong> Superiore <strong>Marchigiano</strong> di Scienze Religiose<br />
A.A. 2010-2011<br />
Corso di <strong>Patrologia</strong><br />
<strong>Dispense</strong> ad esclusivo uso degli studenti<br />
Prof. M. Benedetta Zorzi, OSB
Introduzione<br />
1.“PADRI DELLA CHIESA”:<br />
a. Storia di un termine<br />
cfr. Dizionario patristico e di antichità cristiana, voce:“padri”<br />
Chi sono i “Padri della Chiesa”? Cosa è un “Padre”? Perché li chiamiamo padri?<br />
- Il padre è colui che comunica, dà la vita. Nessuno di noi è senza padre e madre<br />
anche se non li conosce. Si parla di padre, che genera i figli nella vita, anche<br />
quando parliamo della vita della fede: si genera nella vita spirituale, nella culla<br />
della tradizione in cui ciascuno si trova. In quanto genitore spirituale, dunque<br />
dovremmo parlare anche di madri<br />
(ma le donne in antichità hanno una triplice<br />
silenziatura: 1.c’erano; ma non hanno quasi mai voce propria; 2. se parlano,<br />
parlano tramite altri, che spesso scrivono o interpretano a modo loro; 3.sono<br />
idealizzate da chi parla (naturalizzazione, tipicizzazione e stereotipizzazione del<br />
femminile da parte degli uomini…)<br />
Un po’ di storia:<br />
In tutte le religioni i padri sono principio di tradizione. Anche negli studi comparati<br />
vediamo la figura del saggio, dell’anziano. Sacerdote. Autorità. Maestro.<br />
Capostipite. E’ un personaggio più grande, garante della continuità, un<br />
personaggio importante, origine e garante della tradizione della fede, per cui si ha<br />
stima. Oggi che la nostra cultura ha messo in crisi la figura paterna e il concetto di<br />
autorità, tuttavia sentiamo importante nella nostra vita la figura di qualcuna<br />
autorevole, anche se non è una autorità. Auctor è colui che fa nascere, che fa<br />
uscire fuori… la nostra vera identità.<br />
Antichità romana: nella storia di Roma c’è bisogno di una autorità sia nel diritto, si<br />
insisteva sul mos maiorum, sia nella filosofia.<br />
Nell’Antico Testamento vengono chiamati “padri” erano gli antenati, p.es. i<br />
“padri” che in un tempo fuggirono dall’Egitto (Dt 26, uno dei testi più antichi della<br />
Bibbia). Nei libri sapienziali il “padre” è colui che insegna il “figlio”.<br />
Nel giudaismo sono detti “padri” gli antenati, depositari delle promesse divine; ma<br />
è tale anche il rabbi, un'autorità legata all’insegnamento, un genitore spirituale del<br />
discepolo.<br />
Questo modello parentale valeva anche presso i pitagorici e i cinici. In senso<br />
generico è il maestro: può essere il Rabbi nel giudaismo, o anche il capo di una<br />
scuola filosofica pagana.<br />
Cristianesimo<br />
In un senso simile lo incontriamo anche in san Paolo, nel passo 1Cor 4,14-15.<br />
Paolo utilizza l’analogia padre-figlio nei confronti dei cristiani da lui generati nella<br />
fede, al vangelo (1Cor 4,14-151 ; Gal 4,19, Fm 102 ). Paolo si riferisce ad un suo<br />
1 1Corinzi 4:14-15 Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei<br />
carissimi. Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono<br />
io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo.<br />
2 Questo mio figlio che ho generato in catene<br />
2
uolo di paternità nei cfr. dei primi cristiani. Ma utilizza per sé anche la metafora<br />
della madre (!): 1Cor 3,1-3 3 ; 1Ts 2,7-8 4 ; c’è molto pathos, affetto.<br />
Il fatto che si usi una metafora femminile dovrebbe facci riflettere sul fatto che noi facciamo esperienza<br />
dell’amore in queste due modalità: al maschile o al femminile. Se un albero dovesse parlare di Dio direbbe<br />
che è verde perché il verdo è il meglio di sè (Molari). Così noi per dire Dio diciamo che Dio è amore e<br />
diciamo anche che Dio è Padre e Madre (Papa Luciani) perché facciamo esperienza di questo amore come<br />
materno o paterno che sono le più radicali esperienze per un essere umano (sposo, amico...). Il linguaggio è<br />
una funzione dell’esperienza umana. Quando uso un linguaggio esprimo categorie umane con cui e fuori<br />
dalle quali non posso esprimermi. Sono categorie limitate. L’esperienza dell’uomo è limitata. Così quando<br />
parla di Dio, l’essere umano necessariamente deve usare e applicare le sue categorie; ma non dobbiamo fare<br />
l’errrore di pensare che Dio sia le nostre categorie perchè Dio è tutt’altro, è mistero, assoluto. Dio è entrato<br />
nella nostra esperienza umana, quindi noi possiamo parlare di Dio a partire dalla nostra esperienza umana,<br />
ma la nostra esprienza è sempre più limitata rispetto a ciò che Dio è... (madre... padre).<br />
Ancora Gal 4:19 5 , dove la vita di fede concepita come un parto, una continua<br />
formazione alla vita vera che è quella in Cristo, la vita spirituale, quella della<br />
risurrezione; si veda anche Ebr 5,12-13 6 e 1 Pt 2,2-3 7 e tutto Rm 8 in cui le<br />
doglie del parto sono quelle dello Spirito Santo, dell’essere umano e della<br />
creazione tutta! (Metafore della vita di fede che riguarda ogni credente); cfr.<br />
Ignazio, Rom. VI,1: il mio parto è imminente.<br />
Ma qui abbiamo già un problema. Nel vangelo Gesù dice ai discepoli: “Non chiamate<br />
‘padre’ nessuno di voi sulla terra, perchè uno solo è il Padre vostro, quello che è in<br />
cielo” (Mt 23,9). Allora come possiamo fare addirittura una patrologia? Perché in<br />
qualsiasi esperienza umana di crescita, e l’esperienza umna è segnata invincibilmente<br />
dalla storia, dal fatto di essere in divenire, noi sentiamo così forte la necessità di<br />
qualcuno che intuisca e faccia emergere ne nostre potenzialità da non poter fare a<br />
meno di chiamare qualcuno padre nella nostra vita. Dall’altra parte, quest’immagine<br />
del “padre” è stata così forte che, nonostante le parole di Gesù, il concetto è entrato<br />
nella tradizione cristiana con un’ampia utilizzazione. Fino ad oggi in molte lingue si usa<br />
l’appellativo “Padre” in riferimento ai sacerdoti. Anche il titolo “abate” significa “Padre”.<br />
Deriva indirettamente dall’aramaico “abba”, cioè la parola originalmente usata da Gesù<br />
invocando il Padre celeste (Mc 14,36; Rom 8,15; Gal 4,6); fu poi adoperata presso i<br />
monaci d’Egitto con riferimento ad ogni anziano che godeva una certa autorità<br />
spirituale, e finalmente è diventata il titolo usuale per il superiore di un monastero.<br />
Non possiamo soffermarci qui all’apparente contraddizione tra quello che dice Gesù e<br />
l’uso del concetto di “Padre” in tutta la tradizione cristiana lungo il corso dei secoli. Il<br />
testo di Gesù deve lasciarci critici nei confronti di questa nosta operazione e di questo<br />
nostro bisogno. Siccome nessuno può essere Padre come lo è Dio, allora ogni tipo di<br />
paternità che sperimentiamo deve essere trasparente a quest’altra paternità. Una<br />
partenità che passa tramite noi ma che non ha come punto di riferimento utlimo noi<br />
stessi. Potremmo forse riconciliare l’opposizione se partiamo dall’idea fondamentale<br />
che la paternità spirituale dovrebbe sempre essere una qualità trasparente. Cioè il<br />
“padre” è il genitore spirituale che ci rimanda alla realtà del Padre celeste e che ci<br />
rende sensibile per questa realtà. “Padre” non può mai essere uno che rivendica tale<br />
3 1Corinzi 3:1-3 Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come ad esseri<br />
carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate<br />
capaci.<br />
4 1Tessalonicesi 2:7-8 …siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie<br />
creature. Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa<br />
vita, perché ci siete diventati cari.<br />
5 “figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi!”.<br />
6 12Infatti, voi che dovreste essere ormai maestri per ragioni di tempo, avete di nuovo bisogno che qualcuno<br />
v'insegni i primi elementi degli oracoli di Dio e siete diventati bisognosi di latte e non di cibo solido. 13Ora,<br />
chi si nutre ancora di latte è ignaro della dottrina della giustizia, perché è ancora un bambino. 14Il<br />
nutrimento solido invece è per gli uomini fatti, quelli che hanno le facoltà esercitate a distinguere il buono<br />
dal cattivo.<br />
7 2come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: 3se<br />
davvero avete già gustato come è buono il Signore.<br />
3
titolo in qualsiasi modo come allargamento della propria identità. Padre è anche uno<br />
che viene riconosciuto come tale. Dato questo, potremmo – diremo – accettare<br />
armoniosamente con le parole di Gesù l’uso ampio del concetto di “Padre” nella<br />
tradizione cristiana.<br />
Nell’età apostolica con «padri» si intendono non solo i grandi personaggi biblici,<br />
modelli della fede per i cristiani, ma si incomincia a intendere il vescovo, come<br />
capo della comunità: la prima testimonianza di questa attribuzione del titolo è nel<br />
Martyrium Polycarpi (del 156). Policarpo viene detto padre della fede, pastore.<br />
Il bisogno di tale garante diventa più forte aumentò a causa della crescente confusione<br />
che lungo il secolo II fu causata dalla nascita di una grande varietà di correnti eretiche,<br />
che tendevano a mescolare certi elementi della fede cristiana con delle speculazioni<br />
esoteriche difficili da armonizzare con la stessa fede. Così si ha bisogno dif are<br />
chiarezza e discernere il vero spirito dell’ortodossia e quale lo spirito dell’”eresia”…<br />
non che prima ci sia ortodossia e poi l’eresia…anzi il contrario.<br />
Dalla metà del IV sec. con «padri» si designano le grandi personalità del passato,<br />
soprattutto vescovi, difensori dell’ortodossia e quindi autorevoli e probanti; i padri<br />
che hanno fatto i concilii; questa designazione valse in modo particolare per i 318<br />
vescovi riuniti a Nicea nel 325.<br />
In questo contesto il concetto di “Padre” veniva riferito non soltanto ai partecipanti dei<br />
concili (p.es. i famosi 318 “Padri” di Nicea=simbolo biblico, dei “servi di Abramo”), ma<br />
anche, in modo più generale, a tutti gli scrittori che rappresentarono la vera tradizione<br />
ecclesiastica. Sono vescovi per la stragrande maggioranza, che nel loro consenso fra<br />
di loro costituiscono il punto di riferimento dell’ortodossia. Così venivano citati<br />
frequentemente i “Padri della Chiesa” nei trattati di argomentazione teologica<br />
successivi. La conformità di una dottrina all’insegnamento dei “Padri” diventava prova<br />
di ortodossia…. ?<br />
Vincenzo di Lérins nel 434 precisò definitivamente il concetto: sono “padri” «coloro<br />
che vissero, insegnarono e rimasero nella fede e nella comunione cattolica<br />
santamente, saggiamente e costantemente, e meritarono di morire fedeli a Cristo e di<br />
dare la vita per Lui» 8 …e ha precisato che i Padri, a cui bisogna sempre ricorrere, sono<br />
quelli “che, ai loro tempi e luoghi, rimasero nell’unità della comunione e della fede, e<br />
furono considerati maestri approvati” (Commonitorium 29,1).<br />
Agostino, nel corso delle polemiche donatista e pelagiana, precisò alcune idee<br />
che dovevano segnare il resto della storia. Per esempio “padre” è Cipriano per i<br />
suoi comportamenti approvati in seguito dalla Chiesa; ma nel Contra Julianum<br />
(1.7.34) riporta, come fossero di un padre, anche testi di Girolamo, il quale non era<br />
vescovo: questo perché le testimonianze dei singoli hanno valore in quanto<br />
concordano con quelle degli altri, sì da formare insieme la voce della Chiesa.<br />
Infine nel sec. VI il decreto De libris recipiendis et non recipiendis, attribuito a papa<br />
Gelasio ( 496), stabilì un elenco di scrittori accettati o rifiutati dalla Chiesa.<br />
b. Le note tradizionali<br />
Tradizionalmente (anche oggi) sono state stabilite 4 note caratteristiche o criteri per<br />
considerare uno scrittore ecclesiastico come “Padre della Chiesa” 9 .<br />
Ortodossia (Doctrina orthodoxa): 1. Lo scrittore deve essere in comunione<br />
dottrinale con la Chiesa, almeno globalmente (non significa necessariamente che<br />
tutto ciò che ha scritto sarebbe infallibile).<br />
Santità di vita (Sanctitas vitae): vita conforme al vangelo e testimonianza<br />
coerente con l’insegnamento. Perché è importante questo? Perché il messaggio<br />
evangelico non è mai solo dottrina. Si tratta di un messaggio che è anche vita (ma<br />
8 Commonitorium 28,6.<br />
9 Cfr BOSIO - DAL COVOLO - MARITANO, Introduzione ai Padri della Chiesa. I. Secoli I-II, SEI, Torino<br />
1991, p. 3.<br />
4
non anzitutto una morale!): fare la verità nell’amore. Verità e amore, testimonianza.<br />
Ciò che insegnano devono averlo vissuto.<br />
Non è necessaria una canonizzazione esplicita, ma ci vuole almeno un<br />
riconoscimento generale che lo scrittore ha vissuto conformemente al vangelo in<br />
modo esemplare.<br />
Approvazione della Chiesa (Approbatio ecclesiae): non si richiede<br />
un’approvazione formale; si manifesta nelle citazioni (Wirkungeschichte), anche<br />
indirette, e nelle allusioni al pensiero di un autore o quando si rimandi alle opere<br />
dell’autore. Ciò che ha detto è passato.<br />
NB: Gli scrittori antichi, che mancano di una delle prime tre note, vengono<br />
tradizionalmente detti ecclesiastici scriptores10 . Sono autori cristiani appartenenti<br />
al periodo dell’antichità, se però appartengono alla Chiesa Cattolica, cioè<br />
“Universale”. I scrittori non-ecclesiastici<br />
(soprattutto gli eretici) costituiscono,<br />
insieme con quelli ecclesiastici, il più ampio cerchio che copre la letteratura<br />
cristiana antica.<br />
Alcuni padri sono onorati col titolo di dottori della Chiesa per espressa<br />
dichiarazione ecclesiastica:<br />
nel 1298 Bonifacio VIII dichiarò egregii doctores ecclesiae Ambrogio, Agostino,<br />
Girolamo e Gregorio Magno per l’Occidente. Le chiese orientali venerano tre<br />
«grandi maestri ecumenici»: Basilio, Gregorio Nazianzeno, Giovanni<br />
Crisostomo (gli occidentali aggiunsero a questi Atanasio per creare simmetria).<br />
Così appaiono questi padri anche nell’arte cristiana.<br />
Il concetto di “Dottore della Chiesa” però è anche più esteso. Come abbiamo visto<br />
gli scrittori cristiani che non rispondono al criterio dell’Antichità, ma che hanno dato<br />
un eminente contributo allo sviluppo dottrinale della Chiesa, hanno ricevuto questo<br />
titolo, p. es. Tomasso d’Aquino, Giovanni della Croce, S. Caterina da Siena, Teresa<br />
d’Avila e Teresa di Liesieux.<br />
Antichità (Antiquitas): lo scrittore deve appartenere all’Antichità, cioè il periodo<br />
della Chiesa primitiva. Non c’è perfetta concordanza tra gli studiosi:<br />
tradizionalmente si fa terminare questo periodo per l’Occidente con Isidoro di<br />
Siviglia (+ 636) e per l’Oriente con Giovanni Damasceno (+ 749); altri si spingono<br />
fino allo scisma del 1054 o fino a San Bernardo ( 1133). Comunque sia, dopo l’età<br />
patristica si parla di “dottori della Chiesa” e non più di “padri”. (Teresina, Caterina<br />
da Siena…)<br />
Una precisazione: un padre è testimone della tradizione cristiana; non contano<br />
tanto le opinioni, quanto la testimonianza sulla fede della Chiesa. J.H. Newmann<br />
diceva di seguire i Padri per il consensus che testimoniano, non tanto per la loro<br />
opinione personale 11 .<br />
Qualche esempio: AGOSTINO è senza dubbio un autore che risponde ai requisiti di cui<br />
sopra, però alcuni punti della sua dottrina sono soggetti a qualche riserva: eppure è<br />
testimone di quello che allora la Chiesa credeva.<br />
ORIGENE dà adito a molte riserve, eppure è tra i più grandi testimoni della fede<br />
ecclesiale.<br />
TERTULLIANO finì i suoi giorni tra i montanisti, eppure viene studiato tra i Padri: non è<br />
stato canonizzato dalla Chiesa, ma - come Origene - ha testimoniato la fede della<br />
Chiesa.<br />
Qui dobbiamo ancora fare due osservazioni.<br />
1) la terminologia qui presentata di solito non è utilizzata in modo assoluto. Per<br />
esempio, Origene, che dopo la sua morte (nel 254) è stato condannato due volte<br />
(nel 400 e nel 553), e che non è mai stato riabilitato ufficialmente, viene nondimeno<br />
10 Termine forgiato da GIROLAMO, Vir. illus., Prol.; Epist. 112,3.<br />
11 NEWMAN J.H., Discussions ad Arguments 11,1, cit. in QUASTEN I, p. 13.<br />
5
considerato generalmente come uno dei più grandi Padri della Chiesa greca. Il suo<br />
nome figura anche tra i Padri nell’indice del Catechismo della Chiesa Cattolica e<br />
viene letto nella liturgia.<br />
2) Le note, cioè i criteri di ortodossia, santità e approvazione, insieme con il<br />
concetto del consensus patrum, sono delle creazioni posteriori alle vite dei Padri,<br />
che potrebbero facilmente condurre ad una rappresentazione troppo idealizzata<br />
oppure ad un’immaginazione assai romantica dei primi secoli della Chiesa. Così i<br />
Padri appaiono come un gruppo omogeneo di uomini santi, tutti con aureole, che in<br />
assoluta concordanza hanno insieme formato la Chiesa con le sue dottrine,<br />
l’organizzazione, la liturgia e la pratica della preghiera. In realtà anche i Padri,<br />
nonostante la loro santità di vita, sono stati esseri umani con i loro difetti. Molti<br />
aspetti della Chiesa odierna risultano da delle controversie che non raramente<br />
furono veementi, anzi, poco edificanti. Possiamo fare qui il paragone con la vita di<br />
una qualsiasi comunità religiosa, con tutte le tensioni umane che sono reali. Senza<br />
idealizzare troppo l’età d’oro degli inizi della Chiesa, possiamo almeno riconoscere<br />
che i Padri hanno sinceramente cercato di realizzare il più alto ideale di santità,<br />
bensì in modo umano.<br />
Possiamo quindi dire che sono “padri” in senso largo tutti gli autori vissuti nell’ambito<br />
della chiesa che hanno riflettuto sulla fede.<br />
2. PERCHÉ STUDIARE I PADRI?<br />
a. Situazione attuale<br />
Oggi è molto chiara l’importanza di questo studio dei primi secoli. Una certa critica<br />
alla chiesa è diventata globale, generalizzata. Siccome si mette in dubbio il<br />
cristianesimo e la Chiesa, si cerca di capire come si è formata. Così molti oggi<br />
vogliono studiare le fonti e capire meglio cosa sia successo alle origini insomma<br />
chi ha “inventato” la Bibbia, il canone, la divinità di Gesù e il culto cristiano.<br />
Abbiamo bisogno di saper fare chiarezza su questi primi secoli, anche perchè ci<br />
troviamo di fronte gente molto più attrezzata a livello di conoscenze.<br />
“Nel mondo occidentale secolarizzato, dove le Chiese vedono ridurre la loro capacità di effettiva<br />
influenza sugli individui, l'interesse per Gesù non è affatto scemato, anzi si è intensificato.<br />
Restringendo lo sguardo all'Italia, si debbono segnalare, fra le cause che alla lontana hanno prodotto<br />
tale interesse, da un lato l'ormai quasi totale alfabetizzazione, che ha messo i singoli in condizione di<br />
accedere da soli a testi che parlino di Gesù -- siano essi i vangeli, o la pubblicistica di carattere<br />
religioso, oppure quella di vario genere, compresa la narrativa, non di rado furbescamente<br />
scandalistica -- sia l'azione della Chiesa cattolica, che ha incoraggiato, a seguito del rinnovamento<br />
promosso dal Concilio Vaticano II, la lettura diretta delle fonti evangeliche. A ciò si unisca, nel<br />
recente periodo, la rinnovata centralità del fenomeno religioso, su scala mondiale, e il confronto<br />
sempre più frequente nel nostro paese, a causa anche dell'immigrazione, con le religioni diverse dal<br />
cristianesimo, in particolare con l'islamismo, e fra le diverse confessioni cristiane. Si aggiunga che il<br />
richiamo alle origini rappresenta una delle dinamiche interne alla stessa storia del cristianesimo e<br />
quindi le varie correnti riformiste che si oppongono a taluni esiti istituzionali del cattolicesimo non<br />
esitano, in molti casi, a richiamarsi polemicamente alla diversità degli inizi, e alla medesima<br />
diversità si richiamano non di rado anche i polemisti agnostici o semplicemente anticlericali. Tutto<br />
ciò rende naturale interrogarsi anche sulla figura che ha dato origine al cristianesimo, sulla sua vita e<br />
sulle sue intenzioni.” (E. Prinzivalli, Introduzione al volume: Emanuela Prinzivalli (a cura di) -<br />
Claudio Gianotto - Enrico Norelli - Mauro Pesce, L'enigma Gesù. Fonti e metodi della ricerca<br />
storica, (Biblioteca di testi e studi) Roma, Carocci, 2008).<br />
Per capire i problemi di oggi bisogna capire la storia che ci ha portati fin qui. Il<br />
ricorso alla storia è una sfida per il futuro. Chiunque per capire chi è va a cercare la<br />
6
sua storia, i suoi genitori. Poiché l’identità non è mai statica, è necessario andare<br />
all’antichità per capire verso dove camminare.<br />
Cfr. Le scienze patristiche, oggi, nella cultura europea di Enrico<br />
Dal Covolohttp://www.gliscritti.it/blog/entry/578<br />
b. I padri negli studi teologici oggi<br />
Prima del Concilio: le correnti teologiche furono tutte rilanciate dal ritorno alle fonti<br />
patristiche<br />
Movimento biblico: i padri sono più vicini alla scrittura, per sensibilità<br />
Movimento liturgico: ai padri risalgono le forme essenziali della liturgia battesimo,<br />
ordinazione, penitenza (i più grandi liturgisti furono grandi conoscitori della<br />
patristica)<br />
Movimento ecumenico: dialogo con anglicani e ortodossi<br />
Movimento missionario: adeguare il vangelo alle culture non europee… i padri<br />
ebbero lo stesso problema<br />
Dopo il concilio: doppia fonte della rivelazione. Non sono due fonti ma una unica<br />
fonte della Rivelazione con due modalità sempre in dialettica: una parola ricevuta<br />
da una comunità. I padri ci consegnano la tradizione. La Bibbia non c’è prima dei<br />
Padri.<br />
Non basta riferirsi solo alla Bibbia; abbiamo bisogno di una tradizione, ma quale<br />
(cfr. Rist, Reportata) Cfr. questione del femminismo (chiave antropologica;<br />
possibilità di spiegare la Bibbia con moderne conoscenze). Con i padri conosciamo<br />
i principi dell’ermeneutica. Molti problemi odierni sono anche antichi; scopriamo<br />
cose dimenticate; ci liberiamo da schemi che ci ostacolano; conoscendoli sorgono<br />
nuove idee;<br />
Interesse odierno:<br />
storici dell’antichità;<br />
filologi passaggio dalla lingua greca al bizantino,<br />
procedimenti ermeneutici<br />
rapporto fede –ragione<br />
contro la teoria del grande complotto<br />
c. I padri nelle direttive della chiesa<br />
Nell’Istruzione sullo studio dei Padri della Chiesa nella formazione sacerdotale, un<br />
documento emesso dalla Congregazione per l’Educazione cattolica nel 1989 (vedi il<br />
manuale di G. Bosio e.a. I, pp.6-32), vengono enumerati tre principali motivi che sono<br />
poi ampiamente sviluppati<br />
1. I Padri sono testimoni privilegiati della Tradizione;<br />
esprimono le prime strutture portanti della dottrina<br />
dobbiamo imparare il loro atteggiamento dottrinale prima che i contenuti<br />
formano la regola della fede, i primi dogmi<br />
plasmano le prime strutture istituzionali<br />
danno forma alla liturgia<br />
ci danno esempio di ortodossia<br />
sono anzitutto pastori e catecheti<br />
Ci insegnano ad evitare due estremi: relativismo e tradizionalismo<br />
(conservatorismo)<br />
7
Sono esempio di unità pur nella varietà<br />
Studiando loro comprendiamo l’unità nella varietà, nelle tensioni, nel cercare a tastoni, ci<br />
danno l’orientamento verso il fondamento.<br />
Ci insegnano come sia possibile il progresso nella continuità della tradizione<br />
Ci danno criteri con cui discernere la Tradizione all’intenro delle varie tradizioni. Noi<br />
dobbiamo consegnare (traditio) tramite modalità e linguaggio limitate che possono finire,<br />
ma devo capire quale è il criterio con cui gettando l’acqua sporca non getto anche il<br />
bambino. I padri sono stati i primi a farlo. Andando a vedere cosa hanno fatto nel creare<br />
le istituzioni, i sacramenti, possiamo capire cosa è ciò che posso lasciare come<br />
culturalmente limitato e relativo e ciò che invece fa parte strutturante della mia identità e<br />
che non posso lasciare.<br />
Progresso nella continuità.<br />
2. Essi ci hanno tramandato un metodo teologico che è insieme luminoso<br />
e sicuro;<br />
Approfondiscono la fede con le categorie razionali delle filosofie del loro tempo<br />
Ricorso alla Scrittura: la commentano con un approccio religioso, non solo scientifico;<br />
ne ritengono l’origine divina, l’inerranza, la normatività; la leggono nella chiesa, cioè<br />
inseriti nella vita liturgica, pastorale e spirituale; insegnano ciò che vivono; sono pastori,<br />
catecheti, commentatori; nella totalità del mistero cristiano<br />
Senso dell’originalità cristiana: ci offrono criteri con cui la fede si incontra con la<br />
ragione (assumono categorie filosofiche…) anche se d’altra parte fanno opera di<br />
dissimilazione, cioè respingono un sincretismo e un razionalismo eccessivo; sono così<br />
l’esempio di una vera inculturazione (GS 44)<br />
Approfondimento della rivelazione: applicano la ragione ai dati della rivelazione e<br />
ripensano in un nuovo contesto culturale i problemi; trovano formule non bibliche a<br />
dottrine bibliche (Nicea); lo fanno non solo astrattamente ma in omelie, liturgie, attività<br />
pastorali etc.. ;<br />
Ci insegnano l’atteggiamento fondamentale come giusta apertura, rispetto e piena<br />
fedeltà, esempio di rinnovamento nella continuità della tradizione<br />
Senso del mistero: la loro è una conoscenza del mistero, esperienziale, affettiva,<br />
esistenziale; hanno il senso della trascendenza, l’umiltà di fronte al mistero; sperimentano<br />
e praticano l’amore perché niente che non sia amato perfettamente può essere<br />
perfettamente conosciuto;<br />
Sono rappresentanti della chiesa indivisa. Ecumenismo<br />
3. I loro scritti offrono una ricchezza culturale, spirituale ed apostolica,<br />
che ne fa grandi maestri della Chiesa di ieri e di oggi.<br />
Sono i primi a gettare un ponte tra vangelo e cultura profana, ci aiutano a comprendere il<br />
compito culturale che oggi ci attende.<br />
Riassumendo:<br />
i p. hanno qualcosa di irripetibile, unico e perenne<br />
analogia del loro tempo col nostro (epoca di transizione)<br />
uniscono santità e riflessione<br />
ci insegnano come si fa teologia sistematica; sono una fonte importante delle<br />
conoscenze teologiche dogmatiche; ci fanno capire dove sta l’identità cristiana<br />
insegnano l’evoluzione storica dei problemi<br />
8
insegnano l’approccio alla Bibbia che non sia appiattita tra un rigido letteralismo e<br />
uno storicismo o psicologismo<br />
ci insegnano che la tradizione è qualcosa di vitale che si sviluppa e non un blocco<br />
di ghiaccio da mettere nel freezer<br />
ci fanno scoprire la forza vitale della teologia<br />
Osservazioni<br />
1) Molti testi dei Padri sono una fonte di alimento spirituale, a condizione che il<br />
lettore possiede una chiave per avvicinarli. Questi testi, accanto alla S. Scrittura ed<br />
alle opere di scrittori spirituali di altre epoche, ci aiutano a gustare la Parola di Dio<br />
in modo particolare. Spesso questi testi sono molto adatti per la lectio divina.<br />
2) La conoscenza della storia dei Padri ci fornisce un punto di riferimento di fronte<br />
alle domande religiose di oggi. Non significa che si dovrebbe cercare presso i Padri<br />
le risposte risolutive una volta per sempre per tutti i nostri problemi attuali. Tuttavia<br />
possiamo constatare in modo sorprendente che i Padri, al loro epoca e nel loro<br />
proprio contesto religioso e culturale, hanno già riflesso su molte cose che nei<br />
nostri giorni talvolta vengono avanzate come delle “novità” di fronte al grande<br />
pubblico.<br />
3) La storia dei Padri della Chiesa sostiene le altre discipline teologiche. L’esegesi<br />
dei Padri può colmare certe lacune dell’esegesi moderna. Inoltre, per capire il<br />
mondo del Nuovo Testamento possiamo trovare informazioni utili nei testi della<br />
cristianità primitiva. Non si possono studiare le origini della liturgia cristiana e dei<br />
sacramenti, dei ministeri, senza conoscere i Padri. Nella teologia fondamentale<br />
abbiamo le questioni centrali del mistero trinitario (un solo Dio in tre Persone) e<br />
quello cristologico (Gesù Cristo, uomo e Dio). Certo, ogni periodo deve riflettere di<br />
nuovo su questi dati fondamentali della nostra fede. Però, senza una buona<br />
conoscenza del cristianesimo primitivo, delle soluzioni eretiche unilaterali e dei<br />
primi concili che hanno cercato le formulazioni più equilibrate, non sarebbe<br />
neppure possibile fare una vera e propria riflessione teologica.<br />
3. LE GRANDI TAPPE DELLA PATROLOGIA<br />
Chi si è inventato questa disciplina? Come sorge? Perché?<br />
I libri di patrologia, sin dall’inizio, furono compilati per la natura stessa della materia<br />
libri ex libris: possiamo dire che la prima opera di patrologia è l’ Historia<br />
ecclesiastica di EUSEBIO, proprio per l’abbondanza di citazioni che la intessono.<br />
Eusebio cambia il modo di fare storia (il concetto di storia antica era molto diverso<br />
da noi). Fare storia non è fare cronologia ma dimostrare capacità letteraria,<br />
retorica; riscrivevano i discorsi dei condottieri secondo le regole dell’elocutio.<br />
Eusebio invece ci riporta i testi che conosceva. Riporta il testo. Opera<br />
<br />
preziosissima.<br />
Attingendo a larghe mani dall’HE, nel 393 GIROLAMO scrisse il De viris illustribus in<br />
polemica con Celso, Porfirio e Giuliano l’Apostata che accusavano i cristiani di<br />
essere una massa di ignoranti. Girolamo vuole dimostrare che i cristiani sono<br />
uomini illustri: raccoglie date e cosa hanno scritto. Così nasce un po’ la patrologia.<br />
In quest’opera, modellata sull’omonima opera di Svetonio, Girolamo raccolse i<br />
nomi di 135 grandi menti del cristianesimo da San Pietro fino a se stesso (! 419),<br />
“battezzando” perfino Filone Alessandrino, Giuseppe Flavio e Seneca. Inoltre si<br />
lasciò facilmente trasportare dalla sua antipatia verso Ambrogio o Giovanni<br />
Crisostomo. Agostino recensì questa raccolta come incompleta e notò che<br />
andavano espulsi i nomi di alcuni eretici, cui Girolamo aveva invece concesso<br />
spazio.<br />
Verso il 480 GENNADIO di Marsiglia continuò quest’opera trattando degli scrittori<br />
cristiani del secolo V (fino al 491).<br />
9
ISIDORO di Siviglia nel suo De viris illustribus traccia il profilo di 46 scrittori dei secc.<br />
V-VI continuando l’opera di Gennadio, ma il suo interesse è limitato all’area<br />
spagnola.<br />
Quindi ILDEFONSO di Toledo ( 667) compose un’opera analoga, restringendo però<br />
la prospettiva quasi alla sola Spagna (7 viri su 14 sono poi vescovi di Toledo,<br />
probabilmente nell’intento di risollevare il prestigio della sua sede di fronte ai<br />
principi); il loro essere illustri è più morale, pastorale e taumaturgico che<br />
letterario 12 .<br />
In Oriente si tradusse innanzitutto l’opera di Girolamo, utilizzata poi da ESICHIO di<br />
Mileto (550 ca.) nel suo Onomatologos, da FOZIO ( 891) nel Myriobiblion e nella<br />
Bibliotheca (qui descrive 280 opere pagane e cristiane) e dal Dizionario di Suida<br />
(1000 ca.).<br />
Nell’area siriaca il Catalogo degli autori ecclesiastici compilata da EBED-JESUS BAR<br />
BERIKA verso il 1317.<br />
Il medioevo ha dato un preziosissimo contributo nella copiatura dei codici, nei<br />
Florilegi e nelle Catene 13 : infatti, almeno fino alla Summa theologiae, la scuola di<br />
teologia consisteva nel commento dei florilegi.<br />
Intanto continuava la produzione di varie “patrologie”: così SIGILBERTO di Gembloux<br />
( 1112), Onorio di Autun (1122), l’Anonimo di Melk riassunsero l’opera di<br />
Girolamo, aggiungendo notizie su autori posteriori.<br />
Nel 1494 GIOVANNI TRITTINHEIM completò il Catalogus scriptorum ecclesiasticorum con<br />
notizie su 964 scrittori dall’età apostolica fino ai suoi tempi.<br />
Il rinascimento, dopo la scoperta della stampa, lavorò all’edizione e alla scoperta<br />
di nuovi testi.<br />
Il BELLARMINO scrisse De scriptoribus ecclesiasticis liber unus 14 in risposta all’accusa<br />
luterana per cui la Chiesa cattolica avrebbe perso la fede dei Padri.<br />
Nel 1653 a Jena venne pubblicata postuma l’opera del luterano GERHARD J. (<br />
1637), <strong>Patrologia</strong> sive de primitiva ecclesiae christianae doctorum vita ac<br />
lucubratione opusculum, che presentava gli autori cristiani da Erma a R.<br />
Bellarmino. E’ la prima volta che viene usato il termine patrologia.<br />
Ogni poca ha quindi sentito il bisogno di creare un legame storico di conoscenza<br />
con la tradizione precedente.<br />
4. COME STUDIARE I PADRI?<br />
a. Prospettiva di ricerca<br />
<strong>Patrologia</strong>, patristica, letteratura cristiana antica, storia del dogma: quattro termini<br />
che sembrano sinonimi; eppure le loro prospettive di ricerca sono diverse.<br />
<strong>Patrologia</strong>: è uno studio storico, biografico, critico ed esegetico dei Padri. Si<br />
studiano la vita, le opere, la dottrina di un Padre. Il termine venne introdotto da J.<br />
Gerhard ( 1637).<br />
– il problema della matrologia-<br />
1) difficile trovare scrittura diretta di donne, non<br />
perché non ci fossero, ma perchè non avevano accesso alla cultura antica; 2) sono<br />
scritti di donne fatte sulle donne ma da uomini; 3) sono prospettive di donne<br />
tipicizzate, ideologizzate, censurate o filtrate; spesso la voce diretta di donne viene<br />
messa nero su bianco da uomini. Perpetua, Eteria, Macrina, Faltonia Proba,<br />
Melania.<br />
12 FONTAINE J., in DPAC II,1755.<br />
13 Raccolta di passi di esegesi su precisi versetti biblici. Ne compose una anche Tommaso d’Aquino.<br />
14 Considera il periodo fino al 1500; pubblicato nel 1613.<br />
10
Patristica (teologia patristica): il termine compare nel sec. XVII. Oggetto del suo<br />
studio è la dottrina di un autore oppure un argomento trasversalmente a tutti i Padri<br />
(per esempio, l’ecclesiologia). Studio delle idee e delle dottrine dei Padri<br />
(cristologia, ecclesiologia, un concetto). Qui sta il senso dell’<strong>Istituto</strong> Patristico<br />
stesso, inserito in una facoltà teologica: cerca di servire al pensiero teologico della<br />
Chiesa. La patrologia è una scienza storica, ma non è solo “archeologia”: non si<br />
può fare teologia passando immediatamente dai dati biblici all’attualizzazione.<br />
Storia del dogma: per dogma si intende, nel senso stretto della parola, la storia<br />
della dottrina ufficiale della Chiesa (la raccolta nel Denzinger…). Ma il dogma è<br />
soltanto la punta di un iceberg, sotto il quale si sono avute controversie, studi,<br />
approfondimenti; il dogma non dà ragione dell’insieme, come i quadretti di Melozzo<br />
da Forlì nei Musei Vaticani non danno ragione dell’insieme pittorico da cui sono<br />
stati staccati in seguito ad un incendio. Non possiamo studiare il concilio di Nicea<br />
solo dai canoni…<br />
Letteratura cristiana antica: è uno studio condotto solo dal punto di vista<br />
letterario; nelle università statali è contemplata anche questa cattedra. Quest’ottica<br />
non distingue un padre della Chiesa da un eretico e studia (o dovrebbe studiare…)<br />
Giustino alla stessa stregua di Lattanzio o Luciano di Samosata. Punto di incrocio<br />
tra università statale e teologia, pensiero laico e ecclesiale… cfr Simonetti-<br />
Prinzivalli, Storia della letteratura cristiana antica/antologia 3 voll., Piemme.<br />
Storia della teologia?<br />
b. Confini delle materie<br />
(cartina) Per quanto riguarda i CONFINI della materia patristica/patrologia<br />
distinguiamo confini cronologici e geografici<br />
Anzitutto c’è una linea geografica tra oriente e occidente che è una<br />
differenza di atteggiamento teologico, di mentalità, di modo di riflettere e di uso<br />
dell’esegesi.<br />
Gli orientali sono solitamente intellettualmente molto speculativi, audaci, a cercare<br />
oltre il già noto;<br />
Un greco di fronte ad una cosa si chiede: ti esti; che cos’è? (la domanda della<br />
filosofia). La natura, definizione.<br />
I siriaci hanno un approccio ancora diverso. Direbbero: “questo è un libro… e tutto<br />
il resto?”. Forte senso del mistero.<br />
Gli occidentali sono più giuridici e si limitano a presentare o esporre la regola della<br />
fede. Un latino chiederebbe: a cosa serve?<br />
Per quanto riguarda la fine dell’epoca patristica, la cronologia non è fissa:<br />
LATINI: di regola nei manuali la fine dell’epoca viene fissata a Gregorio<br />
Magno (604) o Isidoro di Siviglia (636)<br />
GRECI: Giovanni Damasceno (749) per i greci, ma c’è chi anticipa al concilio<br />
di Calcedonia (451) mentre già il Quasten (2+3 voll.) ha pubblicato gli ultimi<br />
volumi che trattano dei padri siriaci fino al IX secolo. Del resto c’è chi vorrebbe<br />
vedere la data del 1054, anno della separazione tra chiesa romana cattolica e<br />
chiesa bizantina come data in cui finisce la tradizione indivisa dei padri<br />
comuni.<br />
In secondo luogo l’arco cronologico va tagliato in due alla data del 325<br />
(Concilio di Nicea).<br />
o I-III. Prima di Nicea la chiesa lotta da sola contro lo stato e cerca di<br />
definirsi rispetto al giudaismo e internamente dall’eresia. Una chiesa di<br />
11
c. Approcci<br />
grandi teologi, Clemente, Origene, Tertulliano. I cristiani vivono in<br />
minoranza con persecuzioni intermittenti cronologicamente e<br />
geograficamente; La predicazione su Gesù rassomiglia molto alle<br />
formule cristologiche di epoca apostolica “Dio per mezzo di cristo nello<br />
spirito salva gli uomini”. Il periodo preniceno va ulteriormente suddiviso<br />
in due:<br />
fino al 180 (autori detti padri apostolici, Ignazio, Giustino e i non<br />
canonici) con la preoccupazione di elaborare una esegesi cristiana dell’Antico<br />
Testamento così da arrivare al canone del Nuovo Testamento e degli scritti<br />
apostolici. In questo periodo si passa dall’esegesi rabbinica (gli ebrei chiudono<br />
il canone) ad una di origine greca.<br />
fino al 325 il periodo è caratterizzato dall’inizio della teologia scientifica<br />
(Ireneo, Tertulliano, Origene). La teologia comincia a riflettere sul proprio<br />
metodo e si cercano nuove soluzioni a nuove problematiche.<br />
o Dopo il 325 –Calcedonia 451 è un chiesa sempre più legata<br />
all’Impero ed è l’Impero che lotta contro l’eresia. Gli autori daranno le<br />
loro interpretazioni ma la lotta la conduce l’impero. Anche questo<br />
periodo lo divideremo in due:<br />
IV secolo: epoca d’oro della grande patristica. Eusebio, Basilio, Gregorio,<br />
Ilario, Ambrogio, Atanasio<br />
V-VI secolo: il concilio di Calcedonia è una sintesi di compromesso di tre<br />
grandi tradizioni teologiche di questo periodo: antiochena, alessandrina, latina<br />
con Teodoro di Mopsuestia Cirillo Alessandrino e Agostino.<br />
- Evitare due estremi:<br />
legarsi materialmente a i pari disprezzando al chiesa postpatristica<br />
e la tradizione viva;<br />
strumentalizzazione del dato storico per attualizzazione<br />
arbitraria;<br />
5. LINGUE<br />
Greco, latino, siriano come lingue di produzione.<br />
Armeno e copto come lingue di traduzioni<br />
cosa è una edizione critica;<br />
Cfr. schemi manoscritti del NT.<br />
12
Gli inizi dell’epoca dei Padri<br />
1. EPOCA APOSTOLICA E PADRI (SUB)APOSTOLICI<br />
Tutti i manuali sia della <strong>Patrologia</strong> che della Storia della Chiesa cominciano con<br />
l’indicazione dell’epoca apostolica come il primo periodo dell’era cristiana. L’epoca<br />
apostolica è il periodo della formazione dei libri del Nuovo Testamento (ca. 30-100). E’<br />
quindi il periodo in cui sono stati attivi gli apostoli con i loro compagni.<br />
L’epoca apostolica ha un suo carattere unico per la Rivelazione. Essa comprende<br />
varie tappe:<br />
– la vicenda del Gesù terreno: vita, passione e morte;<br />
– l’esperienza pasquale e il kerygma apostolico;<br />
– la comunità primitiva;<br />
– la formazione degli scritti del NT sotto l’ispirazione dello Spirito Santo.<br />
Possiamo quindi considerare tutto il I secolo come tempo unico e “privilegiato”. Da una<br />
parte troviamo qui, come dice Prosper Grech, “il pensiero teologico fondante, che servirà<br />
da modello per la riflessione teologica di tutti i secoli successivi. Dall’altra parte<br />
accadono anche veri e propri atti salvifici e rivelazioni costitutive.<br />
(...) Questi elementi<br />
staccano nettamente l’era apostolica dagli altri periodi della storia del cristianesimo. In<br />
questi periodi l’opera dello Spirito costituisce soltanto una rivelazione esplicativa”. 15<br />
Poi segue, nei manuali, un’elenco tra sei e dieci testi, raggruppati sotto il nome<br />
(antico) di Padri apostolici. Apostolici perché vicini agli apostoli così da avere ancora<br />
nelle orecchie la voce dei testimoni. Di Policarpo Ireneo dice:<br />
“aveva visto gli apostoli… la loro predicazione risuonava ancora nelle sue<br />
orecchie”.<br />
Dice Papia, riportato da Eusebio Hist. Eccl.3,39,3-4:<br />
“io non mi dilettavo, come fanno i più, di coloro che dicono molte cose, ma di<br />
coloro che insegnano cose vere; non di quelli che riferiscono precetti di altri, ma di<br />
quelli che insegnano i precetti dati dal Signore alla [nostra] fede e sgorgati dalla<br />
stessa verità. 4. Che se in qualche luogo m’imbattevo in qualcuno che avesse<br />
convissuto con i presbiteri, io cercavo di conoscere i discorsi dei presbiteri: che cosa<br />
disse Andrea o che cosa Pietro o che cosa Filippo o che cosa Tommaso o Giacomo<br />
o che cosa Giovanni o Matteo o alcun altro dei discepoli del Signore; e ciò che<br />
dicono Aristione ed il presbitero Giovanni , discepoli del Signore. Poiché io ero<br />
persuaso che ciò che potevo ricavare dai libri non mi avrebbe giovato tanto, quanto<br />
quello che udivo dalla viva voce ancora superstite” .<br />
Questi Padri, che sono i più antichi, non si collocano esattamente nell’epoca apostolica,<br />
ma grosso modo in un periodo successivo (ca. 80-160/180) che viene indicato come<br />
l’epoca subapostolica, o postapostolica. Questi Padri venivano tradizionalmente ritenuti<br />
discepoli di uno degli apostoli. Il confine tra le due epoche però, quella apostolica e<br />
quella subapostolica non si può però fissare con una data ben precisa; si passa dall’una<br />
all’altra senza soluzione di continuità. La loro divisione più che cronologica è di<br />
significato, teologica (padri canonici e padri apostolici) cioè suppone il Canone del NT.<br />
Questi testi stessi dialogano ancora tra loro, mentre il canone del NT non è ancora chiuso<br />
ed è ancora in pieno sviluppo. Per esempio il più antico scritto patristico, la Didachè,<br />
viene datato verso l’80 (almeno da alcuni studiosi), mentre gli scritti giovannei, cioè i più<br />
recenti fra quelli del NT, sono nati verso il 100.<br />
15 P. GRECH, “Agli inizi della teologia cristiana”, in A. DI BERARDINO/ B. STUDER (ed.), Storia della Teologia I.<br />
Epoca patristica, Casale Monferrato (Piemme) 1993, p. 41.<br />
13
La transizione dall’epoca apostolica a quella subapostolica viene caratterizzata<br />
anche da altri fenomeni:<br />
2. LA CRESCITA DELLA LETTERATURA APOCRIFA DEL NT.<br />
Comincia una fioritura, verso il 100, dei generi letterari del NT. Appaiono numerosi<br />
“Vangeli” come genere letterario, “Atti”, “Lettere” e “Apocalissi” che vengono tutti<br />
attribuiti a degli apostoli per aumentare la loro autorità (anche se non si dovrebbe subito<br />
pensare a degli inganni deliberati). Questo sviluppo significa una sfida per la Chiesa<br />
nascente a stabilire quali sono i veri scritti autentici, che vanno considerati come Sacre<br />
Scritture.<br />
3. INIZIO DELLA FORMAZIONE DEL CANONE DEL NT.<br />
Comincia il lungo processo per stabilire quali sono gli scritti da attribuire veramente agli<br />
apostoli, se non ad un ambiente direttamente connesso a uno di loro. “La rivelazione si<br />
chiude con la morte dell’ultimo apostolo”. Soltanto verso il 180-200 esiste praticamente<br />
un consenso rispetto a quasi tutti i libri che appartengono al NT nella forma in cui noi lo<br />
conosciamo. Il canone definitivo sarà stabilito soltanto nel secolo IV.<br />
4. L’ALLONTANAMENTO FRA GIUDEI E CRISTIANI.<br />
Qui si tratta di un fenomeno storico molto complesso, le origini del quale si collocano<br />
prima dell’epoca patristica. Il cristianesimo è cominciato dentro il contesto socio-religioso<br />
del giudaismo, molti credono in Gesù Messia.All’origine sta la comunità “madre” dei<br />
giudeo-cristiani a Gerusalemme, cioè di quei giudei che avevano accettato la fede in Gesù<br />
come Messia e che perciò erano ai ferri corti con le proprie autorità giudaiche. Dall’altra<br />
parte c’era la crescente tensione con gli altri cristiani che provenivano dai pagani e che<br />
ben presto costituivano la maggioranza. Dopo il 70, con il fallimento della ribellione<br />
giudaica e la distruzione del Secondo Tempio, quella comunità giudeo-cristiana<br />
praticamente sparì e da ora in poi la comunità di Roma, capitale dell’Impero, pian piano<br />
diventò il punto di riferimento per la cristianità nascente. Difficoltà di trovare la proria<br />
identità e come gli adolescenti che ripudiano le loro radici c’è una forte vena di<br />
“antisemitismo”.<br />
CAPITOLO I: L’epoca subapostolica o i padri apostolici [e il problema del<br />
contesto giudeo-cristiano]<br />
INTRODUZIONE<br />
Con il nome di “Padri apostolici” (da non confondere con padri della chiesa nè con<br />
epoca apostolica), si designa un gruppo di 7-9 autori cristiani del periodo tra la fine sel<br />
secolo I e la metà del II, che hanno avuto rapporti personali con uno degli Apostoli<br />
(oppure si suppone tradizionalmente che ne abbiano avuti). Il termine viene da una<br />
visione un po’ ingenua che crederebbe di poter dividere nettamente gli aposoli dall’epoca<br />
successiva ... un “[la rivelazione pubblica si è chiusa] con la morte dell’ultimo apostolo”.<br />
E’ però una generazione fortemente legata agli apostoli. Meglio dire la letteratura<br />
subapostolica: alcuni testi sono contemporanei alla redazione del NT. Insomma sono i<br />
testi più antichi della cristianità che non sono entrati nel canone.<br />
14
1. ELENCO E ZONA DI COLLOCAZIONE<br />
Gli studiosi non si accordano sul loro numero. Nel XVIII sotto questo nome (patres aevi<br />
apostolici) Cotelier nel 1686 raggruppa Ps-Barnaba, Clemente, Ignazio, Policarpo, Erma.<br />
In seguito furono aggiunti Papia di Gerapoli (vescovo di Gerapoli nella Frigia in Asia<br />
Minore, 110/130 ca.) e la Lettera a Diogneto, lettera anonima probabilmente del 140 ca.,<br />
che è piuttosto un’opera “apologetica” (vedremo dopo). L’epoca moderna vi aggiunse al<br />
Didachè. Cerchiamo di collocarli anche geograficamente. La parola scritta diventa<br />
strumento per l’istruzione, le guide della comunità spesso o chi dopo gli apostoli si attiene<br />
a questo criterio della parola scritta sono designati come P.A.<br />
Antiochia (cfr. At 11,26); ora in Turchia<br />
- La Didachè, o l’Insegnamento dei dodici Apostoli (Anonimo, 80 ca., o<br />
poco dopo il 100) [Matteo?]<br />
- Ignazio d’Antiochia (secondo successore di san Pietro ad Antiochia, 70-<br />
110 ca.) raccolta di lettere a chiese di Asia (chiese conosciute da Ap).<br />
Asia minore<br />
- Policarpo di Smirne (discepolo di Giovanni “prebitero” e vescovo dal<br />
110 ca. fino al 156); lettera di Ignazio; lettera a Filippi in Macedonia;<br />
martirio [Giovanni]<br />
- Papia di Gerapoli, (130 ca.), Esposizione degli oracoli del Signore<br />
Roma<br />
- I Clementis (attribuita al terzo successore di san Pietro a Roma, 92-<br />
101) ca 96; lettera [Marco?]<br />
- Il Pastore (di Erma schiavo liberato a Roma, 130-140 ca.); apocalittico<br />
Alessandria(?)<br />
- (Lettera di) (pseudo-)Barnaba (lo pseudonimio si riferisce al compagno<br />
di S.Paolo, 130 ca.); trattato esegetico e catechetico [Paolo]<br />
Alcuni manuali aggiungono:<br />
Odi di Salmone...scritto di origine siriaca, fa parte della produzione poetica (in<br />
siriaco)<br />
2. CARATTERISTICHE COMUNI<br />
Generazione vicina all’epoca fondante<br />
Particolare carattere di antichità: sono legati alla stessa<br />
eseprienza genetica da cui nascono gli scritti del NT.<br />
Alcuni erano ancora letti nella liturgia (es. I corinzi; o<br />
pseudo-Barnaba).<br />
15
La venerazione per questi scritti fu altissima. Molti sono<br />
stati tramandati in manoscritti e codici che contengono i<br />
testi biblici (ispirati).<br />
Le caratteristiche generali di questi autori (o scritti) sono:<br />
Le strutture gerarchiche si sviluppano fino al monoepiscopato<br />
Lo sviluppo della liturgia è ulteriore, distinguendosi dai riti giudaici<br />
Il senso del AT viene integrato nella fede in Cristo; che senso dare all’AT e alla S.S.<br />
Sono vicini agli autori del NT per come usano la Bibbia: citano il NT in modo libero<br />
Non hanno un testo fisso; citano a memoria; alludono, ma mai fanno commenti a<br />
passi; stessi metodi esegetici degli apostoli (rabbinici)<br />
Riconoscono l’autorità di Gesù e le sue parole sono citate come se fossero Sacra<br />
Scrittura<br />
Tendenza di insistere sull’autorità apostolica come criterio per l’autenticità di ciò<br />
che si trasmette. Comincia lo sviluppo del principio della successio apostolorum.<br />
Questo principio diverrà sempre più importante, man mano che cresce la distanza<br />
nel tempo rispetto ai testimoni oculari dell’uomo Gesù.<br />
Forte preoccupazione per l’unità e per l’organizzazione delle comunità<br />
cristiane. La gerarchia basata sui carismi (apostoli, profeti, maestri) si sposta verso<br />
una gerarchia istituzionale (vescovi, presbiteri, diaconi). Questo sviluppo si può<br />
seguire dalle lettere di Paolo attraverso la Didachè fino alle lettere di Ignazio (che è<br />
l’altro lato dei problemi che denuncia la I Clementis).<br />
Gli scritti dei Padri apostolici hanno un carattere pastorale-parenetico:<br />
contengono anzittutto delle esortazioni sul livello morale, piuttosto che delle<br />
speculazioni metafisiche.<br />
Il contesto generale è quello del cristianesimo che si diffonde rapidamente tramite<br />
i mezzi di comunicazione dell’antico Impero. Infatti, proprio verso il 100 il sistema<br />
stradale dell’Impero romano raggiunge un livello di sviluppo che dopo il declino (dal<br />
secolo III in poi) non sarà più superato prima dell’epoca della rivoluzione industriale<br />
nel secolo XIX. Però le comunità cristiane formano ancora delle minoranze in una<br />
società ellenistico-romana che si mostra ostile in misura crescente. Le usanze della<br />
vita mondana nell’antichità tardiva sono difficili da riconciliare con l’etica cristiana.<br />
a. La Didachè (80 ca., o poco dopo il 100)<br />
Composizione, luogo e data<br />
Genere: disciplinare-liturgico. Compilazione. Manualetto catechetico...<br />
Testo riscoperto (successivamente fusa in più varie compilazioni ecclesiastiche, si<br />
perdette) nel 1873 a Costantinopoli in un manoscritto assieme a Barnaba e 1 e 2<br />
Clementis. Un testo molto citato nell’antichità e molto conosciuto, ma poi perduto.<br />
Il titolo completo è: l’Insegnamento del Signore ai gentili trasmesso dai dodici Apostoli,<br />
o brevemente: la Dottrina (didachè) dei dodici Apostoli. Ovviamente non sono stati gli<br />
stessi Apostoli a scrivere questo libretto, che porta il loro nome per aver maggiore<br />
autorità. Si tratta di una compilazione anonima di fonti diverse, testi preesistenti. L’autore<br />
giudeo-cristiano mette insieme testi utili per l’edificazione dei convertiti dal paganesimo.<br />
Sono delle regolamentazioni delle funzioni litrugiche. E’ il più antico regolamento<br />
ecclesiastico che possediamo (un po’ l’inizio del diritto canonico) ed è una testimonianza<br />
16
importante del bisogno di regolare la comunità (digiuni, preghiere, eucaristia,<br />
catechismo).<br />
La data è discussa; alcuni pensano all’inizio del secolo II (100-150), ma sempre più gli<br />
studiosi si orientano per date anteriori (cfr. NDPAC I, 1400-1402) come l’80-120. Il testo<br />
consiste comunque in vari strati redazionali, il più antico dei quali risale al periodo 50-70<br />
(sull’eucaristia).<br />
Luogo: Antiochia di Siria (entroterra); vicino al vangelo di Matteo in Siria (in fase<br />
orale?).<br />
Lo scritto sembra provvenire da una comunità siro-palestinese.<br />
Contenuto: L’interesse dell’autore (o degli autori) è soprattutto di livello etico e pratico, e<br />
riguarda il comportamento del cristiano, la liturgia e le questioni disciplinari. Si nota una<br />
certa polemica antigiudaica (cfr. digiuno e pregheira) ma il contesto è ancora tutto giudeocristiano<br />
(il modo di citare il VT, clima biblico, costumi giudaici). La fede cristiana viene<br />
espressa in categorie giudaiche. Ministeri itineranti: apostoli, profeti, dottori (cfr. 1Cor<br />
12,28); ministeri stabili: vescovi e diaconi.<br />
Struttura<br />
16 capitoli in due blocchi (1-10; 11-15) (i capitoli, come in ogni opera antica, non<br />
sono originali).<br />
1-6 catechesi delle due vie;<br />
cfr. Dt 30,15-19; 5,32-33; Qumran<br />
è basata su una fonte giudaica. Nel testo arcaico però sono inserite molte<br />
interpolazioni cristiane (1,3-2,1), che rivelano una grande vicinanza al Vangelo di<br />
Matteo (ma non sono citazioni letterarie; il materiale sembra provenire da uno<br />
stadio dei vangeli in tradizione ancora orale o una raccolta di detti e insegnamenti<br />
-fonte Q?). La via della vita: pratica dell'amore di Dio e del prossimo (c. 1), fuga<br />
del peccato (cc. 2-3), adempimento dei nostri doveri (cc. 3-4). La via della morte:<br />
peccati che la caratterizzano (c. 5), esortazione alla vigilanza (c. 6).<br />
7-10 raccolta di istruzioni liturgiche:<br />
battesimo, digiuno, preghiera, eucaristia (9-10) [schema di iniziazione cristiana,<br />
struttura catecumenale?]. La Didachè è una fonte molto importante per lo studio<br />
degli inizi della liturgia cristiana. Battesimo nel triplice nome. Il Padre Nostro è<br />
citato nella formula di Matteo. Il Battesimo: forma, materia e modo<br />
d'amministrarlo, preparazione al battesimo (c. 7). Il digiuno: giorni di digiuno (c.<br />
8,1). La preghiera: il Pater tre volte al giorno (c. 8, 2-3) come lo sh e ma.<br />
o 9-10: L' Eucaristia: preghiera per il calice, per il pane spezzato, dopo la<br />
comunione, condizioni per ricevere l'eucaristia (cc. 9-10). Sezione molto<br />
arcaica. Influsso giudaico della benedizione sul pasto festivo (rito del pasto<br />
detto berakà). Vicina alla tradizione antiochena di Lc 22 e 1 Cor 11.<br />
17
I calice<br />
Pane spezzato<br />
Cena (poi tolta e chiamata agape)<br />
Preghiera<br />
(II calice)<br />
11-15 questioni disciplinari e ministeri.<br />
Condotta da tenere verso i ministri carismatici del vangelo, gli apostoli e i profeti<br />
(c. 11); verso i pellegrini (c. 12); verso i profeti e dottori (c. 13). Istruzioni sulla<br />
sinassi eucaristica domenicale, confessione dei peccati (c. 14), gerarchia locale;<br />
correzione fraterna, esortazione a vivere secondo il vangelo (c. 15). Gli apostoli<br />
non sono dodici (come dice il titolo) sono missionari itineranti. I profeti erano<br />
dominanti come figure ministeriali (cfr. 1 Cor 11; Ap 13 ad antiochia c’erano<br />
profeti e dottori). Pluralità di figure ministeriali non solo carismatiche. Giunia e<br />
Andronico apostoli prima di me; Aquila e Priscilla.<br />
16 escatologia:<br />
Invito a vegliare nell'attesa della seconda venuta del Signore (parusia). La caduta<br />
del Tempio è del 70.<br />
E’ un testo importante perchè ci parla delle condizioni di vita di una comunità cristiana di<br />
cui nessun vangelo parla. (condizioni di un cristianesimo non greco, che ci pensare alle<br />
nuove frontiere dell’evangelizzazione cfr. Cina, senza verbo essere, logos...).<br />
Osservazioni<br />
Fu considerata canonica da Clemente e Origene;<br />
Schema simile (due vie) presente in Barnaba -nella sezione delle due vie (18-20)- e<br />
Erma;<br />
Testimonianza di cristianesimo non greco, oggi importante perchè il nesso<br />
cristianesimo–occidente si sta perdendo.<br />
b. Clemente Romano (96-98 d.C.)<br />
La I Clementis<br />
[LETTURA DALL’ANTOLOGIA 1]<br />
La I Clemente è uno scritto in greco (fino a papa Damaso Roma è bilingue) molto interessante che mostra<br />
grande affinità con le due lettere di san Paolo ai Corinzi.<br />
Genere: lettera; scritto di occasione su una questione limitata.<br />
Occasione: A Corinto alcuni si sono ribellati alle autorità (i giovani presbiteri contro il collegio dei<br />
presbiteri più anziani? Conflitto ministeriale). Clemente fa ricordare il passato onorevole dei destinatari e li<br />
esorta alla sottomissione.<br />
Finalità: ristabilire la pace nella comunità di Corinto; La comunità di Corinto chiede alla comunità di Roma<br />
un intervento (testo che non abbiamo).<br />
Perchè Roma interviene?<br />
18
Autore<br />
Non si parla del vescovo di Roma, nè di Clemente, ma solo di comunità (si dice sempre<br />
“noi”). Fase del passaggio dal presbiterio al monoepiscopato?. Unica mano, di origine<br />
giudaica.<br />
Universalmente attribuita a Clemente, successore dell’Apostolo Pietro nella comunità di<br />
Roma, a 25 anni dopo la scomparsa della “Chiesa madre” di Gerusalemme, fa<br />
un’intervento a proposito di certe difficoltà che esistono in un’altra comunità.<br />
Secondo la tradizione questo scritto è attribuito a Clemente, che sarebbe il terzo<br />
successore di san Pietro come capo della comunità cristiana a Roma, dopo Lino e<br />
Anacleto (secondo la lista di Ireneo). Tuttavia lo scritto non parla del suo autore. Sembra<br />
piuttosto che la comunità di Roma fosse retta da un collegio di presbiteri che, interpellato,<br />
si rivolge alla comunità di Corinto (non abbiamo la lettera di richiesta). Cfr. I,1.<br />
Struttura e contenuto<br />
Introduzione: lode della comunità<br />
4-36: sconvolgimenti attuali a causa di invidie e esempi veterotestamentari di invidia e discordie<br />
37-61 invito alla sottomissione, umiltà, penitenza e esempi veterotestamentari<br />
Riepilogo<br />
V: testimonianza sulla presenza a Roma di Pietro e Paolo<br />
VI: testimonianza della persecuzione (di Nerone 68, Domiziano 81-96, Nerva,)<br />
44,1: prima testimonianza della importanza della successione apostolica<br />
59,1-2: pericolo di disobbedienza a Roma<br />
24-25: risurrezione e araba fenice<br />
20: filosofia stoica e ordine del mondo<br />
44,5; 57,1 gerarchia: vescovi e diaconi; presbiteri<br />
cristologia bassa; pais theou (servo/figlio di Dio); il Signore kyrios ma a Cristo non<br />
viene mai dato il titolo di theos, sommo sacerdote, custode delle anime nostre;<br />
Cristologia arcaica di tipo giudeocristiano: Monoteismo e fede in Cristo. Non si cita<br />
la Trinità.<br />
59-61: ricorda l'Anaphora delle prime liturgie; 61,1-2: preghiera per lo stato; Cfr.<br />
Cap 40: inno universale in forma di preghiera; sembra un prefatio o un testo<br />
liturgico.<br />
Il testo mostra grande familiarità con il VT e le sue istituzioni.<br />
Tessuto di riferimenti biblici dell’AT. Non cita testi NT.<br />
Osservazioni<br />
Nel 170 un vescovo di Corinto, Dionigi scriverà al vescovo di Roma, Soter, dicendo che<br />
la prima lettera di Clemente viene letta nella liturgia a Corinto e non solo a Corinto<br />
(Eusebio 3,16).<br />
Utilizzata e citata nella lettera di S.Policarpo ai Filippesi.<br />
Testo interessante per la liturgia e la teologia di Roma di quel tempo.<br />
La chiesa di Roma interviene ufficialmente in un’altra comunità, nell’ambiente di<br />
Corinto, Asia minore, non in ambiente latino. Il saluto non cita il vescovo.<br />
Indicazione della crescente autorità (oppure il crescente prestigio) di Roma verso<br />
la fine del secolo I.<br />
19
L’organizzazione gerarchica, l’ubbidienza, dell’umiltà e della sottomissione<br />
all’autorità sono dei valori che diventano sempre più importanti per conservare<br />
l’unità della comunità ecclesiale, dietro i quali sta la legge della carità.<br />
Contiene importanti informazioni sul martirio di Pietro e Paolo a Roma.<br />
Tramandata in un ms del NT.<br />
Non cita testi del NT ma è intessuto di riferimento dell’AT<br />
Non cita mai la Trinità<br />
Cristo non è theos, ma pais<br />
Altri testi attribuiti a Clemente<br />
[LETTURA DALL’ANTOLOGIA 1]<br />
Benchè solo la I Clementis sia autentico, sono state attribuite a Clemente varie opere:<br />
II Clementis: è la più antica omelia a noi pervenuta, da collocare verso il 150 ca.<br />
Testo molto diverso. Non è più attribuita a Clemente. Testo dell’asia minore<br />
(ambienti giudei siro-palestinesi), non di Roma. La tradizione manoscritta la riporta<br />
dopo la I Clementis.<br />
Epistulae ad virgines. Testi di carattere ascetico databile tra III-IV sec, indirizzate a<br />
vergini di ambo i sessi. Testi interessanti per i primi movimenti ascetici. Greche o<br />
siriache? Che zona? Dubbio...<br />
Pseudo-Clementine: composti da Omelie e Recognitiones. Testi popolari romanzati.<br />
Trattano della vita di Clemente a Roma che riferisce quanto visse come compagno<br />
di Paolo. Parlano di gruppi di vergini a Roma (quindi la cronologia è tarda),<br />
probabilmente dell’inizio IV sec. Dovrebbe essere collocata tra gli apocrifi degli<br />
apostoli.<br />
20
Stesso periodo di Clemente ma tutt’altro ambiente teologico è<br />
c. Ignazio d’Antiochia (70-107? ca.)<br />
Eusebio, Storia eccl. III,36.<br />
Autore e vita<br />
Ignazio sarebbe stato il secondo successore di san Pietro ad Antiochia di Siria, teerza città<br />
per grandezza nel mondo Antico, dopo un certo Evodio, uomo sconosciuto. Intorno al 110<br />
sotto Traiano (98-117) fu arrestato durante una persecuzione locale, condannato alle belve<br />
e trasportato a Roma come prigioniero, per subire la pena capitale nel circo. Solo i<br />
personaggi importanti venivano trasportati. Solitamente le persecuzioni erano locali.<br />
Durante il viaggio godeva una relativa libertà che gli permise, durante le soste fatte<br />
nell’Asia Minore, di mantenere i rapporti con le comunità cristiane e di accoglierne le<br />
delegazioni. Ha scritto sette lettere 16 (quattro da Smirne e tre da Troade) a varie chiese<br />
anzittutto asiatiche. Ignazio è stato catturato e viene trasportato da Antiochia a Roma per<br />
essere dilaniato dalle belve. Durante il viaggio trova occasione di scrivere una lettera<br />
alla comunità di Roma. Supplica i cristiani di non far alcun intervento che potrebbe<br />
impedire il martirio.<br />
Genere letterario<br />
Si tratta di lettere con carattere quindi occasionale.<br />
Da Smirne:<br />
Efesini<br />
Magnesi<br />
Tralle<br />
(Romani) isolata nei mss. Ireneo la cita senza nominare Ignazio.<br />
Da Troade<br />
Filadelfia<br />
Smirne<br />
Policarpo<br />
Visione teologica di Ignazio<br />
Si potrebbe riassumere tutto il pensiero di Ignazio in una sola parola: unità (hènosis,<br />
henòtes). 17<br />
Unicità di Dio e unione tra il Padre e Gesù<br />
Per Ignazio la Chiesa nasce dal mistero di una unità, quella di Dio (Magn. 8,2; 7,2), nel<br />
senso veterotestamentario. Unità che è il mistero anche dell'unità tra Cristo e Dio (cfr.<br />
Magn. 1,2), e di Cristo stesso - uomo e Dio (contro il docetismo, cfr. tra altri Eph. 7,2).<br />
Ignazio dice a Cristo “mio Dio”. Cristologia alta.<br />
16 Si accetta questa raccolta di sette lettere (recensio brevis) contro quella lunga di 13 (recensio longior) e<br />
contro quella di 3 (recensio brevissima). Per la datazione la cosa è ancora discussa: Zeitschrift für Antikes<br />
Christentum 13 (2): 181-203.<br />
17 Cfr. CAMELOT, Introduction, 15.<br />
21
Questa unità è anche la vita e la via del cristiano: la vita di ogni credente dovrà tendere a<br />
imitare e riprodurre questa unità "carnale e spirituale" realizzata nella carne di Cristo,<br />
questa misteriosa unità di Cristo con il Padre.<br />
Questa unità di ogni credente a Cristo può essere tale da arrivare fino alla ri-presentazione<br />
nel credente della morte di Cristo, cioè al martirio o nell’eucaristia.<br />
Eucaristia sacramento di unità<br />
L'eucaristia, sacramento di unità, fa la chiesa, è simbolo visibile dell'unica Chiesa<br />
radunata attorno all'unico Cristo, figlio dell'unico Padre (Magn. 7,2; Philad. 4,1). E'<br />
quindi proprio nell'eucaristia che si manifesta al massimo l'unità.<br />
Unità della Chiesa<br />
E' chiaro allora che questo mistero dell'unità del cristiano con Cristo si traduce, si attua e<br />
si esprime nell'unità dei cristiani tra loro, l'unità della Chiesa.<br />
Unione alla gerarchia<br />
Questa unità si esprime poi, fuori della liturgia, in un organismo visibile, che è<br />
l'organizzazione gerarchica, necessaria al suo funzionamento<br />
La figura del vescovo è figura dell'unità visibile e dell'integrità della fede, ma anche di<br />
autorità spirituale, perché in lui c'è lo Spirito di Cristo (cfr. Eph. 3,2; Rom. 9,1). La<br />
tripartizione del ministero è strana in questo periodo (data discussa).<br />
Senza questa gerarchia non si può parlare di Chiesa: senza di loro non c'è Chiesa (Trall.<br />
3,1). In Smyrn 8,2 la moltitudine (plethos) radunata diventa ekklesìa quando ad essa vi sia<br />
unito il vescovo.<br />
Il termine katholikè è stato interpretato ora in senso spaziale, cioè universale inteso in<br />
senso geografico ora in senso di "ortodosso", in contrapposizione ai gruppi di eretici, che<br />
non erano la vera Chiesa. Questo termine però, in una etimologia più fedele, ci orienta in<br />
un'altra direzione: quella dell'unità, della pienezza. Deriva infatti da kata holòn. Nel<br />
Martirio di Policarpo, di 40 anni ca. posteriore alle lettere di Ignazio, questo termine è<br />
riferito alla Chiesa di Smirne e nel saluto ci si rivolge "a tutte le comunità della Chiesa<br />
santa e cattolica che sono in ogni luogo".<br />
Unità nell’obbedienza della fede e nell’amore<br />
L’unità è fondata innanzitutto sulla pistis garantita dal vescovo, contro le eresie che la<br />
minacciano (i doceti in particolare). Fede è quindi credere nella storicità dell'incarnazione<br />
e della passione di Cristo. Questa fede viene resa manifesta dall'agape che è imitazione di<br />
Cristo. Imitazione di Cristo nel sacrificio eucaristico o nel martirio.<br />
Il costituirsi della chiesa attorno alla sua gerarchia (c'è chiesa laddove c'è vescovo coi<br />
presbiteri e diaconi) si esprime e si attua nel legame di obbedienza dei fedeli laici ad essa.<br />
[LETTURA DALL’ANTOLOGIA 2]<br />
Concludendo<br />
Nelle lettere di Ignazio troviamo una gerarchica ben definita indice prima che di<br />
una sua idea della chiesa, anche forse di una prassi nelle comunità cristiane a cui si<br />
22
ivolge. Queste lettere sono la prima testimonianza di una gerarchia a tre gradi ben<br />
distinta dal popolo dei fedeli 18 : vescovo, presbiterio e diaconi.<br />
L’unità della comunità, intorno al vescovo, assistito dai presbiteri e i diaconi,<br />
diventa il principio di protezione contro le dottrine eretiche che cominciano a<br />
fiorire all’inizio del secolo II. Ci sono anzittutto le varie correnti del docetismo,<br />
cioè il rifiuto di accettare una vera e propria Incarnazione del Verbo divino.<br />
L’umanità del Cristo, l’essere celeste, sarebbe stata soltanto un “apparenza”<br />
(dokei`n = “essere apparente” cioè irreale).<br />
Comincia una teologia del martirio come il più alto grado della sequela di Cristo.<br />
Nella Lettera ai Romani, in modo molto impressionante, Ignazio supplica<br />
ardentemente i cristiani influenti nella capitale di non intraprendere nulla che<br />
potrebbe impedire il suo martirio. L’autore brama di essere unito con Cristo nel<br />
martirio. Questo rimarrà il grande ideale nella letteratura patristica prima della<br />
Pax Constantina.<br />
Riferimento alla morte come ad un parto, cfr. Rom VI,1.<br />
Roma è una sede premiente, superiore? Ef 18<br />
Osservazioni<br />
Cita il NT (presuppone Mt e consoce la tradizione giovannea; cita Paolo, 1 Cor, anche Ef<br />
e Gal ) ma non conosce il canone; cita 3 vv. l’AT come “è scritto” (in Fil 9,1-2 dice che<br />
AT è buono; ma va contro i giudaizzanti in Magn. 9,10; sabatisti). Insiste sulla novità del<br />
cristianesimo e non sulal continuità; parla di eros (deve essere un pagano convertito).<br />
Chiara teologia trinitaria e dell’incarnazione (Cristo vero uomo vero Dio). Cristo è theos.<br />
C’è una cosiddetta recensione lunga delle lettere (che comprende 13 lettere) e una breve<br />
(3, sintesi in siariaco) delle lettere. L’autentica è quella comprende le 7 lettere sopra citate.<br />
d. Policarpo di Smirne (+ 156? 166? 177)<br />
Autore<br />
Policarpo era già vescovo a Smirne verso il 110, quando Ignazio d’Antiochia passò per<br />
l’Asia Minore come prigioniero. A lui Ignazio scrive una lettera. P. sarebbe stato un<br />
discepolo di Giovanni Evangelista, come attestano Ireneo ed Eusebio:<br />
"Policarpo non solo fu educato dagli Apostoli e visse con molti di quelli che<br />
avevano visto il Signore; ma fu anche dagli Apostoli stabilito nell' Asia come vescovo<br />
di Smirne".. (Ireneo, AH III,3,4)<br />
Policarpo e Ignazio<br />
Nel 107 accolse a Smirne Ignazio,<br />
vescovo di Antiochia, mentre stava per essere condotto<br />
a Roma, onde subire il martirio. Più tardi ma sempre nello stesso anno, Policarpo raccolse<br />
e mise insieme, su istanza dei Filippesi , le lettere di Ignazio e fu in tale occasione che egli<br />
scrisse una lettera ai Filippesi stessi.<br />
18 Cfr. Camelot, 34.<br />
23
Organizzazione ecclesiale<br />
Anche Policarpo presenta i presbiteri come un collegio che è a capo della chiesa insieme<br />
ai diaconi (Phil, pref.) e ci dà uno spaccato su una comunità, quella di Alessandria, che<br />
alla stessa epoca di Ignazio è organizzata in modo differente. Del resto quando si viaggia<br />
nella patristica si deve essere abituati a questa varietà di stili nella chiesa e a queste vere e<br />
proprie diversità di organizzazione tra le chiese. La lettera di Policarpo non fa alcuna<br />
menzione del vescovo singolo, come anche quella di Ignazio ai Romani. 19 Conosce il<br />
binomio vesocovi-diaconi e poi presbiteri.<br />
La data della Pasqua<br />
Agli inizi del pontificato di Aniceto e preciamente verso la fine dell'anno 154, Policarpo<br />
venne a Roma onde trattare con il Papa di diverse questioni, ma principalmente di quella<br />
che riguardava la data della celebrazione della Pasqua, data sulla quale però essi non<br />
riuscirono a trovare un accordo (i quartodecimani=Gv; vs sinottici). Malgrado ciò essi<br />
rimasero uniti tra loro e nell'assemblea dei fedeli Aniceto a titolo di onore concedette a<br />
Policarpo di celebrare l'Eucaristia e si separarono l'un dall'altro in pace, dando così a<br />
vedere che la differenza delle consuetudini poteva essere tollerata quando non intaccava<br />
l'unità fondamentale della Chiesa. Comunità capaci di sopportare le differenze.<br />
Martirio<br />
Policarpo fu messo a morte nell’anfiteatro di Smirne nel 155 (o 176), all’età di 86 anni<br />
(“era il grande sabato”), per non rinnegare pubblicamente la fede cristiana. Abbiamo una<br />
preziosa testimonianza del suo martirio sul rogo, scritta da un’autore anonimo alla chiesa<br />
di Filomelio: il Martirium Polycarpi, che è il più antico esempio di Acta Martyrum<br />
autentici, e che fu inviato dalla Chiesa di Smirne "a tutte le comunità cristiane della santa<br />
Chiesa cattolica, che sono in ogni luogo" (Martyr. Polyc., saluto). Insieme con la lettera di<br />
Ignazio d’Antiochia ai romani, questo testo ci dà una delle testimonianze più forti della<br />
brama nella Chiesa dei primi secoli di essere unita con Cristo nel martirio. Per la prima<br />
volta chiamto “padre” un vescovo e appare il termine martire.<br />
Osservazioni<br />
Conosce la I Clementis<br />
Esiste una Vita Polycarpi attribuita a Pionio, che però è opera leggendaria del 400, scritta<br />
per completare il martirio.<br />
[LETTURA DALL’ANTOLOGIA 2]<br />
19 Sulla cogenza dell'argomento e silentio non possiamo contare, ma anche la lettera di Clemente di Roma si<br />
presenta come una lettera della chiesa di Roma a quella di Corinto, testimonianza a dire di Camelot (34) di<br />
un periodo e una zona in cui ancora il vescovo non esercitava la sua autorità senza il collegio presbiterale.<br />
24
3. LETTERATURA MARTIRIALE<br />
Tipi di testi<br />
Atti<br />
Sintesi dei verbali, dei documenti giuridici delle cancellerie imperiali. Poche parole.<br />
La legislazione prevedeva che i cristiani nona andassero ricercati<br />
Arrestati solo se denunciati<br />
Denunciati da denuncia firmata perché l’anonima non era degna dell’Impero<br />
romano<br />
Denunciati vanno interrogati<br />
Se dicevano di non essere cristiani erano rilasciati (gli interrogatori quindi<br />
insistevano) cfr. i giovani come Massimiliano (“il mio distintivo è Cristo”)<br />
Confessione: cristianus/a sum<br />
Supplizio<br />
Passioni<br />
Racconti molto vicini ai fatti, con attendibilità storica, in cui però la comunità che scrive<br />
riporta non solo il fatto ma la ragione profonda (“era il grande sabato”) che ha animato i<br />
fatti.<br />
Non si accontentano di dire cosa è successo ma perchè, su quali valori e motivazioni<br />
(cfr. Policarpo; atti dei martiri di Lione e di Vienne)<br />
Le motivazioni sono sottolineate con accenti diversi ma con elementi comuni<br />
i martiri non sono eroi, ma discepoli di Gesù Cristo<br />
esempi di veri discepoli<br />
Fortissima spiritualità di relazione a Cristo che diventa forza che agisce nel<br />
martire (cfr. Blandina crocifissa; Perpetua: “fui fatta maschio”)<br />
linguaggio della visione<br />
linguaggio della celebrazione liturgica battesimale ed eucaristico<br />
visione di un mondo alternativo (grazia-potere; mitezza-violenza)<br />
i confessori spingono nella comunità ad avere misericordia per chi ha tradito<br />
(lapsi)<br />
Leggende<br />
Si sviluppano due secoli dopo i fatti, IV-V secolo<br />
non hanno attendibilità storica<br />
accento moralistico, esempi di buona condotta morale (alla donna denudata crescono i<br />
capelli)<br />
scritto quando non ci sono più persecuzioni<br />
25
EXCURSUS SULLA LETTERATURA MARTIRIALE: VIBIA PERPETUA<br />
Siamo di fronte ad un rarissimo caso – per questo periodo - di scrittura femminile, scrittura diretta di una<br />
donna. Perpetua scrive un diario di prigionia, pochi fogli in realtà (3-10) contenuti all’interno di quello che<br />
ora è il più esteso racconto degli Atti di Perpetua e Felicita e che ci danno un raro esempio di scrittura<br />
diretta di donna. Le Sante Perpetua e Felicita (m. Cartagine, 7 marzo 203) erano due ragazze cristiane che<br />
subirono il martirio a Cartagine sotto l'impero di Settimio Severo (193 - 211) insieme a Saturo, Revocato,<br />
Saturnino e Secondino, anch'essi venerati come santi. Perpetua ha 22 anni, è imprigionata con il figlioletto<br />
che lei ancora allatta. Perpetua, racconta gli ultimi drammatici momenti della sua vita: l’arresto, la custodia<br />
cautelare, gli incontri con i familiari che tentano di distoglierla dalla sua intenzione di non abiurare,<br />
l’interrogatorio pubblico e in particolare ella annota quattro visioni o sogni (il secondo e il terzo di questi<br />
sono quelli che la tradizione posteriore considererà testi fondamentali per la credenza nel purgatorio).<br />
È necessario collocare questi sogni nel contesto della situazione che Perpetua sta vivendo per non<br />
allegorizzare troppo, ma per cercare di cogliere quale convinzione si dischiuda da queste immagini. Il sogno<br />
è una convinzione profonda che si esprime senza filtri, non ha troppa logica ed è di per sé visiva, è in<br />
immagine. 20 Possiamo cogliere quindi in essi per simbolo quale convinzione Perpetua vada maturando in<br />
questi ultimi istanti della sua vita, la situazione che ella vive dal profondo, le sue speranze, le sue<br />
convinzioni più vere, senza inganno.<br />
Anzitutto Perpetua dimostra una autocoscienza di sé fortissima, una autonomia che non le deriva certo<br />
dall’ideologia femminista ma dalla convinzione che ciò che sta per fare è qualcosa a cui Dio stesso la<br />
chiama non c’è niente che può ostacolarla.<br />
“Non posso dirmi diversa da quella che sono, cristiana” (3,2) dice rispondendo al padre che cerca di<br />
distoglierla dal suo proposito. Per far questo il padre cerca di fare appello alla coscienza filiale di Perpetua,<br />
chiedendole di prendere in considerazione la riconoscenza per l’educazione datale, la predilezione filiale<br />
che egli ha sempre dimostrato nei suoi confronti rispetto ad altri figli; rincara la dose ricordando la sua età<br />
senile; poi passa a fare appello alla coscienza materna di perpetua: tener conto del piccolo figlio (6,2).<br />
Perpetua non cede a nessun tipo di ricatto affettivo, né alla persuasione né alla mozione degli affetti né alla<br />
violenza fisica (5). Reclama il diritto ad essere ciò che è, rifiutando criteri basati sull’onore sociale (5,4) ma<br />
senza mai dimenticare il suo affetto filiale. Non si tratta di un rifiuto innaturale delle tendenze umane più<br />
innate. Sempre ella torna a scrivere anche del suo dolore, della sua preoccupazione per il padre, per il figlio.<br />
Annota le sue paure, i suoi lamenti, la sua debolezza nel sopportare i maltrattamenti e il carcere. Si richiama<br />
però ad un’altra autorità che non quella del padre come capofamiglia: “accadrà ciò che Dio vorrà perché<br />
sappi che noi non dipendiamo dalla nostra volontà ma da quella di Dio” (5.6). E per una donna di<br />
quell’epoca non era così scontato come può esserlo oggi per un’adolescente che ha la sua fase di ribellione<br />
nei confronti dei genitori.<br />
C’è una trasformazione di tutti i rapporti, come figlia ma anche come madre.<br />
Tornata in prigione chiede di riavere il figlio per poterlo allattare ma il padre glielo nega. Massimo ricatto.<br />
Pensiamo non solo alla disperazione di una madre, ma anche il problema fisico della mastite. Qui avviene,<br />
scrive la sua penna, il vero miracolo: “né il piccolo ebbe bisogno delle mammelle, né esse le si<br />
infiammarono” (6,8). A Perpetua viene così risparmiato un duplice tormento: quello per il figlio (ella è ora<br />
certa che non ha bisogno della madre per vivere) e quello corporeo della mastite. Non è strano se vediamo<br />
nel sogno che ella fa subito dopo questo momento, anche una proiezione delle sue preoccupazioni affettive:<br />
materne, filiali e sororali. Si tratta del primo testo sull’immaginario del purgatorio ed è interessante che<br />
siano state le donne (lei qui e Caterina da Genova successivamente) ad aver dato “spazio” e vita ad una idea<br />
di sofferenza come momento di passaggio ad una vita più piena (già Gesù aveva parlato delle doglie del<br />
parto in Gv 16,21).<br />
C’è infatti un altro piccolo nel sogno, il fratellino morto e che non può bere. Per entrambe Perpetua sa di<br />
poter contare sulla forza della preghiera che le viene dall’approssimarsi sempre più certo del suo martirio.<br />
“Pochi giorni dopo, mentre siamo tutti raccolti in preghiera, mi venne all’improvviso<br />
di fare a voce alta il nome di Dinocrate. Mi stupii che non mi fosse venuto in mente<br />
prima, bensì solo in quel momento, e provai un gran dolore al ricordo della sua<br />
disgrazia. Compresi all’istante che ero diventata degna di intercedere per lui, e che lo<br />
dovevo fare. La notte stessa ebbi questa visione. Vidi Dinocrate uscire da un luogo<br />
tenebroso, dov’erano in molti, tutto accalorato e assetato, d’aspetto ripugnante, d’un<br />
pallore mortale e, sul volto, la ferita che aveva al momento della morte. (Questo<br />
Dinocrate era stato un mio fratello carnale, morto orribilmente a sette anni per un<br />
20 Sui sogni si vedano le profonde analisi di M. Zambrano, I sogni e il tempo, Bologna 2004, 107ss.<br />
26
tumore che lo aveva colpito al viso, e perciò la sua morte aveva suscitato l’orrore e il<br />
compianto di tutti. Era per lui che avevo pregato). Ma la distanza che ci separava era<br />
grande: non avremmo potuto in alcun modo avvicinarci, né lui a me né io a lui. Dove<br />
si trovava Dinocrate c’era una vasca piena d’acqua il cui bordo superava in altezza la<br />
statura del fanciullo. Dinocrate, nel tentativo di bere, si protendeva con tutte le sue<br />
forze. E io provavo un gran dolore vedendo che, pur essendo la vasca piena d’acqua,<br />
l’altezza del bordo gli impediva di bere. Qui mi svegliai e compresi che mio fratello<br />
era in difficoltà, ma confidai di riuscire in qualche modo ad aiutarlo. E pregai per lui<br />
ogni giorno, finchè non fummo trasferiti nella prigione militare… pregai per lui<br />
giorno e notte, gemendo e lacrimando, perché mi fosse concessa la grazia.”<br />
Il ricordo di Dinocrate, il fratellino morto, le sovviene durante la preghiera. Lei stessa sarà una ulteriore<br />
figlia morta per il padre. Perpetua prova grande dolore al ricordo della disgrazia accaduta al fratellino. Ma<br />
in quel momento capisce che la sua condizione di prossima martire la rende degna di pregare per lui e che<br />
doveva farlo. È la fede nella forza e nel privilegio della preghiera dei martiri.<br />
La distanza che li separa ricorda da vicino le parole di Lc 16,26 21 ma forse Perpetua la vive col dolore che la<br />
separa dal figlio o forse comprende quello del padre; si parla di un ‘luogo’ a più riprese (7,4.7) per forza di<br />
cose perché il sogno è visivo. 22 L’elemento della sete e del calore ricordano tanto quella del bimbo strappato<br />
alle mammelle e della mastite che Perpetua rischia; il fratellino non può bere… come il suo figlioletto.<br />
Perpetua prova grande dolore per vedere che Dinocrate non può bere non perché l’acqua non ci sia (non<br />
perché le sue mammelle non abbiano latte), ma perché lui non può arrivarci, come il suo bimbo. Perpetua si<br />
sveglia ed ha la certezza di poterlo aiutare. Nei giorni successivi prega per lui ogni giorno e chiede la grazia<br />
e poi viene trasferita. È lei dunque che cambia luogo! Avvicinandosi sempre più concretamente alla sua<br />
morte.<br />
Il successivo sogno avvenne dopo qualche tempo:<br />
“Il giorno stesso in cui fummo messi in ceppi, durante la notte ebbi questa visione.<br />
Vidi quello stesso luogo che avevo visto la volta precedente, e Dinocrate ben lavato,<br />
ben vestito e in salute; dove aveva la ferita, vedo una cicatrice; e la vasca che già<br />
conoscevo aveva il bordo abbassato all’altezza dell’ombelico del fanciullo, e l’acqua<br />
sgorgava senza posa. Sul bordo c’era una coppa d’oro piena d’acqua. Dinocrate si<br />
accostò e bevve da quella, e l’acqua nella coppa non veniva meno. Saziata la sete,<br />
prese a giocare e a divertirsi con l’acqua, come fanno i bambini. Qui mi svegliai, e<br />
compresi che era stato liberato dalla pena.”<br />
Fa quindi il secondo sogno mente lei è messa in ceppi: ora l’acqua è raggiungibile, sgorga senza posa (il<br />
contrario di ciò che è avvenuto alle sue mammelle) e anzi non viene meno; Dinocrate può bere e sazia la sua<br />
sete e torna a giocare… come fanno i bambini.<br />
La consapevolezza che Dinocrate, con tutto ciò che il suo simbolo raduna, è liberato dalla pena, ora è piena.<br />
Il miracolo alle mammelle è avvenuto; può avvenirne un altro.<br />
Cosa troviamo davvero in più in questo sogno se non gli elementi comuni della fede del tempo? Certo è<br />
bello vedere con quanta grinta Perpetua è pienamente cosciente del suo destino di martire per la fede e come<br />
maturi anche tra i dolori per i suoi affetti umani, la sua convinzione che la sua vera maternità e figliolanza,<br />
messe a così dura prova nel processo, si realizzeranno nel dare la sua vita piuttosto che nel conservarla. La<br />
forza della preghiera la lega e la legherà ai suoi cari anche oltre la morte. La ferita diventerà una cicatrice. Il<br />
dolore e la mancanza, l’assenza e la distanza, potranno mutarsi in gioia (Gv 16,20-22 23 ; Rm 8,20-21), la<br />
stessa gioia che Perpetua provava guardando il suo bambino giocare.<br />
21 “Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non<br />
possono, né di costì si può attraversare fino a noi”.<br />
22 Le Goff nota che sebbene oggi il purgatorio non sia considerato propriamente un luogo, ma generalmente<br />
uno stato, alle origini l’idea di luogo ha avuto un ruolo di prima importanza per il costituirsi della credenza<br />
(cfr. 18). Ciccarese (La nascita, 143) lo critica in questo, cercando di dimostrare come Dinocrate sia in un<br />
diverso stato. Non vedo però la necessità di questa dimostrazione, dal momento che Tertulliano ne parla<br />
come un luogo, - che non è troppo un problema all’interno della sua concezione in cui l’anima è materiale -<br />
e anche qui lo spostamento di luogo di Perpetua è abbastanza importante.<br />
23 “Sarete rattristati, ma la vostra tristezza sarà cambiata in gioia. La donna, quando partorisce, prova dolore,<br />
perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'angoscia per la<br />
gioia che sia venuta al mondo una creatura umana. Così anche voi siete ora nel dolore; ma io vi vedrò di<br />
nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia”.<br />
27
Perpetua cioè nutre grande certezza di poter aiutare le persone a lei care entrando in una nuova forma di<br />
relazioni che vanno oltre l’essere madre, figlia, sorella, sposa. Con i fratelli di fede lei è amica, sostegno,<br />
riceve e dà conforto. Spesso ci sono delle tipologie del femminile che relegano le donne all’interno dei ruoli<br />
tradizionali di sposa, madre, figlia che rischiano di restringere le infinite possibilità e gamma di relazioni<br />
che la nuova vita in Cristo apre.<br />
Nell’ultima visione, che è il testo più problematico, è quella del combattimento con un grande Egiziano,<br />
Perpetua viene portata nell’arena e ella dice di sé: “fui spogliata a fui fatta maschio” (10,7). Le<br />
interpretazioni sono varie. Perché questo diventare maschio? Il motivo apparteneva ad una certa tradizione<br />
gnostica che vi attribuiva l’idea di un abbandono della femminilità, perché la femminilità è secondaria, è<br />
indice di debolezza e tutto sommato non è considerata essere ad immagine di Dio. Per raggiungere lo stato<br />
spirituale dell’umanità perfetta cioè quella maschile quindi la donna doveva rendersi virile o farsi vergine<br />
(virgo da vir). Però si può anche pensare che in questo testo Perpetua dimostri la coscienza di aver raggiunto<br />
in quanto martire quella pienezza della statura di Cristo di cui parla Ef 4,13, che si indossa allorché ci si<br />
spoglia dell’uomo vecchio (Ef 4,22.24; Col 3,9-10). È la presa di coscienza della sua assimilazione a Cristo.<br />
Una representatio Christi al femminile. C’era un altro caso simile con la martire Blandina, una dei martiri di<br />
Lione: il testo dice che fu appesa al palo e che in lei i fratelli vedevano Cristo: un corpo femminile che può<br />
rappresentare Cristo?<br />
Perpetua non rifiuta la sua femminilità, però supera gli schemi ad essa tradizionalmente connessi.<br />
Infine, abbiamo visto un aspetto giocoso del Dio di perpetua, un aspetto che torna anche nella visione<br />
conclusiva, che è riportata però da Saturo, il compagno di prigionia: dopo aver subito il martirio essi<br />
ascendono insieme per una strada paradisiaca e giungono al cospetto di un vegliardo e di quattro anziani che<br />
dicono loro:<br />
“Andate a giocare”. Saturo dice a Perpetua: “Era questo che aspettavi?” e Perpetua<br />
disse: “Siano rese grazie a Dio poiché come sono stata allegra in vita così ancor più<br />
posso esserlo anche qui”.<br />
L’ultima parola di Perpetua è di gioia e allegria. Un Dio giocoso, il suo, un Dio delle cicatrici.<br />
[LETTURA DALL’ANTOLOGIA 2]<br />
e. Papia di Gerapoli (+ 130 ca.)<br />
Di Papia non si sa praticamente nulla, tranne che fu vescovo di Hierapolis in Frigia (Asia<br />
Minore) nei primi decenni del II secolo, e che scrisse un'opera in cinque libri intitolata<br />
Esposizione degli oracoli del Signore. Era amico di Policarpo e discepolo di Giovanni.<br />
Due dei suoi frammenti forniscono la testimonianza più antica di tradizioni sulla<br />
composizione dei vangeli di Marco e di Luca: Marco sarebbe stato l'interprete di Pietro e<br />
avrebbe messo per iscritto il contenuto delle predicazioni di quest'ultimo; Matteo, da parte<br />
sua, avrebbe composto in lingua semitica una raccolta degli "oracoli" del Signore, che<br />
sarebbe stata oggetto di diverse traduzioni in greco, più o meno imperfette.<br />
Millenarismo (cfr. Ap 20,2-6) 24<br />
Eusebio di Cesarea nella sua Storia della chiesa, informa che il vescovo di Hierapolis era<br />
un sostenitore - anzi, secondo lui, l'inventore, il che è certamente falso - del<br />
millenarismo, una dottrina che annunziava un regno terreno del Cristo con i santi su<br />
questa terra subito prima della fine del mondo. Eusebio, avversario del millenarismo, ne<br />
trasse motivo per affermare la scarsa intelligenza di Papia, ma tale giudizio è<br />
evidentemente viziato dalla sua propria posizione teologica. Amico di Policarpo e<br />
discepolo di Gv. Testimone del passaggio dalla tradizione orale a quella scritta.<br />
24 CFR. C. NARDI (ed.), Il millenarismo. Testi dei secoli I-II, (Biblioteca patristica), Ed. Dehoniane,<br />
Bologna 1995.<br />
28
Si tratta di una idea di origine giudaica, presente nella sua versione cristiana in Giustino, Ireneo, Tertulliano,<br />
i quali richiamandosi ad Ap 20,4-6 che prevede due resurrezioni, prospettano un periodo prima della<br />
seconda risurrezione, la finale, che i giusti passerebbero sulla terra assieme a Cristo nella gioia. È una<br />
escatologia con espliciti caratteri collettivi e che denota una attesa escatologica ancora molto forte. Il<br />
millenarismo ha tuttavia declinazioni diverse in ciascun padre. In Ireneo esso dimostra l’unità dell’uomo,<br />
l’unicità di Dio e l’unità della storia della salvezza. Il Dio dell’AT, che ha plasmato l’uomo, che ha<br />
promesso la terra (Is; Ger, Ez) è lo stesso che anche la darà ai giusti alla risurrezione (V,34.36,3; Ap).<br />
f. Epistola di Barnaba (125-150 ca)<br />
Autore<br />
Attribuita a B. ma il testo non fa parola dell’autore. Non è una lettera ma un trattato<br />
teologico generale.<br />
Struttura<br />
Scritta dopo 70 (si allude alla distruzione del tempio) tra il 96-98 oppure 130-131.<br />
21 capp:<br />
1-17: sezione teorica;<br />
parla di “perfetta gnosis”;<br />
fa una forte critica al modo di interpretare letterale degli ebrei di interpretare la S.<br />
Scrittura;<br />
l’atteggiamento nei confronti dell’Antico Testamento è molto negativo;<br />
antigiudaismo<br />
presenta una interpretazione allegorica dell’AT<br />
Capp. 18-21: sezione morale; presenta la dottrina delle due vie (ma intesa come lucetenebre)<br />
Teologia<br />
Cristologia della preesistenza di Cristo (5,10-11); cristologia alta.<br />
Battesimo: cap 6; 3; 11<br />
Celebrazione della domenica cap 15,8<br />
Millenarismo (alessandria? Siria?)<br />
Osservazioni<br />
Collocata nei manoscritti del NT dopo l’Ap<br />
Clemente la cita e lo attribuisce a Barnaba, amico di Paolo.<br />
Origene lo considera canonico<br />
Per Eusebio è controverso<br />
Per Girolamo è apocrifo<br />
g. Il Pastore di Erma (140-150 ca)<br />
Data<br />
Compilata 140-150 (Erma è fratello di papa Pio) da testi del 95-100 (cita Clemente).<br />
Scritto di tipo apocalittico. Rivelazioni a Erma a Roma da parte di una donna e un<br />
angelo/pastore.<br />
Struttura<br />
29
5 Visioni: autobiografia. Perdono dei peccati dopo il battesimo<br />
12 Precetti: Dio creatore, carità, preghiera.<br />
10 Parabole: cristologia arcaica, angelo-Cristo; adozionismo: Dio, Figlio di Dio=Spirito<br />
santo; Gesù=salvatore- Cristo non è detto theos, cristologia giudaizzante, bassa.<br />
Tema: penitenza<br />
Problema della penitenza: Erma vuole evitare i due opposti estremismi, il rigorismo<br />
eccessivo che negava la possibilità della penitenza per i peccati commessi dopo il<br />
battesimo, e il lassismo: la penitenza è possibile e deve essere attuata finché dura questa<br />
esistenza terrena, dice Erma.<br />
Esiste una penitenza dopo il battesimo<br />
Ha valore universale, nessuno escluso neppure il più grave dei penitenti<br />
La correzione deve essere immediata<br />
Ha come fine la conversione, santità<br />
Osservazioni<br />
Cristologia adozionista<br />
Cristo non è detto theos; cristologia giudaizzante<br />
Dottrina trinitaria strana: Padre, Spirito Santo(figlio di Dio), Salvatore uomo;<br />
Geistchristologie<br />
30
Capitolo II. Apocrifi [l’ortodossia e l’eresia]<br />
J.P. Meyer, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. 1. Le radici del problema, pp. 106-156.<br />
1. COSA SI INTENDE PER APOCRIFI<br />
Apocryphos: vari significati (mutamento di valutazione)<br />
= segreto; presso gli gnostici intende un libro la cui lettura è riservata ai soli<br />
iniziati e richiede iniziazione; l’insegnamento era segreto (cfr. Vang. Tomm 1).<br />
Indica scritti accolti da alcune chiese fino al II o III sec e consigliati per la lettura<br />
privata (segreta) e non pubblica.<br />
Più tardi: sinonimo di falso<br />
Extracanonici<br />
Cosa intendono i padri per 'apocrifi':<br />
1.Scritti di origine sconosciuta e di falsa attribuzione ad un autore (con l’intenzione di<br />
richiamarsi a Gesù)<br />
2.Scritti che assieme a dati utili contengono errori dottrinali<br />
3.Scritti non ammessi alla lettura pubblica = non canonici<br />
4.Scritti eretici o usati dagli eretici<br />
Si tratta in realtà di scritti molto diversi tra loro che richiedono ciascuno uno studio<br />
particolare, non sempre influenzato dal confronto con gli scritti canonici.<br />
Dal punto di vista storico essi sono importantissimi (“pseudoepigrafi”, testi della<br />
letteratura cristiana antica, apocrifi cristiani antichi) e arricchiscono non solo la nostra<br />
conoscenza del cristianesimo antico ma anche dei canonici.<br />
Non vanno considerati in blocco; si tratta di testi molto diversi per genere e provenienza.<br />
Ciascuno merita uno studio particolare. Alcuni contengono tradizioni in sintonia con i<br />
canonici.<br />
In larga parte siamo in campo pietrisco, prodotto dalla immaginazione pia e sfrenata di<br />
alcuni cristiani (cfr. vangeli dell’infanzia).<br />
2. TIPI E GENERI LETTERARI<br />
Apocrifi AT<br />
Riferiti a personaggi dell’AT. Non sono solo cioè scritti da ebrei ma anche scritti con<br />
interpolazioni cristiane (testam. dei 12 patriarchi; Apoc. Esdra)<br />
Ambiente palestinese<br />
Ambiente ellenistico<br />
Libro di Enoch (canonico per Ep. Barnaba e Origene, chiesa etiopica; condannato dalle costituzioni<br />
apostol.)<br />
Assunzione di Mosè<br />
Assunzione di Isaia<br />
III libro di Esdra (canonico per alcuni padri)<br />
Apocalisse di Esdra o IV Esdra<br />
Libro di Enoch slavo<br />
Apocrifo di Ezechiele<br />
31
Apocrifi del NT<br />
I grandi ritrovamenti di<br />
Nag Hammadi: 1945: 52 testi gnostici.<br />
Manoscritti del Mar Morto: 1947-1956, testi dell’AT, origine giudaica.<br />
Gli apocrifi del NT sono di ambiente cristiano.<br />
Genere letterario e intenzione<br />
Vangeli (extracanonici):<br />
Cosa si intende per vangelo? È una forma speciale dell’antica biografia? Un genere distinto? Secodno<br />
Meyer: un vangelo è la narrazione delle parole-azioni di Gesù di Nazareth culminanti con la morte e la<br />
risurrezione e tale narrazione intende comunicare ad un uditorio credente gli effetti salvifici di tali<br />
avvenimenti.<br />
Trattano di Gesù e famiglia. Secondo Origene non godno della stessa autorità dei canonici.<br />
TIPO SINOTTICI<br />
Ambiente giudeocristiano<br />
o Agrapha<br />
o Vangelo degli ebrei (citato come canonico; giudeocristiani ortodossi; II sec; riadattamento<br />
di Mt ebraico? Usato pacificamente nelle com cristiane)<br />
o Vangelo degli ebioniti (non accettano s.Paolo; vs sacrifici; III sec.; usato dai<br />
giudeocristiani)<br />
o Vangelo dei Nazareni (tra giudeocristiani ortodossi) da identificarsi forse col Vangelo<br />
ebreo<br />
o Vangelo degli Egiziani (encratita; origine gnostica)<br />
o Vangelo di Pietro (passione; docetista; 2 metà II sec.; cfr peri pascha di Melitone di<br />
Sardi)<br />
Non sono intatti ma frammentarie spesso restituitici da citazioni patistiche<br />
Insegnamenti chiaramente eterodossi<br />
o Vangelo di Tommaso (manicheo?, gnostico, naasseno?; Origene Cirillo; copto metà del III<br />
sec. )<br />
o Vangelo di Mattia (basilidiani)<br />
o Pistis Sophia<br />
o Vangelo di Giuda<br />
o Vangelo di Marcione<br />
Suppliscono con l’immaginazione alla curiosità popolare alle lacune dei canonici<br />
o Vangelo dell’infanzia secondo Tommaso (VI)<br />
o Protovangelo di Giacomo (=vangeli dell’infanzia; Clemente e Origene, Giustino; II sec;<br />
Alessandria? IV sec; Decretum Gelasianum =eretico)<br />
o Vangelo arabo dell’infanzia (rimaneggia i primi due con aggiunte bizzarre)<br />
o Transitus Mariae (liturgia)ù<br />
o Storia araba di Giuseppe il falegname (IV-V sec)<br />
o Vangelo di Nicodemo<br />
Formata da Atti di Pilato (antichi; rapporto ufficiale di Pilato a Claudio/Tiberio<br />
197); dibattiti del sinedrio sulla risurrezione e descensus ad inferos<br />
La letteratura su Pilato è amplissima fino al medio evo<br />
o Vangelo di Filippo (ascetismo gnostico; III sec)<br />
o Vangelo di Mattia (clemente)<br />
Epistole<br />
o 3 Corinzi<br />
o ai Laodicesi (per alcuni canonica)<br />
o agli alessandrini<br />
Atti<br />
Nascono dal desiderio di sapere di più sui viaggi e al predicazione degli apostoli, sulla linea del romanzo<br />
ellenistico. Spesso lo scopo e di confermare opinioni eterodosse<br />
Atti di Andrea(260), Giovanni(150-180), Paolo (priscillianisti e manichei)<br />
Atti di Tommaso (entratiti, manichei, priscillianisti)<br />
Dal IV secolo espunti e rimaneggiati per essere accolti dai fedeli<br />
Atti di Paolo (190;= atti di Paolo e Tecla, corrispondenza s.Paolo e i corinzi; martirio di S.<br />
Paolo)<br />
32
Atti di Pietro (190; docetismo gnostico)<br />
Atti di Tommaso (siriano III sec; bardesaniani; inno dell’anima)<br />
Letture edificanti<br />
Atti di Filippo, Barnaba, Taddeo (Abgar e Gesù; III sec)<br />
Atti di Andrea e Mattia<br />
Atti di Pietro e Andrea<br />
Atti di Paolo e Andrea<br />
Atti di Andrea e Bartolomeo<br />
Pseudoclementine<br />
Apocalissi<br />
o Molti non ci sono giunti<br />
o Apocalisse di Pietro (falso o ispirato)<br />
o Oracoli sibillini<br />
3. INTENZIONE<br />
Affiora il desiderio di fissare per iscritto quanto una tradizione orale attribuiva a<br />
Cristo e ai discepoli<br />
Derivano come risposta a esigenze della curiosità popolare, per colmare il<br />
silenzio dei vangeli sui 30 anni della vita nascosta di Gesù.<br />
Manipolando testi canonici cercano di avallare una propria interpretazione o<br />
legittimare l’eresia (Vangelo di Giuda dei cainiti; Vangelo di Basilide; i racconti<br />
canonici in questi scritti vi formano la trama per delle rivelazioni gnostiche)<br />
Gli apocrifi tardivi hanno un interesse apologetico o dogmatico, per chiarificare.<br />
Si tratta anche di una forma di predicazione e catechesi di grande influsso<br />
letterario, liturgico, artistico, devozionale.<br />
Non offrono dati assolutamente nuovi alla rivelazione biblica, ma sono<br />
insostituibili per la conoscenza storica.<br />
In sintesi:<br />
Vogliono richiamarsi a Gesù<br />
Vogliono chiarificare alcuni punti per la comprensione popolare<br />
Intendono riportare tradizioni antiche o credute tali<br />
[LETTURA DALL’ANTOLOGIA 2]<br />
33