inventario dell'archivio storico degli spedali riuniti di pistoia
inventario dell'archivio storico degli spedali riuniti di pistoia inventario dell'archivio storico degli spedali riuniti di pistoia
Spedali Riuniti commissario, dette la ‘vedova dei lattanti’ e la ‘vedova dei divezzi’, che percepivano ciascuna uno stipendio di cinque scudi ed una lira al mese. In caso di particolare affluenza di bambini il commissario poteva ricorrere all’aiuto di ragazze gettatelle, destinandole provvisoriamente all’assistenza e alla custodia delle creature. Una parte a se stante del regolamento riguardava la scuola che comprendeva gli insegnamenti di medicina pratica, istituzioni chirurgiche, anatomia, casi pratici, operazioni ed ostetricia. I giovani ammessi ai corsi erano distinti in due classi, la prima detta di praticanti esterni e l’altra di praticanti dell’ospedale. Sia gli uni che gli altri erano giovani laureati che seguivano tali corsi per accrescere la propria esperienza. Prima dell’ammissione gli aspiranti allievi erano sottoposti ad un esame, condotto dal sovrintendente ed alla presenza del commissario, in cui erano verificate le loro conoscenze di latino, geometria e dialettica. I praticanti, sia esterni che interni, erano poi ripartiti in tre classi. Nella prima, detta dei ‘novizi’, si impartivano lezioni di anatomia e istituzioni chirurgiche per almeno due anni. Nella seconda, detta degli ‘anziani’, i praticanti seguivano per ulteriori due anni lezioni di chirurgia pratica e ostetricia con esercitazioni di anatomia. Nella terza classe, detta dei ‘giovani chirurghi’, e della durata di altri due anni, si proseguivano le lezioni di chirurgia e ostetricia ma si dava maggior spazio alle esercitazioni pratiche. Per poter passare da una classe all’altra e per poter accedere ai posti di assistenti, gli allievi dovevano superare alcuni esami. Le Oblate, addette al servizio delle inferme, erano considerate a tutti gli effetti parte della famiglia ospedaliera. Vivevano in comune nell’annesso conservatorio, non erano sottoposte ad alcun voto od istituto religioso ed erano mantenute a spese degli Spedali. Il loro numero non doveva essere maggiore di 19. Le Oblate erano dirette da una priora e coadiuvate nell’assistenza da otto serventi secolari dirette da una vedova col titolo di caporala. A seguito dell’unificazione dei due istituti, si procedette ad un accertamento della consistenza patrimoniale. Per quanto riguardava San Gregorio esso venne stimato in scudi 303.618, compresi i crediti infruttiferi, con rendita annua pari a scudi 6148. Nel 1785 si procedette alla liquidazione del debito accumulato verso S. Maria Nuova, ammontante a scudi 6358. In questi stessi anni vennero emessi diversi motupropri 35 a favore degli Spedali, anche 35 Motuproprio del 14 agosto 1784: decreta l’incameramento nel patrimonio dell’Ospedale, dei beni del soppresso monastero di S. Maria delle Grazie. Biglietto della segreteria di Finanza del 16 settembre 1784: conferma l’esenzione delle gabelle sui contratti. Motuproprio del 13 ottobre 1784: decreta l’esonero dal pagamento della responsione annua dovuta dal patrimonio di San Gregorio in favore del Conservatorio degli Orfani e delle Scuole Regie delle Povere Ragazze. Motuproprio del 30 novembre 1784: decreta l’aumento dell’elemosina del sale in favore dei due Ospedali. 258
Spedali Riuniti se il maggior vantaggio si ottenne grazie alla legge sulle manimorte dell’11 febbraio 1751 36 . Le balie e i lattanti di San Gregorio vennero trasferiti nella nuova fabbrica, posta in via del Ceppo il 21 aprile 1786 e l’antica sede venduta al Patrimonio Ecclesiastico. Sotto il granducato di Ferdinando III, l’opera riformatrice del padre non venne proseguita. Con Motuproprio dell’8 febbraio 1792 Ferdinando nominò una commissione per riesaminare i regolamenti degli ospedali e porre rimedio alle eccessive uscite. A seguito dei lavori della Commissione, con i motupropri del 6 giugno e del 13 agosto 1793 si giunse alla modifica del regolamento in ambito economico, disciplinare, assistenziale e scolastico. Si procedette alla riduzione degli stipendi ed alla soppressione di alcuni incarichi, sia del personale impiegatizio che medico, l’assistenza spirituale fu tolta ai Cappuccini ed affidata ai frati minori osservanti di Giaccherino, le cattedre furono ridotte a due ed il numero degli allievi passò ad otto. Per sovvenire alla carenza di assegnamenti si procedette all’incameramento dei resti del Patrimonio Ecclesiastico. Durante il governo francese, dal 1807 al 1814, a causa della cattiva gestione del patrimonio, dati i continui balzelli e l’impossibilità di riscuotere diverse rendite, le condizioni economiche dell’ospedale andarono peggiorando. La situazione fu aggravata anche dal fatto che furono posti a carico dell’ospedale i militari, gli incurabili e le prostitute. Ripristinati i precedenti ordinamenti, Ferdinando III con motuproprio del 21 gennaio 1816 rinunziò ai beni provenienti dalle soppresse corporazioni religiose 37 già facenti parte del patrimonio della Corona, assegnandoli a vantaggio degli ospedali ed agli istituti di educazione ed istruzione. In base a tale riforma spettarono agli Spedali Riuniti circa £ 70.000. Con notificazione del 4 ottobre 1816 vennero decretate a vantaggio degli enti assistenziali gli introiti derivanti da alcuni proventi e tasse. Al fine di rimediare agli squilibri finanziari degli ospedali e luoghi pii del Granducato, con motuproprio del 2 settembre 1816 e successiva notificazione del 19 settembre 38 , il Granduca nominò una speciale Deputazione Centrale, coadiuvata da deputazioni locali, che Motuproprio del 18 gennaio 1785: decreta la concessione gratuita di 20.000 libbre di ferro per supplire all’aumentato bisogno di letti e della fabbrica. Motuproprio dell’8 novembre 1785: decreta un prestito gratuito di 5000 scudi dalla Cassa del Patrimonio Ecclesiastico per i lavori alla fabbrica. Motuproprio del 2 aprile 1786: decreta che sia effettuato a carico del Comune di Pistoia il trasporto dei cadaveri dall’ospedale al Camposanto. 36 Cantini, vol. XXVI, pp. 314-317. 37 Tali beni vennero amministrati dalla Regia Depositeria. 38 Leggi del Granducato della Toscana pubblicate dal primo di gennaio 1816 per ordine di tempi, Firenze, Stamperia Granducale, 1816, pp. 84-88. 259
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commissario, dette la ‘vedova dei lattanti’ e la ‘vedova dei <strong>di</strong>vezzi’, che percepivano ciascuna<br />
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all’assistenza e alla custo<strong>di</strong>a delle creature.<br />
Una parte a se stante del regolamento riguardava la scuola che comprendeva gli<br />
insegnamenti <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina pratica, istituzioni chirurgiche, anatomia, casi pratici, operazioni ed<br />
ostetricia. I giovani ammessi ai corsi erano <strong>di</strong>stinti in due classi, la prima detta <strong>di</strong> praticanti<br />
esterni e l’altra <strong>di</strong> praticanti dell’ospedale. Sia gli uni che gli altri erano giovani laureati che<br />
seguivano tali corsi per accrescere la propria esperienza. Prima dell’ammissione gli aspiranti<br />
allievi erano sottoposti ad un esame, condotto dal sovrintendente ed alla presenza del<br />
commissario, in cui erano verificate le loro conoscenze <strong>di</strong> latino, geometria e <strong>di</strong>alettica. I<br />
praticanti, sia esterni che interni, erano poi ripartiti in tre classi. Nella prima, detta dei<br />
‘novizi’, si impartivano lezioni <strong>di</strong> anatomia e istituzioni chirurgiche per almeno due anni.<br />
Nella seconda, detta <strong>degli</strong> ‘anziani’, i praticanti seguivano per ulteriori due anni lezioni <strong>di</strong><br />
chirurgia pratica e ostetricia con esercitazioni <strong>di</strong> anatomia. Nella terza classe, detta dei<br />
‘giovani chirurghi’, e della durata <strong>di</strong> altri due anni, si proseguivano le lezioni <strong>di</strong> chirurgia e<br />
ostetricia ma si dava maggior spazio alle esercitazioni pratiche. Per poter passare da una<br />
classe all’altra e per poter accedere ai posti <strong>di</strong> assistenti, gli allievi dovevano superare alcuni<br />
esami.<br />
Le Oblate, addette al servizio delle inferme, erano considerate a tutti gli effetti parte<br />
della famiglia o<strong>spedali</strong>era. Vivevano in comune nell’annesso conservatorio, non erano<br />
sottoposte ad alcun voto od istituto religioso ed erano mantenute a spese <strong>degli</strong> Spedali. Il loro<br />
numero non doveva essere maggiore <strong>di</strong> 19. Le Oblate erano <strong>di</strong>rette da una priora e coa<strong>di</strong>uvate<br />
nell’assistenza da otto serventi secolari <strong>di</strong>rette da una vedova col titolo <strong>di</strong> caporala.<br />
A seguito dell’unificazione dei due istituti, si procedette ad un accertamento della<br />
consistenza patrimoniale. Per quanto riguardava San Gregorio esso venne stimato in scu<strong>di</strong><br />
303.618, compresi i cre<strong>di</strong>ti infruttiferi, con ren<strong>di</strong>ta annua pari a scu<strong>di</strong> 6148.<br />
Nel 1785 si procedette alla liquidazione del debito accumulato verso S. Maria Nuova,<br />
ammontante a scu<strong>di</strong> 6358.<br />
In questi stessi anni vennero emessi <strong>di</strong>versi motupropri 35 a favore <strong>degli</strong> Spedali, anche<br />
35<br />
Motuproprio del 14 agosto 1784: decreta l’incameramento nel patrimonio dell’Ospedale, dei beni del<br />
soppresso monastero <strong>di</strong> S. Maria delle Grazie.<br />
Biglietto della segreteria <strong>di</strong> Finanza del 16 settembre 1784: conferma l’esenzione delle gabelle sui contratti.<br />
Motuproprio del 13 ottobre 1784: decreta l’esonero dal pagamento della responsione annua dovuta dal<br />
patrimonio <strong>di</strong> San Gregorio in favore del Conservatorio <strong>degli</strong> Orfani e delle Scuole Regie delle Povere Ragazze.<br />
Motuproprio del 30 novembre 1784: decreta l’aumento dell’elemosina del sale in favore dei due O<strong>spedali</strong>.<br />
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