Notiziario del Centro Studi per la Val di Sole - Centro Studi Val di Sole

Direttore responsabile: Alberto Mosca - Autorizzazione Tribunale di Trento n° 173 del 10.03.1973 - Spedizione in abbonamento postale - 70% D.C.B. di Trento - Taxe Percue - Tassa Riscossa Malé (TN) - C.C.P. 15926389
ANNO XXXIX - 2011 GIUGNO-LUGLIO n. 2
Centro Studi
per la Val di Sole
Notiziario
del Centro Studi
per la Val di Sole

SOMMARIO
editoriale
3 Piccoli e belli, se ci parliamo
attività del centro studi
4 Una festa Val di Sole
6 Nuove tesi di laurea premiate alla Torraccia
7 Una rete per fare cultura
8 Il centro studi racconta i Thun
studi sulla val di sole
9 La Val di Sole e il Trentino ai tempi dell’unità:
i fatti tra il 1859 e il 1862
11 Solandri e nonesi nei diari del cardinale
Ernest Adalbert Harrach
12 Tra Pleistocene e Olocene: clima in Val di Sole
15 La chiesa e l’ospizio di Dimaro, tra storia e
leggenda
19 Rifugio Mantova al Vioz: tra storia e futuro
21 “Monti Pallidi” solandri: Dolomiti patrimonio
dell’umanità
26 Marino Dalla Torre: una opera inedita
cultura delle valli
28 Barbiana: una scuola viva che continua
a insegnare
30 Volontari! Facciamo la differenza!
32 Diventare attori: imparare a raccontare per
creare un’identità comune e condivisa
34 Memorie di guerra a Mulino Ruatti
36 A Forte Strino tra storia e letteratura
socialia
37 Socialia
REALIZZAZIONE GRAFICA E STAMPA:
ag. nitida immagine - cles
CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
38027 Malé - c/o Teatro Comunale
(venerdì ore 17.00 - 19.00)
Tel. e fax 0463.903085
c.c.p. 15926389
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Quota sociale euro 20,00
NUMERO SOCI 1900 - TIRATURA COPIE n. 2000
MUSEO DELLA CIVILTÀ SOLANDRA
Malé - Via Trento (ex Pretura) - direttore Federica Costanzi
MUSEO DELLA GUERRA BIANCA
Peio Paese - direttore Maurizio Vicenzi
BIBLIOTECA STORICA
Terzolas - palazzo della “Torraccia”
In copertina:
La mostra bibliografica di FestaVal di Sole (ph. Alberto
Mosca).
DIRETTORE RESPONSABILE
Alberto Mosca
albertomosca@albertomosca.it
COMITATO DI REDAZIONE
Rinaldo Delpero
Salvatore Ferrari
Mariapia Malanotti
Elisa Merli
Anna Panizza
Romano Stanchina
Fortunato Turrini
HANNO COLLABORATO
Federica Costanzi
Maria Teresa Dalla Torre
Paolo Dalla Torre
Alberto De Vecchi
Udalrico Fantelli
Filippo Favilli
Marcello Liboni
Valentina Malanotti
Alberto Penasa
Lorena Stablum
Giuseppina Zambotti
Su Internet:
www.centrostudivaldisole.it
e-mail:
centrostudi@centrostudivaldisole.it
Su Facebook:
LA VAL notiziario del Centro Studi per la Val di Sole

PICCOLI E BELLI, SE CI PARLIAMO
Tra i compiti di un’associazione di lunga tradizione,
che accompagna il proprio territorio di riferimento
in un comune percorso di crescita culturale, vi può
essere quello di “chiamare a raccolta” le istituzioni
per confrontarsi, collaborare, fare rete. A maggior
ragione in un momento storico delicato, che
nell’anno passato ha visto numerose amministrazioni
comunali rinnovarsi profondamente e quindi
nascere dalle ceneri del Comprensorio un ente di
valle nuovo e ancora per certi aspetti misterioso
come la Comunità.
Questo abbiamo inteso fare noi de “La Val” e il direttivo
del nostro Centro Studi quando abbiamo
proposto ai 13 assessori comunali alla cultura attualmente
in carica e all’omologo della Comunità
un incontro di confronto e dibattito sui temi del
pensare e fare cultura in valle. Ci hanno risposto
in 8: con una concreta presenza l’assessore della
Comunità della Valle di Sole Michele Bontempelli e
gli assessori di Caldes Mariapia Malanotti, di Croviana
Claudia Cirina, di Terzolas Manuel Baggia; con
un manifestato interesse per l’iniziativa, pur non
potendo partecipare, per gli assessori di Monclassico,
Laura Foscarin, di Peio Afra Longo, di Vermiglio
Anna Panizza e, con un successivo contatto, per il
sindaco di Ossana Luciano Dell’Eva.
Un’occasione buona per conoscersi (ebbene sì, in
una valle piccola come la nostra ci sono assessori
che fra loro non si conoscono) ma soprattutto per
mettere in campo idee, proposte, problemi, con lo
scopo di cercare e trovare insieme soluzioni e modalità
di azione comune che possano garantire qualità
agli eventi e coordinamento e collaborazione
tra chi li promuove e organizza. Troverete un ampio
resoconto della serata a pagina 7.
Ne è uscita, oltre ad una presa d’atto dell’importanza
del tema, un’enunciazione di principio per la
quale “quello tra Centro Studi e assessorati alla cultura
della Val di Sole è un legame che va sempre più
rafforzato, nell’ottica di una maggiore collaborazione,
sinergia e coordinamento nel proporre eventi
culturali tutto l’anno”. Per fare questo occorre
tessere relazioni sempre più fitte e collaborazioni
che possano dare qualità all’offerta culturale della
di Alberto Mosca
3
editoriale
valle, evitare sovrapposizioni e scopiazzature degli
eventi di più ampio respiro, garantire uno scambio
di informazioni continuo.
Un compito che il Centro Studi e La Val possono
portare avanti supportando ma non sostituendosi
all’ente pubblico, rivolgendo un particolare sguardo
a quello che potrà fare l’assessorato alla Comunità,
le cui possibilità sono tuttavia ancora incerte.
Il Centro Studi e La Val faranno la loro parte: dando
continuità all’azione intrapresa 44 anni fa a favore
della creazione, della conservazione, della trasmissione
e della valorizzazione della memoria solandra:
nei limiti del volontariato, che oggi c’è ma domani
chissà. Per questo una rete forte con chi è istituzionalizzato
e per ciò stesso permanente, è essenziale.
In questi anni, spesso il Centro Studi si è trovato
a riempire i vuoti lasciati dall’azione pubblica sul
fronte della cultura e talvolta questa rassicurante
presenza ha dato un alibi a comuni e comprensorio
per non occuparsene. Tanto c’è il Centro Studi.
Ma per fare meglio, per dare continuità e qualità ad
un’azione culturale che sempre più si lega all’offerta
turistica, bisogna stringere le fila tutti assieme,
ognuno dare il massimo all’interno delle proprie
competenze. L’incontro da noi stimolato voleva
dare un segnale in questo senso, e in parte esso è
stato recepito; lo spirito che ci anima mira a collaborare
insieme e per questo l’apporto di tutti sarà gradito
e prezioso. A settembre proporremo un nuovo
incontro, del quale vi daremo conto su “La Val”.
AVVISO AI SOCI
La biblioteca del Centro Studi alla
Torraccia di Terzolas è aperta!
Ogni mercoledì, dalle 20.30 alle 22.30.

attività del Centro
Padre Lino Mocatti e Salvatore Ferrari.
UNA fESTA vAL DI SOLE
Una formula innovativa che ha riscosso un grande
successo. È il più che positivo esito raccolto da
«FestaVal di Sole», l’iniziativa promossa dal gruppo
di lavoro del Centro bibliografico «Alla Torraccia»
e patrocinato dal Centro Studi per la Val di Sole.
La manifestazione, che si è svolta per tutto l’arco
della giornata di domenica 27 marzo nella biblioteca
storica di Terzolas, è stata interamente dedicata
di Lorena Stablum
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alla Val di Sole e alle espressioni culturali nate nel
e per il territorio. Una finestra aperta sulle pagine
scritte da autori “nostrani” o amici della valle, che
non aveva altri scopi se non il piacere dell’incontro
e del confronto e sembrava aver ricreato quell’atmosfera
stimolante ed effervescente dei salotti letterari
dell’Ottocento, quando nelle sale dei palazzi
signorili ci si riuniva per ascoltare buona musica,
discutere di poesia e letteratura e tenersi aggiornati
con le nuove tendenze artistiche.
E proprio nella varietà della proposta e nella commistione
di diverse forme culturali è stato il segreto
della buona riuscita della festa dei libri: per tutta
la giornata si sono alternati momenti più strettamente
culturali - riservati questi all’incontro con
gli autori, attori, coristi e musicisti - e momenti più
conviviali, durante i quali si è colloquiato in libertà
davanti al gustoso buffet allestito dalle signore del
Gruppo di iniziativa culturale di Terzolas.
L’evento si è aperto di mattina con l’inaugurazione
della mostra bibliografica “La val di Sole al centro”,
alla quale hanno preso parte anche gli assessori
della Comunità della Val di Sole Michele Bontempelli
e Catia Nardelli e alcuni sindaci e esponenti
delle amministrazioni comunali solandre. Sotto
i magnifici affreschi seicenteschi della sala nobile,
sono state esposte più di cento pubblicazioni, realizzate
dal 2008 ad oggi, che andranno ad arricchire
il prezioso patrimonio conservato dalla biblioteca.
Una parte importante è stata riservata anche alla
produzione artistica di Paolo Vallorz e ai suoi cataloghi,
per i quali è stata creata una sezione apposita.
Così facendo, il Centro Studi ha inteso stringere
un legame con la rassegna “La donazione Paolo Vallorz”
in calendario dal 2 luglio al Mart di Rovereto.
La giornata è proseguita con le presentazioni di alcune
opere letterarie di livello locale e provinciale,
scelte tra tante per accontentare i gusti di tutti.
A distanza di circa un’ora l’una dall’altra, nelle tre
sale della biblioteca gli scrittori o i curatori delle
pubblicazioni hanno raccontato per brevi immagini
e suggestioni le proprie opere: il catalogo “Paolo
Vallorz”, finanziato dal Comune di Caldes; “Dolcemente
2”, frutto dall’omonima manifestazione pro-

mossa dal Comune di Mezzana; “La quadreria dei
cappuccini: dipinti dal Cinquecento all’Ottocento”
- brillantemente spiegato da padre Lino Mocatti,
originario di Monclassico -; la miscellanea di testi
raccolti dal Centro Studi “La Val 2009”, e infine il
volume di poesie “La stanza delle poche righe” di
Alessandro Assiri.
Il tutto è stato movimentato dalle incursioni del
gruppo teatrale “Un paese nelle nuvole”, che ha
dato vita ad una rappresentazione ispirata alla lavorazione
del pane fatto in casa e tratta dalla poesia
Il Coro del Noce con, sulla sinistra, l’assessore provinciale alla culltura Franco Panizza e la presidente del Centro Studi Federica Costanzi.
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attività del Centro
di Pablo Neruda “Ode al pane”, e di Maria Teresa
Dalla Torre, che invece, con il suo monologo, è andata
agli anni lontani dell’emigrazione e della prima
guerra mondiale, ripercorrendo le vicende del nonno
Vittorio Stocchetti.
Sulle note del Coro del Noce si è quindi conclusa
la carrellata di racconti e libri, che ha richiamato
anche la presenza dell’assessore provinciale Franco
Panizza. Il coro, diretto da Giovanni Cristoforetti,
ha salutato i presenti con tre brani tratti dalle poesie
di Quirino Bezzi ed Edoardo Redolfi.

attività del Centro
NUOvE TESI DI LAUREA PREMIATE
ALLA TORRACCIA
“Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra
intelligenza” sono le parole di Antonio Gramsci, che
nel foglio Appunti introducono il momento della premiazione
delle tesi di laurea da parte del Centro Studi
per la Val di Sole, giunto alla dodicesima edizione. Diciassette
nuove tesi, che vanno ad aggiungersi alle 230,
con argomento la val di Sole nelle sue multiformi sfaccettature,
sono state premiate a Terzolas in un pomeriggio
denso di cultura. Pur non presente il testimonial
Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Ateneo Trentino,
ha trasmesso, attraverso un suo scritto letto dalla Presidente
del Centro Studi Federica Costanzi, un bel messaggio
per questi ragazzi, invitandoli a restituire alla comunità
parte di quello che hanno ricevuto in termini di
cultura e conoscenza. Da parte dei vari amministratori
locali il tema è stato più volte ripreso e qualcuno ha
aggiunto che anche la valle dovrebbe restituire ai laureati
proposte occupazionali. L’assessore provinciale Ugo
Rossi ha parlato di sfide di ritorno alla valle da parte
dei ragazzi, ai quali ha rivolto l’appello a d
essere innovatori coraggiosi, perchè è
di questo che la valle e l’intero Tren-
tino hanno bisogno. Franco Panizza,
assessore provinciale alla cultura, ha
parlato della necessità di investire
in risorse umane e culturali e ha
dato un bel segnale per il futuro
utilizzo di castel Caldes. Due delle
diciassette tesi hanno ricevuto
una menzione d’onore per la
qualità e l’originalità dell’elaborato:
quella di Luca Giacomoni
sul “Progetto della stazione intermodale
di Cogolo di Peio”
e quella di dottorato di Silvia
Bruno su Bartolomeo Bezzi
“Per essere io, volere o no,
un antesignano”: la strategia
culturale di Bartolomeo
Bezzi tra Monaco e Venezia”.
Le altre tesi premiate
sono state: “Marketing de
turismo. Promocion de
rutas de senderismo en
di Mariapia Malanotti
Via Belenzani, 12 – 38122 Trento, Italy - Tel. +39 0461/281126, Fax +39 0461/281247
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Val di Sole” di Martina Ambrosi, “La Customer Satisfaction
nel turismo: il caso dell’Hotel Tevini in Val
di Sole” di Chiara Bezzi, “Web Marketing e turismo:
un’analisi di Web Analytics relativa al portale dell’Apt
delle Valli di Sole, Pejo e Rabbi” di Paola Bezzi, “Caso
aziendale: analisi dell’Apt delle Valli di Sole, Peio e
Rabbi” di Patrizia Daldoss, “I tentativi di reintroduzione
dell’orso bruno nel Trentino – Attori, motivazioni,
difficoltà, opposizioni” di Thomas Daldoss, “Analisi
degli equilibri fondamentali dell’azienda: il caso di
Pejo Funivie spa” di Maria Destefani, “Soil and Alpine
Landscape Evolution since the Lateglacial and Early/
Mid Holocene in val di Sole (Trentino, Italy)” di Filippo
Favilli, “La comunicazione delle aree protette.
Le esperienze del Parco Adamello Brenta e del Parco
Paneveggio Pale di San Martino” di Arianna Feller, “Il
Termalismo in Trentino. Il caso delle Terme di Rabbi”
di Chiara Ghirardini, “Analisi di bilancio: il caso di Funivie
Folgarida Marilleva Spa” di Nicola Graifemberg,
“Luce naturale per il risparmio energetico: il nuovo
polo per l’infanzia di Monclassico” di Federica
Largaiolli, “El desarrollo del
turismo sostenibile en
Val di Sole” di Stefania
Migazzi, “Individuazione
mediante GIS di potenziali
aree pascolive con
particolare riguardo alle
aree reinvase da bosco” di
Francesca Rauzi, “Biomassa
forestale per uso energetico:
domanda e offerta in val
di Sole” di Francesca Silvestri,
“Il fondo musicale della parrocchia
di Magras: studio e catalogazione”
di Romina Zanon.
Tutte le tesi vanno ad arricchire
la biblioteca storica del
Centro Studi e soprattutto tutti
coloro che avranno voglia di
leggere questi lavori, per capire,
per innovare, per studiare, per
trasmettere cultura.
Il messaggio inviato da Innocenzo Cipolletta.

UNA RETE PER fARE CULTURA
Una tavola rotonda per rinsaldare il legame con le amministrazioni
comunali e locali, fare il punto sullo stato della cultura
in valle e dialogare sulle prospettive future. Era questo
lo scopo dell’incontro promosso dal Centro Studi per la
val di Sole e dal direttore responsabile de «La Val» Alberto
Mosca, che nella sera di lunedì 6 giugno ha chiamato a
raccolta gli assessori alla cultura solandri. Solo quattro tuttavia
hanno risposto all’invito, presentandosi nelle sale della
biblioteca storica della Torraccia: gli assessori di Caldes
Mariapia Malanotti, di Croviana Claudia Cirina, di Terzolas
Manuel Baggia e della Comunità della Valle di Sole Michele
Bontempelli. Tra gli assenti, hanno però manifestato interesse
per l’iniziativa gli assessori di Monclassico Laura Foscarin,
di Peio Afra Longo e di Vermiglio Anna Panizza.
Sono stati numerosi gli spunti e gli argomenti discussi durante
il corso della serata a partire dal rapporto tra le stesse
amministrazioni, e tra queste con il Centro Studi, passando
per la programmazione delle attività culturali della valle,
fino ad arrivare al ruolo che potrà assumere l’assessorato
della Comunità.
“Per noi, - ha esordito Alberto Mosca - la connessione con
i Comuni è molto importante e siamo qui proprio per ricercare
una maggiore collaborazione nel proporre eventi
culturali della valle”. Collaborazione che è stata confermata
da tutti i presenti e nella quale si investirà per arrivare a una
migliore promozione e valorizzazione delle manifestazioni.
L’assessore Baggia, quindi, ha spostato il dibattito sulla questione
della riproposizione quasi pedissequa degli eventi e
la mancata realizzazione di un calendario valligiano. “Quante
volte - ha sottolineato l’assessore Baggia, che ha indicato
il problema come punto dal quale partire - nello stesso
fine settimana si tengono tre appuntamenti nel raggio di
di Lorena Stablum
7
attività del Centro
Da sinistra, Alberto Mosca, Federica Costanzi, Salvatore Ferrari, Mariapia Malanotti, Marcello Liboni, Michele Bontempelli, Manuel Baggia, Claudia Cirina.
tre chilometri? Inoltre, capita spesso di vedere un’iniziativa,
per la quale un paese o un’associazione ha lavorato mesi,
si è impegnata, e che poi viene copiata da un altro Comune”.
Inevitabilmente il pensiero è andato alla rassegna dei
presepi di Ossana, riproposta da più parti in valle, o al Gran
Carnevale Solandro. “Una storia vecchia questa”, come l’ha
definita Bontempelli, per la quale la Comunità dovrebbe assumersi
un ruolo di coordinamento. “L’obbiettivo del nuovo
ente, che pure non è ancora in possesso delle specifiche
competenze - ha ribadito infatti Bontempelli, che si è fatto
carico anche delle passate responsabilità - vorrebbe essere
proprio questo. Devo dire che, in questi ultimi tempi, si sente
sempre di più l’esigenza di mettersi in rete e di cooperare
per trovare nuove sinergie. Inoltre, diventerà sempre
più importante una gestione corretta delle risorse, che non
consentirà di distribuire a pioggia i contributi”.
Per Marcello Liboni, che ha evidenziato come in val di Sole
grazie all’opera del Centro Studi si sia creata un’aspettativa
di cultura “alta”, invece “ci sono aspetti strutturali sui quali
andare a lavorare. Nella Comunità, così come nel vecchio
Comprensorio, non esiste un ufficio amministrativo preposto
alla gestione e promozione della cultura”.
La presidente del Centro Studi Federica Costanzi, che
ha anche espresso ai Comuni le esigenze nate nell’ultima
assemblea sociale circa i finanziamenti all’associazione, ha
infine invitato “gli assessori alla cultura a spendere i soldi
per la cultura”, evidenziando come le manifestazioni che
vengono pensate in un’ottica culturale, siano poi realizzate
per rispondere prevalentemente alla domanda legata ai
flussi turistici. Si è quindi interrogata “su quale profilo debba
darsi la Comunità di valle. La cultura - ha concluso - non
deve reggersi esclusivamente sul volontariato.”

attività del Centro
IL CENTRO STUDI RACCONTA I THUN
La famiglia Thun in Val di Sole e in Trentino. Questo il
titolo del volume che il Centro Studi per la Val di Sole
ha presentato nella sala nobile della Torraccia di Terzolas.
Curata da Alberto Mosca, la pubblicazione sarà
distribuita a tutti i soci. L’opera raccoglie gli atti delle
conferenze organizzate dal Centro Studi nel corso
del 2010 in occasione della storica apertura di Castel
Thun. Ampliati e riccamente illustrati da un corredo
fotografico di grande qualità e con alcuni inediti, i
contributi del curatore, di Ezio Chini, Emanuela Rollandini,
Roberto Pancheri e Salvatore Ferrari raccontano
la famiglia Thun sotto diversi aspetti. Dalla storia,
all’arte al costume, nel libro si trova una breve storia
della famiglia in Val di Sole, una visita guidata a Castel
Thun, storie di donne nella nobiltà ottocentesca, la
figura di Pietro Vigilio Thun, ultimo principe vescovo
di Trento, le committenze artistiche della famiglia in
Val di Sole. La pubblicazione si è avvalsa di numerose
e prestigiose collaborazioni: a partire tra gli altri
dal Museo del Castello del Buonconsiglio di Trento,
l’Archivio provinciale trentino, il Volkskunstmuseum
di Innsbruck, l’Ordine Teutonico di Vienna, l’Archivio
Da sinistra, Ezio Chini, Federica Costanzi, Emanuela Rollandini e Alberto Mosca. (Ph. Salvatore Ferrari)
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diocesano di Klagenfurt, il Museo regionale di Decin,
nella Repubblica cèca. Un volume che, scrive la presidente
del Centro Studi Federica Costanzi nella presentazione
“rappresenta un ricordo delle conferenze
organizzate nei luoghi thuniani
più significativi in
Val di Sole e un
valido contributo
scientifico, lavoro
di ricerca e
di divulgazione
che vuole essere
anche stimolo e
buon auspicio
per il futuro di
Castel Caldes,
dimora della
famiglia Thun
in Val di Sole,
per i lavori di
restauro da
poco iniziati”.

Durante i primi mesi del 1859, nella sicurezza di
un imminente conflitto tra l’Austria e il Regno di
Sardegna appoggiato dalla Francia, prese il via il fenomeno
del fuoruscitismo. Lo scoppio della guerra,
a seguito dell’ultimatum austriaco del 23 aprile, non
faceva prevedere operazioni militari nel Trentino
perché le truppe franco-piemontesi non intendevano
penetrare in un territorio rientrante nella Confederazione
germanica. Si temevano tuttavia sconfinamenti
del corpo garibaldino (i cacciatori delle
Alpi) e venivano adottate misure preventive nei confronti
dei rappresentanti del movimento nazionale.
Da parte degli emigrati Antonio Gazzoletti, Vittore
Ricci e Gerolamo Pietrapiana, nel giugno furono
stesi due indirizzi, l’uno a Vittorio Emanuele II, l’altro
a Napoleone III, con la richiesta che il Trentino
venisse incluso nel progetto risorgimentale italiano,
ma le petizioni ebbero accoglienza deludente.
Le pressioni dei patrioti continuarono anche dopo
l’armistizio del luglio ed i preliminari di pace di Villafranca,
quando veniva ipotizzata la costituzione di
una Lega italiana presieduta dal pontefice. La pace di
Zurigo del novembre, che segnava il passaggio della
Lombardia al Regno sardo, non conteneva alcun
accenno alla questione trentina. Successivamente i
fuorusciti residenti a Milano decisero di premere sul
Cavour, ottenendo però solo richiami alla prudenza.
Nel Trentino, conosciuta la firma dell’armistizio, riprese
vigore l’aspirazione già espressa nel 1848 di
ottenere il distacco dal Tirolo tedesco per entrare
a fare parte delle province venete. La richiesta, ritenuta
legale, venne formulata dal consiglio comunale
di Trento il 23 luglio ed ebbe subito l’appoggio dei
maggiori centri del paese e degli operatori economici
raccolti in apposito comitato. La reazione del
luogotenente del Tirolo valse però a stroncare ogni
speranza: la seduta con conseguente delibera del
comune di Trento venne dichiarata nulla e furono
accentuate le misure di polizia.
Gli avvenimenti italiani del 1860 (annessione al
Piemonte dei Ducati e della Toscana, spedizione
di Garibaldi nel Regno delle due Sicilie seguita da
quella piemontese nelle Marche e nell’Umbria), scavalcavano
i programmi fissati nell’alleanza tra Na-
studi sulla val di Sole
LA vAL DI SOLE E IL TRENTINO AI TEMPI
DELL’UNITÀ: I fATTI TRA IL 1859 E IL 1862
testo tratto da www.trentinocultura.net
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poleone III e Vittorio Emanuele II dell’aprile 1859
e si risolvevano nella realizzazione dell’unità d’Italia.
Il riflesso in terra trentina fu l’accentuarsi delle
misure di polizia: nel giugno alcuni esponenti del
movimento nazionale venivano arrestati e confinati
ed il podestà di Trento era esonerato dalla carica.
I trentini fuorusciti continuarono nel 1860 la loro
attività, sia partecipando come volontari alle operazioni
militari nell’esercito garibaldino e in quello regolare
in un numero calcolabile fra i 300 e i 400, sia
con l’opera propagandistica ed il richiamo agli ambienti
politici italiani, di Francia e d’Inghilterra, perché
non fosse dimenticato il problema del Trentino.
Quanto accaduto nel 1859-60 doveva però dimostrare
come il progetto, coltivato da una minoranza,
di staccare la provincia trentina dai possedimenti
asburgici, si presentasse utopistico, perché l’Italia
non poteva compromettere la realizzazione della
sua fragile unità con nuove avventure di guerra e
le potenze europee erano interessate a conservare
l’Austria quale cardine dell’equilibrio continentale,
senza indebolirla con ulteriori perdite territoriali.
La lezione fu compresa dalla maggioranza del ceto
dirigente trentino, deciso a dimettere i programmi
velleitari per puntare sulle riforme istituzionali, la
tutela culturale dei caratteri nazionali e la soluzione
dei problemi economici, nati dalla nuova linea di
confine che tagliava alla modesta industria locale le
vie naturali di commercio con l’area lombarda.
Il ritorno alla vita costituzionale nell’impero asburgico
avvenne prima con il diploma del 20 ottobre 1860
e poi, caduto il governo conservatore sostituito da
uno liberale, con la patente imperiale del 26 febbraio
1861 che istituiva un Parlamento bicamerale
costituito da una Camera dei signori (Herrenhaus),
composta da membri di nomina imperiale, e da
una Camera dei deputati (Abgeordnetenhaus) con
343 rappresentanti eletti dalle Diete dei Länder.
La patente del febbraio conteneva in allegato il
Regolamento provinciale della principesca contea
del Tirolo, in base al quale la Dieta risultava
costituita da 68 deputati, 64 eletti e 4 di diritto
(i vescovi di Salisburgo, Bressanone, Trento ed il
rettore dell’università di Innsbruck). Dal punto

studi sulla val di Sole
di vista elettorale la ripartizione per ceti veniva
sostituita da quattro curie (del grande possesso
nobile fondiario; dei prelati; delle città, borghi e
camere di commercio; dei comuni rurali), con
aumento dei rappresentanti dei comuni rurali che
ottenevano 34 mandati. Il Regolamento troncava la
speranza di un’autonomia separata per il Trentino
e, con l’assegnazione di 21 deputati alla parte
italiana del Tirolo, riconfermava la sproporzione
nella Dieta fra i due gruppi etnici condannando
i trentini alle condizioni di perpetua minoranza.
Le reazioni di protesta non tardarono molto:
in occasione delle votazioni del 21 e 22 marzo
1861 per l’assemblea tirolese, gli elettori trentini
decisero di non presentarsi alle urne o di prendere
parte alle votazioni solo per nominare candidati
che si impegnassero, una volta eletti, a rinunciare
al mandato. Si iniziava in questo modo, dopo
gli interventi alle costituenti di Francoforte e
Vienna-Kremsier, la lunga lotta per l’autonomia,
condivisa dai ceti dirigenti, da tutte le componenti
politico – ideologiche e dalle popolazioni, tanto
da diventare l’asse portante della storia del paese.
Dal 1861 fino allo scoppio della guerra mondiale
le richieste di una amministrazione autonoma
rivolte alla Dieta tirolese e al Parlamento di
Vienna furono numerose e reiterate, così come le
dichiarazioni e i memoriali, ma sempre destinate
al fallimento per opposizioni politiche, irrigidimenti
sui principi o per circostanze sfavorevoli.
La prassi dell’astensionismo caratterizzò soprattutto
gli anni 1861-1871, quando per ben undici
volte vennero indette le elezioni
ai fini di reintegrare i seggi vacanti
alla Dieta. I dubbi sugli svantaggi di
non essere presenti nell’assemblea
tirolese venivano cancellati dal
clamore della remissione dei
mandati che, con il suo effetto
propagandistico, teneva desta
l’opinione pubblica. I pochi
rappresentanti trentini di parte
cattolica che partecipavano ai
lavori dietali erano impegnati
come gli astensionisti nelle
richieste autonomistiche,
approdate anche in
Parlamento nel luglio 1867 ad
opera di Celestino Leonardi
e Napoleone a Prato.
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Nell’aprile 1871 l’imperatore Francesco Giuseppe,
in visita nel Trentino, si dimostrò disposto ad
appoggiare il postulato dell’autonomia contenuto
in un memoriale rivolto al sovrano firmato da 251
rappresentanze comunali. Ma il progetto elaborato
da parte governativa venne giudicato inadeguato
alle esigenze del paese e quindi respinto.
Alla Camera dei deputati di Vienna, aperta il 29 aprile
1861 in un clima di grande conflittualità nazionale
e d’interessi, dei quattro rappresentanti previsti
per il Trentino solo due poterono essere eletti dalla
Dieta tirolese, Giovanni Sartori e Carlo de Riccabona,
mancando gli altri a causa dell’astensionismo.
Nonostante la loro matrice cattolica e tendenzialmente
conservatrice, i due deputati – come quasi
tutti coloro che li seguiranno nella carica – si batterono
per gli interessi della loro terra, compresi
quelli relativi alla tutela nazionale, e presero parte
attiva ai lavori per la nuova legislazione sui comuni,
sfociati nella legge-quadro del 5 marzo 1862.
La legge manteneva in vita i principi fondamentali di
quella del 1849 ribadendo i caratteri di indipendenza
ed autonomia dei comuni ai quali venivano conferiti
anche compiti delegati, e riconfermava la possibilità
d’introdurre fra i comuni e le Diete organi
intermedi elettivi. In base a tale normativa la Dieta
tirolese, per le proprie competenze statutarie, venne
chiamata ad elaborare un regolamento comunale
per la provincia; ma i lavori non si presentarono facili,
tanto da protrarsi dal 1862 al 1866. La maggioranza
dell’assemblea, costituita da deputati clericali
ed ultraconservatori, si scagliava contro il governo
di Vienna ritenuto lesivo dei diritti del Land e
scatenava pesanti attacchi nei
confronti dei deputati liberali
e di quelli della parte
italiana del Tirolo, presenti
perché non astensionisti. Costoro
– in particolare Celestino
Leonardi, Giovanni Sartori
ed Andrea Strosio – per quanto
d’indirizzo cattolico e considerati
filogovernativi, nella difesa
delle libertà dei comuni e degli
interessi del Trentino, si schierarono
accanto all’opposizione liberale
assumendo posizioni che, nel
contesto, avevano un sapore progressista
e quasi rivoluzionario.
(continua)

11
studi sulla val di Sole
SOLANDRI E NONESI NEI DIARI
DEL CARDINALE ERNST ADALBERT HARRACH
Vecchie e nuove conoscenze tra Trentino e Boemia nel
Seicento. Una finestra su una realtà già da qualche tempo
notata dalla storiografia, quella dei valligiani protagonisti in
Europa in questo periodo cruciale, e che oggi trova nuovi
spunti di indagine nella monumentale edizione, uscita nel
2010 a Vienna per Böhlau, a cura di Katrin Keller e Alessandro
Catalano, de Die Diarien und Tagzettel des Kardinals Ernst
Adalbert von Harrach (1598-1667). Si tratta dei diari e dei
foglietti redatti dal grande cardinale, arcivescovo di Praga
e, per due anni, dal 1665 alla morte, principe vescovo di
Trento. In essi, vera e propria miniera di informazioni sugli
eventi, la vita e i costumi dell’Europa delle corti tra il 1629
e il 1667, spesso e volentieri incontriamo i nomi di alcuni
personaggi provenienti dalle valli del Noce e impegnati in
Boemia.
Iniziamo questa rassegna con il canonico di Trento, nato a
Caldes, Bernardo Malanotti 1 , che entra nelle memorie del
cardinale proprio perché fu lui a dargli la felice nuova della
sua elezione alla cattedra di San Vigilio, come si legge in due
note del 6 agosto 1665: “Con le lettere della posta hebbi
una del canonico [Bernardo] Malanotti con la nuova, che il
capitolo di Trento alli 31 luglio m’haveva eletto vescovo di
quella chiesa”. Dell’avviso abbiamo anche la versione tedesca,
redatta a Smecno, nella Boemia centrale: “Undertags
ist heint deß Haßlauers reittknecht herauß khommen, und
hatt dem cardinal einen brief von dem canonico Malanotti
mitgebracht in welchem er ihme parte gibt, das gottlob den
31. julii die wahll eines neüen bischofs zu trient glücklich in
seinem favor abgelofen ist”.
Bernardo Malanotti è ricordato pure in una nota data a
Bolzano il 17 dicembre 1648 (“È stato a vedermi il canonico
Bernardo Malanotte venuto col Francesco Visenteiner
2 ”) e in un’altra a Trento il 9 gennaio 1649; a Praga, il 5
settembre 1661 viene ricordato un altro Malanotti, Matteo
Luigi (Matthias Alois), che nel 1678 è ricordato quale rettore
dell’Università di Praga.
Ancora un solandro: è il “prior di S.Tomaso” Angelico Tapparelli
3 “der provintial der augustiner”. Padre provinciale
degli Agostiniani, è nominato il 23 marzo 1638 come uno di
quelli che accolsero l’Harrach di ritorno a Praga. Un altro
prelato, tale “monsignor Panizza” viene ricordato il 2 ottobre
1667 come “Gubernator deß orths”, con riferimento
alla chiesa di San Nicola a Praga 4 . Un Cristoforo Calvi 5 , probabilmente
di Vermiglio, è ricordato il 6 gennaio 1637 quale
di Alberto Mosca
autore di una burla ai danni di un collega paggio alla corte di
Praga, ma anche per essere “morto di peste” in quella città
il 9 dicembre 1639.
Apriamo questo percorso, suscettibile di ulteriori approfondimenti,
ad alcuni nonesi: in primo luogo con il padre
Vigilio Battocletto (Battocletti), oriundo di Cavareno, che il
9 aprile 1639 è ricordato da Harrach per una disavventura
patita a causa dell’imperversare della guerra dei Trent’anni:
“Il padre Vigilio Battocletto barnabita 6 – scrive Harrach -
parroco di Joachimsthal (Jachymov, città termale nella Boemia
nord-occidentale) fatto prigione da Svedesi, fu astretto
di pagare per la sua ranzone 234 talleri, n’usciva con 34, ma
perché nel scriver una lettera si servì d’un sigillo coll’elmo
aperto, quelli da questo contrassegno, giudicandolo gentilhuomo,
subito n’accrebbero il prezzo sino alli 234”.
Il 6 gennaio 1645 troviamo quindi, in una nota scritta da
Dürembach (probabilmente Dambach in Alsazia) il “dechant
Damian Inama”, forse di Fondo 7 . Nel febbraio 1665
Harrach riferisce che “è morto in Vienna il dottor [Giacomo]
Tavonatti”, di Tavon.
E per finire, ecco il gustoso e “alcolico” aneddoto che
Harrach racconta il 23 gennaio 1655 in riferimento ad un
suo passaggio a Chiusa/Klausen, dove incontrò il canonico
Fopulo, di famiglia di Ossana originaria della Lombardia: “A
Claus mi fermò avanti la casa sua il canonico Giovanni Andrea
Fopulo, e mi fece assaggiare un suo marzimino rosso,
e vernacchia bianca, che erano regalatissimi, e seguitò poi
lui a cavallo, e con un ragazzo che ci fece lume una lega sino
alla prima posta”.
NOTE
1 Bernardo Malanotti divenne canonico tridentino nel 1643; dal 1645 fu protagonista
del restauro e della decorazione del palazzo della Torraccia di Terzolas, bruciato nell’incendio
del 1 aprile di quell’anno. Ricordato quale consigliere segreto dell’imperatrice
Eleonora (moglie di Ferdinando III), morì a Trento il 30 novembre 1689. Cfr. G. Ciccolini,
Memorie di Terzolas, Centro Studi per la Val di Sole (in corso di stampa).
2 Si tratta di Francesco Tomaso Visintainer (1612-1660) originario di Cles.
3 Sulla sua figura si veda D.Gobbi, Frate Angelico Tapparelli da Celentino agostiniano, missionario
apostolico in Boemia (sec. XVII), in La Val, notiziario del Centro Studi per la Val di
Sole, a. 37, n.1 (gen.-mar. 2009), pp. 20-23.
4 Si tratta forse di Cristoforo Panizza da Taio, anche se probabilmente originario di
Vermiglio, che Tovazzi dà morto il 12 agosto 1645. Cfr. p. R. Stenico OFM, I sacerdoti della
diocesi di Trento dalla sua esistenza fino all’anno 2000. Indice onomastico, Trento, Biblioteca
di San Bernardino.
5 I Calvi sono noti come daziari di Vermiglio dalla metà del Cinquecento.
6 I Chierici regolari di San Paolo, popolarmente noti come Barnabiti iniziarono, nei
primi anni del Seicento, missioni in Francia, Austria e Boemia. Nel 1627 l’imperatore
Ferdinando II diede loro a Vienna la parrocchia di corte di San Michele, costruendo una
casa per alloggiarli. L’ordine è proprietario anche della celebre parrocchiale di Maria-
Hilf a Vienna.
7 Padre Tovazzi lo segnala morto nel 1660.

studi sulla val di Sole
TRA PLEISTOCENE E OLOCENE:
CLIMA IN vAL DI SOLE
L’ambiente Alpino è un affascinante laboratorio a cielo
aperto per investigare gli effetti delle oscillazioni climatiche
durante il tardo Pleistocene ed il primo Olocene.
L’inizio dell’Olocene (ca. 11500 anni fa) fu caratterizzato
dalla fine di una lunga fase glaciale (chiamata Younger
Dryas) e da un brusco aumento delle temperature medie.
Questo grande cambiamento climatico (paragonabile
all’attuale condizione di global change) portò ad un
veloce ritiro dei ghiacciai dalle aree vallive fino agli alti
circhi glaciali. Le condizioni climatiche naturali dall’Ultimo
Massimo Glaciale (circa 20000 anni fa) sono state
segnate dall’alternanza di periodi più freddi (chiamati anche
“glaciers-friendly”), caratterizzati dall’avanzamento
verso il fondovalle dei ghiacciai alpini, e da periodi più
caldi, in cui gli stessi ghiacciai si sono ritirati verso i circhi
glaciali. Ognuna di queste fasi è durata da qualche centinaia
a migliaia di anni (Fig. 1). I movimenti dei ghiacciai, i
processi glaciali e periglaciali ad essi collegati, cosi come
i cambiamenti geomorfologici, vegetazionali e quelli di
derivazione antropica (es. incendi, pascoli, coltivazioni,
carbonaie), hanno modellato l’area e lasciato prove visibili
(es. depositi morenici) ed invisibili (es. suoli sepolti,
frammenti di carbone vegetale dovuto ad incendi) del
loro passaggio, dimostrando l’alta sensibilità delle regioni
di alta montagna ai cambiamenti climatici. Studiare la
risposta dell’ambiente ai passati cambiamenti climatici
serve per capire a fondo come il paesaggio che noi oggi
vediamo sulle Alpi sia stato modellato lentamente nelle
ultime migliaia di anni; tale studio può altresì aiutare a
predire scenari futuri dovuti al periodo di riscaldamento
globale che stiamo vivendo. Alcune zone della Val di
Sole, Val di Pejo e Val di Rabbi, sono state scelte come
siti ottimali per studiare gli effetti del clima e dell’uomo
sull’evoluzione del paesaggio alpino (Fig. 2). L’aspetto innovativo
della presente tesi ricade nell’utilizzo dei suoli
come archivi naturali delle modificazioni paesaggistiche
dovute ai cambiamenti climatici naturali e all’azione
antropica. L’applicazione di varie tecniche di datazione
relativa ed assoluta ha permesso un approccio su vari
fronti e consentito una ricostruzione più precisa della
storia del paesaggio, minimizzando i possibili errori. La
tesi di dottorato in geocronologia da me svolta presso
l’Università degli Studi di Zurigo (CH) ha avuto i seguenti
principali obbiettivi:
di Filippo Favilli*
12
Fig. 1
Ricostruzione delle fasi climatiche del Tardoglaciale nella regione dei Grigioni, Svizzera
Sud-Est (da Ivy-Ochs et al., 2008).
AELA = differenza nella Equilibrium Line Altitude (altitudine della massa di ghiaccio
segnata dalle morene glaciali) rispetto al 1850 DC
kyr BP = migliaia di anni prima del presente
LGM = Last Glacial Maximum (Ultimo Massimo Glaciale)
1) Estrazione chimica della frazione più antica della
sostanza organica nei suoli alpini sviluppati su materiale
parentale siliceo, considerata come la prima
frazione organica formatasi, la quale ha dato il via
allo sviluppo dei suoli su un substrato “ice-free”
2) Caratterizzazione chimica della frazione estratta
3) Confronto delle età determinate tramite datazione
assoluta: Carbonio 14 della frazione organica
resistente all’attacco chimico Surface Exposure
Dating (SED) con Berillio 10 (datazione tramite accumulo
dell’isotopo radioattivo Be 10 sulla superficie
delle rocce esposte ai raggi cosmici dopo il
ritiro dei ghiacciai)
4) Applicazione di tecniche di datazione assoluta ai
suoli presi in esame
5) Datazione dei charcoal (frammenti di carbone
vegetale dovuti agli incendi) e ricostruzione della
storia della vegetazione
6) Ricostruzione generale dell’evoluzione del paesaggio
alpino in determinate zone delle Valli di Pejo,
Rabbi e Sole.
* Il titolo originale è “Soil and Alpine Landscape Evolution since the Lateglacial and
Early/Mid Holocene in val di Sole (Trentino, Italy)”.

Fig 2.
Area di studio e localizzazione dei siti investigati.
Lo scopo del presente lavoro è stato di ricostruire
una cronologia di eventi dall’Ultimo Massimo Glaciale
(ca. 20000 anni fa) fino all’Olocene. Le prove
raccolte dell’evoluzione del paesaggio sono state
collegate ai cambiamenti climatici avvenuti durante
gli ultimi 18-20000 anni e all’impatto operato
dall’uomo fin dall’età Neolitica. Il punto di partenza
è stato lo sviluppo di un metodo chimico di estrazione
della frazione stabile e recalcitrante della
sostanza organica dei suoli, seguito dalla datazione
al Carbonio 14 . La sostanza organica più antica ha
mostrato età riconducibili al primo periodo di deglaciazione
avvenuto, nell’arco alpino, circa 17000
anni fa. Questi residui organici rappresentano parte
della prima sostanza organica formatasi dopo il
ritiro dei ghiacciai e forniscono un’età di partenza
per lo sviluppo dei suoli. Informazioni importanti
sono state ottenute sulla composizione della frazione
stabile della sostanza organica e sui principali
meccanismi di stabilizzazione della stessa nei suoli
13
studi sulla val di Sole
alpini. Le caratteristiche chimico/fisiche del suolo
come lo sviluppo della “podzolizzazione” (migrazione
di idrossidi di ferro e alluminio e della sostanza
organica negli orizzonti inferiori del suolo),
la formazione di minerali argillosi, la granulometria
e la perdita di elementi dagli orizzonti superficiali
sono stati correlati direttamente all’età del suolo
ed a precisi eventi avvenuti durante l’evoluzione
del suolo (es. smottamenti, soliflussi), permettendo
di stimare una notevole stabilità dei versanti e
il loro sviluppo indisturbato (Fig. 3). L’estensione
dei ghiacciai nell’area di studio è stata ricostruita
tramite l’utilizzo della datazione al Berillio 10 , isotopo
radioattivo accumulatosi sulla superficie delle
rocce tramite esposizione ai raggi cosmici dopo la
loro deposizione nella loro posizione attuale operata
dai ghiacciai durante le fasi di ritiro. La combinazione
della datazione al Carbonio 14 sulla frazione
stabile della sostanza organica con la datazione al
Berillio 10 sui massi erratici ha fornito risultati comparabili
e significativi ed ha permesso di spiegare
le oscillazioni dei ghiacciai ed i processi periglaciali
nell’area di studio tra i 17000 ed i 9000 anni fa.
Le età dei suoli sono state collegate direttamente
alle fasi calde della cronologia di riferimento del
Tardoglaciale, permettendo di stimare la durata di
ogni singola fase calda o fredda nell’area di studio
e la conseguente estensione dei ghiacciai (Fig. 4).
L’identificazione e la datazione al Carbonio 14 dei
frammenti dei charcoal (Fig. 5) hanno migliorato
l’investigazione geocronologica della zona. Le età
dei frammenti dei charcoal sono state usate come
prova per stimare l’età dei suoli (suoli indisturbati)
Fig. 3 Un tipico Podzol (suolo cenere) sviluppatosi su deposito morenico, sotto foresta
di conifere, a 2100 metri s.l.m.

studi sulla val di Sole
Fig. 4. Ricostruzione dell’estensione dei ghiacciai nell’area studiata durante il tardo glaciale,
in base alle età del 14C e del 10Be con indicazione della posizione dei suoli e
massi studiati.
e per studiare la storia degli incendi e della vegetazione
nell’area in esame. La storia degli incendi
ha rivelato 13 eventi negli ultimi 10000 anni di cui
almeno 7 ad opera dell’uomo negli ultimi 6000 anni.
A causa dei cambiamenti climatici e dell’impatto
14
umano, specie come Pinus sylvestris e Pinus mugo
sono state sostituite da Larix decidua e Picea abies.
La combinazione della datazione dei charcoal, dei
suoli e dei massi erratici, assieme allo studio delle
caratteristiche chimico-fisiche dei suoli ha permesso
la ricostruzione di eventi naturali e antropici
nella Val di Pejo, Val di Rabbi e Val di Sole durante il
Tardoglaciale e il periodo Olocenico.
Fig. 5. Frammento di charcoal (Larix decidua) estratto da un suolo alpino e datato al C 14
Dimaro, Teatro Comunale 23 LUGLIO ore 17.00
presentazione del libro
SI PARTECIPA PER NOTIZIA E SOLLECITA PUBBLICAZIONE AI SIGNORI PREPOSTI
COMUNALI E CURATORI D’ANIME – Raccolta e commento delle principali circolari e ordinanze
governative emesse dal Capitanato Distrettuale di Cles e da altri enti pubblici durante
la prima guerra mondiale (1914-1918) - PARTE TERZA - 1917 - con le memorie di guerra di
Marco Melchiori di Piano di Commezzadura e di Ergisto Bezzi di Cusiano.
23 LUGLIO – 12 AGOSTO
Dimaro, Teatro Comunale
in collaborazione con il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto e
la Rete Trentino Grande Guerra
Mostra fotografica
PAESAGGI DI GUERRA
dal lunedì al sabato 16.30 -19.00 / 20.30 -22.00

L’area dello scavo.
15
studi sulla val di Sole
LA CHIESA E L’OSPIZIO DI SANTA BRIGIDA DI
DIMARO, TRA STORIA E LEGGENDA
Inoltrandosi nella selva che copre le pendici del monte
Sadròn, lungo la vecchia strada che da Dimaro portava
a Campo Carlo Magno, si è costretti, ad un certo punto,
ad inerpicarsi su un dosso piuttosto ripido, poiché la via è
sbarrata da gole profonde e forre impraticabili, in cui scorrono
le acque tumultuose del torrente Meledrio. Si tratta
del «Dos di S. Brigida» (m.s.l.m. 1353).
Il dosso è ben rilevato, e una perizia giudiziale del 6.5.1862,
citata da S. Valenti, lo indica fra i confini che delimitano il
Monte Sadròn, quel monte che fu a lungo conteso con alterne
vicende fra i Comuni di Croviana, Monclassico, Deggiano,
Presson e Carciato.
Il paesaggio è tuttora selvaggio, integro e per alcuni aspetti
inviolato. Nessun segno di vita umana turba la quiete di
questo lembo di natura incontaminata, posto proprio di
fronte, anche se più in basso, alla nuova stazione turistica
di Folgàrida.
L'Arvedi accenna a caverne esistenti “in prossimità di S. Brigida
di Dimaro” e riferisce che “sui monti appresso Santa
Brigida si riscontrano letti di marmi neri”.
Quasi al sommo di questo dosso, press’a poco nel luogo
ove ora si trova la rinnovata malga di proprietà dell'Asuc
di Dimaro, detta appunto “Malga del Dòs”, si ergeva un
ospizio, con adiacente una chiesetta, a tutela e conforto dei
viandanti che da Campiglio, attraverso il Passo di Campo
Carlo Magno, scendevano a Dimaro, o, viceversa, dalla Val-
di Udalrico Fantelli
le di Sole, attraverso la cosiddetta “selva” passavano in Val
Rendena.
Già don Tomaso Vigilio Bottea ricordava che “... l'Ospizio di
S. Maria in Campiglio, benché appartenente alla Rendena,
aveva assai distesa la sua influenza nella Val di Sole, poiché
teneva, oltre l'Ospitale di S. Biagio presso Malé, una casa a
Dimaro, una casa con chiesetta sul dosso di S. Brigida sopra
Dimaro, e a Mastellina”.
Così descrive l’ospizio il Valenti: “Un po’ sotto la cima verso
la valle di Restòbel esistevano una cappella ed un piccolo
cenobio di religiosi… che verso la fine del secolo XVI
(1579) furono trovati abbandonati e minaccianti rovina”.
Chi fossero questi monaci non è ancora del tutto chiaro e
gli storici si sono dilettati a individuare ipotesi che via via
sono state però regolarmente smentite.
Altre notizie sul cenobio ci vengono fornite sempre dal Valenti,
che le ha raccolte in un manoscritto posto ad introduzione
della sua trascrizione delle pergamene del comune
di Dimaro.
“1579, agosto 24. Visita pastorale della chiesa di S. Brigida,
pieve di Malé “membrum prioratus Campeii”, che era in
tale stato miserabile e così male coperta da reclamare “a
pede usque ad caput” un ristauro generale. L’altare troppo
esiguo (tre piedi e mezzo) era ornato d’una pala vecchia e
logora e sormontato d’un Crocifisso piccolo; esternamente
il sito era ingombro d’immondizie e cinto dai resti di
muro d’un cimitero, dove si rinvennero presso
la finestra stinchi e teschi umani. Annessa stava
cadente e abbandonata una casa, dove ricoveravansi
gl’investiti di quel priorato, ricco di
rendite nella valle di Sole e altrove (Arco) ed i
vecchi della contrada, tra cui certo Pietro Pisana
da Carciato, vi ricordavano la dimora dei tre
ultimi monaci (Archivio consolare di Trento. N.
2643, tom. II)”.
Comunque sia, i monaci dell'Ospizio di S. Brigida
continuarono per secoli nel loro compito
di assistere, rifocillare ed aiutare i viandanti
che, sempre più numerosi, bussavano alla loro
porta. La leggenda, specialmente riguardo agli
ultimi tempi della loro permanenza nell’eremo,
non li tratta bene. Parla di angherie e soprusi
perpetrati dai frati nei confronti di alcuni malcapitati
viandanti e di una vita licenziosa, tra-

studi sulla val di Sole
scorsa nelle gozzoviglie, se non perfino nel delitto.
Leggende a parte, verso la metà del XVI secolo, l'ospizio
decadde e la comunità dei monaci fu sciolta. “Nell’anno
1589 - scrive sempre il Valenti – il Dosso (locus) in parola
era condotto da ser Battista Bertucco da Carciato. Su
istanza dei Regolani di Dimaro Valentino Bousino e Pietro
Mattalino l’assessore delle Valli signor Alessandro Alberti gli
ordinava addì 26 maggio di lasciare il libero transito agli
animali di quel villaggio per il monte di S. Brigida “dictum
il Dos”, come fu sempre usato, pena 50 ragnesi (Notaio
Bortolo Corradini. Archivio comunale di Dimaro. Carte
volanti)”.
Qualche notizia più precisa la troviamo in Simone Weber.
L'Ospizio di S. Brigida, afferma il noto storico, dipendeva
“da quel di Campiglio, governato da frati fin verso la metà
del quattrocento. Nel 1481 ne fu investito il sacerdote Paolo
da Rallo, colla condizione di restaurarlo; nel 1492 fu
dato a prete Antonio da Besutzio, bergamasco, coll’obbligo
di risiedervi; dal 1497 al 1509 venne conferito di nuovo a
Paolo da Rallo, come commenda a vita; nel 1537 lo aveva il
canonico Tomaso Marsoner, che lo diede in affitto per 25 R.
a prete Giovanni Terlinzet vicario della pieve di Male, e nel
1560, successe prete Gaspare Greiffenberg. Nel 1579 il pio
luogo è detto membrum Prioratus Campei; era in pessimo
stato, bisognevole di restauro a pede usque ad caput. E così
anche quando nel 1593 il Cardinale Lodovico Madruzzo ne
assegnò i beni al Seminario, che aveva stabilito di erigere a
Trento”.
Infatti il 15 luglio 1563 il Concilio di Trento aveva promulgato
il decreto sull'erezione dei seminari diocesani e trenta
anni dopo (1593 appunto) il card. Ludovico Madruzzo, con
apposita costituzione sinodale (cap. 30), aveva fondato il Seminario
di Trento. In quell’occasione accanto ad altri beni
destinati in precedenza, il Madruzzo incorporava e assegnava
al Seminario i priorati di Campiglio, di S. Tommaso
presso Riva, di S. Ilario di Rovereto, di S. Margherita in Valle
Lagarina, di S. Martino a Trento, di S. Tommaso a Romeno,
del Tonale e, appunto, di S. Brigida sul dosso omonimo, nel
comune di Dimaro.
Il Seminario di Trento vendette però ben presto il Dosso
di S. Brigida, insieme con l'Ospizio e la chiesetta. Infatti il
5 marzo 1611, la proprietà passava a don Marino Giarolli,
parroco di Malé e ad Antonio, suo fratello, per duemila fiorini
del Reno (Ràgnesi).
Per la verità nel documento di compravendita veniva riservata
l'omologazione del contratto al P. V. card. Carlo
Madruzzo. Questi però, fiutato miglior affare (è sempre il
Valenti che lo ricorda), non prestò la richiesta omologazione.
Durante l'attitazione, afferma il Valenti, la Comunità
di Dimaro, a mezzo dei propri sindaci Signor Bonano de
16
Mazza e Pietro Bonmartini, aveva considerevolmente aumentata
l'offerta, per cui il 12 luglio 1612, verso qualche
piccolo compenso alla parte contraente, il Giarolli rinunciò
al contratto e il “Dossum seu mons et Ecclesia Santae Brigidae
Imarii cum omnibus ornamentis existentibus tantum
infra suos confines a summitate usque ad pedem” passò in
proprietà del Comune di Dimaro, il quale permane tuttora
nel pacifico e fruttuoso possesso del dosso o monte.
Il compratore, oltre al prezzo versato di 3.000 fiorini renani,
si assunse pure gli oneri, vincolati ipotecariamente sulla
collina stessa, di fare celebrare nella cappella ivi eretta dodici
sante Messe e nel giorno della titolare (8 ottobre) distribuire
pane per uno staio di segale e un peso di cacio a tutti i
devoti che avessero visitato la chiesetta. Inoltre si obbligava
alla restaurazione e conservazione di quella in stato conveniente,
nonché di mantenerla corredata dell'arredamento
necessario al servizio divino.
Sarebbe ora oltremodo difficile per quella autorità, sia civile
che religiosa, che si sentisse per qualche verso debitrice,
a termine del contratto del 1612 e secondo le “antiche
consuetudini”, di far celebrare le dodici messe annuali e,
nel giorno di S. Brigida, far distribuire il pane e il formaggio
ai devoti visitatori, ottemperare a questi obblighi. Infatti sia
l'Ospizio che la cappella di S. Brigida sono stati cancellati
dal tempo, dall'incuria degli uomini, dall'ingiuria degli eventi
atmosferici e da vicende storiche e condizioni sociali del
tutto mutate. Di preciso non si sapeva fino a pochissimo
tempo fa, neppure indicare il luogo dove la chiesetta sorgeva.
Sappiamo come il Valenti abbia tentato di individuare qualche
causa più prossima della distruzione del manufatto religioso,
riferendo che: “Della chiesetta non esistono nemmeno
i fondamenti, scavati dalla credulità ingorda di rinvenirvi
un tesoro nascosto”.
Così sul Dòs di S. Brigida si è steso un velo di leggenda, che
l’ha avvolto per secoli, ma che recentemente ha iniziato a
diradarsi, per merito delle ricerche storiografiche effettuate
su stimolo dell’ Amministrazione comunale di Dimaro.
Conosciamo così, per esempio, dall’Urbario o inventario
curaziale di Dimaro – Carciato (fol. 84) che l’onere a carico
del Comune fu riconfermato per convenzione giudiziale
ancora il 24 marzo 1843. Da un decreto della Curia
Vescovile di Trento del 29 agosto 1628, riferito a quel foglio,
il Comune era però già stato autorizzato a far celebrare
nella chiesa curaziale di S. Lorenzo le 12 messe impostegli
e denominate “Brigitine”, perché il santuario di S. Brigida
era rovinato. Solo negli anni Venti del Novecento tale questione
trovò, finalmente, uno sbocco definitivo, quando, con
i buoni consigli dello stesso vescovo di Trento e con l’assistenza
del parroco don Nicolò Gilli il Consiglio Comunale

approvò la proposta fatta da Sua Altezza R.ma P. Vescovo
nella sua visita Pastorale tenuta nella Parrocchia di Dimaro
ai 22 agosto 1924, ed avanzata dal Parroco don Nicolò Gilli
per transazione col Comune di Dimaro, trasformando e
pagando in buona moneta corrente l’obbligo delle molte
Messe da celebrare, che gravavano annualmente sulla sostanza
del Comune.
È vero che ogni tanto qualcuno ha cercato di penetrare
nella leggenda e di riportare alla luce i lineamenti storici
di queste vicende. Simone Weber, ad esempio, riserva una
pagina anche alla storia della cappella di S. Brigida nella Selva,
ma anche lui deve peraltro malinconicamente concludere
che: “L'ultimo anno in cui vi si celebrò fu nel 1774 e dopo
d'allora anche il legato del pane restò negletto per alcuni
anni, finché il Comune lo consegnò alla chiesa. Verso la fine
di quel secolo la chiesa cadde in rovina e di essa non restano
che poche tracce di ruderi, un'antica campanella, che
trovò alloggio sul campanile di Dimaro, e la paletta del suo
altare, rappresentante la Madonna con S. Brigida e S. Lorenzo,
ora appesa sopra la porta della sacrestia di Dimaro.
Pure, - terminava amaramente il Weber - anche la chiesa di
S. Brigida e il suo vecchio convento furono iscritti nel ruolo
dei monumenti!”.
Anche le poche suppellettili della chiesetta, che il Weber
annunciava come “salvate” dalla distruzione, sono oggi purtroppo
introvabili, ad eccezione della pala dell’altare, e probabilmente
di una piccola campana.
Ma negli ultimi anni si è riusciti a fare molto di più, per
far uscire definitivamente questa “storia” dalle nebbie di un
lontano passato:
- nell’autunno 2006, sulla scorta del documento
risalente al 1612, il comune
di Dimaro riprendeva (aggiornandola)
l’antica consuetudine di “far distribuire
uno staio di segale in pane e un peso
di formaggio alle persone che visitassero
quella chiesa”, organizzando un
primo pellegrinaggio votivo al colle, pellegrinaggio
che da quell’anno è andato
sempre più crescendo in partecipazione
di fedeli e in capacità organizzativa da
parte delle amministrazioni locali (Asuc
e Comune di Dimaro) di corrispondere
alle esigenze del voto;
- nell’anno 2007 l’Amministrazione comunale,
avendo rintracciato fortunosamente
la piccola pala dell’altare del dòs
di S. Brigida (era rimasta nascosta per
decenni in un armadio a muro della casa
canonica di Dimaro!), provvedeva a re-
17
studi sulla val di Sole
staurarla, a presentarla alla popolazione e a riposizionarla
nella chiesa di Dimaro, dove tutt’ora è visibile;
- nell’estate del 2010 la Provincia Autonoma di Trento, con
una forte adesione di collaborazioni locali, provvedeva ad
eseguire i primi scavi archeologici, nel sito che si presumeva
celasse i resti della chiesetta. Dopo un sondaggio mediante
scavo di una trincea profonda circa un metro e mezzo
di profondità, attraverso il piazzale posto davanti all’attuale
malga, scavo che aveva dato risultati assolutamente negativi,
veniva ritrovato un primo scheletro, di persona adulta, forte,
con mascella pronunciata, con pressoché tutte le ossa
ben conservate, ma senza altri segni di identificazione o
reperti per una possibile datazione, scheletro cosparso di
calce spenta, posto all’interno di quello che poi sarà identificato
come il perimetro di un edificio abbastanza grande,
sicuramente la chiesa di S. Brigida. Successivamente, tutti
all’esterno del perimetro del muro di sostegno della chiesa,
venivano trovati altri cinque scheletri, di cui uno piuttosto
piccolo, di persona sui 12/15 anni ed uno (l’ultimo) molto
compromesso e privo di cranio. Nessuno di questi scheletri
aveva con sé corredo o oggetti databili. In alcune tombe
erano evidenti i segni di presenza di calce spenta. Ma ci
furono altre sorprese: il ritrovamento interessante di una
monetina presumibilmente del secolo XIII e lo scoprimento
di buon tratto del basamento perimetrale della chiesa di
S. Brigida, che è stato quindi riportato alla luce, ottenendo
una chiara indicazione della traccia del presbiterio, sebbene
con resti murari interrotti da vuoti e con tracce di muro di
fondazione sempre più labili e sconnesse verso il lato sud/est.
A questo punto i lavori sono stati sospesi, in attesa di co-
Uno scheletro rinvenuto nell’area di scavo.

studi sulla val di Sole
noscere i risultati scientifici degli studi su questi resti e di
ipotizzare il modo di conservazione e di usufruizione dei
resti trovati, sia di quelli umani, sia di quelli edilizi e della
cultura materiale.
Nell’attesa di capire come si potrà procedere allo svelamento
degli altri “misteri” del dos di S. Brigida (è preannunciata
una ulteriore campagna di scavi per l’estate 2011), si
può utilmente riflettere su di un documento già apparso sia
sul Bollettino della SAT (1977), che sul nostro notiziario “La
Val” (1978), per cura di Q. Bezzi.
Si tratta di un documento per vari versi da prendere un
po’con le pinze, poiché la sua veridicità non è totalmente
attestata né sicuramente inoppugnabile. Il documento, attribuito
al sig. Guglielmo W. di Berlino, sarebbe stato scritto da
questi ad illustrazione di un suo viaggio risalente all’agosto
1819. Comunque sia, il documento è fortemente allusivo e
per vari aspetti coinvolgente e sfidante. Ne trascrivo alcune
espressioni:
“Trascorso un miglio in placida frescura, ti si presenta un
prato di alcuni ruderi d'antico fabbricato. Qui la mente viene
portata a visitare più secoli, che già calarono nell'oceano
dell'eternità.
Questi sono gli avanzi della chiesa di S. Brigida e dell'ospizio,
che i Templari del Precettorio di Campiglio vi avevano fondato;
giacché erano soliti fabbricarsi tali ospizi quasi case di
delizia a certe compartite distanze dal Precettorio.
18
Questa chiesa, che formava un quadrilatero di 20 o 30 piedi
senza il presbiterio, era dalla parte di Mezzodì congiunta
all'Ospizio, di forma semicircolare a due piani.
Nel primo v'era un cortile, una sala, una cucina ed una stanza
per pranzarvi! Nel secondo v’erano piccole stanze ben
compartite alle quali si ascendeva per due scale poste agli
estremi del semicerchio, ambe chiuse da una porta, per cui
non era lecito passare ai profani. Un corridoio metteva alla
chiesa, ed una porticina situata nel presbiterio metteva alla
fonte detta della fecondità, passando per un portico oscuro
nel quale giammai pose piede persona di sesso maschile, se
ne escludi quei Reverendi.
Questa fontana coperta, e per tutto cinta di muro, prendeva
luce da un pertugio rotondo posto alla sommità del
tetto. Una fresca limpida acqua vi scaturiva, ed in vicinanza
vi erano vari bacili di legno”.
Tutto vero? Tutto inventato? Probabilmente nessuna delle
ipotesi è totalmente vera né totalmente falsa. Trovare
il residuo di verità storica non è facile, ma forse non impossibile,
soprattutto nel momento in cui si riuscisse ad
identificare con certezza almeno una parte del sedime del
vecchio cenobio.
Ma forse qualche risposta ci sarà offerta proprio questa
prossima estate, al realizzarsi degli ulteriori scavi previsti sul
dos di S. Brigida.
In occasione della Mostra dedicata a Paolo Vallorz il Centro Studi organizza
una visita al MART di Rovereto con il seguente programma:
VENERDì 15 LUGLIO - Rovereto - ore 16.00
“La rivoluzione dello sguardo – capolavori impressionisti e postimpressionisti
dal museo D’Orsay” e “La Donazione Paolo Vallorz”
Visite guidate alle mostre con partenza in pullman da Malè ad ore 14.00
Prenotazioni entro il 10 luglio presso
Mauro Pancheri 339/6690752, Federica Costanzi 0463/901780,
Biblioteca di Dimaro 0463/974803, Segretario Angelo Sede 0463/903085
fino ad esaurimento posti.
Costo comprensivo di viaggio, prenotazione, biglietto d’ingresso e guida alla mostra degli
impressionisti per ciascun gruppo che verrà formato (max 30 persone) Euro 20, importo che verrà
raccolto durante il viaggio. Mauro Pancheri ha dato la sua disponibilità a fare da guida (gratuita) alla
mostra di Paolo Vallorz. Potrebbero intervenire variazioni del costo previsto in base al numero degli
iscritti, in relazione al numero dei partecipanti e del conseguente costo del trasporto e delle guide.

RIfUGIO MANTOvA AL vIOZ:
TRA STORIA E fUTURO
Il primo rifugio nei pressi del Monte Vioz fu costruito nel
1908 dalla SAT (Società degli Alpinisti Tridentini) in una
posizione più bassa rispetto all’attuale, presso la località
chiamata “ai Crozzi di Taviela”: un ampio sperone roccioso
tra la Valle della Mite e la Val Taviela, che ospita ora la stazione
d’arrivo della nuova funivia PEJO 3000. Questo primo
rifugio venne dedicato alla città di Mantova, non solo in
riconoscenza per l’importante contributo finanziario della
bella città virgiliana, ma anche per motivi fortemente patriottici.
Mantova era infatti tristemente famosa nell’ottica
irredentista e filo italiana della Sat per i cosiddetti “Martiri
di Belfiore”: la prima di una lunga serie di condanne a
morte per impiccagione decretate dal governatore generale
del Lombardo-Veneto, feldmaresciallo Radetzky. Esse
rappresentarono il culmine della repressione seguita alla
prima guerra d’indipendenza italiana (1848) e segnarono
il fallimento di ogni politica di riappacificazione. Tra i vari
patrioti italiani impiccati a Mantova spicca Pier Fortunato
Calvi, padovano di origine e grande protagonista dei moti
rivoluzionari del 1848 in Cadore, arrestato a Cogolo dai
gendarmi austriaci il 17 settembre 1853, imprigionato a
Mantova e qui impiccato il 4 luglio 1855 con l’accusa di
alto tradimento. Il rifugio in alta Valle della Mite venne costruito
rapidamente in modo da impedire che si installassero
gli alpinisti tedeschi, molti attivi ad inizio Novecento
nella realizzazione di rifugi in Trentino; nel contempo si intendeva
denominare il rifugio “Belfiore” per onorare proprio
i Martiri del Risorgimento; alla fine ci si limitò a citare
solo Mantova, per evitare ritorsioni; infatti, dice la cronaca
dell’epoca: “la polizia austriaca non capì”. Il rifugio presso
di Alberto Penasa
Il rifugio ieri... ... e oggi.
19
studi sulla val di Sole
i Crozzi di Taviela ebbe vita molto breve, venendo distrutto
da un incendio nel 1916, nel corso della Prima Guerra
Mondiale, e non fu più ricostruito. Nello stesso periodo
gli alpinisti tedeschi della Sezione di Halle an der Saale
del DuOeAV (Deutsch und Osterreichische AlpenVerein,
cioè Associazione Alpinistica Austro Tedesca), costruirono,
poco sotto la cima del Vioz, un rifugio inaugurato nel 1911:
per tale impegnativa ed ardita opera i Tedeschi si avvalsero
della Guida Alpina di Cogolo Matteo Groaz, che poi fu a
lungo gestore della struttura. Il “Monte Vioz-Hütte” (rifugio
in tedesco) venne inaugurato il giorno 2 agosto 1911
e fu costruito in occasione del 25° di fondazione della sezione
dell’Alpenverein di Halle an der Saale e per parecchi
anni è stato il più elevato di tutta la Regione Alpina. Per
l’occasione tutto il paese di Peio fu addobbato con bandiere
del Tirolo e di Halle. Durante la prima Guerra Mondiale
la struttura fu adibita ad importante punto di osservazione
avanzato e difesa contro le truppe italiane. Al termine del
drammatico conflitto fu affidato in gestione alla SAT, così
come tutti gli altri numerosi rifugi austro-tedeschi in Trentino.
Il rifugio venne assegnato definitivamente dallo Stato
italiano alla SAT solo nel 1947 e in quello stesso anno, su
iniziativa di un comitato guidato dal noto Quirino Bezzi -
allora presidente delle Sezioni dell’Alta Val di Sole (e poi
anche della SAT centrale dal 1985 al 1988) e al quale oggi
è dedicata la sala principale del nuovo rifugio - fu costruita
presso il rifugio la piccola chiesa dedicata a S. Bernardo di
Mentone e ai caduti di tutte le guerre: la chiesa in muratura
più alta d’Europa.
Situato a 3535 metri di quota, l’attuale Rifugio Mantova al

studi sulla val di Sole
Vioz costituisce il più alto rifugio delle Alpi centrali e orientali
ed è gestito da 50 anni dalla famiglia Casanova di Peio
Paese. Dopo cinque intensi anni di lavori conclusi nell’agosto
1996, rappresenta senza dubbio un rifugio modello che
riunisce soluzioni costruttive all’avanguardia e una serie di
avanzate soluzioni tecnologiche per ridurre l’impatto ambientale
di questa struttura in alta quota, qui mantenuta a
servizio degli alpinisti che vogliono compiere alcune tra
le traversate più belle dell’arco alpino, tra i ghiacciai del
Gruppo Ortles-Cevedale ed in particolare il celebre "Giro
delle Tredici Cime". Al rifugio, la cui struttura portante è
stata realizzata in legno lamellare, rivestito da spesse lastre
di rame, è stato installato un gruppo elettrogeno a gas GPL
(che non produce dunque alcun inquinamento) del tipo
"totem", che è in grado di fornire contemporaneamente
energia elettrica e acqua calda per il riscaldamento. L’acqua
viene riscaldata tramite l’aria calda prodotta dal funzionamento
del gruppo elettrogeno stesso. Mentre il gruppo
elettrogeno provvede a fornire l’energia elettrica a 220 V
per la cucina e le altre apparecchiature di servizio, una serie
di 30 pannelli solari posti sul tetto del rifugio fornisce
l’energia che viene immagazzinata in batterie che alimentano
una rete secondaria a più basso voltaggio (24 V), per
soddisfare le esigenze di illuminazione interna. Se manca il
sole, l’esubero di energia prodotta dal gruppo elettrogeno
PROGRAMMA MANIFESTAZIONI
CENTENARIO RIFUGIO “MANTOVA AL VIOZ”
Giovedì 4 agosto
Auditorium Centro Termale Peio Fonti: proiezione film montagna
Venerdì 5 agosto
Auditorium Centro Termale Peio Fonti: concerto coro di montagna
Sabato 6 agosto
Mattina: escursione con posa targa di dedica del sentiero del Vioz a Matteo Groaz
Pomeriggio: cerimonia ricordo delle Guide Alpine al Parco degli Alpinisti
presso la chiesetta di S.Rocco
Sera, Auditorium Centro Termale Peio Fonti:
presentazione del libro sulla storia del rifugio
Domenica 7 agosto
Escursione al Vioz con S. Messa e Cerimonia per il Centenario
20
provvede a caricare direttamente le batterie. Al rifugio,
unico esempio nelle Alpi a questa quota, è stato installato
anche un depuratore biologico: i fanghi attivi riscaldati da
resistenze e da aria calda fornita dai generatori "totem",
consentono di depurare perfettamente le acque che possono
essere recuperate interamente per i servizi igienici.
GESTORI DEL RIFUGIO MANTOVA AL VIOZ:
1911-1924 Matteo Groaz
1925-1926 Arturo Stablum
1927-1931 Guido Groaz
1932-1949 Giovanni Marini
1950-1952 Quirino Bezzi
1953-1957 Matteo e Tilde Groaz
1958-1958 Enrico Casanova
1959-1966 Oreste Casanova
1967-1974 Renato Casanova
1975-1978 Rino Martini
1979-1985 Renato Casanova
1986-1990 Teresina Monegatti Casanova
dal 1991 Mario Casanova
Per la fornitura di informazioni e foto
si ringraziano Mario Casanova ed Ambrogio Monegatti.

21
studi sulla val di Sole
“MONTI PALLIDI” SOLANDRI:
DOLOMITI PATRIMONIO DELL’UMANITÀ
Un libro di roccia: geologia in val di Sole (12)
Anche le montagne del Brenta che lambiscono la Val di
Sole fanno parte dell’area delle Dolomiti riconosciuta
dall’UNESCO il 26 giugno 2009, quale Patrimonio
Universale dell’Umanità. Oltre alle “nostre” Dolomiti
di Brenta, nella lista troviamo: i rilievi del gruppo Pelmo
e Croda da Lago (tra Cadore, Zoldano e Ampezzano);
il massiccio della Marmolada (fra Trentino e Veneto e
comprendente la cima più alta delle Dolomiti - 3.343
m slm) con il ghiacciaio più significativo dell’intero ambito
riconosciuto; il gruppo formato dalle Pale di San
Martino, Pale di San Lucano e Dolomiti Bellunesi,; il
gruppo formato dalle Dolomiti Friulane e d'Oltre Piave;
le Dolomiti Settentrionali (fra Alto Adige e Veneto)
e comprendenti i frastagliati Cadíni, le candide Dolomiti
di Sesto, le Dolomiti d'Ampezzo, le Dolomiti di
Fánes, Sènes e Bráies; il gruppo Púez-Ódle, tutto in territorio
altoatesino; il gruppo formato dallo Scíliar, dal
Catinaccio e dal Látemar; la Gola del il Rio delle Foglie/
Bletterbach meglio conosciuto come il “Grand Canyon”
dell’Alto Adige, unico al mondo per particolarità
geologiche e paleontologiche. Non è nostro intento discutere
qui sul significato e sulle implicazioni di questo
importante riconoscimento. Basti pensare alla grande
responsabilità che abbiamo come comunità coinvolte
nella gestione e nello sviluppo del bene UNESCO,
nell’attuazione di politiche ed iniziative coerenti con la
conservazione, la gestione e lo sviluppo del bene “Dolomiti”,
nella promozione di una cultura del paesaggio
alpino e dolomitico. Essere titolari del “marchio”
UNESCO per le Dolomiti permetterà in conseguenza
di valorizzare ulteriormente le eccellenze del nostro
territorio, quali l'ospitalità, l'enogastronomia ed i sevizi
per il turista, importanti aspetti di ricaduta economica
per le nostre valli..
Impossibile qui trattare con completezza l’intero bene
tutelato. In questa puntata ci limiteremo a svolgere
una panoramica generale del Gruppo delle Dolomiti
di Brenta che ci tocca da vicino, con cenni sulle sue
caratteristiche geologiche principali, per cogliere quali
sono gli elementi che concorrono a determinarne la
geodiversità.
di Giuseppina Zambotti
Fig 1. – I sistemi montuosi che costituiscono le Dolomiti Patrimonio
dell’Umanità. Della lista fa parte anche il Gruppo di Brenta, con le sue
cime spettacolarmente verticali e pallide e i suoi paesaggi di straordinaria
bellezza (mappa estratta dal dossier di candidatura delle Dolomiti nella
Lista del Patrimonio Mondiale Naturale dell’Umanità UNESCO).
GEOGRAFIA
Il Gruppo delle Dolomiti di Brenta copre un’area di
circa 15.000 ettari (ha), con uno sviluppo nord-sud
di circa 40 km e una larghezza di 12 km. Il Gruppo
è caratterizzato da una conformazione molto
pronunciata sotto l’aspetto visivo, con cime, guglie
e pinnacoli di alto interesse paesaggistico, naturalistico
e alpinistico. Il complesso intreccio di valli degrada
verso ovest in Val Meledrio, a est nell’ampia
conca che ospita il lago di Molveno, mentre a nord
è delimitato dalle Valli di Sole e di Non. Le valli
dell’Adige e delle Giudicarie chiudono il cerchio
attorno al Gruppo.
La Bocca di Brenta (2.552 m slm) divide la catena
in due sottogruppi: a nord la catena degli Sfùlmini,
Cima Brenta, il massiccio del Grosté e la catena
settentrionale con i sottogruppi Altissimo, Campa
e Val Scura; a sud e a sud-est il massiccio di Cima
Tosa e la catena Ambiéz.
Le cime più elevate del gruppo sono: Cima Brenta
(3150 m slm), Cima Tosa (3.173 m slm) Cima Am-

studi sulla val di Sole
biéz (3.096 m slm) e Vallón (2.935 m slm). I corsi
d’acqua principali sono: verso ovest il torrente Sarca
(la Sarca, in termine dialettale) con gli affluenti
principali (Bondái, Ambiéz, Rio dei Molini, Rio
d’Algóne, Valágola, Sarca del Brenta); a nord-ovest,
oltre Passo Campo Carlo Magno verso la Val di Sole
troviamo gli affluenti di sponda destra del torrente
Noce con il Melédrio e via via gli altri corsi d’acqua
minori fino a Mostizzòlo e a seguire altri affluenti in
Val di Non. L’area è poi caratterizzata dalla presenza
di numerosi laghi: Molveno, Tovel, caratteristico
un tempo per il fenomeno della colorazione rossa
delle sue acque. Altri laghi sono presenti in Valágola,
nel settore occidentale, Durigát (vicino al rifugio
Peller), lago Salare, vicino alla ex-malga Cavalli e
lago Asbelz, nel settore meridionale, vicino al Passo
della Nana.
GEOLOGIA
La serie stratigrafica che affiora nel Gruppo di
Brenta copre una scala temporale che va dal Paleozoico
(542 milioni di anni fa) all’Eocene (circa
55 milioni di anni fa) e si apre con le successioni
vulcanico-sedimentarie del Permiano inferiore costituite
da lave, ignimbriti e piroclastiti. Queste rocce
affiorano in particolare nella zona di Massimeno,
dove mostrano anche interessanti intercalazioni di
depositi fluviali-lacustri. Ma la formazione rocciosa
che fa da padrona è senzaltro la Dolomia Principale
che, con i suoi oltre 1.000 m di spessore, costituisce
gran parte degli alti rilievi del gruppo.
La Dolomia Principale
Nel Triassico, a partire da circa 223 milioni di anni,
la regione alpina venne invasa dalle acque, trasformandosi
in un mare poco profondo che occupava
un’area vastissima che andava dall’attuale Francia e
Svizzera fino alle alpi lombarde e venete e, ancora
più distante, fino alla Grecia. In particolare, tutto
il territorio occupato ora dalle Alpi meridionali in
quella lontana epoca era caratterizzato dalla presenza
di una piana tidále (caratterizzata dal movimento
delle maree), una vastissima pianura paludosa
e fangosa che veniva periodicamente invasa
dall'acqua . La Dolomia Principale è la formazione
tipica di questi ambienti e mostra una caratteristica
sequenza di strati ripetuta ciclicamente innumerevoli
volte, strati che segnalano come le oscillazioni
del livello marino abbiano determinato ora un ambiente
decisamente sommerso, per quanto profondo
al massimo una decina di metri, ora un ambiente
22
intermedio con continue sommersioni ed emersioni,
ora un ambiente emerso temporaneamente.
Gli strati originati dai sedimenti depositatisi in condizioni
marine sommerse (subtidáli) si presentano
massicci e contengono i tipici fossili della Dolomia
Principale rappresentati principalmente da molluschi,
come i grandi bivalvi megalodónti con gli umboni
(= zona centrale rilevata da cui ha inizio la
spirale concentrica che orna ad “anelli” le valve dei
bivalvi) singolarmente piegati a uncino o a elica in
modo da ancorarsi meglio al sedimento nel quale
si infossavano parzialmente, nonché i Gasteròpodi
del genere Wortenia. Ad essi si alternano strati di
un ambiente intermedio (intertidále) e successivamente
emerso (sopratidále) caratterizzati invece
da sottili lamine formate da alghe, dette stromatolíti,
che sono la testimonianza di un ambiente
ricoperto di tappeti algali al quale aderivano e si
appiccicavano, come una sottile pellicola, particelle
di fango carbonatico abbandonate dall'alta marea.
Fig. 2 – La Val del Vento e le imponenti pareti rocciose della Dolomia
Principale: una successione monotona di cicli deposti in condizioni di ambiente
marino sommerso alternati a cicli intermedi e condizioni emerse,
leggibili grazie alla stratificazione suborizzontale. I versanti alla base delle
pareti rocciose sono fasciati da coni e falde detritiche prodotti dall’azione
erosiva operata dal ghiaccio, cicli di gelo/rigelo, dall’azione delle acque
dilavanti, ecc. (ph. Fabio Angeli).
La notevolissima potenza della Dolomia Principale,
che può superare i 1000 m di spessore, è legata
al lento sprofondamento che interessava il fondale
marino (subsidenza) sul quale si deponevano i sedimenti,
quantificabile nell’ordine di qualche decina
di metri ogni milione di anni!
Alla fine del Triassico (Retico), in un contesto di
clima complessivamente più umido e di apporti terrigeni
fini, tutto il settore occidentale dell’attuale

Trentino, in corrispondenza delle Valli Giudicarie, è
interessato dalla deposizione di potenti successioni
argillitico-calcaree (Argillite di Riva di Solto e Calcare
di Zorzino), seguite da successioni calcareomarnose
(Calcare di Zu). La parte mediana delle
pareti della Pietra Grande (2.936 m slm), nella zona
del Grosté, è costituita proprio dalle fitte stratificazioni
del Calcare di Zu il quale, ricco di fossili
di grandi bivalvi (Megalodon) affiora pure su ampie
superfici fino nell’area degli Orti della Regina.
Con il Giurassico (circa 200 milioni di anni fa) il
clima della regione alpina tende a riscaldarsi per
effetto del generale spostamento verso nord delle
masse continentali (l’Africa comincia a muoversi
verso l’Europa), appianando ulteriormente le differenze
tra le diverse stagioni dell’anno. Gli ambienti
del Giurassico erano generalmente più ricchi di
vegetazione e lussureggianti di quelli del Triassico.
Nelle foreste di conifere crescevano gli antenati
delle sequoie, dei pini e delle araucarie. In questo
ambiente presero piede i grandi Rettili: Dinosauri
sulla terraferma, Pterosauri nell’aria, Ittiosauri
nelle acque. I Dinosauri in particolare dettero luogo
a una ramificazione evolutiva incredibile, colonizzando
tutti gli ambienti terrestri con numerosissime
specie dalle dimensioni più varie. Accanto
infatti ai titani lunghi più di 40 m, alti come una casa
di qualche piano e del peso di decine di tonnellate,
vi erano animali che non superavano le dimensioni
di un pollo. All’ombra, in senso letterale, dei grandi
rettili proseguivano intanto la loro evoluzione i
piccoli Mammiferi.
Nel Giurassico inferiore, quella che diventerà la futura
regione trentina mantiene le caratteristiche di
una vasta piana ricoperta da un velo o poco più di
acqua marina, i cui fondali potevano talvolta emergere
per periodi più o meno lunghi. In questi ambienti
particolari rappresentati da piane di marea
e da lagune costiere si accumulavano lentamente,
strato dopo strato, sedimenti calcarei che, trasformatisi
in roccia, vengono definiti oggi Calcari Grigi.
Di Calcari Grigi sono costituiti i versanti occidentali
della Val di Non e della Val di Tovel, compreso il
sovrastante Pian della Nana mentre, verso ovest i
Calcari Grigi si spingono fino alla Val di Sole.
Il Rosso Ammonitico
La situazione di sostanziale equilibrio che caratterizza
l’inizio del Giurassico non era destinata a rimanere
tale ancora a lungo. Il mare, complice uno
spettacolare sprofondamento che nel giro di qual-
23
studi sulla val di Sole
Fig. 3 - Il Rosso Ammonitico è un calcare e/o calcare marnoso, generalmente
caratterizzato da una notevole frequenza di ammoniti fossili, e dal
colore rosso, o rosato, a causa dell’ossidazione del ferro (Fe3+). Nella
foto il pezzo presenta un tipico nodulo di selce “fasciato” da una matrice
marnoso-argillosa di colore più scuro (Crozzi della Coronaccia (Plan di
Monclassico, Monclassico – coll.ne G. Zambotti).
che decina di milioni di anni porterà i fondali a più
di 1.000 metri dalla superficie delle acque, continuava
a mantenere il proprio predominio. Le lagune
cominciarono a sprofondare e iniziò la deposizione
del Rosso Ammonitico. I fossili conservati in queste
rocce sono esclusivamente marini e tra di essi spiccano
per la loro abbondanza i gusci delle ammoníiti
e i resti di belemníiti.
Il Biancone e la Scaglia rossa
Con la fine del Giurassico e l’inizio del Cretaceo
l’intero settore trentino viene interessato dalla deposizione
di fanghi calcarei di origine planctonica
dal colore tipicamente biancastro che prende il
nome di Formazione del Biancone, diffusa in tutto
il Trentino meridionale. Nel corso del Cretaceo,
mentre i territori trentini giacciono ancora sul fondo
del mare, più a nord lo scontro ormai iniziato
tra Africa ed Europa fa emergere isole rocciose in
corrispondenza dell’attuale Svizzera e Austria. Da
queste terre emerse, sottoposte all’attività erosiva
degli agenti atmosferici, giunsero anche nelle “nostre
acque” di allora grandi quantità di sedimenti
argillosi che si depositarono sui fondali marini.
Nel Cretaceo Superiore è ormai iniziata l’orogenesi
alpina , i fondali marini, schiacciati durante i movimenti,
cominciano a inarcarsi e sollevarsi e sottili
fanghi rossastri provenienti dalle lontane terre
emerse settentrionali riescono a raggiungere anche
i territori più meridionali delle Alpi depositando
così la cosiddetta Scaglia Rossa. Questa roccia

studi sulla val di Sole
deve il proprio nome alla frammentazione in lamine
che la caratterizza e alla colorazione rossastra, che
però può essere anche bianca,; frequententemente
è riscontrabile la presenza in questa roccia di
noduli e listarelle di selce. Questo materiale vetroso
durissimo e resistente ha fatto in modo che
le zone di affioramento delle formazioni del Cretaceo
(Biancone e Scaglia Rossa) fossero frequentate
fin dalla preistoria allo scopo di sfruttare la selce
per confezionare armi ed utensili. Di Scaglia Rossa
sono costituiti il Sasso Rosso (2.645 m slm) e Cima
Nana (2.571 m slm) che si stagliano all’orizzonte
sopra le formazioni calcaree grigiastre del Triassico-Giurassico.
MORFOLOGIA
Il Gruppo di Brenta è caratterizzato da una morfologia
estremamente accidentata con torri e pinnacoli
determinati dall’azione degli agenti erosivi
che agiscono diversamente sui diversi tipi di rocce:
il Monte Turrion Alto e il Turrion Basso, in Val
Flavóna, ne sono classici esempi. La morfoselezione
agisce spesso in corrispondenza di passaggi litologici
all’interno della stessa formazione; sono un
esempio i sentieri delle Bocchette, intagliati naturalmente
lungo le cenge della Dolomia Principale
prevalentemente in corrispondenza del passaggio
litologico tra cicli deposti in condizioni marine
sommerse, con strati massicci e poco erodibili, e
strati di ambiente intermedio o emerso, più terrigeni
e facilmente erodibili.
Il gruppo di Brenta è anche caratterizzato da una
morfologia carsica piuttosto accentuata. Il carsismo
è molto comune in tutte le formazioni dolomiticocarbonatiche
presenti e, spesso, è il risultato del
glacio-carsismo, come per esempio sul plateau del
Grosté o nella depressione di Lastéi. In particolare,
le principali forme superficiali sono: inghiottitoi,
karren (solchi di erosione –dal tedesco), dolíne e
sinkholes (“buco sprofondato” –dall’inglese), trincee
carsiche e crevasses (crepacci), staircase (gradinate),
ecc. Il carsismo è ben sviluppato sulle superfici
di strato, spesso al passaggio tra la Dolomia
Principale e i Calcari Grigi. Caratteristiche forme di
questo tipo si trovano ad esempio in prossimità di
Bocca di Vallazza (est di Cima Grosté) e a Pian della
Nana. In molte aree si trovano vaste depressioni
endoreiche con diametro maggiore di 800 m. Una
tipica depressione è rappresentata da Pozza Tramontana,
cavità ellissoidale parzialmente riempita
24
di depositi alluvionali. Fenomeni simili si trovano
in Val Madris e vicino a Malga Spòra, oppure nell’area
tra Pietra Grande e Monte Grosté dove, un
profondo karst (altopiano calcareo –dal tedesco)
coincide con una superficie strutturale nella Dolomia
Principale. Nel Gruppo di Brenta parecchie
centinaia di cavità si trovano in forma di skinholes,
molti dei quali sono profondi più di 200 m; tali cavità
sono molto comuni, specialmente al centro-sud
del gruppo.
Le forme “attuali”, legate alle condizioni climatiche
della nostra epoca sono invece per lo più dovute
all’azione del ghiaccio e del gelo/rigelo. Coni e falde
detritiche fasciano i versanti sotto le imponenti
pareti rocciose delle Dolomiti di Brenta, creando
accumuli molto caratteristici.
Fig. 4. - Il Sasso Rosso e Cima Nana, costituiti dalla Formazione della Scaglia
Rossa, si stagliano all’orizzonte “sopra” le rocce dolomitiche appartenenti
alla Dolomia Principale. Quest’ultima, con i suoi 1.000 m e oltre di
spessore, costituisce l’ossatura del Gruppo di Brenta. Verso Ovest (a destra
nella foto) si riconoscono Prà Castrón, alla testata della Val del Vento.
La varietà dei substrati rocciosi che costituiscono il Gruppo di Brenta
genera scorci di suggestione unica, specialmente quando alle potenti e
chiarissime pareti di dolomia si alternano cenge e dolci pendii erbosi
impostati sulle rocce variopinte marnoso-terrigene (ph. Fabio Angeli).
Le geodiversità caratteristiche del Gruppo di Brenta
sono di vario tipo, con una varietà tale da motivare
l’inserimento nel Patrimonio Unesco. In particolare
le geodiversità intrinseche sono proprio
rappresentate da un ben sviluppato sistema carsico
sia superficiale che sotterraneo e da testimonianze
di forme climatiche su larga scala, sia relitte che
attuali. Tutti questi aspetti fanno delle Dolomiti
di Brenta un laboratorio a cielo aperto altamente
scientifico.

LE DOLOMITI UNESCO E LE AMBIGUITÀ DEL LOGO
25
studi sulla val di Sole
Molto si è discusso attorno al logo delle Dolomiti-
UNESCO. Resi pubblici dalla stampa i risultati del
concorso per idee, sono seguite forti contestazioni
con prese di posizione decise e motivate da parte di
esponenti del mondo alpinistico e turistico. Anche per
questo il disegno iniziale è stato ritoccato (in figura la
nuova versione): le forme più morbide e l’inserimento
delle ombre l’hanno reso più “accettabile” alla collettività.
Secondo quanto dichiarato dall’autore, il designer
valdostano Arnaldo Tranti, infatti, nella prima versione
“lo skyline delle quattro cime ricordava quasi dei grattacieli,
creando un effetto di ambiguità che era comunque
un elemento voluto”.
Da un’analisi del marchio possiamo anche noi addentrarci nella discussione e azzardare un’interpretazione, anche
se del tutto arbitraria, delle motivazioni che possono aver portato a tale scelta. Partiamo dal concetto che
le Dolomiti sono state effettivamente formate-costruite da organismi biocostruttori che, come bravi muratori,
hanno operato piano piano per erigere “l’edificio dolomitico”. Per millenni la comunità di organismi viventi
(coralli, alghe calcaree, gasteròpodi, molluschi bivalvi, ecc.) ha partecipato “attivamente” alla costruzione della
piattaforma carbonatica, tanto che i ricercatori hanno coniato il termine factory (letteralmente "fabbrica")
per definire questo ambiente sedimentario, come l'insieme della piattaforma e della comunità biologica che la
produce, in un determinato momento della storia geologica.
Le Dolomiti presentano pareti rocciose di sviluppo verticale assolutamente eccezionale, con una eccezionale
elevazione retta in relazione al dislivello tra fondovalle e cime. Un esempio spettacolare è la Croda del Re Laurino,
nel gruppo del Catinaccio-Rosengarten, che con i suoi 500 metri di verticalità sui complessivi 2819 metri
di altezza, si fa ammirare fin dalla città di Bolzano. La storia geologica di questo straordinario monumento della
natura, dove la linea del profilo verticale prevale su quella orizzontale, rende le Dolomiti uniche e affascinanti
rispetto a ogni altro sistema montuoso.
Visto con taglio geologico, l’effetto “Manhattan” che aveva scandalizzato non pochi al primo apparire del logo,
quasi si trattasse di una “profanazione” o banalizzazione degli aspetti naturalistici e alpinistici dei “nostri” Monti
Pallidi, può apparire quanto mai appropriato, azzeccato, idea vincente appunto. (g.z.)
GIOVEDì 16 AGOSTO 2011 ore 20.30
Nel contesto di “Dietro la montagna”
presentazione del libro
LE MONTAGNE DELLA VAL DI SOLE RACCONTANO
Storia geologica della Valle di Sole di Marco Valenti

studi sulla val di Sole
Scarse sono le tracce dell’attività del pittore, caposcuola
di una bottega attiva nelle valli del Noce
tra la seconda metà del XVIII secolo e i primi due
decenni dell’Ottocento 1 . Raffaella Colbacchini
(2000) ha proposto di riferire in modo dubitativo
a Marino Dalla Torre la tela raffigurante il Martirio
di san Vigilio nella chiesa parrocchiale di santo
Stefano protomartire a Revò, databile all’inizio del
XVIII secolo 2 . Nel 2002 Alberto Mosca segnalava
l’esistenza di un disegno del pittore, datato 1683,
con la rappresentazione di “un’arma sculpita nella
pietra del sepolcro esistente nella parrocchiale di
Malé spettante all’illustrissima famiglia Lodrona” 3 . Il
nome dell’artista ricompare nel 1683 nella perizia
relativa alla causa tra la famiglia Sartori e la comunità
di Croviana 4 .
A queste tracce è possibile aggiungere il contratto
per un gonfalone per la chiesa di Maiano, dedicata
a san Pietro apostolo, rogato a Cles lunedì 18
gennaio 1677. Il documento, inedito, è conservato
nell’Archivio Campi, presso la Biblioteca Comunale
di Trento 5 . Il notaio Giovanni Battista Miller stese
l’accordo in base al quale Pompeo Arnoldi, sindaco
dell’edificio sacro, ovvero il suo amministratore laico,
conferì l’incarico al pittore Marino Dalla Torre
di realizzare una tela rappresentante “santo Pietro
massimamente, per un confalone con altre piture
a guisa e forma del vecchio, et anticho quadro del
confalone di detta chiesa.” 6 .
La casistica in base alla quale può nascere un’opera
d’arte, secondo la proposta di Salvatore Settis, vede
il calibrato integrarsi delle figure del committente,
del consigliere iconografico e dell’artista esecutore.
I vari soggetti possono anche condensare una
o più delle caratteristiche base appena espresse 7 .
Nel caso del contratto di Maiano, Pompeo Arnoldi
svolse il duplice ruolo di committente e di propositore
del soggetto: la qualifica di sindaco della
chiesa, ossia di amministratore, lo pose in contatto
con l’artista, vincolato alla realizzazione dell’opera
in base a coordinate prestabilite.
Stando alle clausole dell’accordo, steso in quattro
punti, il pittore doveva “far detta pitura et quadro
di santo Pietro, con altro modo e forma dell’anti-
MARINO DALLA TORRE:
UNA OPERA INEDITA
di Paolo Dalla Torre
26
cha pitura, effigie, e quadro del confalone di detta
chiesa di santo Pietro di Maiano come in quello con
suoi colori, et altre ingredienti necessari” 8 . Pompeo
Arnoldi gli avrebbe fornito la quantità di tela occorrente
9 ; il tempo di esecuzione concesso all’artista
sarebbe scaduto ai primi di aprile di quell’anno
10 . Avrebbero esaminato l’opera il parroco di
Cles don Giovanni Giacomo Madruzzo Cembran e
Matteo “Glesomero” 11 .
Se Marino Dalla Torre non avesse rispettato i termini,
il sindaco della chiesa avrebbe commissionato
l’esecuzione a un altro pittore, ma a spese del primo
artista interpellato 12 .
APPENDICE DOCUMENTARIA
Contratto per un gonfalone per la chiesa di san
Pietro apostolo a Maiano, di data Cles, lunedì 18
gennaio 1677. Trento, Biblioteca comunale, Archivio
Campi, BCT1-5325, n. 10. Inedito.
Conventione fra messer Pompeo Arnoldi come sindico
della chiesa di santo Pietro in Maiano, et signor Marin
Dalla Torre di Mezzana pitore. Nel nome di Dio
correndo l’anno doppo la Sua Natività 1677 indizione
decima quinta il 18 genaio giorno di lunedì nel borgo
di Cles, et nella stua della casa del magnifico signor
Matthio Glesomero alla presenza del magnifico signor
Antonio Stringaro, et Nicolò Menapas testimoni chiamati
e pregati.
Ivi fu esposto, e narrato, qualmente il magnifico messer
Pompeo Arnoldi di Maiano come sindico della chiesa
di santi Pietro esistente in ditta villa di Maiano pieve
di Cles sii per far fare una pitura di santo Pietro massimamente,
per un confalone con altre piture a guisa,
e forma del vecchio, et anticho quadro del confalone
di detta chiesa. Qual pitura, et opera ha datto al magnifico
signor Marin Dalla Torre pitore di Mezzana ivi
presente, et questa accettante, nel modo, termine, e
patti come segue.
Primo che detto signor Marin Dalla Torre sii obligato
far detta pitura et quadro di santo Pietro, con altro
modo e forma dell’anticha pitura, effigie, e quadro del
confalone di detta chiesa di santo Pietro di Maiano

come in quello con suoi colori, et altre ingredienti necessari,
a qual effetto però detto magistro Pompeo a
nome come sopra ha dato all’accenato signor Marino
pittore tanta quantità di tella nova, in quale doverà
imprimere le dette piture.
Secondo che dette piture e quadro devi essere compitamente,
et intieramente finite da qui, e per tutto li
primi giorni del mese d’aprile del sodetto anno 1677
di modo tale, che possi metersi in opera per far detto
confalone.
Tertio del prezzo, e pagamento di dette piture, e quadro,
tanto l’una come l’altra parte si rimettono adesso
per alhora, et a contra a quel tanto verrà giudicato, et
appreziato dal molt’illustre, e molto reverendo signor
don Iacomo Cembrano arciprete di Cles, et magnifico
signor Mattheo Glesomero di detto luogo.
Quarto che non avendo finita l’opera di dette quadro
e piture al tempo come sopra nominato sia in arbitrio
del memorato messer Pompeo sindico far quelle fare
da altri, che a detto piacerà, a danni, e spese del prenominato
signor Marino.
Al che ambi le parti presenti accettarono et omologarono
et convenirono con promessa d’haver le cose sodette
ferme rate e grate, e di refare danni, e spese in caso
et cetera sotto l’obbligazione tanto l’una come l’altra
parte, impegnando messer Pompeo de beni
della mentovata chiesa, et detto signor Marino
de proprii presenti e venturi in valida
forma et cetera e così et cetera.
Giovanni Battista Miller notaio pregato
scrisse e pubblicò.
27
NOTE
studi sulla val di Sole
Nella trascrizione del documento si seguono i criteri di una edizione moderna.
1 N. RASMO, Storia dell’arte nel Trentino, Trento 1982, p. 328; S. FERRARI, Testimonianze
artistiche nelle chiese di Mezzana, Roncio, Ortisè e Menas, in Mezzana & Marilleva Roncio
– Ortisè – Menas, Bolzano 2002, pp. 188-189, con bibliografia relativa.
2 R. COLBACCHINI, scheda 35, in L’immagine di San Vigilio, tra storia e leggenda, a cura
di D. PRIMERANO, Trento 2000, p. 252. Come annota la studiosa “A seguito di un
recente esame si è scoperto che una mano ignota ha posto sulla cornice un biglietto
dattiloscritto con attribuzione del dipinto a ‘Marino Dalla Torre di Mezzana 1700’.
Non si sa su quali basi poggi l’attribuzione, in quanto sul quadro non esiste né firma
né data e né il restauro condotto nel 1974, né la catalogazione risalente al 1982
hanno mai rilevato, neanche sul retro la presenza di tali riferimenti. L’attribuzione
comunque non può essere smentita e nemmeno confermata, in quanto del pittore
Marino Dalla Torre si sa ben poco”. Cfr. ibidem, p. 252. Si suggerisce di rettificare
quanto espresso di recente a proposito di un dettaglio di questa tela: la figura in basso
a sinistra nell’atto di mangiare un fanciullo non rappresenta “un essere luciferino”,
bensì un frammento della statua di Saturno distrutta da san Vigilio. La divinità romana
era identificata con quella greca di Cronos, divoratore appunto dei propri figli e i
Romani gliene attribuirono in modo integrale il mito. Cfr. D. LORENZONI, scheda
Martirio di san Vigilio, in Lo spirito nobile della gente anaune. Percorsi espositivi e narrativi,
Cles – Trento 2011, p. 55.
3 A. MOSCA, Croviana nella storia, Croviana – Trento 2002, pp. 129-130; per il documento
cfr. Trento, Archivio Diocesano Tridentino, Atti civili, 634, cc. 37v-38r, perizia
di data Malé, 9 maggio 1683.
4 Ibidem.
5 Trento, Biblioteca comunale, Archivio Campi (d’ora in poi BCT, AC), BCT1-5325, n.
10, contratto di data Cles, lunedì 18 gennaio 1677. Costanza baronessa de Swaine,
seconda moglie di Luigi de Campi (Cles, 1846 – Losanna, 1917), nel 1920 donò
l’archivio della famiglia del marito alla Biblioteca comunale di Trento, cfr. G. ROBERTI,
L’eredità Luigi de Campi al civico museo di Trento, “Studi Trentini di Scienze Storiche”, I
(1920), pp. 89-90; A. CASETTI, Guida storico – archivistica del Trentino, collana di monografie
della Società di Studi per la Venezia Tridentina, XIV, Trento 1961, p. 136. Per
l’Archivio Campi cfr. BCT, BCT1-5192-5210 e 5316-5361.
6 Ibidem.
7 S. SETTIS, Artisti e committenti fra Quattro e Cinquecento, in Storia d’Italia. Annali, 4.
Intellettuali e potere, a cura di C. VIVANTI, Torino 1981, pp. 728-729.
8 BCT, AC, BCT1-5325, n. 10, contratto di data Cles, 18 gennaio 1677, punto primo.
9 Ibidem, punto primo.
10 Ibidem, punto secondo.
11 Ibidem, punto terzo. Sulla figura di don Giovanni Giacomo Madruzzo si veda G.
TOVAZZI OFM, Parochiale Tridentinum, Tridenti MDCCLXXXV, rist. a cura di R. STE-
NICO OFM, Trento 1970, p. 152; F. NEGRI, Serie dei pievani – arcipreti – decani e di
altri sacerdoti di Cles con brevi notizie della parrocchia dall’anno 1100 al 1903, f. I, Cles
1907, pp. 99-103, n. XXXI; ID., La chiesa parrocchiale di Cles e i suoi rettori dall’anno 400
al presente, Cles 1928, p. 18.
12 Ibidem, punto quarto.
Maiano, chiesa di S.Pietro apostolo (ph. Paolo Dalla Torre)

cultura delle valli
BARBIANA: UNA SCUOLA vIvA
CHE CONTINUA A INSEGNARE
di Valentina Malanotti
Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani
per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più
subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far
scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna
che si sentano ognuno l’unico responsabile dell’altro.
(Don Lorenzo Milani)
Da alcuni anni la Provincia Autonoma di Trento attraverso
IL PIANO GIOVANI DI ZONA della Bassa Val
di Sole stabilisce un budget da destinare alla realizzazione
di “azioni” presentate da associazioni ed enti
della località coinvolta e rivolte ai ragazzi dai 15 ai 29
anni, con il loro diretto coinvolgimento nella stesura e
costruzione del progetto. Attraverso questa possibilità
l’Associazione Culturale “Il Mulino” di Croviana ha
ideato e realizzato un percorso educativo, della durata
di due giorni, alla scoperta della scuola di don Lorenzo
Milani situata a Barbiana, in provincia di Firenze. Questa
iniziativa ha visto coinvolti una ventina di ragazzi di
età compresa tra i 15 e i 20 anni dei comuni della Bassa
Val di Sole e una decina di accompagnatori/animatori
più grandi.
DIARIO DI VIAGGIO
Il 28 maggio 2011 per una trentina
di ragazzi dei vari comuni la
sveglia ha suonato alle 4.30, per
permettere un arrivo in mattinata
nella meravigliosa Firenze.
Dopo una breve visita ai luoghi
imperdibili della città dell’Arte e
la sosta per il pranzo in un ristorante
nel centro della città, si è
risaliti in pullman proseguendo
per Vicchio. Al bivio per Barbiana
la strada troppo stretta non
ha permesso al pullman di salire
e così ci si è incamminati tutti insieme,
zaino sulle spalle e sacco a
pelo in mano per tre chilometri
fino a raggiungere la Casa Ferie
“La Fonte” dove, dopo una gustosa
cena preparata da alcuni
ragazzi, si è trascorsa la notte.
28
Il 29 maggio, dopo la colazione e il riordino dei locali, si
è ripreso il sentiero, abbastanza ripido, per raggiungere
il luogo dove ha vissuto e insegnato don Milani, distante
circa dieci minuti a piedi dalla Casa dove abbiamo
alloggiato. Lì ci attendeva Michele Gesualdi, il suo primo
allievo nonché attuale presidente della Fondazione
Don Lorenzo Milani. Ci ha fatto accomodare nello spazio
all’aperto, sotto la pergola, dove don Milani insegnava
ai suoi ragazzi, cominciando a raccontare i suoi
ricordi più profondi e significativi. La narrazione è stata
molto intensa, Michele ha ripreso alcuni avvenimenti,
affrontati una settimana prima nella serata organizzata
dall’Associazione Culturale nella Sala Busetti di Croviana,
della sua esperienza unica e rivoluzionaria che lo
ha direttamente coinvolto dal 1956 fino al giugno del
1967 (data di morte di don Lorenzo Milani) e che si
porta come un sigillo nella mente e nel cuore.
Il percorso didattico è poi proseguito all’interno dell’
“aula” dove sono riportate le cartine, i grafici, i disegni
e i marchingegni, come il telescopio e l’astrolabio,
realizzati dai ragazzi, dopo approfonditi studi, per memorizzare
i concetti e la storia. Ad esempio si possono
vedere e analizzare i grafici della composizione del
Parlamento, costruiti dopo mesi e mesi di approfondimento.
Occorreva infatti saper tutto dei partiti, come
erano nati, quale era la loro ideologia, chi li guidava, la
loro forza elettorale, le loro posizioni caratterizzanti
e ancora la composizione dei vari Governi, la conoscenza
della macchina organizzativa, i regolamenti della
Camera e del Senato, i Gruppi e le Commissioni parlamentari.
Ogni cosa all’interno della casa narra un aspetto di
quella scuola unica al mondo e così diversa dalle nostre.
Una scuola a tempo pieno, per 365 giorni all’anno,
dove ognuno andava felice di imparare per i suoi
metodi pratici, improntati sul fare, ma anche perché
l’alternativa era il lavoro duro nei campi e nelle stalle.
La lettura della posta e del giornale fatta ad alta voce
tutti i giorni, diventava occasione per fare geografia
e storia contemporanea, serviva per approfondire le
questioni sociali, politiche e sindacali. Ogni cosa era
motivo di conoscenza e funzionale all’acquisizione di
determinate competenze utili per la vita (quelle che
oggi sono diventate così importanti e su cui si punta

molto anche nel proprio curriculum vitae, le cosiddette
life skills): saper esprimersi, relazionarsi con gli altri,
scrivere utilizzando le parole giuste, essere sintetici
ma incisivi, conoscere le lingue, avere una conoscenza
generale del mondo che ci circonda, saper praticare
sport come lo sci, il nuoto, avere capacità manuali
come saper dipingere e lavorare il legno e il ferro. Al
piano di sotto dell’ “aula” si possono infatti vedere due
stanze: la fucina e la falegnameria dove i ragazzi si destreggiavano
a lavorare i materiali.
Nella casa è inoltre in mostra un giradischi, realizzato
dagli stessi ragazzi con materiale di recupero e dei disegni
che riportano lo schema per la coniugazione di
verbi e per l'uso del verbo potere e dovere in tedesco,
sottolineando come l’apprendimento della lingua italiana
e straniera fosse centrale a Barbiana. Possedere
la parola era infatti per don Lorenzo Milani il miglior
modo per rendere i poveri eguali ai ricchi.
Nella piccola chiesa adiacente alla casa le vetrate sono
decorate con mosaici di vetrini colorati, tecnica imparata
e realizzata dagli stessi alunni, e nella vetrata centrale
è possibile vedere un monachello scolaro che don
Milani battezzò "santo scolaro" in onore ai ragazzi che
chiamava scherzosamente i “miei sei piccoli monaci”. Il
percorso è poi proseguito all'esterno, dove si possono
osservare i pergolati, sotto i quali venivano svolte le
lezioni all’aperto e la piscina realizzata dagli stessi ragazzi
dopo due anni di scavi e sistemazioni, elemento
importante per aiutare gli alunni a non avere più timore
dell’acqua.
Nel pomeriggio della domenica abbiamo infine percor-
29
cultura delle valli
so in salita il sentiero della Costituzione, inaugurato ad
aprile 2011.
Si tratta di una specie di libro di strada dove sono collocati,
lungo un sentiero nel bosco che, al termine della
strada transitabile, sale fino alla scuola di Barbiana, 50
cartelli con il testo degli articoli della Costituzione, illustrati
con i disegni di alcune associazioni e scuole che
hanno collaborato al progetto.
Il motivo di questo sentiero lungo la strada che porta
alla scuola di don Lorenzo Milani sta nel fatto che
la Costituzione era molto studiata dai suoi scolari. Il
priore riteneva infatti la conoscenza profonda dei suoi
articoli il mezzo fondamentale per il riscatto e l’equilibrio
sociale, la base, quindi, per la costruzione di una
società nuova e diversa, dove il potere della parola sia
anche nella bocca e nei cuori di coloro che non hanno
i mezzi e le risorse per comprarla.
In questo sentiero l’immediatezza delle immagine associate
a ciascun articolo imprimono nella memoria le
leggi fondamentali per il nostro Paese che, mai come
oggi, vanno conosciute e tutelate nella loro interezza
e completezza.
Sarebbe auspicabile permettere ad altri giovani solandri,
magari a coloro che nel 2011 o 2012 raggiungono
la maggiore età e quindi tutti i diritti e i doveri connessi,
di affrontare tale percorso per imprimere nella loro
mente la forza di quelle immagini.
Un ringraziamento va a tutti i ragazzi che hanno aderito
e quindi creduto in questo progetto e alle persone
adulte che hanno dato una mano concreta affinché
esso si potesse realizzare.
Il gruppo che ha partecipato al viaggio a Barbiana.

cultura delle valli
vOLONTARI! fACCIAMO LA DIffERENZA!
Questa relazione è stata presentata ad un importante
convegno provinciale sul volontariato a Trento lo scorso 29
maggio.
Il Centro Studi nacque nell’ormai lontano 1967. È un’associazione
culturale basata sul volontariato che opera prevalentemente
in Val di Sole.
Fu fondato da una dozzina di personalità, tra le quali Quirino
Bezzi (che del Centro fu il primo presidente), l’avv. Italo
Covi e Bruno Kessler. Personaggi che hanno fatto grande
la Valle di Sole, non di meno hanno contribuito, a diverso
titolo, alla costruzione del Trentino d’oggi. Attualmente
i soci si aggirano attorno alle 2000 unità sparsi in tutti i
comuni della Valle di Sole, in tanti altri paesi del Trentino in
molte province italiane e in alcuni stati esteri, in particolare
lì dove le tante e tristi vicende dell’emigrazione portarono
nel tempo i solandri. Tra le attività del Centro Studi è da
segnalare la fondazione e la gestione del “Museo della civiltà
Solandra” a Malé (nato nel 1979) e l' apertura nel 2003
del Museo della Guerra: “Peio 1914-1918: la guerra sulla
porta”, a Peio Paese.
Il Centro Studi è anche “casa editrice” e ad oggi ha dato alla
stampa quasi cento titoli su aspetti storici, culturali, economici,
linguistici, artistici e folcloristici della Valle di Sole e dei
territori alpini.
A Terzolas, nel bel palazzo detto “la Torraccia”, ha sede il
la Biblioteca Storica della Valle, nella quale è conservata,
assieme a moltissime pubblicazioni di interesse locale e
provinciale, una vera miniera di informazioni - certamente
unica nel suo genere - che consiste ad oggi in 231 tesi di
laurea che hanno trattato aspetti significativi della cultura,
della storia, e della geografia della valle di Sole. Il Centro
Studi, con un’attività meticolosa quanto lungimirante, nel
tempo queste tesi le ha raccolte, presentate alla popolazione
e premiate, quindi messe a disposizione degli interessati.
Ogni anno il Centro Studi pubblica quattro numeri di una
rivista dal titolo “LA VAL”, con allegato un inserto dedicato
alle personalità più in vista della storia e della cultura locali.
La rivista, insieme al libro o ai libri editi nell’anno, viene recapitata
gratuitamente a tutti i Soci in regola con il versamento
della quota sociale. Essa è uno strumento fondamentale
di contatto e scambio tra e con gli aderenti all’Associazione.
Il Centro organizza anche serate culturali di diverso genere,
così di musica, di poesia e momenti di riflessione, con-
di Marcello Liboni
30
fronto e dibattito su aspetti significativi dell’attualità o della
memoria storica della Valle. Meritano menzione i convegni
sulla tutela degli archivi storici, sul trentennale del notiziario
sociale “La Val” (tenutosi a Malè nel 2007), sull’identità “solandra”,
sulla metamorfosi del territorio alpino, sull’interdipendenza
tra cultura, istruzione e progresso, sul parco dello
Stelvio, sull’agricoltura di montagna, ed ancora negli anni a
noi più vicini, le serate/tavole rotonde dedicate alla cultura
dell’accoglienza, alla formazione continua, alla cultura per
l’architettura e, pertinente al tema di oggi, alla cultura per la
“Comunità di Domani”, serata tenutasi nel novembre del
2009. Il Centro Studi, in chiusura di questa presentazione,
si autofinanzia per circa l’80% con le quote sociali. Vero è
che uno stretto e positivo rapporto con gli Enti locali della
valle, ma anche con l’Ente Provincia come con molte altre
realtà istituzionali, negli anni ha garantito condivisione d’intenti
così come serenità e fiducia nel proseguo dell’attività.
Entrando nel merito del tema oggi sul tavolo, anzitutto va
detto che il Centro Studi per la Val di Sole sin dalla nascita
investe con la sua attività la dimensione territoriale di quello
che è stato prima il Comprensorio e ora è la Comunità
della Valle di Sole. In tal senso dimensione Comunità e Volontariato
per il Centro Studi sono connaturati.
Di più: se oggi fondamentale per la Comunità di Valle, specie
per la maturazione e l’elaborazione del suo ruolo, è la
condivisione dei processi con gli Enti Locali e con la popolazione,
allora nell’Associazione Culturale Centro Studi
essa può certamente trovare un valido partner che, saldo
nella sua autonomia anzitutto di pensiero, dell’evoluzione
della Valle intera, e non solo sotto il profilo culturale ma
anche sociale ed economico, ha sempre fatto il suo scopo.
In quest’ottica, necessariamente sottolineando le parole
“autonomia” e “volontariato”, il Centro Studi sin da principio
ha cercato, e ad oggi si può dire - pur con qualche
criticità - ha trovato, quel giusto equilibrio ed incontro tra
le proprie attività, che non si riducono a studi e ricerche
ma sono anche approfondimenti e proposte, e i percorsi
istituzionali cui sono tenuti gli Enti locali. Altrettanto dicasi
nel rapporto con le altre realtà associative o di categoria
della Valle.
Questa logica di stimolare e accompagnare il territorio
piuttosto di contrapporsi allo stesso, anche nei momenti in
cui determinate scelte o prospettive sono sembrate correre
su binari distinti, ha premesso al Centro Studi di incidere

sull’evoluzione della Valle ed essere soggetto credibile nella
sua attività come nelle sue proposte.
Accennavamo a qualche criticità. È un fatto che a volte,
e crediamo di sentirci in buona compagnia, la parola del
volontariato e tanto più se di marca culturale, rischia lo
scivolamento verso la testimonianza “nobile” ma sostanzialmente
decorativa se non inutile. Questo per il Centro
in alcuni casi è stato elemento di forte disagio che però
non è mai sfociato in un atteggiamento di palese ostilità.
Vero è che non possiamo tacere situazioni in cui davvero
la distonia tra la voce e le riflessioni offerte dal Centro e
l’azione dei soggetti che in qualche modo le potevano recepire
e interpretare, è stata grande e di conseguenza non
sono mancati gli effetti. È il caso del capitolo ambiente o
dell’architettura in cui, anche in futuro, il Centro Studi non
mancherà di interpretare la propria parte. È il caso della
poca attenzione riservata a testimonianze storiche andate
distrutte per sempre…
Certamente la forza del Centro Studi è la sua capacità di
trasmettere in maniera trasversale al territorio, ovvero
all’intera popolazione e ai soggetti istituzionali e sociali in
cui si articola, il valore della Cultura come elemento per
un verso in grado di tenere salde le radici nel passato e per
l’altro come garanzia di costruire futuro su solide basi. L’elemento
“volontariato” su cui si fonda il Centro Studi, oggi
si scontra o, più serenamente potremmo dire si confronta,
con necessità di professionalità senza le quali si mette a
repentaglio quanto raggiunto. Si badi, ciò non è dato per
una rinuncia ad interpretare il proprio ruolo o causa una diminuzione
della risorsa volontariato nel Centro Studi, piuttosto
è direttamente rapportabile agli straordinari risultati
messi a segno negli anni dal sodalizio che, lo ripetiamo, attualmente
conta circa 2000 Soci, cura un periodico, vanta
un’editoria di tutto rispetto, gestisce due musei ed una Biblioteca.
E proprio il caso di quest’ultima e dell’immissione
del Fondo Bibliografico del Centro Studi nella rete delle
Biblioteche provinciali con l’obiettivo di rendere fruibile il
patrimonio, ha evidenziato questo aspetto. La necessità di
personale competente, anche per l’apertura della Biblioteca,
obbliga l’Associazione ad una presa d’atto: gli obiettivi
del volontariato, in questo caso di un’associazione culturale,
talvolta nel loro compimento possono per forza maggiore
trascendere il volontariato stesso evidenziando da un lato
i suoi limiti, ma dall’altro la sua capacità di portare avanti
ciò che per altre vie non sarebbe stato possibile. Allora il
volontariato anche in questo caso, dimostra le sue straordinarie
potenzialità nella misura in cui interpreta linee di
sviluppo di un territorio, ne socializza le finalità, ne raggiunge
alcuni obiettivi che giocoforza chiedono poi specifiche
competenze che il volontariato non possiede. In qualche
31
cultura delle valli
misura il volontariato “cede spazio” e al contempo ridireziona
le proprie energie verso nuove mete.
Non c’è dubbio che il Centro Studi, Associazione culturale
di volontariato “della” Valle di Sole, fin dalla sua nascita
sia stato elemento di coesione, di discussione e confronto,
di evoluzione del territorio. La certezza che lo spirito del
volontariato sia stata e rimanga la natura più profonda di
questa Associazione, garantisce circa la possibilità del suo
futuro. Il Centro Studi è uno strumento a disposizione della
Valle, attento alle sue evoluzioni, stimolo per le stesse,
ma soprattutto credibile nella sua azione e come tale è
riconosciuto. Saldo nella sua autonomia, ma cosciente di
interpretare e accompagnare un territorio in tutte le sue
articolazioni, valuta ed analizza ogni aspetto che ne possa
compromettere ruolo e natura. Dosa la propria attività
tra salvaguardia del passato, testimonianza e azione nel
presente, e prospettiva del futuro. Garantisce la più ampia
partecipazione ed adesione anche mantenendo una quota
associativa che, nel suo importo, testimonia serietà e voglia
di inclusione. Si propone per tanti giovani, locali o meno,
come luogo privilegiato della conoscenza di un territorio.
Partecipa, assieme ad altri Enti ed Associazioni, a sviluppare
potenzialità di “turismo culturale”.
È possibile allora concludere con poche parole. La grande
intuizione dei padri del Centro Studi per la Val di
Sole, che ne favorirono la nascita in un momento di profonda
trasformazione della Valle così come del Trentino,
ha avuto sino ad oggi piena conferma nella sua applicazione.
L’anima apparentemente debole del volontariato,
coniugata ad una regia del Direttivo del Centro Studi
che sino ad oggi si è dimostrata attenta a preservare
l’Associazione nella sua natura, ha permesso alla Valle
di disporre di una realtà preziosa, che in qualche modo
la interpreta badando bene a non distanziarsene. È una
buona simbiosi quella del Centro Studi con il territorio
di riferimento. Una situazione che, proprio per la storia
passata che il Centro vanta, ha trasmesso all’intera realtà
locale e non solo il valore di un’associazione culturale
libera, partecipata, in qualche modo di “garanzia” per
un’identità ed un territorio sottoposti oggi più che mai,
qui come altrove, a processi di cambiamento rispetto
ai quali è necessario disporre di strumenti (e il Centro
Studi è anzitutto uno strumento) in grado di leggere i
fenomeni e partecipare alla stesura di prospettive per il
futuro. In quest’ottica, niente può essere più prezioso di
un volontariato al contempo ricco di passioni e cosciente
del proprio ruolo. Un volontariato partecipe a pieno
titolo dello sviluppo locale.
Non c’è dubbio che, anche in questo caso, il volontariato
ha fatto la differenza!

cultura delle valli
DIvENTARE ATTORI:
imparare a raccontare per creare un’identità
comune e condivisa
di Maria Teresa Dalla Torre
A Celentino presso la Casa dell’Ecomuseo della Val di Peio,
un gruppo di persone si danno appuntamento da ottobre
a marzo per un seminario intensivo al mese. Frequentano
un corso di formazione teatrale condotto da chi vi scrive. Il
corso di formazione ha lo scopo di indagare la narrazione
teatrale partendo dalle sua forma più antica, “il tramandare”,
sino a quella più attuale frequentata dai raccontatori del
teatro civile “il reportage”.
Il corso è promosso e sostenuto dall’ Asuc di Celentino,
organizzato dal gruppo teatrale “Un paese nelle nuvole” e
finanziato con le risorse del progetto Leader Val di Sole.
Come docente del corso mi sono chiesta cosa ha spinto
i partecipanti ad iscriversi: forse curiosità, forse volevano
capire meglio il significato delle parole “fare teatro”, forse
avevano nostalgia delle filodrammatiche, forse desideravano
scoprire che il grigiore della vita quotidiana non è necessariamente
tutto o forse…chi lo sa?
La Val di Sole è dal punto di vista culturale e umano un
luogo denso di risorse inesplorate che, se sapute indagare
ai fini di proteggerle e farne tesoro esperienziale, possono
costituire valore aggiunto all’economia locale e turistica.
Un lavoro giornalistico-teatrale espresso negli spettacoli
presentati in valle:
2009 “Strani…era”
2006 “Il sogno di Maria, la valle, gli uomini, le dighe”
2004 “Che fortuna… Fortunato”
ha lasciato aperto un sentiero fertile che, unito all’incontro
con l’attività di ricerca etnografica svolta dall’Ass.Cult. Linum
e dalla collaborazione con l’Ecomuseo della Val di Peio
e il Comune di Peio, ha creato le premesse alla nascita di
un laboratorio teatrale permanente, una sorta di officina,
un luogo di incontro e di lavoro, per singoli e associazioni.
I temi su cui per alcuni anni si sono incentrati gli sforzi artistici
miei e dei partecipanti al laboratorio sono l’identità
e la memoria.
Si è tentato e si tenta di esplorare le radici rurali e agricole
della gente di montagna che affondano in terra solida e in
vissuti temerari, si mira a svelare ciò che per i montanari
è legato all’esperienza di comunità, al rapporto con l’altro,
con gli altri e il territorio in uno sviluppo di relazioni solidamente
intrecciate e spesso dettate anche dall’urgenza e
dalle difficoltà estreme.
32
Tutti i partecipanti hanno, al di là delle loro personali motivazioni,
accettato il patto; hanno accettato la sfida della
scoperta, del viaggio, dell’incontro, della condivisione, del
rito. Nel laboratorio si porta anche l’insegnamento dei
grandi Maestri del teatro, i partecipanti diventano coscienti
del fatto che il teatro non è più il luogo dei sipari rossi, dei
lustrini, delle suddivisioni nette platea-palcoscenico, attorispettatori
e capiscono che quel teatro spesso è diventato
simbolo di decadenza.
Oggi il teatro è il luogo dove parole sospette come poesia,
nobiltà d’animo, bellezza, magia riappaiono e sono in grado
di arricchire prima gli attori che le rendono possibili e poi
gli spettatori. Il teatro non è più fine a se stesso, ma è un
veicolo, uno strumento per l’esplorazione di sé, una possibilità
di salvezza.
Gli attori hanno come oggetto di studio le proprie mani, i
propri occhi, orecchie e soprattutto il proprio cuore.
La recitazione diventa così una contaminazione che durerà
tutta la vita: la conoscenza di sé si espande passando anche
attraverso momenti di difficoltà e mutamenti che avvengono
durante il lavoro preparatorio, prove e messa in scena.
L’attore impara a mostrarsi per quello che è, perché per
entrare nel segreto del ruolo è necessario aprirsi e svelare
i propri segreti, e con questo “sacrificio” offre in dono al
pubblico ciò che la maggior parte degli umani preferisce
nascondere.
Il nostro modo di fare teatro si avvicina molto a ciò che
un Maestro contemporaneo del teatro come Peter Brook
chiama teatro sacro: “Teatro sacro perché sacro è il suo
fine e può occupare nella comunità uno spazio molto preciso
e risponde ad un bisogno che le chiese non possono
più soddisfare”.
Al termine del primo ciclo di seminari tenteremo l’approccio
con il pubblico, perché per un gruppo teatrale andare in
scena corrisponde ad un profonda necessità: l’attore crea
per se stesso e per chi lo guarda, senza il pubblico mancherebbe
la sfida.
Cerchiamo con il nostro lavoro di contribuire a creare una
memoria collettiva, in particolare la diffusione della memoria
e della storia recente, attraverso un sapere culturaleartistico
che indaghi fatti accaduti, che faccia rivivere attraverso
la magia del teatro figure storiche della valle.

Il gruppo permanente Compagnia-laboratorio sta acquisendo
il metodo di lavoro del teatro-reportage e sono
convinta che possa contribuire in modo sostanziale alla
ricerca delle radici della popolazione della Val di Sole con
uno sguardo di privilegio sul mondo femminile.
L’indiscussa apertura culturale che si sta creando può contribuire
a mettere in relazione le risorse del territorio e ad
aumentare l’attrattiva turistica.
Creare un gruppo sociale con un approccio alla cultura a
tutto tondo offre occasioni di incontro rivolte a tutte le arti
contribuisce ad aprire le coscienze e può mirare anche a
diventare un punto di riferimento, una sorta di regia culturale
per la Val di Sole, un possibile e valido interlocutore per
l’azienda di promozione turistica locale.
Il primo intervento concreto che la Compagnia-laboratorio
intende realizzare, e che dovrebbe servire da palestra
ai partecipanti del corso si inserisce nel contesto degli Usi
Civici: la proprietà collettiva, un patrimonio morale e civile
da salvaguardare. Secoli di autogoverno locale fondato su
"la roba de tuti" hanno contribuito a creare giustizia sociale
e democrazia. Successivamente a causa del declino dell'autorità
locale, del disinteresse, dell'incuria e dell'incapacità di
immaginarsi un futuro, "la roba de tuti" è stata lentamente
abbandonata. Abbandonata, se non demolita, per far posto
spesso a progetti che chiudono un occhio su certi vincoli
tradizionali e favoriscono l'interesse individuale.
Per ribadire l'attualità degli Usi Civici è d'obbligo citare Elinor
Ostrom, premio Nobel per l'economia 2009. Il suo studio
si riferisce al governo dei sistemi collettivi e si sofferma
sulle interazioni tra gli esseri umani e gli ecosistemi per
arrivare ad un equilibrio sostenibile e di lungo periodo. La
Ostrom porta come esempio la gestione comunitaria delle
foreste e dei pascoli alpini e ipotizza l’esportabilità di questo
modello di gestione delle risorse comuni anche ad atmosfera,
clima, oceani,
acque sotterranee.
Il recupero, già in
corso, da parte
dell'Asuc di Celentino
della Malga Campo
e i relativi pascoli
e quello prossimo
di Malga Monte si
collocano in antitesi
al declino degli
Usi Civici e ridanno
speranza alla comunità
di riappropriarsi
della gestione dell'u-
so delle risorse del
cultura delle valli
territorio su cui insiste.
Il nostro interesse cade in particolare su Malga Monte ed
è strettamente legato all'obbiettivo dei corsi formativi qui
presentati. Come si evince dal progetto stesso di allestimento
a Malga Monte si intendono sviluppare i seguenti
temi: stimolare all'esperienza del luogo, svelare la memoria
più intima e nascosta. L'interno della Malga ospiterà un vero
e proprio museo dell'epigrafia: si esporranno tracce, frammenti,
scritte antiche e recenti lasciate sui luoghi dell'alpeggio
da pastori, paesani e viaggiatori. La Compagnia-laboratorio
nutrendosi anche di queste tracce può creare
"il racconto" e contribuire a vincere la battaglia contro il
silenzio e l'oblio. La lotta contro il nulla si combatte soprattutto
attraverso la parola: ancora prima della nascita
della Storia come complesso organizzato di eventi umani.
Il mythos, il racconto, serve alla comunità degli uomini
per trasmettere il sapere e per creare un'identità comune
e condivisa. Il racconto, come pratica connaturata da
sempre all'umano, è un'esperienza sociale che preesiste a
qualsiasi categoria culturale e che si lega a doppio filo alla
storia della civiltà e della cultura. Il nucleo originario del
racconto è un evento che si è fermato, cristallizzato, grazie
alle parole. Il narratore, narrando l'evento, dà inizio ad una
"tradizione" cioè ad una serie ininterrotta di conoscenze,
informazioni, ammonimenti, che come un flusso accresce
di continuo la conoscenza umana. La narrazione affonderà
le radici nelle esperienze del passato partendo dalle consuetudini
del nostro popolo e dalle carte di regola per poi
allargare lo sguardo sul presente della nostra società così
in difficoltà nell’immaginarsi il territorio come bene comune
con tutte le sue componenti, acqua, suolo, paesaggio,
foreste, campagne, spazi pubblici, ecc. Il teatro ci permette
in un tempo brevissimo di arrivare molto lontano,
una rappresentazione teatrale può trasformare le parole
su una vita migliore
in un’esperienza diretta
e se gli spettatori
lasceranno
il teatro con un
po’ più di coraggio,
un po’ più di forza
di quando saranno
entrati allora i
nostri sforzi non
saranno stati vani.
Con la speranza
di contribuire alla
ricostruzione della
Terra Civica e Comunitaria.
Un momento teatrale alla Torraccia di Terzolascon il gruppo “Un paese nelle nuvole”.
33

cultura delle valli
MEMORIE DI GUERRA A MULINO RUATTI
Mulino Ruatti ha inaugurato la stagione estiva con una
grande festa che ha coinvolto un folto e interessato pubblico,
formato da residenti e turisti. Un’occasione per approfondire
la storia del mulino e in generale della presenza di
macchine ad acqua lungo il Rabbies, con la relazione di chi vi
scrive e, “tra storia e futuro”, per riferire delle iniziative che
movimenteranno la stagione estiva e le prospettive di valorizzazione
dello storico opificio. Così la vicesindaco Adriana
Paternoster, Luisa Guerri e i ragazzi del Gruppo di lavoro
sul Mulino hanno esposto i progetti che caratterizzeranno
nei prossimi tempi l’attività dell’opificio sul Rabbies: dal passaggio
del bene dalla Provincia alla Comunità di Rabbi, alla
gestione futura della struttura museale. Ma il pomeriggio
ha avuto il suo momento più intenso quando a prendere la
parola sono stati due straordinari testimoni degli anni della
seconda guerra mondiale tra la Val d’Ultimo/Ultental e la
Val di Rabbi: Franz Breitenberger e Alfons Schwienbacher,
quasi novantenni rispettivamente di Pracupola/Kuppelwies
e di San Nicolò/Sankt Nikolaus, hanno ripercorso i lunghi
mesi in cui si rifugiarono in Val di Rabbi insieme ad altri
compaesani per evitare l’arruolamento forzato nelle file naziste;
una storia che nei mesi scorsi è stata affidata ad una
di Alberto Mosca
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lunga intervista filmata coordinata da Elisabetta Mengon e
Luisa Guerri.
“Ringrazio con tutto il cuore – ha detto Breitenberger –
tutti coloro che 66 anni fa aiutarono noi e altri 13 compagni
a sfuggire alle retate dei nazisti; a salvarci furono i vostri
genitori, i vostri nonni e la loro memoria rimarrà sempre
nei nostri cuori e in quelli delle nostre famiglie”.
“In tanti ci hanno aiutato qui a Rabbi, trattandoci bene, con
amicizia – ha ripreso Schwienbacher – e a loro siamo profondamente
grati; solo uno ci trattò male, ma a 89 anni certe
cose si possono dimenticare…” In un clima amichevole,
in cui gli sguardi tra i superstiti delle vicende di tanti decenni
fa rendevano più delle parole l’emozione del racconto,
Breitenberger ha rievocato alcuni particolari della sua fuga
in Val di Rabbi nei mesi successivi all’armistizio dell’8 settembre
1943 e alla costituzione dell’Alpenvorland, la zona
di operazioni soggetta al Reich in cui erano comprese le
province di Trento e Bolzano: “Tra la fine del 1943 e il maggio
1945 la nostra casa è stata la Val di Rabbi: in 15 abbiamo
disertato perché non volevamo fare la guerra, rifugiandoci
a Rabbi, venendo accolti e nascosti dalla gente: un rapporto
che era nato anni prima, dato che alcuni rabbiesi, come
Il pubblico intervenuto alla presentazione (ph. Alberto De Vecchi).

Elio Girardi, Adelio Magnoni
ed Enrica Zanon lavoravano
nell’amministrazione comunale
in Val d’Ultimo; così,
grazie a questa rete di conoscenze,
abbiamo trovato
tanti amici che ci nascosero a
Piazzola e Somrabbi nei momenti
di tranquillità, nei masi
alti e nelle malghe specialmente
in Val Maleda quando
sapevamo che erano in corso
delle retate alla caccia dei disertori.
In questo scoprimmo
di avere un amico anche nel
maresciallo dei carabinieri
di Malé, che faceva sapere in
valle quando sarebbero arrivati
i nazisti a cercarci. Oltre a
Girardi e a Magnoni, ricordo
con piacere la Enrica Zanon - presente in sala - che in quegli
anni difficili passò dei brutti momenti con i nazisti…” Enrica
Zanon (classe 1926) fu infatti protagonista di settimane difficili:
lavorava in comune in Val d’Ultimo, addetta alla distribuzione
delle tessere annonarie; con Adelio Magnoni venne
poi licenziata per ordine delle autorità dell’Alpenvorland e
destinata all’Ufficio del Lavoro di Bolzano; là si stava recando
quando a Lana incontrò il direttore dell’Ufficio tessere
annonarie, al quale riferì di essere stata trasferita a Bolzano:
l’uomo le intimò di non andarci perché “l’avrebbero subito
deportata in Germania”. Tornata quindi a Rabbi, fu fatta cercare
dalle autorità che l’arrestarono dopo aver perquisito
35
cultura delle valli
Da sinistra Alfons Schwienbacher e Franz Breitenberger (ph. Alberto De Vecchi).
la sua casa per trovare quello che avevano saputo essere il
suo ragazzo, uno dei disertori della Val d’Ultimo, uno dei 15
nascostisi a Rabbi; non trovarono nessuno, ma comunque
lei venne trasferita a Malé, all’Hotel alle Alpi che era sede
del comando germanico e poi in prigione a Trento. Dopo
qualche settimana, grazie a qualche conoscenza, venne scarcerata
e potè tornare a casa.
Il filo che lega Franz e Alfons alla Val di Rabbi non si è mai
spezzato in questi lunghi anni: spesso hanno fatto visita
agli amici, talvolta accompagnandoli nel loro ultimo viaggio:
“Noi siamo gli ultimi due rimasti di quel gruppo che
qui riuscì a salvare la propria vita dalla
guerra”, hanno detto con commozione.
Un rapporto, quello tra le valli di
Rabbi e di Ulten, che è legato anche
alle processioni annuali per implorare
la pioggia, con lo scambio dei gonfaloni
tra le comunità di Piazzola e di Santa
Geltrude. Fili della memoria che hanno
trovato nella giornata al Mulino una
splendida occasione di ricordo e valorizzazione.
Prossimi appuntamenti al mulino: il 20
luglio e il 10 agosto con la “cena de sti
ani” in collaborazione con l’associazione
“don Sandro Svaizer” e, nel mese
di agosto, mostra artistica dedicata
all’acqua con l’associazione “Le pecore
nere”.
Mulino Ruatti.

cultura delle valli
A fORTE STRINO
TRA STORIA E LETTERATURA
Si è concluso nella giornata di giovedì 20 maggio presso
l’Ossario del passo Tonale il percorso storico-letterario
delle classi II Liceo Scientifico e II Liceo Classico
del Liceo Arcivescovile. I 34 studenti delle due classi,
accompagnati dai rispettivi docenti e dal dirigente
scolastico prof. Fantelli, si sono fermati due giorni in
val di Sole, dormendo presso la casa per campeggi di
Dimaro della parrocchia di Lavis, alternando attività di
riflessione storica sulla prima guerra mondiale ad altre
di analisi testuale delle poesie di Giuseppe Ungaretti.
Nella giornata di mercoledì 19 maggio i ragazzi sono
partiti da Trento e con la ferrovia della Trento Malè
sono giunti a Dimaro: dopo pranzo gli studenti si sono
spostati presso il polo culturale dove nel pomeriggio
si sono divisi tra il laboratorio teatrale sulle poesie di
Ungaretti con i propri docenti presso il teatro, messo
gentilmente a disposizione dal sindaco Romedio Menghini
e la contestualizzazione delle vicende della prima
guerra mondiale sul fronte solandro con il prof. Fantelli.
Il giorno successivo, al mattino, la classe ha visitato
a Pejo il centro faunistico e il Museo della Guerra di
Pejo, dove i ragazzi hanno seguito con attenzione le
spiegazioni del prof. Fantelli e della cortese signora Antonella
Vicenzi. Dal museo i ragazzi si sono poi recati
a piedi al cimitero dove sono tumulati i corpi dei Kaiserschützen
rinvenuti sul Piz Giumela e nella Val Piana.
Nel 1970, la prima
mostra di Paolo Vallorz
a Castel Caldes.
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Nel pomeriggio le due classi si sono trasferite presso
il Forte Strino, aperto grazie alla disponibilità dell’Amministrazione
comunale di Vermiglio (sindaco Denis
Bertolini e vicesindaco Anna Panizza): qui gli studenti
hanno vissuto il momento più intenso del percorso,
perché tra i muri del Forte sono risuonate le parole
delle poesie di Giuseppe Ungaretti, da “Fratelli” a “Veglia”,
da “Natale” a “San Martino del Carso”, messe in
scena il giorno prima nel laboratorio teatrale di Dimaro.
La rappresentazione delle poesie si è svolta sotto
gli occhi attenti di Bruno Vanzo, attore di teatro trentino,
che ha apprezzato la disponibilità e il coraggio dei
ragazzi nel mettersi in gioco di fronte ai propri amici.
Lo stesso attore ha regalato poi momenti di grande
emozione, leggendo lui stesso le poesie di Ungaretti,
mentre i ragazzi ascoltavano incantati. I due giorni in
val di Sole non potevano che concludersi poi con una
preghiera presso l’Ossario del Tonale: i ragazzi infatti,
attraverso questo percorso tra storia e poesia, hanno
conosciuto non solo le vicende tragiche della guerra e
le poesie di Ungaretti, ma hanno davvero sentito una
forte vicinanza con le storie personali di tanti ragazzi
poco più grandi di loro, morti poco meno di cento anni
fa sui monti trentini. Proprio ai tanti caduti della prima
guerra mondiale è stata destinata la preghiera finale
degli studenti trentini. (almo)
iIl gruppo di studenti a Forte Strino.

SOCIALIA
Il comitato di redazione de La Val si rivolge a soci e fiduciari per chiedere loro maggiore collaborazione per
la redazione di questa rubrica. Attraverso le “socialia” desideriamo comunicare ai nostri lettori gioie e dolori
di tutti i nostri soci, una cronaca famigliare che spesso si va a rileggere anche dopo molti anni. Senza volerlo,
qualche volta abbiamo commesso peccato di omissione, per ignoranza degli avvenimenti, e ci rammarichiamo
per le notizie mancate, le gioie non comunicate, ancora di più per i lutti non condivisi. Ci rendiamo conto
quanto sia facile comunicare personalmente una nascita, una laurea, un anniversario, un evento lieto, e quanto
invece si cerchi solidarietà spontanea in caso di lutto. Chiediamo quindi a tutti voi, e specie ai fiduciari di zona,
di voler dare comunicazione delle notizie relative ai soci di vostra conoscenza ed alle loro vicende famigliari,
perché più grande è una gioia condivisa, e più sopportabile una pena; in alternativa, anche inviando un’e-mail
all’indirizzo albertomosca@albertomosca.it
IL MUSEO RINGRAZIA
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socialia
Il Museo ringrazia la signora Enrica Dossi di Ferrara, autrice dell’articolo sui ramai trentini pubblicato sull’ultimo
numero de “La Val”, che ha voluto donare al Museo una magnifica collezione di martelli da ramaio appartenuti al suo
papà, provenienti dalla bottega artigianale di via Voltapaletto a Ferrara.
AVVISO AI SOCI di Terzolas
Da qualche tempo è iniziata l’apertura periodica serale della Biblioteca storica della Torraccia, ogni mercoledì dalle
20.30 alle 22.30, a cura dalla socia Lorena Stablum. I soci che desiderassero provvedere al pagamento della quota
sociale ed al ritiro delle pubblicazioni potranno d’ora in poi rivolgersi presso la biblioteca; riteniamo in questo modo
di offrire un servizio comodo ai soci di Terzolas, liberando nel contempo la nostra carissima Palmina, che ringraziamo
per tanti anni di preziosa collaborazione, dalle relative incombenze.
AVVISO AI SOCI di Cles e di tutta la Val di Non
Il nostro fiduciario di Cles signor Antonio Parrotta ha chiuso bottega ed è andato in pensione; lo studio fotografico
che per tanti anni ha fatto da riferimento per la raccolta delle quote sociali e per la distribuzione delle pubblicazioni
per i soci di Cles ospita ora un’altra attività. Nel ringraziare Antonio e la sua gentilissima signora per il servizio reso
per tanti anni al Centro Studi si informano i soci di Cles che non saranno abbandonati: d’ora in avanti potranno
rivolgersi, per gli stessi incombenti e per ogni altra loro necessità inerente l’associazione, ad Alberto Mosca nella
sede dell’agenzia di comunicazione Nitida Immagine in Piazza Navarrino n. 13 a Cles, tel. 0463/423003, ovviamente
in orario di ufficio. Un sentito grazie ad Alberto Mosca e all’amministratore di Nitida Immagine, Virginio Zanella per
la disponibilità.
Ricordo peraltro ai soci di Terzolas, di Cles ed a tutti gli altri, che il nostro segretario Angelo è disponibile per rispondere
alle vostre richieste tutti i venerdì pomeriggio a partire dalle ore 16.00. Il telefono della sede di Malè risponde
la n. 0463/903085.

socialia
LUTTI
Lo scorso 26 gennaio è mancata la socia Emilia Donati di Arnago; il Centro Studi porge sincere condoglianze ai figli
Domenico, Enrichetta, Teresa, nostra socia di Commezzadura, Bruna e Gino ed ai parenti tutti.
Il Centro Studi partecipa al grave lutto che ha colpito il socio Elio Zanella di Magras, residente in Canada, per la
morte prematura della moglie Felicetta, e porge sincere condoglianze anche alle figlie Lora, Renata e Tania, ai nipoti
ed a tutti i famigliari in Canada e a Magras.
È mancato il socio Angelo Tevini, originario di Dimaro e da anni residente in Germania. Il Centro Studi partecipa al
lutto di tutti i famigliari porgendo sincere condoglianze.
Il fiduciario di Cellentino Pio Dalla Torre comunica che lo scorso 16 maggio è deceduta a Firenze la signora Gabriella,
moglie del socio Gianfranco Dalla Torre di Cellentino. Al nostro socio e a tutti i suoi famigliari giunga dalla Val di Sole
la nostra partecipazione al loro dolore.
Il 25 maggio Albino Cazzuffi, nativo di Cogolo, ha raggiunto nella casa del Padre l’amatissimo figlio Antonio. Ne danno
il triste annuncio la moglie Fernanda e le figlie, socie del Centro Studi, Costanza, Bianca e Fiorenza. Il Centro Studi
porge sentite condoglianze.
NASCITE
A tutti i neonati di cui annunciamo in questa rubrica l’arrivo giungano i nostri migliori auguri per un felice viaggio
attraverso la vita, insieme ai loro cari.
Marina Ravelli, nostra socia di Pellizzano, ed Angelo Dalla Serra hanno ricevuto un bellissimo regalo di Natale, il loro
primo nipotino: in casa della figlia Claudia e del marito Michele è arrivato il primogenito Gabriele. A tutti i famigliari
i nostri più affettuosi auguri, con felicitazioni particolari ai bisnonni di Monclassico Daria e Luciano Ravelli. Al piccolo
Gabriele un caloroso benvenuto.
Lo scorso gennaio è nata Valentina Zanon, nipote dei nostri soci Paola Mochen di Dimaro, Bruna ed Egidio di Rabbi.
Porta grande felicità a tutti i famigliari, a Dimaro e a Rabbi, a mamma Alessandra a papà Ettore, alla sorellina Giulia ed
allo zio Massimo e a tutti gli altri. Da parte nostra tantissimi auguri e felicitazioni a tutti i parenti, a Dimaro e a Rabbi.
Il 14 gennaio è nato il piccolo Michele, primogenito del socio Paolo Marinelli di Croviana e di mamma Sara. Ai neo
genitori ed a tutti i famigliari felicitazioni ed auguri, a Michele un caloroso benvenuto.
Emma Zanella, nostra socia di Merano, vive una vita ricca di soddisfazioni: lo scorso 3 febbraio è diventata bisnonna per la
sesta volta! A far compagnia ai fratellini Alejandro e Penelope, a Bruxelles è arrivata la piccola Ginevra, per la gioia di papà
Francesco, mamma Malen, nonna Piera, nonno Roberto Zanella, nostro socio di Merano, e di tutta la vasta famiglia originaria
di Arnago, che annovera molti affezionati soci: a tutti, in tutta Europa, giungano le nostre più affettuose felicitazioni.
Viva i bisnonni, che vedono, come diceva il nostro poeta Edoardo Redolfi, “sperlongarse la so’ generazion”: a Montreal
sono diventati bisnonni anche la nostra socia Gina Zanella di Malè e il marito Bruno Clauser, e a Malè la socia
Beppina Paternoster: la “bisnipote” Giulia in Canada ha avuto un maschietto, Gabriel, per la gioia di tutta la famiglia.
A tutti i parenti di qua e di là dell’Oceano un caloroso augurio e felicitazioni.
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socialia
Il nostro segretario Angelo Rizzi di Cavizzana e la moglie Gemma sono diventati nonni per la seconda volta; a far
compagnia alla piccola Francesca il 20 maggio è arrivato il fratellino Gabriele. Auguri e felicitazioni a papà Ugo, a
mamma Angelina ed a tutti i famigliari.
I nonni Ettore e Giulietta Giaconi, nostra socia di Trento, annunciano con immensa gioia che a Wollongong (Australia),
il 21 aprile 2011 è arrivato Niccolò, a far compagnia alla piccola Margherita ed ai genitori Gianfranco e Cristiana.
A tutti i familiari auguri vivissimi da parte del Centro Studi.
LAUREE
Luisa Bresadola, figlia della socia Carla Conci di Malè, ha conseguito la laurea specialistica con la valutazione di 110 e lode presso
l’Università degli Studi di Parma, Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, Corso di laurea specialistica in Ecologia
discutendo con il prof. Stefano Leonardi la tesi dal titolo “Ecologia molecolare di Cardamine impatiens e Cardamine resedifolia:
adattamenti ad habitat a diverse altitudini”. Il Centro Studi porge alla neo dottoressa vivissimi complimenti e congratulazioni:
di certo ha reso, e giustamente, orgogliosi mamma Carla, papà Vigilio e lo zio Mauro e noi le auguriamo un brillante futuro.
Lo scorso 27 ottobre presso l’Università degli Studi di Trento Claudia Daprà, figlia del nostro socio Paolo Daprà di
Terzolas ha conseguito la laurea triennale il mediazione linguistica e comunicazione letteraria discutendo con la prof.
Sabrina Fusari la tesi dal titolo: “From Hamlet to Amleto: a deep analysis into the practive of translation”. Congratulazioni
a Claudia ed alla sua famiglia che le è stata sempre vicina. Da parte nostra complimenti vivissimi ed un grande
in bocca al lupo per il prossimo traguardo della laurea specialistica.
Luca Giacomoni, figlio del socio Enzo Giacomoni di Malè, si è laureato a pieni voti lo scorso 29 marzo presso l’Università
degli studi di Trento, Facoltà di Ingegneria, Corso di laurea quinquennale in Ingegneria Edile ed Architettura, discutendo
con i professori Rossano Albatico e Roberto Tomasi la tesi dal titolo: “Progetto della stazione intermodale di Cogolo
di Peio”, nella quale trovano adeguata collocazione tre nuove stazioni: ferroviaria, funiviaria e per le autocorriere. Il
progetto si completa con lo studio di riqualificazione della piazza e dei parcheggi interrati. Questa tesi ha ricevuto una
menzione speciale dalla Commissione del Centro Studi fra le tesi sulla Val di Sole premiate quest’anno. Al neo ingegnere
vivissimi complimenti, congratulazioni ed auguri per uno splendido futuro personale e professionale.
Lo scorso 30 marzo il nostro socio di Dimaro Stefano Fantelli, figlio del nostro Presidente Udalrico, ha aggiunto
un’altra laurea al suo già prestigioso curriculum di studi; questa volta la laurea con lode è quella specialistica in Scienze
Linguistiche per le imprese, la comunicazione internazionale e il turismo ed il titolo della tesi è: “Los recursos
persuasivos de la publicidad impresa. Analisis focalizado en la publicidad de destinos turisticos”. E adesso, Stefano, a
cosa stai pensando? Noi facciamo il tifo per i tuoi prossimi progetti, augurandoti il successo che meriti. Complimenti!

NOTIZIARIO DEL CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
Il rifugio Mantova al Vioz