marzo 2013 - I Siciliani giovani

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03.06.2013 Views

Nella crisi e sofferenza profonde che caratterizzano l’attuale stagione politica italiana una parte importante hanno le “parole”, la perdita del loro significato comune, il loro uso distorto o deviato. Quando si tratta di legalità e di giustizia, le parole più frequenti – ormai - sono quelle malate o false. Sintomo di un malessere grave Sono parole malate (elencarle comporta un esercizio di… masochismo) quelle usate per denigrare i magistrati definendoli faziosi, matti, cancro da estirpare, associati per delinquere, disturbati mentali, antropologicamente diversi dal resto della razza umana, figure orribili e inique, peggiori del fascismo, maledetti dal Vangelo... Parole malate che sono sintomo di un grave malessere della politica, in quanto favoriscono - sfiduciando pregiudizialmente un’istituzione fondamentale dello stato - la desertificazione delle coscienze. Parole, quindi, che se possono andar bene a qualcuno per un comizio o per vincere una partita politico-giudiziaria, sono comunque causa di gravi perdite per tutti, a destra come a sinistra, perchè www.isiciliani.it Neolingua Parole false contro la giustizia di Gian Carlo Caselli contribuiscono a deteriorare il senso morale del nostro Paese. E così una società non regge. Poi ci sono le parole false: accanimento, persecuzione giudiziaria, politicizzazione dei magistrati, teoremi, uso della giustizia per fini politici, complotti, partito dei giudici, golpe, giacobinismo, giustizialismo, toghe rosse... Fino alle recentissime accuse di processi fatti solo per mettere qualcuno alla gogna massmediatica senza preoccuparsi più di tanto degli esiti. * * * Parole false, perché basate sul nulla (se si facessero finalmente parlare gli atti e i documenti: tacerebbero le bufale propagandistiche), ma ripetute con tanta ossessiva frequenza, impiegando le stesse tecniche pubblicitarie dei detersivi, che alla fine uno finisce per crederci o per subirle con rassegnata passività, accettando di usarle nel linguaggio corrente. Perché questo impiego massiccio, scientificamente organizzato, di parole false? Innanzitutto per squalificare chiunque osi dissentire dal “pensiero unico”, marchiandolo d’infamia ed espellendolo dal I Sicilianigiovani Sicilianigiovani – pag.6 campo di gioco. Poi per impedire qualunque confronto serio sui problemi della giustizia, riducendo tutto ad una spirale soffocante di luoghi comuni, slogan e falsità. Infine perchè parlare del falsamente presupposto colore delle toghe (rosso o azzurro) aiuta a non parlare dei problemi veri. Che sono poi questi: chi è accusato di corruzione, ha corrotto o no ? chi è accusato di aver avuto rapporti con la mafia, è stato o no colluso? Insomma, hanno corrotto o no? Ma le parole false servono soprattutto per delegittimare e scoraggiare i magistrati che abbiano la “sfortuna” di doversi occupare di certe materie. Si sa bene che a forza di calunniare, qualcosa alla fine resta sempre. E diventa sempre più sfumata la linea di confine fra aggressione ed intimidazione. Mentre si consolida il teorema (che le parole false hanno introdotto) secondo cui giustizia giusta – quando si tratta di imputati che contano – è quella che assolve; mentre quella che osa indagare o addirittura ( a volte capita...) condannare è giustizia ingiusta, giustizia iniqua, da bollare con campagne mediatiche feroci.

Firenze, con Libera, il primo giorno di primavera. Dovevate esserci per capire le ragioni vere della forza delle mafie. “Mio padre era maresciallo dei carabinieri. Venne ucciso in piazza mentre il suo superiore prendeva il caffè con il boss e per non restare coinvolto nella sparatoria tirò giù la serranda del bar. Quando l’Arma, dopo un’indagine interna, punì il superiore con un trasferimento, il consiglio comunale gli manifestò invece ufficialmente la sua gratitudine”. “Cercavo protezione per mia figlia contro quei delinquenti. Chiesi al maresciallo di potergli parlare. Mi diede appuntamento di notte in una piazzola della superstrada ma non venne. Poi mi fece sapere di stare attenta, era meglio lasciar perdere, quei tipi erano pericolosi”. “Dopo le intimidazioni e gli attentati con cui cercavano di fermare la mia azione di sindaco, chiesi al prefetto più attenzione per quel che stava accadendo. Lui mi disse che davanti al mio portone non sarebbe stato acceso nemmeno un cerino. Un cerino no, ma la bomba che uccise mio padre sì”. Massimiliano e Maria Rosaria persero il padre Domenico Noviello, imprenditore con la schiena diritta, grazie a un oculista di Pavia che dichiarò la cecità del killer di camorra facendolo uscire dal carcere. Tracimano di queste www.isiciliani.it Società civile L'Italia che non si squaglia di Nando dalla Chiesa viltà i racconti che si inseguono il venerdì pomeriggio. La zona grigia, la vigliaccheria, la corruzione, la paura. La vera montagna che fa la differenza nella lotta contro la mafia. Una comunità sempre più grande Sono una comunità sempre più grande, i familiari. Perché i poteri criminali uccidono tutti gli anni. Perché c’è sempre chi decide di venire per la prima volta, come Cristina, la figlia di Bruno Caccia, il procuratore capo di Torino ucciso nell’83, appunto trent’anni fa. Perché c’è sempre qualcuno che prova a portare qui la sua domanda di giustizia dopo essersi viste sbattere in faccia tutte le porte del mondo. Centinaia di storie, un’infinità di umiliazioni come medaglie, che si fanno pezzo insanguinato ma dignitoso e indomito della più vasta storia d’Italia. Una società che non si piega Nomi e cognomi che intessuti insieme danno l’idea di uno Stato in cui credere, di una società che non si piega al denaro e alla convenienza. Recitati insieme, tra le strade e i monumenti del più grande Rinascimento della cultura occidentale. Le bandiere lilla, gialle e arancioni galleggiano sul fiume immenso di giovani. Si è raccolta un’umanità speciale: Bettina Caponnetto, la vedova novantenne del grande giudice I Sicilianigiovani Sicilianigiovani – pag.7 fiorentino, che sul palco sembra una regina, Cesare Prandelli che applaude con umiltà l’elenco delle vittime, figli che fissano muti negli occhi i padri o le madri al suono del “loro” nome, gli amministratori coraggiosi riuniti in “Avviso Pubblico”, quella irripetibile combinazione di lutto e di gioia che scoppia puntuale a questo appuntamento. Ecco in che cosa credere Ecco in che cosa credere, questa è materia che non si squaglia. Non percentuali di voto che vanno e vengono, non cariatidi in cerca di potere o rivoluzionari che guardano il proprio ombelico. Ma l’Italia che non si è voltata dall’altra parte. Sono i suoi valori, riassunti da centinaia di nomi, a dire ciò in cui si può credere, come hanno deciso di fare ieri le centocinquantamila persone arrivate da ogni parte d’Italia, ragazzi partiti in pullman alle quattro di notte, venuti a Firenze non per vedere la città, ma per esserci. Convinti che le bandiere della giustizia, della Costituzione e della lotta alla mafia siano quelle che vale la pena di tener sollevate. Sono loro che senza volerlo ripetono ai ciechi e agli orbi quel che Neruda rispose in poesia quando gli chiesero perché non parlasse delle nevi e dei vulcani del suo paese natale: “venite a vedere il sangue per le strade/ venite a vedere il sangue per le strade/ venite a vedere il sangue per le strade”.

Nella crisi e sofferenza profonde che<br />

caratterizzano l’attuale stagione politica<br />

italiana una parte importante hanno le<br />

“parole”, la perdita del loro significato<br />

comune, il loro uso distorto o deviato.<br />

Quando si tratta di legalità e di giustizia,<br />

le parole più frequenti – ormai - sono<br />

quelle malate o false.<br />

Sintomo di un malessere grave<br />

Sono parole malate (elencarle comporta<br />

un esercizio di… masochismo) quelle<br />

usate per denigrare i magistrati definendoli<br />

faziosi, matti, cancro da estirpare,<br />

associati per delinquere, disturbati mentali,<br />

antropologicamente diversi dal resto<br />

della razza umana, figure orribili e inique,<br />

peggiori del fascismo, maledetti dal<br />

Vangelo...<br />

Parole malate che sono sintomo di un<br />

grave malessere della politica, in quanto<br />

favoriscono - sfiduciando pregiudizialmente<br />

un’istituzione fondamentale dello<br />

stato - la desertificazione delle coscienze.<br />

Parole, quindi, che se possono andar<br />

bene a qualcuno per un comizio o per<br />

vincere una partita politico-giudiziaria,<br />

sono comunque causa di gravi perdite<br />

per tutti, a destra come a sinistra, perchè<br />

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Neolingua<br />

Parole false<br />

contro la giustizia<br />

di Gian Carlo Caselli<br />

contribuiscono a deteriorare il senso morale<br />

del nostro Paese. E così una società<br />

non regge.<br />

Poi ci sono le parole false: accanimento,<br />

persecuzione giudiziaria, politicizzazione<br />

dei magistrati, teoremi, uso della<br />

giustizia per fini politici, complotti, partito<br />

dei giudici, golpe, giacobinismo, giustizialismo,<br />

toghe rosse... Fino alle recentissime<br />

accuse di processi fatti solo<br />

per mettere qualcuno alla gogna massmediatica<br />

senza preoccuparsi più di tanto<br />

degli esiti.<br />

* * *<br />

Parole false, perché basate sul nulla (se<br />

si facessero finalmente parlare gli atti e i<br />

documenti: tacerebbero le bufale propagandistiche),<br />

ma ripetute con tanta ossessiva<br />

frequenza, impiegando le stesse tecniche<br />

pubblicitarie dei detersivi, che alla<br />

fine uno finisce per crederci o per subirle<br />

con rassegnata passività, accettando di<br />

usarle nel linguaggio corrente.<br />

Perché questo impiego massiccio,<br />

scientificamente organizzato, di parole<br />

false?<br />

Innanzitutto per squalificare chiunque<br />

osi dissentire dal “pensiero unico”, marchiandolo<br />

d’infamia ed espellendolo dal<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag.6<br />

campo di gioco. Poi per impedire qualunque<br />

confronto serio sui problemi della<br />

giustizia, riducendo tutto ad una spirale<br />

soffocante di luoghi comuni, slogan e<br />

falsità. Infine perchè parlare del falsamente<br />

presupposto colore delle toghe<br />

(rosso o azzurro) aiuta a non parlare dei<br />

problemi veri. Che sono poi questi: chi è<br />

accusato di corruzione, ha corrotto o no ?<br />

chi è accusato di aver avuto rapporti con<br />

la mafia, è stato o no colluso?<br />

Insomma, hanno corrotto o no?<br />

Ma le parole false servono soprattutto<br />

per delegittimare e scoraggiare i magistrati<br />

che abbiano la “sfortuna” di doversi<br />

occupare di certe materie.<br />

Si sa bene che a forza di calunniare,<br />

qualcosa alla fine resta sempre. E diventa<br />

sempre più sfumata la linea di confine fra<br />

aggressione ed intimidazione. Mentre si<br />

consolida il teorema (che le parole false<br />

hanno introdotto) secondo cui giustizia<br />

giusta – quando si tratta di imputati che<br />

contano – è quella che assolve; mentre<br />

quella che osa indagare o addirittura ( a<br />

volte capita...) condannare è giustizia ingiusta,<br />

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