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Il Regno Oscuro - Altervista

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<strong>Il</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Oscuro</strong> – menestrello00@libero.it<br />

IL<br />

REGNO<br />

OSCURO<br />

Dal Preludio al Capitolo 5<br />

Scritto da Menestrello00<br />

menestrello00@libero.it<br />

www.regnooscuro.altervista.org<br />

Pag. 1


Preludio<br />

<strong>Il</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Oscuro</strong> – menestrello00@libero.it<br />

La schiava era in ginocchio davanti al trono. Indossava un tubino di pelle nera, molto aderente e<br />

troppo corto per coprire al contempo i prosperosi seni e il morbido sedere. Aveva scelto di coprire i<br />

seni, che apparivano ora strizzati in quel corpetto così stretto, e lasciar scoperto il sedere e il suo<br />

sesso, che ora, in quella postura inclinata in avanti, mostrava bene a chiunque si avvicinasse al<br />

trono. Catene le cingevano le caviglie, come da prassi. Nessun altro indumento la ricopriva,<br />

nemmeno un paio di stivali. Le era stato magnanimamente concesso di avere un cuscino sotto le<br />

ginocchia, per evitare il troppo dolore.<br />

Era in quella postura ormai da diverse ore, nemmeno più le contava. Davanti a lei l’Imperatore,<br />

seduto sul trono. Indossava la sua armatura brunita fino alla cintola. Sotto di essa indossava solo gli<br />

schinieri a proteggere gli stinchi. Bacino e cosce erano completamente nudi e il suo pene, eretto e<br />

massiccio, si ergeva tra le mani della schiava. Gli piaceva farsi sollazzare durante le udienze coi<br />

suoi sudditi, nella sala del trono.<br />

La schiava lo reggeva con entrambe le mani quel membro spesso e lungo sensibilmente più della<br />

media dei mortali. Muoveva quelle mani su e giù l’asta bagnata di saliva, imprimendo anche un<br />

movimento rotatorio in direzioni opposte. Intanto la sua bocca baciava, leccava e succhiava quella<br />

cappella così gonfia e così rossa. Erano ore che lo succhiava, che lo leccava, ma il pene<br />

dell’Imperatore era ancora duro e imponente. Nessuna, nella storia dell’Impero, era mai riuscita a<br />

fargli raggiungere l’orgasmo. La schiava era sfinita, stremata. Aveva la gola secca e gli doleva la<br />

mascella. Le ginocchia non se le sentiva proprio più. Eppure una implacabile forza erotica, un<br />

desiderio atavico, la costringeva a continuare. La sua voglia inesauribile si sfogava su quel membro<br />

così imponente e meraviglioso. Lo succhiava con ardore mentre l’Imperatore, impassibile, discuteva<br />

coi suoi sudditi sulle faccende dell’Impero.<br />

Si fece avanti Mikael, Stregone di Corte. Si inchinò davanti al trono, al cospetto del suo Imperatore.<br />

Inevitabilmente lanciò un occhio alla schiava così indaffarata. Dal suo sesso ben dilatato si<br />

riversavano fiumi di umori che scendevano come un ruscello scorrendo lungo l’internocoscia di<br />

entrambe le gambe. Quegli umori scorrevano fino alle ginocchia, depositandosi sul cuscino sotto di<br />

esse, creando macchie di umido e bagnato sempre più larghe. <strong>Il</strong> profumo del sesso della schiava era<br />

intenso a quella distanza. Mikael era un uomo maturo, ma ancora in forze. Impiegò molta forza di<br />

volontà per rialzarsi in piedi al gesto dell’Imperatore e non estrarre il suo membro già duro ed<br />

infilarlo tra le gambe della schiava.<br />

Lo stregone si guardò per un attimo intorno. Era rimasto l’ultimo suddito in attesa di udienza nella<br />

sala del trono. Diverse guardie sostavano lungo le pareti, immobili. Brandivano alabarde e le loro<br />

armature erano simili a quella dell’Imperatore. Non erano brunite, ma grigie, e il bacino era<br />

parimenti nudo. L’armatura si interrompeva alla cintola riprendendo agli schinieri, lasciando il<br />

membro eretto ben visibile. La pozione che concedeva alle guardie di essere sempre in erezione era<br />

stata una sua invenzione. L’Imperatore l’aveva imposta a tutto il suo esercito perché, a detta sua,<br />

faceva trasalire il nemico.<br />

“Dimmi Mikael”<br />

“Mio Imperatore, porto brutte notizie. I ribelli hanno scoperto un incantesimo che può privarti di<br />

tutti i tuoi poteri. Stanno già recuperando gli ingredienti necessari alla sua evocazione. In realtà<br />

manca loro solo un ingrediente”<br />

Le parole dello stregone furono interrotte dalla furente reazione dell’Imperatore. Questi batté con<br />

violenza il pugno destro sul bracciolo del trono. Anche il suo pene ebbe uno spasmo, ingrossandosi<br />

tra le labbra della schiava che non poté fare a meno di mugugnare, ancora più eccitata, e aumentare<br />

il ritmo del suo lavoro di lingua. Le sue cosce tremarono per un attimo di eccitazione più forte.<br />

“Maledizione! Cosa manca loro?”<br />

“In realtà un ingrediente piuttosto raro… Un capello di una vergine che abbia compiuto i<br />

vent’anni… Sappiamo che è merce rara, però hanno spedito alla sua ricerca una donna guerriera…<br />

Le mie spie sostengono che si tratti proprio dell’Eletta”<br />

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<strong>Il</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Oscuro</strong> – menestrello00@libero.it<br />

Seguirono diversi istanti di silenzio. Lo stregone abbassò lo sguardo non osando guardare in volto<br />

l’Imperatore. Osservò nuovamente tra le cosce della schiava, il suo sesso grondante umori, così<br />

pronto per essere penetrato. La sua erezione si ravvivò involontariamente a quella vista.<br />

L’Imperatore invece sembrava pensieroso. Non dava alcuna impressione nemmeno di accorgersi<br />

che la schiava gli stesse succhiando il pene. Per diversi secondi gli unici rumori nella sala del trono<br />

furono il risucchio del pompino che la schiava stava esercitando e il rumore delle sue mani che<br />

rapidamente si muovevano sull’asta insalivata di quel maestoso membro.<br />

“Farò in modo che i ribelli non possano trovare l’ultimo ingrediente” finalmente l’Imperatore<br />

interruppe il silenzio “Date ordine al mio esercito di andare in ogni città, dalla più grande al più<br />

piccolo paesino, e di assicurarsi che non vi sia alcuna vergine sopra i venti anni…”<br />

“Mio Signore, intendi forse che i tuoi soldati controllino ogni donna schiava…”<br />

“Taci Stregone, non mi occorrono le tue correzioni. Intendo proprio che i miei soldati si assicurino<br />

che non più una vergine sopra i venti anni vi sia nel regno. Schiava o patrizia. Le deflorino tutte…<br />

All’Eletta ci penserò personalmente”<br />

Detto ciò si alzò in piedi. La schiava fu costretta anch’ella ad alzarsi dalla sua postura in ginocchio,<br />

rimanendo accovacciata davanti all’Imperatore, senza mai interrompere il suo lavoro di labbra e di<br />

mani. Succhiando imperterrita. Mugugnando per la fatica che ancora aumentava in quella postura<br />

ancora più scomoda. Per diversi secondi i mugugnii della schiava e il rumore del suo lavoro<br />

riempirono ancora la sala del trono. Un piccolo rivolo di saliva scendeva da un angolo delle sue<br />

labbra piene della cappella del suo padrone.<br />

“E tu Mikael, informami di tutto ciò che vieni a sapere sui ribelli”<br />

Detto ciò spinse via la schiava dal proprio membro e si allontanò verso l’uscita della sala. La<br />

schiava si ritrovò schiena a terra, mentre ancora la sua vagina gocciolava umori di desiderio.<br />

Involontariamente la sua mano sinistra corse in mezzo alle gambe alla ricerca del piccolo clitoride,<br />

per trovare finalmente il piacere tanto voluto. Era lì. Schiena sul freddo marmo. Ai piedi del<br />

massiccio trono di pietra, davanti agli occhi di tutte quelle guardie con il membro eretto, cercando<br />

di toccarsi, di darsi piacere. Nessuna si mosse.<br />

“Guardie, occupatevi della schiava” disse infine l’Imperatore uscendo dalla sala del trono. Subito<br />

dopo lo seguì anche lo stregone.<br />

La schiava sentiva che sarebbe bastato un unico ingresso. Gli sarebbe bastato sentire solo per un<br />

attimo il pene di una di quelle guardie entrarle tra le gambe per un solo secondo, per poi esplodere<br />

in un orgasmo senza fine. Da quando era stata schiavizzata, già matura, era stata iniziata all’arte del<br />

piacere orale, al fine di soddisfare il suo padrone. Tuttavia da allora non le era mai stato concesso di<br />

provare un orgasmo. A nessuna schiava era concesso. Quello che aveva in mezzo alle gambe era il<br />

piacere accumulatosi in anni e anni di pratiche sessuali rivolte solo al piacere del suo Imperatore.<br />

Due guardie intanto avevano posato le alabarde al muro e le si erano avvicinate. Quando una delle<br />

due si inginocchiò davanti la sua faccia, ella si mise subito carponi, a quattro zampe. Afferrò il<br />

membro della prima guardia alla base, con una mano che iniziò a muovere su e giù, e se lo infilò in<br />

bocca, fino quasi a metà asta. Intanto l’altra guardia le stava appoggiando la cappella sul sesso. La<br />

strofinò per diversi secondi, bagnandola di tutti gli umori che grondavano dal lì. La schiava pensò<br />

che sarebbe bastato solo un attimo di penetrazione per provare un piacere immenso, così spinse<br />

appena il bacino all’indietro. La guardia fu attenta ed evitò di penetrarla nonostante lo stratagemma<br />

di lei. Alzò la mira del suo pene verso l’ano di lei e, senza troppi complimenti, la penetrò fino alla<br />

base. Sentendo il suo ano violato così sgranò gli occhi. Non era certo la prima volta che veniva<br />

penetrata dietro, ma non si aspettava un gesto così repentino.<br />

“Ti prego” disse la schiava togliendosi per un attimo il pene di bocca e rivolgendosi alla guardia<br />

alle sue spalle “Mettimelo dentro… Nella figa… Almeno per un attimo… Un secondo solo”<br />

Fu la guardia davanti a se a risponderle. La afferrò per i capelli e la spinse verso il proprio pene,<br />

perché lo riprendesse in bocca.<br />

“Taci, lo sai che a voi schiave non è concesso il piacere. Quindi succhia”<br />

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<strong>Il</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Oscuro</strong> – menestrello00@libero.it<br />

Sotto i movimenti rapidi della guardia alle sue spalle continuò a succhiare il pene di quella davanti a<br />

se. Stette così diversi minuti. A quattro zampe, penetrata nell’ano e succhiando con la bocca. <strong>Il</strong><br />

piacere non accennava a scemare e, anzi, la sua vagina continuava a secernere umori che<br />

gocciolavano direttamente sul marmo della sala del trono. <strong>Il</strong> ticchettio tuttavia si confondeva con<br />

l’ansimare delle due guardie e i mugugnii di piacere della schiava. Tuttavia sentiva che non sarebbe<br />

riuscita ad arrivare all’orgasmo così. Era condannata a non godere.<br />

Dopo alcuni minuti le guardie vennero, quasi all’unisono. Svuotarono in lei una quantità<br />

impressionante di seme. Quella davanti la tenne bloccata per i capelli. Sentì lo sperma che le<br />

riempiva la bocca fino a trasbordare dalle labbra. La guardia alle sue spalle le riempì l’ano, anche<br />

qui il seme fuoriuscire dal suo buco e colarle tra le cosce. La sensazione di quella sostanza calda<br />

che sfiorava le sue grandi labbra le provocò un’altra ondata di piacere che, sapeva, sarebbe rimasta<br />

insoddisfatta. Le due guardie quindi la liberarono della loro presenza dentro di lei. Ingoiò la<br />

maggioranza dello sperma, tuttavia un po’ lo sputò sul cuscino poggiato accanto a lei. Le guardie la<br />

fecero alzare per riportarla ai quartieri delle schiave. Ad ogni passo sentiva le cosce carezzarsi a<br />

vicenda, scambiandosi sensazioni travolgenti. L’umido dei suoi stessi umori. <strong>Il</strong> calore dello sperma<br />

che ancora colava a lenti gocce dal suo ano colmo. Le catene la costringevano a compiere passi<br />

piccoli e brevi. Sentire sempre di più quelle sensazioni era un’agonia. Desiderava solo un orgasmo.<br />

Ma quei liquidi che continuavano a colarle tra le cosce e fino alle caviglie non facevano altro che<br />

eccitarla di più…<br />

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Capitolo 1<br />

<strong>Il</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Oscuro</strong> – menestrello00@libero.it<br />

Giada aprì lentamente la porta di casa sua, una modesta costruzione di legno alla periferia del<br />

paesino. Era l’alba e sperava che sua madre non si fosse accorta della sua assenza. Entrò nello<br />

stanzone centrale della casa. L’ambiente era semibuio e si intravedevano soltanto le due porte che<br />

davano nella stanza sua e di sua sorella e nella stanza della madre. Una volta chiusa la porta, alle<br />

sue spalle udì una voce.<br />

“Dove sei stata tutta la notte?”<br />

Ricolma di apprensione, era la voce di sua madre. Sferruzzava la lana su di una vecchissima sedia a<br />

dondolo che ormai era così appiattita da non dondolare più. Si voltò sorridendo. Era davvero bella.<br />

Capelli castano chiari, legati in due trecce che incorniciavano un volto angelico. Un fisico che,<br />

sebbene maturo, ricordava ancora la fanciullezza. Due seni appena pronunciati nascosti da una<br />

camicetta slacciata a creare una profonda scollatura. La lunghissima e vaporosa gonna bianca<br />

nascondeva le lunghe e bellissime gambe. Meno male. Viceversa sua madre si sarebbe accorta che<br />

non portava biancheria al di sotto. <strong>Il</strong> suo sorriso poi, era il suo punto forte. Quando sorrideva<br />

emanava una dolcezza e un’innocenza a cui chiunque avrebbe creduto, tranne sua madre che ben la<br />

conosceva. Come se non bastasse l’angolo destro della sua bocca era sporco di una strana sostanza<br />

biancastra.<br />

“Ho dato una mano alla madre di Agnese… Sai stamattina deve andare al mercato e non aveva<br />

concluso tutto il pizzo da vendere…”<br />

“Cos’hai vicino la bocca?”<br />

Giada con l’indice della mano sinistra si sfiorò l’angolo opposto delle labbra. Osservò la sostanza<br />

ora depositata su quel dito e, un attimo dopo, se la portò alle labbra, assaggiandola con uno sguardo<br />

che trascendeva perfino la malizia.<br />

“Latte”<br />

“Sei solo una puttanella! Sei stata di nuovo con quel tipo… Quel bardo canta favole!”<br />

La madre era infervorata come mai l’aveva vista. Si alzò in piedi mentre le inveiva contro.<br />

“Non sai che l’esercito dell’Imperatore sta venendo in questa direzione? Pare che stanno deflorando<br />

ogni donna sopra i vent’anni… Ti rendi conto?! Ero preoccupatissima!”<br />

“Sul serio?” lo sguardo di Giada lasciava trasparire curiosità e interesse piuttosto che apprensione.<br />

“Perché non sei come tua sorella?”<br />

Aveva sentito mille volte dalle labbra di sua madre quella lamentela. Alba era la sorella gemella di<br />

Giada. Le due erano identiche esteticamente come due gocce d’acqua. Ma caratterialmente erano<br />

come il sole e la notte. Giada aveva concesso la propria verginità da tempo ormai e si era ripassata<br />

tutti gli uomini del paese. Ora aveva iniziato ad occuparsi dei forestieri che, troppo di rado,<br />

giungevano da quelle parti. Alba invece era timida e silenziosa. Asociale e indecisa. Era sempre<br />

nascosta in quella casa, troppo spaventata dal mondo per mettere piede fuori.<br />

“Ora corri in camera e tu e tua sorella nascondetevi nei bauli!”<br />

Giada di mala voglia entrò nella sua stanza dove Alba era nascosta sotto le lenzuola del tuo letto di<br />

paglia.<br />

“Che succede Giada?” Le domandò con la voce tremante “Ho sentito mamma dire che vengono dei<br />

soldati cattivi”<br />

“Già, dei soldati cattivi che vogliono metterti a pecora e scoparti per ore… Suona così male?”<br />

“Ma è terribile? Io devo preservare la mia verginità!”<br />

Giada sbuffò annoiata e aprì uno dei bauli. Svuotò tutto il contenuto lateralmente e intimò la sorella<br />

di entrarci.<br />

“Nasconditi qui dai… Così non ti troveranno”<br />

Alba si alzò dal suo letto. Indossava una camicia da notte lunga, di lana, che nascondeva le sue<br />

forme dolci e deliziose come quelle della sorella. Lentamente si sedette all’interno del baule e si<br />

piegò in basso, aspettando che la sorella chiudesse. Intanto dalla stanza principale iniziò a sentire<br />

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<strong>Il</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Oscuro</strong> – menestrello00@libero.it<br />

strani rumori. Qualcuno era entrato e la madre ci stava discutendo. I toni si stavano alzando. Sua<br />

madre urlò.<br />

“No! Non ho nessuna figlia!”<br />

“Taci donna!” disse una voce maschile “Sappiamo che qui vi è una giovane donna vergine di nome<br />

Alba. Ci hanno detto che ha superato i venti anni e quindi, per ordine dell’Imperatore, deve essere<br />

deflorata”<br />

“No!” proseguì la madre cercando di interporsi tra i soldati e la porta della stanza delle figlie “Voi<br />

non potete!”<br />

I soldati, quattro, la spostarono in malo modo e fecero irruzione nella stanza. Seduta sul letto con<br />

uno sguardo spaurito trovarono Giada. La ragazza reggeva un lembo della gonna con cui fingeva di<br />

volersi nascondere il volto. Intanto questa operazione lasciava scoperte le gambe fino a metà coscia.<br />

Era chiaro non indossasse la biancheria intima, che solitamente arrivava fino al ginocchio.<br />

“E’ lei! E’ Alba… la vergine” pronunciò un soldato avvicinandosi alla ragazza.<br />

Indossavano l’armatura d’ordinanza del regno. Grigia, che terminava alla cintola, lasciando il<br />

membro in bella vista, eretto e duro. Tutti e quattro le si avvicinarono. <strong>Il</strong> primo cercò di afferrarla<br />

per un braccio. Giada cercò di divincolarsi dalla presa, ma era troppo salda. Anche il secondo la<br />

afferrò per l’altro braccio. In breve l’avevano immobilizzata e tra loro ridevano divertiti della scena.<br />

La ragazza continuava a cercare di divincolarsi. L’avevano bloccata sul letto, a pancia in giù. Le<br />

gambe tuttavia fuoriuscivano oltre il bordo, finendo con le ginocchia al suolo. Uno dei soldati le<br />

bloccò il busto sul letto, tenendole strette le braccia. Un altro le alzò la gonna, lasciando scoperto il<br />

suo sedere tondo e pallido. Giada continuava a dimenarsi, come cercando di liberarsi. Ciò non<br />

faceva altro che rendere ancora più appetibile il suo culetto sodo. Era un bocconcino molto invitante<br />

agli occhi dei soldati.<br />

“Forza… Tocca a te… Sbattiglielo dentro!” tuonò uno dei soldati rivolto al più giovane della<br />

compagnia.<br />

“Ma lei non vuole… Mi sembra una ingiustizia… Dovrebbe essere un gesto d’amore, in cui vi sia<br />

consenso”<br />

“Ma che cazzo dici finocchio?” gli urlò contro quello che probabilmente era il capo dei quattro<br />

“Scopatela e non rompere”<br />

<strong>Il</strong> giovane si mise in ginocchio dietro la ragazza e afferrò il proprio membro dalla base,<br />

indirizzandolo verso il sesso di lei. Tuttavia non se la sentì di entrare, e rimase immobile a guardare<br />

quel sedere così invitante.<br />

“Non me la sento. E’ una violenza di cui non voglio essere fautore”<br />

“Ragazzino. Ubbidisci oppure il Generale te la farà pagare… Lo sai che lo farà”<br />

“Lo so, ma… non me la sento… è troppo”<br />

“Diamine vuoi fottermi si o no?!” urlò alla fine Giada agitandosi ancora mentre gli altri due la<br />

bloccavano.<br />

<strong>Il</strong> ragazzo rimase un attimo interdetto a quelle parole, ma subito dopo spinse il proprio pene tra le<br />

gambe di lei. La trovò già pronta e bagnata. Si aspettava di addentrarsi in un antro stretto e<br />

difficoltoso. Invece si muoveva liberamente e agevolmente in quella vagina così bagnata e larga. Le<br />

afferrò le natiche per darsi maggiore slancio ed entrare all’interno di lei fino alla base. Giada iniziò<br />

a gemere di piacere e afferrò il lenzuolo con le mani, stringendolo con forza, mentre sentiva il<br />

soldato continuare a possederla senza sosta, sempre più rapido. Lentamente gli altri soldati la<br />

lasciarono andare, rendendosi conto di quanto mansueta e arrendevole risultasse la ragazza.<br />

Seguendo il ritmo del rapporto, Giada cercò di alzare il busto lentamente, spingendo sul letto con le<br />

mani. <strong>Il</strong> giovane soldato glielo impedì spingendola verso il letto, per mantenerla in quella posizione<br />

sottomessa. Affondò le proprio mani poi nelle natiche di lei, stringendole forte, fino a farla<br />

mugugnare di dolore. In pochi minuti il soldato sfogò in lei tutto il piacere che stava provando.<br />

Giada si sentì riempire dal seme di lui. Sentì gli schizzi colpire le pareti della sua vagina mentre il<br />

pene pulsava, si contraeva, ogni volta che nuovo sperma fuoriusciva.<br />

“Bene… qui abbiamo finito” disse quindi il giovane con la voce rotta dalla fatica.<br />

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<strong>Il</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Oscuro</strong> – menestrello00@libero.it<br />

Lentamente tirò indietro il bacino liberandola la ragazza dalla propria presenza. Al contempo un<br />

rivolo di sperma fuoriuscì colandole lungo le gambe.<br />

“Finito?” domandò il capo dei soldati “abbiamo appena cominciato”<br />

A forza alzarono la ragazza dal letto, dove vi si stese un altro soldato. Quindi Giada fu messa a<br />

cavalcione su quest’ultimo. Sentì un altro pene violarle il suo sesso, introducendosi in mezzo alle<br />

sue gambe. Con maggior vigore e veemenza, questo soldato faceva forza sul letto con le gambe,<br />

spingendo verso l’alto il bacino, per penetrarla sempre più forte. Contemporaneamente da dietro il<br />

capo dei soldati si inginocchiò sul letto e, senza troppi complimenti, le penetrò l’ano. Giada ebbe un<br />

sobbalzo, ma i soldati la tenevano stretta, impedendole di muoversi.<br />

“Come mai non hai sanguinato puttanello?” le domandò il soldato sotto di lei “Dicono tutte di<br />

essere vergini, ma poi sono solo delle troie sfondate”<br />

“E’ aperta anche dietro questa puttanella” incalzò il capo che continuava, con sempre maggiore<br />

velocità, a scoparsela da dietro.<br />

“Basta… vi prego basta” diceva intanto Giada, con la voce rotta tra il piacere e il dolore. Gemeva<br />

sempre di più. Quasi urlava. Chiedeva di smettere ma non era certa nemmeno lei di desiderarlo.<br />

Sentiva le due presenze dentro di se, una dietro e una davanti. Entravano e uscivano a tempi alterni,<br />

lasciandola sempre e costantemente piena, senza darle pace o tregua. Incalzano, e se uno rallentava,<br />

l’altro accellerava. Sentì il piacere correrle dentro sempre di più. Mentre il giovane soldato era<br />

durato pochi minuti, questi due la possedevano da ormai dieci minuti e non davano cenno di venire.<br />

Provò un orgasmo. Poi il secondo. Quando fu sulla soglia del terzo, il capo uscì dal suo ano.<br />

“Vediamo quant’è sfondata questa troia” disse mentre indirizzò il suo membro verso il sesso di lei,<br />

già occupato dall’altro soldato. <strong>Il</strong> pene si fece spazio a forza, allargando ancora di pù quella figa già<br />

abbondantemente dilatata. Giada cercò di divincolarsi, ma intervennero gli altri due soldati a<br />

bloccarla. Quando entrambi furono dentro proseguirono con veemenza a scoparla per ancora<br />

qualche minuto. Li sentiva entrambi, penetrarla senza sosta. Senza pietà. Senza tregua. Non aveva<br />

mai provato nulla di così grosso e disarmante. Si sentiva così, bloccata sul suo letto, alla completa<br />

mercé di questi uomini. La cosa in qualche modo la eccitava da morire. Raggiunse il terzo orgasmo<br />

pochi secondi prima dei soldati. Entrambi le schizzarono dentro il proprio piacere, pulsando in lei.<br />

Sentì il calore dello sperma dei due che si sommava a quello che poco prima le era stato già<br />

schizzato dentro. La lasciarono lì, su quel letto, con la vagina grondante umori e sperma. Aveva il<br />

fiatone, era sfinita.<br />

“Ora tocca a me…” disse l’ultimo soldato, quello che fino ad ora era rimasto in disparte. Le si<br />

avvicinò e le porse il membro verso la bocca “Succhialo” le ordinò.<br />

Giada osservò quel nuovo pene, domandandosi se fosse riuscita a soddisfare anche lui. Per fortuna<br />

non dovette scoprirlo.<br />

“Non possiamo passare qui tutta la giornata… Ti rifarai con la prossima” pronunciò il capo “e se ti<br />

abbiamo lasciato un bambino in pancia, prega che sia il mio” concluse in tono di scherno<br />

guardandola, lì, stesa su quel letto con i vestiti stracciati e l’aria sfinita.<br />

Senza altre parole, i quattro lasciarono la casa. Alba, quando fu certa che tutto fosse finito, uscì dal<br />

baule e corse ad abbracciare la sorella.<br />

“Ti sei sacrificata per me… Mi hai salvata” pronunciò piangendo, non riuscendo a trattenere le<br />

lacrime per tutto ciò che aveva sentito lì, bloccata nel baule.<br />

“Già” rispose Giada ancora ansimante “L’ho fatto per salvarti” ma non riuscì a trattenere un piccolo<br />

sorriso.<br />

<strong>Il</strong> Barone Lorenzo Giulii viveva in una splendida e immensa magione nel cuore della Capitale<br />

dell’Impero. Era un uomo distinto intorno ai trent’anni. Nonostante fosse ancora giovane i capelli<br />

neri mostravano già qualche ciocca brizzolata. Era alto e slanciato e i suoi farsetti dei colori più<br />

eccentrici gli calzano a pennello, donandogli un aspetto regale. Aveva sempre il volto ben rasato e i<br />

capelli sistemati. Emanava sempre un buon profumo di fresco. Era decisamente un uomo di<br />

piacevole compagnia. Si accompagnava spesso con una donna un po’ più giovane di lui. Non era la<br />

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sua compagna, la sua amata o sua moglie. Era una sorta di collaboratrice che lo aiutava in tutte le<br />

sue faccende. Era una donna di una bellezza disarmante. La sua pelle era d’ebano, così come i<br />

capelli ricci che le cadevano selvaggi sulle spalle. Occhi blu come il mare erano incastonati in quel<br />

volto proveniente da terre lontane e sconosciute, creando una dissonanza cromatica di raro pregio. <strong>Il</strong><br />

suo corpo era generoso e scolpito. Un seno prominente che risaltava sotto qualsiasi veste, pure la<br />

più vaporosa, si accoppiava con la vita stretta e sinuosa. La linea del suo corpo era flessibile e<br />

morbida. L’ombelico sempre scoperto mostrava uno strano monile, agganciato alla nuda pelle. Un<br />

sedere alto e sodo allargava nuovamente il contorno di quella figura stupenda. A chiudere il tutto,<br />

due gambe lunghe e sinuose. Era un sogno materializzato. Male lingue sostenevano fosse una<br />

schiava, ma Lorenzo negava tutto sostenendo che la ragazza semplicemente amava la sua<br />

compagnia. Eppure nell’Impero era molto raro trovare una donna di colore, forse quasi impossibile.<br />

Sicché la ragazza attirava su di se tutti gli sguardi curiosi e vogliosi degli uomini e, perfino, delle<br />

donne che incontrava.<br />

Quella sera i due sedevano nella saletta in cui Lorenzo usava ricevere i suoi ospiti. Erano seduto<br />

l’uno accanto all’altra, su di un divano rosso proprio davanti al camino, che in questo momento<br />

risultava spento. Lorenzo indossava uno dei suoi farsetti, arancione. La sua collaboratrice invece un<br />

abito da sera bianco completamente di pizzo che, complice la scura pelle di lei, lasciava davvero<br />

poco all’immaginazione. Morbido si depositava su ogni forma di lei sparendo dinanzi a quel corpo<br />

mozzafiato. I capezzoli turgidi bucavano quasi quell’abito, risultando perfettamente visibili.<br />

Erano lì per discutere con un ospite, un altro nobile. Questi era un uomo panciuto e dalla folta barba<br />

ispida e nera. Un uomo non proprio piacevole che osservava la donna senza il minimo pudore. Si<br />

immaginava quasi una gocciolina di bava mentre indugiava sulle forme di lei.<br />

“Lord Franz” pronunciò il barone attirando l’attenzione dell’altro “Mi state ascoltando?”<br />

Franz trasalì aggiustandosi sul divanetto su cui sedeva, di fronte a quello dei suoi interlocutori.<br />

“Si si, vi ascolto Barone… Potete solo ripetermi cosa avete scoperto?”<br />

“Certo” la voce di Lorenzo era melliflua e accomodante, ma tutti sapevano che dietro<br />

quell’apparenza di gentilezza si celava sempre un pugnale “Una guardia del trono mi ha confidato<br />

che i ribelli hanno trovato un incantesimo che potrà spezzare il potere del nostro Imperatore. Manca<br />

loro solo il capello di una vergine che abbia superato i vent’anni”<br />

“Una guardia del trono? Credevo fossero incorruttibili” pronunciò ancora Franz prendendo dal<br />

taschino un fazzoletto con cui tamponò il sudore che iniziò a scorrergli lungo le tempie.<br />

Lorenzo notò il rigonfiamento all’altezza del pantalone del panciuto lord. Sorrise a quella vista. La<br />

sua amica faceva su tutti lo stesso effetto ed era per questo che la portava sempre con se.<br />

Lentamente portò una mano sulla coscia della donna e iniziò a carezzarla. Con questo gesto tirò su<br />

il lembo dell’abito bianco di pizzo, in modo da lasciare la scura coscia nuda. Continuò a carezzare<br />

la pelle nera con quel suo sorriso maledetto sul volto.<br />

“Diciamo che io ho qualcosa che tutti gli uomini dell’Impero vogliono…”<br />

A quelle parole anche la sua collaboratrice sorrise. Si inclinò lateralmente verso Lorenzo,<br />

sussurrandogli qualcosa. Entrambi risero pacatamente.<br />

“Quello che voglio da voi…” proseguì Lorenzo mentre la donna si alzò e si andò a sedere accanto al<br />

Lord “…è che mandiate i vostri uomini alla ricerca della donna che i ribelli hanno spedito alla<br />

ricerca del capello”<br />

Franz proseguì a tamponarsi la fronte, mentre l’eccitazione e il nervosismo salivano.<br />

“I vostri uomini dovranno scortare la donna e aiutarla. E’ tempo che questo Impero cada…”<br />

“Ma se l’Imperatore scopre che quegli uomini sono al mio comando, mi farà decapitare… o peggio”<br />

La donna gli poggiò una mano sul rigonfiamento dei calzoni, da cui si indovinava il pene. A quel<br />

contatto il Lord trasalì.<br />

“Non dovete dirmi questo Franz” pronunciò il Barone sorridendo ancora “Volete forse dirmi che<br />

non volete aiutarmi?”<br />

A quelle parole la donna si fermò e guardò il Lord, in attesa.<br />

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“Si, si certo che voglio aiutarvi” subito intervenne il grassone, godendosi il contatto della mano<br />

della collaboratrice del barone, che ora tornava a carezzarlo “Non preoccupatevi, manderò i miei<br />

uomini”<br />

Intanto la donna gli slacciò i calzoni e tirò fuori il pene, eretto e nudo. Giocherellò con la pelle dello<br />

stesso, facendola scendere e salire lungo l’asta un paio di volte. Con l’unghia dell’indice dell’altra<br />

mano iniziò a solleticare la cappella scoperta, stuzzicando il buchino che sormontava la stessa. <strong>Il</strong><br />

Lord proseguiva a sudare e a mostrare il suo nervosismo.<br />

“Mi fa piacere la vostra collaborazione Franz” continuò Lorenzo “Quanti uomini contate di<br />

mandare?”<br />

Intanto la donna si calò sul pene di lui e iniziò a leccargli la cappella. Lentamente cinse le labbra<br />

intorno al pene e iniziò a scendere lungo tutto la sua lunghezza, fino a infilarselo tutto in bocca, fino<br />

ai testicoli. Iniziò a risalire lungo l’asta, fermandosi a metà per poi riscendere ancora.<br />

“Pensavo di mandare un paio di… AH!!” il Lord urlò quando sentì i denti della donna aderire al suo<br />

pene e stringere sempre più forte “Dieci!! Venti!! Trenta uomini!!! Manderò trenta uomini”<br />

“Ora ragioniamo” acconsentì il Barone.<br />

La donna proseguì a lavorare di bocca sul cazzo del Lord. Le labbra ben strette intorno al suo<br />

spessore, salendo e scendendo sempre più rapidamente mentre la lingua, esperta e rapida, gli<br />

carezzava la cappella dentro la bocca. Una mano di lei prese a massaggiargli la sacca dei testicoli,<br />

mentre con l’altra teneva ben stretta la base del pene. Proseguì così ancora alcuni attimi. Quando<br />

sentì il lord sul culmine del piacere si alzò e smise di succhiarglielo e toccarglielo. Senza una parola<br />

tornò a sedersi accanto a Lorenzo.<br />

“Ma… ma…” Franz non aveva parole tanto il disappunto.<br />

“Che c’è Lord? Avrete modo di divertirvi con la mia amica quando l’Impero sarà caduto”<br />

intervenne il Barone sorridendogli “Fate in modo che ciò accada presto”<br />

Detto ciò lo congedò.<br />

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Capitolo 2<br />

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La schiava era segregata nella sua cella. Sedeva sulla fredda pietra, con la pelle nuda, scoperta dal<br />

tubino in pelle nera. Era incatenata per i polsi al muro, con le braccia ben tese verso l’alto.<br />

Attraverso le sbarre vedeva le altre schiave, incatenate come lei, con la stessa divisa. Le cosce le<br />

tremavano. Le agitava senza tregua, incapace di calmarsi, di stare tranquilla. La pervadevano un<br />

pandemonio di sensazioni. <strong>Il</strong> desiderio inappagato da troppo tempo ormai di un lungo ed intenso<br />

orgasmo. Non riusciva proprio a fermarsi. Agitava le braccia, cercando di liberarle, nell’impossibile<br />

tentativo di darsi piacere da sola. Sognava solo di poter abbassare una mano tra le sue cosce, da<br />

dove i suoi umori si riversavano, e di stuzzicarsi con un dito, per un po’, per poi infilarlo nel suo<br />

sesso. Poi infilarne due. Magari tutta la mano. Aveva solo voglia di sentire qualcosa dentro di se, un<br />

cazzo magari. Ma rimaneva un desiderio irraggiungibile immobilizzata in quella posizione. <strong>Il</strong> suo<br />

continuo agitarsi attirò l’attenzione della schiava nella cella accanto alla sua.<br />

“Datti una calmata” era più grande di lei, più matura. I suoi occhi erano circondati da un accenno di<br />

rughe di espressione; stesso destino per le sue labbra. Eppure la sua età le donava un fascino<br />

purtroppo svilito dalle catene e dagli abiti.<br />

“Non ci riesco… Sto male…”<br />

“So cos’hai. Ci siamo passate tutte. Dicono che noi schiave non possiamo provare piacere. Ma in<br />

realtà tutte noi ci riusciamo”<br />

“Come? Come fate? Come ci riuscite?”<br />

“Davvero nessuna te l’ha mai detto?”<br />

La schiava continuava ad agitarsi, senza sosta, senza tregua. Era sempre stato insopportabile, ma<br />

nelle ultime settimane era diventato insopportabile.<br />

“No… Nessuna… Perché è così insopportabile? Lo era per tutte?”<br />

“Non ho mai visto nessuna ridotta male come te onestamente”<br />

La schiava più matura aveva un tono tranquillo, rassegnato. La osservava attraverso le sbarre. Al<br />

contrario di lei aveva scelto di coprire il suo bacino e il suo inguine. <strong>Il</strong> suo seno invece era scoperto<br />

dal tubino di pelle. Non erano grossi seni, ma sodi nonostante l’età che dimostrava.<br />

“L’unico modo in cui puoi riuscirsi è quando te lo mettono in culo”<br />

“No… mi fa male quando lo fanno”<br />

“Forse le prime volte… E solo in parte. Alla fine devi solo smetterla di pensare che faccia male e<br />

che non puoi godere così. E’ tutta una cosa psicologica”<br />

La schiava continuava ad agitare le gambe, cercando di liberarsi, di toccarsi.<br />

“No… no è impossibile…”<br />

“Devi solo rilassarti. Quando ti inculano devi rilassare i muscoli del culo e accoglierlo con piacere.<br />

Quando lo accoglierai e deciderai di desiderarlo in te… Allora e solo allora potrai godere davvero<br />

anche dal culo”<br />

Non ebbe il tempo di risponderle. Improvvisamente i cancelli delle prigioni si aprirono e due<br />

guardie imperiali fecero il loro ingresso. Indossavano le loro classiche armature grigie, scoperte sul<br />

bacino. I loro membri turgidi e nervosi svettavano instancabili grazie alla magia che li sorreggeva.<br />

Uno di loro aveva una chiava che usò per aprire la sua cella. Le tolse le catene dai polsi e gliele<br />

attaccò alle caviglie, come da prassi.<br />

“L’Imperatore ha una udienza molto importante schiava, vuole te per sollazzarlo”<br />

“Chissà perché l’Imperatore vuole proprio lei… Sarà così brava?” domandò l’altra guardia<br />

“Dovremmo provare”<br />

Senza aggiungere altro la costrinse col ventre sul tavolo. Senza troppa grazia si sputò su di una<br />

mano e iniziò a massaggiarsi il membro durissimo. Insalivò la cappella gonfia e larga per alcuni<br />

momenti.<br />

“Che diamine vuoi fare? E’ la schiava dell’Imperatore”<br />

L’altra guardia non gli diede ascolto. Appoggiò la cappella all’ano della schiava e spinse con forza<br />

al suo interno. La schiava lo sentì farsi spazio tra le sue carni. Non oppose resistenza, ormai era<br />

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abituata. Provò a seguire il consiglio poc’anzi ricevuto e accolse il pene della guardia dentro di se,<br />

rilassandosi, senza fare resistenza. Non fu facile, non fu immediato. Chiuse gli occhi per cercare di<br />

rilassarsi ma aveva sempre la maledetta sensazione di non poter trovare piacevole quella<br />

possessione. La guardia le afferrò i fianchi, saldi e forti, per spingere ancora di più. Solo dopo<br />

diversi secondi riuscì a rilassarsi, iniziando a provare davvero e finalmente piacere da quella<br />

penetrazione. Lo sentiva dentro se, veemente, scorrere in avanti e indietro. E le piaceva. Arcuò la<br />

schiena seguendo quel movimento, agitando il bacino seguendo quella sensazione che, via via,<br />

diventava sempre più bella, più appagante.<br />

“Basta così!” tuonò l’altra guardia allontanando i due “Lei è riservata all’Imperatore”<br />

<strong>Il</strong> pene uscì di botto dall’ano di lei, senza lasciarle il tempo di godere. Senza altre parole la<br />

portarono fuori dalle prigioni.<br />

“Non ho bisogno di nessuno io” fiera e testarda, Anya non guardava nemmeno la sua interlocutrice<br />

mentre parlava. Procedeva a passo spedito sul sentiero tenendo le briglie del suo purosangue.<br />

Indossava due piastre d’armatura ad accogliere i seni prosperosi, tenuti su da una struttura di cuoio.<br />

Sulla spalla destra era legato uno spallaccio e la mano sinistra era accolta in un guanto d’arme. Un<br />

gonnellino di ferro era legato alla vita, pendendo fino a metà anca con losanghe di metallo disposte<br />

a coda d’aragosta. Sotto il gonnellino era completamente nuda, per comodità diceva, e questo<br />

lasciava poco spazio all’immaginazione rendendo il suo sedere sodoro ben visibile appena si<br />

abbassava anche di poco. Ad avvolgere gli strinchi e i piedi vi erano due stivali di cuoio nero. Al<br />

fianco destro pendeva la sua inseparabile spada.<br />

“Ma tu non potresti individuare il capello di vergine senza la mia magia” si difese Clotilde, la<br />

stregona, che la seguiva a passo spedito “I ribelli mi hanno ordinato di aiutarti”. Erano giorni che la<br />

seguiva, che continuava a sentirsi dire di essere inutile, che non era necessaria la sua presenza.<br />

All’inizio era intimidita da quella guerriera, ma poi era riuscita ad avere il coraggio di tenerle testa.<br />

“Io sono l’eletta” proseguì Anya con tono accigliato e fiero. La guardò da capo a piedi per un<br />

attimo. La sua compagna di viaggio indossava una tunica che la copriva integralmente, fino ai piedi,<br />

con tanto di cappuccio. Eppure non era una brutta ragazza. Clotilde aveva capelli rossi, che<br />

contrastavano con il nero di quelli di Anya. Risultava più bassina dell’eletta. <strong>Il</strong> suo seno era piccolo<br />

e accennato, proteso in avanti con due capezzoli piccoli e appuntiti. Una leggera lentigine le<br />

decorava il volto.<br />

“L’hai detto già” rispose Clotilde abbassando la testa intimidita “Siamo quasi arrivate”.<br />

Più avanti si intravedeva un paesino poco lontano. La stregona utilizzava delle rune che indicavano<br />

loro la direzione. Era incredibile quanto fosse raro trovare una vergine di oltre vent’anni. Come se<br />

non bastasse l’Imperatore aveva mandato i suoi soldati in giro per tutte le città, a deflorare quelle<br />

pochissime rimaste. Avevano avuto modo di incontrarli, i soldati, durante il loro cammino fino a<br />

quel punto, e non era stato semplice superarli senza farsi notare. Clotilde, ogni volta, non poteva<br />

fare a meno di pensare che se solo l’eletta non avesse indossato un’armatura così appariscente,<br />

sarebbe risultato più semplice passare inosservate.<br />

Come a dimostrare ancora una volta la sua tesi, appena fecero ingresso nel paesino si trovarono gli<br />

occhi di tutti puntati addosso. <strong>Il</strong> giorno volgeva all’imbrunire, così le due si rifugiarono nella prima<br />

taverna che incontrarono sulla strada. Era un luogo molto modesto, con cibo di qualità scadente.<br />

Non indugiarono oltre in quella sala. Era piena di uomini che le guardavano da capo a piedi.<br />

Clotilde si sentiva spogliata con gli occhi. Anya probabilmente no, visto che di abiti indosso ne<br />

aveva già pochi. Chiamarono l’oste e si fecero dare una stanza con due letti di paglia, molto umili.<br />

Quando Anya chiuse la porta della stanza con il chiavistello, Clotilde degluttì. Quando si<br />

chiudevano nella stanza di una locanda era sempre la stessa storia. La stregona non riusciva a fare a<br />

meno di domandarsi come potesse quella donna essere l’eletta. Si immaginava una persona gentile,<br />

piena di buoni sentimenti. Invece quando loro due rimanevano sole, Anya sfogava la sua vera<br />

natura, sottomettendola senza pietà.<br />

“Spogliati” le ordinò infatti.<br />

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Clotilde sfilò la sua tunica ritrovandosi completamente nuda. La sua biancheria e le vesti che sotto<br />

la tunica usava indossare le erano state strappate la prima notte da Anya, che le aveva bruciate in un<br />

braciere. Così era stata costretta ad intraprendere il lungo cammino vestita solo della sua tunica di<br />

lana grezza che le arrossava la pelle così candida e delicata. <strong>Il</strong> ruvido indumento aveva infiammato<br />

la sua pelle sulle spalle, sulle braccia e sugli stinchi. Meno nettamente si individuavano<br />

arrossamente sui seni appuntiti e sulle cosce. Anche il suo culetto piccolo e morbido non era passato<br />

indenne e risultava un po’ arrosato. Erano giorni che portava con se quelle irritazioni e ormai ci<br />

aveva fatto l’abitudine. Si era arresa alla volontà dell’eletta, decisa a servirla in ogni modo, anche i<br />

più assurdi e umilianti. Tuttavia sapeva bene che per quella sera non aveva ancora finito di servirla,<br />

anzi. Ora veniva la parte peggiore.<br />

La stanza era piccola e conteneva due letti di paglia ricoperti da lenzuoli di lana spessa e un angolo<br />

in cui vi era una brocca colma di acqua, una bacinella e una pietra di sapone. Niente di più e niente<br />

di meno. Anya si tolse gli stivali e si avviò nell’angolo con la brocca e afferrò la pietra di sapone.<br />

Secondo un copione ormai noto si andò a stendere sul letto, di schiena. Alzò la gonnellina di ferro<br />

lasciando scoperto il suo sesso, divaricando per bene le gambe. Una peluria poco folta la ricopriva.<br />

Riccioli neri crescevano piuttosto giovani sul pube dell’eletta. Tuttavia quest’ultima si insaponò per<br />

bene le mani con la pietra e iniziò a strofinare quei peli. Clotilde, nuda, doveva rimanere lì, in piedi,<br />

a guardare la scena. Una volta che i riccioli furono bene insaponati e ammorbiditi, Anya estrasse un<br />

coltello affilato dalla cintola e iniziò, con studiata gentilezza e delicatezza, a depilarsi. I peli erano<br />

cresciuti ancora radi e corti, quindi le ci volle poco per completare l’opera. In pochi minuti la sua<br />

vagina era completamente glabra. Era una perfetta incisione. La pelle, poco prima del clitoride, si<br />

separava nei due lembi che formavano le grandi labbra. <strong>Il</strong> clitoride sporgeva appena un po’ in fuori,<br />

una piccola e dolce escrescenza ben arrotondata. Clotilde la osservava senza riuscire a distogliere lo<br />

sguardo.<br />

“Sai cosa fare vero?” le domandò Anya con quella faccia, quella che lei conosceva bene. Ogni volta<br />

che si fermava a guardare l’eletta non poteva fare a meno di notare che il suo volto era un po’<br />

allungato e le labbra sporgevano più del normale rispetto alla linea del volto. Non era una bellezza<br />

fine ed elegante, come si era immaginata che fosse, ma non era per questo brutta. Era carina. Ma<br />

quando si stendeva sul letto a cosce aperte la guardava sempre con quella faccia, con quello<br />

sguardo. La voglia le se leggeva nello sguardo, e con essa il desiderio di sottometterla. Non era più<br />

ne bella ne brutta. Era porca. Porca come non ne aveva mai viste altre prima.<br />

“Devo costringerti?” incalzò Anya vedendola esitare. Clotilde non voleva essere costretta, non di<br />

nuovo. Le prime sere si era ribellata, ma non era servito a nulla. Alla fine aveva dovuto obbedire.<br />

Aveva dovuto darle il suo “spasso serale”. Così avveniva ogni sera, e, ormai, si era quasi<br />

rassegnata. Immaginava che Anya se ne rendesse conto, perché sembrava non essere molto<br />

soddisfatta del suo supino sottomettersi. Cercava sempre nuovi metodi per definire la propria<br />

superiorità.<br />

Lentamente la stregona si inginocchiò ai piedi del letto di Anya e iniziò a giocherellare con le dita<br />

sul suo clitoride. Poi le fece scendere lungo il contorno delle labbra, delicatamente. Cercò di farsi<br />

spazio al suo interno con gentilezza mentre la lingua iniziava il suo lavoro. Prima depose alcuni basi<br />

sul clitoride. Baci solo di labbra all’inizio. Poi a labbra schiuse iniziò a baciare le labbra del sesso di<br />

lei. Un bacio lavorato di lingua e saliva. Sentì il piacere di lei sulla propria lingua. Iniziò a sentirla<br />

bagnarsi. Aveva un sapore strano, quasi dolce. Non aveva mai pensato potessero piacerle le donne,<br />

eppure quel sapore risvegliava in lei desideri nascosti, la intrigava. Quando pensò che era pronta<br />

infilò un primo dita nella sua vagina, concentrando il lavoro di lingua sul clitoride. Lo solleticava<br />

prima con la punta, per poi leccarlo per bene, con tutta la lingua. Dopo un po’ infilò un secondo<br />

dito, il medio che faceva ora compagnia all’indice. <strong>Il</strong> palmo di quella mano era rivolto verso l’alto e<br />

ogni volta che tirava indietro arricciava anche le dita, come a richiuderle, salvo poi riaprirle quando<br />

riaffondava dentro di lei. Con la mano libera salì sul ventre di Anya, fino ad uno dei suoi seni<br />

coperto dall’armatura. L’eletta lo liberò subito dai legacci che lo opprimevano, togliendo la piastra.<br />

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Clotilde iniziò così a massaggiarle il seno, con particolare attenzione per il capezzolo. Lo prese tra<br />

indice e pollice, strizzandolo prima delicatamente, poi man mano più forte.<br />

Intanto l’altra mano aumentava il ritmo. All’indice e al medio si unì l’anulare che, senza nessuna<br />

difficoltà, si fece spazio nella vagina. Iniziò a dolerle la spalla tanto era la velocità e il ritmo con<br />

faceva entrare e uscire le dita. La lingua continuava poi quel lavoro intenso, di punta e di piatto,<br />

stuzzicando il clitoride sempre più velocemente. Ogni tanto si interrompeva, succhiandoglielo tra le<br />

labbra, facendolo strusciare contro i denti lievemente. I gemiti di Anya iniziarono a riempire il<br />

silenzio notturno. L’eletta portò la propria mano destra sulla nuca della stregona, afferrandola per i<br />

capelli, tenendola ben stretta tra le sue cosce, come per assicurarsi che lei non smettesse di<br />

leccargliela. Questo indicava che c’era quasi, era sull’orlo del piacere e dell’orgasmo. Clotilde<br />

allora accellerò ancora di più. La lingua senza tregua leccava il clitoride, accompagnando il<br />

movimento con la testa, per renderlo più ampio e profondo. Con le dita quasi usciva dalle grandi<br />

labbra per poi rifiondarsi al suo interno, rapida e lunga in ogni movimento. L’altra mano continuava<br />

a martoriarle il seno, stringendole il capezzolo, facendolo roteare tra indice e pollice.<br />

All’improvviso Anya trattenne il fiato e strinse con forza le cosce, l’una verso l’altra. Clotilde si<br />

sentì intrappolata, sentendo la calda pelle di lei stringerla da entrambe le direzioni, facendole quasi<br />

male in quella morsa di sottomissione. Tuttavia sapeva che quella era la fine. Non si fermò, anzi<br />

continuò con maggiore foga, riempendosi la lingua di sapori e umori, affondando così tanto la testa<br />

tra le sue cosce da inumidirsi tutto il volto.<br />

“Ahhhhhh!!!” fu un urlo liberatorio quello di Anya che rilassò tutti muscoli. Clotilde lentamente<br />

lasciò il seno di lei ed estrasse le dita dalla sua figa, ma sapeva che non doveva smettere di leccarla<br />

se non voleva farla arrabbiare. Dopo alcuni secondi, Anya sollevò un ginocchio e poggio il proprio<br />

piede nudo sul volto della stregona che ancora la leccava. Con forza e senza grazia al spinse via.<br />

Clotilde si ritrovò spinta al suolo, seduta a terra. Nuda e arrossata per via della tunica grezza. Col<br />

braccio che le doleva per l’intenso lavoro e il volto, coperto da quel sottile strato di lentigini, sporco<br />

degli umori di lei. Si leccò le labbra togliendone la maggior parte e osservò l’eletta che si voltò su<br />

un fianco e iniziò a dormire. Come un cane bastonato andò anch’ella verso il suo letto e cercò di<br />

addormentarsi.<br />

La sala del trono era piena di nobili quella sera. La schiava non aveva mai visto tutte quelle persone<br />

accalcate in quella sala, davanti all’Imperatore possente e con la sua solita armatura brunita.<br />

All’inizio era stato traumatico per lei mostrarsi quasi nuda, davanti a tanti estranei, e mettersi a<br />

succhiare il cazzo all’Imperatore. Poi si era abituata, ma non aveva mai avuto una platea così<br />

nutrita. Mentra la trascinavano verso il trono notò numerosi nobili tra le prime file dei convenuti,<br />

circondati dalle guardie del trono nelle loro armature grigie. Molti erano dei grassoni sudati e<br />

sporchi. Altri eleganti uomini in abiti raffinati. La sua attenzione fu attratta per un istante da una<br />

donna bellissima, alta e mora di pelle. Era la prima volta che vedeva qualcuno di quella carnagione.<br />

Tuttavia non le fu permesso indugiare troppo a guardare il pubblico. Fu subito costretta a dar loro le<br />

spalle, inginocchiarsi sul suo solito cuscino e chinarsi sul membro del suo padrone. Sapeva che<br />

probabilmente tutti ora stavano guardando il suo sesso e il suo sedere, ben esposti. Che presto tutti<br />

avrebbero indugiato a guardare gli umori che già scorrevano tra le sue cosce fino a macchiare il<br />

cuscino. Lo sapeva ma non le importava più nulla. Afferrò il turgido membro del suo Imperatore<br />

con entrambe le mani e iniziò a muoverle su e giù, ruotando i polsi in sensi opposti. Poi la sua<br />

lingua indugiò sulla gonfia cappella, leccandola e baciandola, prima di infilarsela tutta in bocca.<br />

Mentre la teneva tutta tra le labbra, al lingua iniziò a stuzzicare il buchino all’estremità del glande.<br />

“Lord Franz” la voce dell’Imperatore era dura e per nulla influenzata dal servizio di bocca che stava<br />

ricevendo “Fatti avanti”.<br />

<strong>Il</strong> nobile grassoccio fece un paio di passi avanti e si inchinò davanti al trono. Era sudato, più del<br />

solito, e nervoso. Tanto nervoso che nemmeno indugiò sui primi umori che iniziavano a scorrere<br />

nell’internocoscia destro della schiava.<br />

“Ditemi mio Imperatore” rispose con la voce tremante il Lord.<br />

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“Trenta dei tuoi uomini sono stati scoperti lasciare la Capitale poche ore fa. Sai dirmi perché?”<br />

Lord Franz sbiancò di colpo. Si guardò intorno sudando. Avrebbe dovuto inventarsi una menzogna,<br />

una storia credibile. Ma non riuscì a dire nulla. Rimase in silenzio a bocca spalancata, farfugliando<br />

sillabe prive di senso.<br />

<strong>Il</strong> Barone Lorenzo, alle sue spalle, era impassibile. Anzi, dissimulava tensione e preoccupazione,<br />

oltre a rabbia e disappunto, con un sorrisetto compiaciuto. Aveva un braccio attorno alla vita della<br />

sua compagna. La teneva stretta a se.<br />

“Ve lo dico io allora. Dai cadaveri abbiamo trovato un dispaccio che ordinava loro di trovare<br />

l’eletta e aiutarla. E’ vero?”<br />

La schiava sentiva il membro dell’imperatore pulsare ed ingrossarsi ogni volta che, furente, parlava<br />

e accusava il Lord. Sapeva come sarebbe finita. Quindi chiuse gli occhi e si concentrò a succhiarlo.<br />

Nella sala per diversi secondi calò il silenzio. Un silenzio irreale, colmato solo dal rumore della<br />

saliva che iniziava a scendere lungo il pene dell’Imperatore. <strong>Il</strong> rumore delle labbra che succhiavano<br />

con forza quella cappella e delle mani che spalmavano la saliva su tutta la lunghezza dell’asta.<br />

“Io… io posso spiegare” pronunciò il Lord. Ma non ebbe tempo di finire nemmeno la sua frase che<br />

due guardie gli andarono incontro. Puntarono le alabarde verso il suo petto e lo trafissero.<br />

La schiava sentì il rumore della carne tranciata, dell’urlo strozzato in gola, soffocato. Poi il corpo<br />

cadere al suolo privo di vita. Non ci pensò. Non doveva pensarci. Continuava a succhiare senza<br />

fermarsi, senza tregua, come se nulla fosse.<br />

Mentre il corpo veniva portato via, l’Imperatore si alzò in piedi, costringendo la schiava a cambiare<br />

postura, senza mai staccarsi dal suo membro e interrompere la sua posizione.<br />

“Che sia di lezione a tutti coloro che cospirano alle mie spalle. Passa tutto il mio occhio. So tutto di<br />

tutti e nessuno può fregarmi!”<br />

Pronunciando queste parole soffermò per lunghissimi secondi il suo sguardo sul Barone Lorenzo.<br />

Quest’ultimo sentì il sangue gelarsi nelle vene, ma non dette cenno di cedimento. Impassibile<br />

sostenne lo sguardo. Quindi l’Imperatore afferrò la schiava per un braccio e la portò con se.<br />

“Mikael, seguitemi nella sala dei rituali” pronunciò avviandosi in quella direzione. Subito dopo lo<br />

stregone di corte si fece largo tra la folla e imboccò la stessa direzione.<br />

I nobili iniziarono a sfollare la sala del trono, lentamente e in silenzio. <strong>Il</strong> Barone Lorenzo trattenne<br />

ancora a se la sua compagna, ben stretta.<br />

“Ti rendi conto?” le sussurrò appena. Ella non rispose.<br />

I due uscirono presto dalla fortezza dell’Imperatore e imboccarono una via silenziosa, che avrebbe<br />

condotto alla villa dove dimoravano. Mentre incedevano col passo qualcosa cadde dalla veste della<br />

donna. Una missiva sembrava. Lorenzo osservò l’oggetto e si fermò, per raccoglierlo.<br />

“Ma no… non è niente di importante” disse la sua compagna, con il suo accento straniero.<br />

“Come no? E’ caduto a te” rispose Lorendo, sollevando dal suo la missiva.<br />

Questa recava il simbolo dell’Imperatore. <strong>Il</strong> Barone osservò la donna per lunghi attimi. Questa<br />

cercò di fuggire, ma lui la afferrò prontamente per un braccio. Senza troppe cerimonie aprì e lesse il<br />

messaggio al suo interno.<br />

“<strong>Il</strong> vostro aiuto è stato gradito. Le vostre informazioni confermate dai fatti. L’Imperatore paga<br />

sempre i suoi debiti e voi avrete presto il titolo nobiliare che vi è stato promesso”<br />

La mano di Lorenzo si strinse sul braccio di lei con forza, per farle male.<br />

“Sei stata tu? Tu hai tradito Franz? Tu mi hai tradito? E per cosa? Per farti chiamare Lady?”<br />

“Si” confessò lei col suo accento particolare “Per farmi chiamare Lady… Che c’è di male? A te<br />

piace farti chiamare Barone Lorenzo eh?”<br />

“Io sono il Barone Lorenzo”<br />

“E io chi sono? Non mi chiami mai nemmeno per nome… Lo ricordi almeno?”<br />

<strong>Il</strong> Barone rimase interdetto, ma non la lasciò andare.<br />

“Mi chiamo Annette” proseguì la donna con tono disperato “Nemmeno lo sai!”<br />

“D’accordo Annette. Ti ho fatto un torto, non ricordavo nemmeno il tuo nome. Ti saprò ripagare per<br />

questo… Ma non preoccuparti. Ti ripagherò anche per il tuo tradimento”<br />

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<strong>Il</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Oscuro</strong> – menestrello00@libero.it<br />

La schiava si illudeva fosse finita. Credeva di essere stata fortunata quel giorno. Pochi minuti di<br />

sesso orale e basta. Si sbagliava però. L’Imperatore e lo stregone la condussero in una stanza più<br />

piccola, dalle pareti ricoperte di scaffali con strane ampolle, coppe, scatoline e fialette. A terra vi era<br />

disegnato un cerchio rosso, al cui centro svettava un calice.<br />

“Ora ci occuperemo dell’Eletta” disse l’Imperatore indicando alla schiava il suolo. Questa,<br />

diligentemente, si mise a quattro zampe dove indicato dal padrone. Ma lui non era soddisfatto della<br />

posizione assunta. Le fece abbassare le mani e le fece toccare terra col volto. Ora aveva il culo ben<br />

in alto, teso e sodo, pronto ad ospitare il membro dell’Imperatore. Lo stregone invece si avvicinò ad<br />

alcuni scaffali e iniziò a prelevare alcune bocce e scatolini, dimostrando una certa dimestichezza.<br />

L’Imperatore poi, finalmente, si pose alle spalle della schiava, afferrò alla base il suo possente<br />

membro ancora umido di saliva e lo puntò verso l’ano di lei. La cappella così gonfia e larga non<br />

poteva passare in quel buco così piccolo. Sembrava impossibile. Quando la schiava sentì il contatto<br />

della carne rilassò tutti i muscoli del culo, come le era stato insegnato, pronta a ricevere<br />

quell’imponente obelisco. Socchiude gli occhi respirando profondamente, lentamente, ormai pronta.<br />

Fu costretta a sgranarli quando sentì il glande farsi largo dentro di lei. <strong>Il</strong> dolore c’era,<br />

inevitabilmente. Ma era così rilassata e pronta a riceverlo che fu solo una punta di dolore in un mare<br />

di piacere. Sentì il grande membro agitarsi in lei, avanti e indietro, e le piaceva da impazzire. Si<br />

morse le labbra mentre le palpebre tremavano, godendosi quella penetrazione, desiderandola.<br />

Lo stregone intanto iniziava a versare alcuni liquidi e alcune polveri nella coppa al centro della<br />

stanza, recitando qualcosa, forse un incantesimo, in una lingua sconosciuta. <strong>Il</strong> suo tono era<br />

cantilenioso e basso. Tuttavia cresceva pian piano. <strong>Il</strong> ritmo della voce di Mikael seguiva il ritmo dei<br />

movimenti del suo Imperatore. Più accellerava l’Imperatore, più la voce dello stregone fluiva più<br />

forte e veloce. La schiava chiuse le mani a pugno e serro con forza gli occhi. Sentiva il piacere<br />

crescere. Si sentiva sul limite. Gemeva, gemeva con forza. Avrebbe voluto nasconderlo. Avrebbe<br />

voluto non far capire che le piaceva da impazzire, ma non riusciva a fermarsi. Sentiva la sua carne<br />

far spazio al cazzo di lui. Si sentiva violata e completamente aperta, e tuttavia adorava quella<br />

sensazione. Poi sentì le mani di lui stringerle le natiche, affondarvi le dita con forza, e poi allargarle<br />

ancora di più il culo. Quel cazzo che mai era venuto, pulsava ora nel suo culo, e le piaceva così<br />

tanto che desiderò di trattenerlo dentro di se per sempre. Era sull’orlo. Stava per provare finalmente<br />

un grandioso e liberatorio orgasmo.<br />

Improvvisamente Mikael interruppe la sua litania, di colpo, quasi con un urlo. Al contempo<br />

l’Imperatore diede un violento e ultimo affondo nell’ano della schiava. Infilò il suo possente<br />

membro fino ai testicoli, tutto, completamente. La schiava sentì l’orgasmo finalmente pervaderla.<br />

Sgranò gli occhi e iniziò a tremare. Avrebbe voluto urlare dal piacere. Un urlo di piacere sfogate,<br />

ma l’urlo le morì in gola, strozzato dalla troppa intensità dello stesso. Le cosce le tremavano. Le<br />

ginocchia le tremavano. Sentiva qualcosa dentro di lei sull’orlo dell’esplosione. L’orgasmo le<br />

partiva dal suo ano e le percorreva la colonna vertebrale fino al suo cervello, pervadendola tutta<br />

senza pietà. Con un nuovo colpo secco l’Imperatore estrasse il membro e dal sesso della schiava<br />

partì uno schizzo forte e abbondante di umori. Uno schizzo che colpì il pavimento creando una<br />

piccola pozza. A questo ne seguì un secondo più debole che le bagnò completamente le cosce.<br />

Tratteneva il respiro mentre ciò accadeva. Le gambe le tremavano così tanto da non riuscire più a<br />

reggerla. Le ginocchia scivolarono sul pavimento bagnato dagli umori. La schiava si ritrovò<br />

completamente stesa a terra, a termare. L’Imperatore senza curarsi di lei si inginocchiò vicino la<br />

coppa e, puntando il membro in sua direzione, vi svuotò dentro un unico intenso schizzo di sperma.<br />

<strong>Il</strong> seme si mescolò col contenuto della coppa. <strong>Il</strong> liquido risultante aveva un colorito ambrato, molto<br />

chiaro. Lo stregone lo travasò in una boccetta.<br />

“Dallo ad uno dei tuoi uomini. Lo faccia bere all’Eletta. Così lei troverà una morte lenta e dolorosa”<br />

Lo stregone annuì all’ordine dell’Imperatore. A terra la schiava ancora tremava nella sua pozza di<br />

umori, ancora stremata dal violento orgasmo provato. Ma finalmente era totalmente soddisfatta.<br />

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Capitolo 3<br />

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Alba era a quattro zampe, totalmente nuda, vestita solo di un collare di cuoio, sotto l’arco della<br />

porta. Osservava il suo Padrone seduto a tavola insieme ad un uomo e una donna. Nessuna la<br />

guardava, erano impegniati a chiacchierare tra loro e a mangiare. <strong>Il</strong> padrone portò alle labbra una<br />

coscia di pollo da cui strappò la carne con i denti. Alba provò un brontolio nello stomaco, aveva un<br />

po’ di fame. Sapeva che non poteva parlare, non le era concesso, così abbaiò per attirare<br />

l’attenzione. I tre si voltarono a guardarla. <strong>Il</strong> Padrone le sorrise benevolo.<br />

“Vi piace la mia cagna?” domandò rivolto ai suoi ospiti “E’ tanto ubbidiente, ma credo che ora<br />

abbia fame”<br />

Detto ciò abbassò sotto il tavolo l’osso di pollo con ancora un po’ di carne. Alba sapeva che doveva<br />

correre se voleva ricevere il premio. Rimanendo a quattro zampe iniziò a correre in direzione del<br />

tavolo, infilandocisi sotto. Le dolevano le ginocchia quando correva così, ma non voleva deludere il<br />

suo Padrone così buono con lei. Una volta giunta vicino al tavolo allungò una mano per afferrare<br />

l’osso di pollo. <strong>Il</strong> Padrone tirò indietro l’osso e la fulminò con lo sguardo. Ne fu mortificata,<br />

detestava deluderlo. Chinò per un attimo il capo, poi lui le offrì nuovamente l’osso e lei lo afferrò<br />

con la bocca, tra i denti. Per mangiare al meglio con solo la bocca dovette abbassare la testa fino al<br />

pavimento, lasciando il sedere in alto, in bella mostra.<br />

“Brava cucciola” disse il suo Padrone carezzandole il sedere dolcemente, con amore.<br />

“Come si chiama?” chiese la donna mentre si sporgeva sotto il tavolo per carezzarla.<br />

Erano tutti elegantissimi. La donna in particolarmente indossava un abito porpora stupendo con un<br />

diadema sul capo che faceva risaltare ancora di più la sua nobile bellezza. Alba ne fu gelosa. Non si<br />

sentiva a suo agio, nuda sotto il tavolo, osservata da quelle persone ben vestite, ma non voleva<br />

deludere il suo Padrone. Voleva renderlo orgoglioso e felice.<br />

“Si chiama Caramella” pronunciò il Padrone tornando poi a mangiare.<br />

Ogni volta che sentiva quel nome era tanto felice. Era un nome così dolce, affettuoso, con un suono<br />

così delicato. Era così felice che il Padrone lo avesse scelto per lei. Iniziò ad agitare il sedere<br />

leggermente, per mostrare la propria felicità, come le aveva insegnato il Padrone. Mangiò la carne e<br />

poi rosicchiò l’osso, in attesa che il Padrone finisse la cena, pazientemente sotto il tavolo,<br />

accovacciandosi ai suoi piedi come una brava cagna.<br />

“Caramella, vieni qui…” appena sentì le parole del Padrone tornò a mettersi a quattro zampe. Lui le<br />

faceva segno di mette le mani sulle sue gambe e lei obbedì.<br />

“Guardate che belle tette” pronunciò poi poggiandole una mano sul suo seno. Non era grande, anzi,<br />

ma era sodo e con una forma rotonda perfetta. <strong>Il</strong> capezzolo era appena accennato, ma al contatto<br />

della mano del suo Padrone iniziò ad indurirsi dimostrando quanto piacere provasse a quel contatto.<br />

L’uomo e la donna si avvicinarono e toccarono anche loro il suo seno, saggiandone la consistenza e<br />

la forma. Non le piaceva essere toccata da altri, ma non voleva disubbidire al suo Padrone. Non<br />

voleva fargli fare brutta figura coi suoi ospiti. La donna le afferrò un capezzolo e lo strinse per<br />

alcuni secondi tra indice e pollice. Alba strinse i denti e chiuse gli occhi. Le faceva tanto male, ma<br />

riuscì a non lamentarsi, sapeva che non doveva.<br />

“Ma che brava che sei Caramella” disse la donna lasciandole finalmente il seno e carezzandole i<br />

capelli.<br />

<strong>Il</strong> suo Padrone intanto le grattava dietro l’orecchio dolcemente. Sapeva che faceva così quando era<br />

soddisfatto di lei.<br />

La serata finì. L’uomo si congedò e lasciò la donna e il suo Padrone soli. Alba era ancora accucciata<br />

a terra, nuda, ad osservarli chiacchierare. Improvvisamente i due si alzarono e si incamminarono<br />

lungo l’antico corridoio del castello. <strong>Il</strong> loro passo era rapido e Alba faticò non poco a seguirli<br />

camminando a quattro zampe. La pietra le faceva male alle ginocchia, ma non voleva perderli di<br />

vista. Arrivati davanti alla stanza da letto, il suo Padrone entrò con la donna e chiuse la porta alle<br />

sue spalle. Non le disse nulla. Le aveva semplicemente chiuso la porta in faccia. Sapeva cosa<br />

avrebbero fatto quei due là dentro. Era gelosa. Perché a quella si e a lei no? Voleva anche lei essere<br />

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oggetto del piacere per il suo Padrone. Voleva essere usata per compiacerlo fino alla fine. Si<br />

accovacciò davanti alla porta, attendendo pazientemente che il Padrone avesse bisogno di lui.<br />

Chiuse gli occhi.<br />

Quando li riaprì era nel suo letto, accanto a quello di sua sorella gemella Giada, nella loro stanza,<br />

nella loro casa. Era stato tutto un sogno. Lo sapeva bene perché non era il primo che faceva. Si<br />

infilò la mano tra le cosce, trovando il suo sesso umido e bagnato. Faceva sogni del genere quasi<br />

ogni notte da quando i soldati dell’Imperatore avevano abusato di sua sorella. Lei era rimasta chiusa<br />

nel baule, ascoltando impotente ciò che le facevano. Inspiegabilmente ascoltare i gemiti della<br />

sorella e le offese oscene dei soldati che si soddisfacevano con lei, la avevano fatta eccitare. Si era<br />

bagnata in quel baule, ascoltando e immaginando cosa stesse accadendo fuori, ma non lo aveva<br />

confessato a nessuno. Anzi, si era punita per quell’eccitazione che non doveva provare. Non si<br />

addiceva ad una brava ragazza, lei doveva rimanere vergine. Eppure da quel giorno, quasi ogni<br />

notte faceva quei sogni. Sognava di essere la cagna del suo Padrone e di assecondare ogni suo<br />

desiderio. Eppure mai nei suoi sogni aveva un rapporto con lui, anche se nel sogno lo desiderava<br />

ardentemente. Desiderava prenderglielo in bocca e succhiarglielo fino a farlo venire, e poi ingoiare<br />

tutto. Desiderava prenderlo dentro, ovunque lui desiderasse, e sentirlo godere. Sentiva la voglia<br />

irresistibile di farlo, e più ci pensava e più si bagnava.<br />

Senza una parola allungò una mano sotto il letto. Tra la paglia frugò alcuni secondi e trovò il<br />

cordino che aveva nascosto. Lo legò intorno alla sua coscia e strinse con un forte nodo a strozzo.<br />

Strinse con violenza e fece un altro nodo. Solo il dolore l’avrebbe purificata dei pensieri osceni che<br />

faceva. Lei doveva rimanere casta e pura. Non poteva concedersi nemmeno le fantasie.<br />

“Non devi per forza scappare” l’accento straniero di Annette era ancora più marcato quando era in<br />

preda al panico come ora “Possiamo restare qui… L’Imperatore ti ha perdonato, basta che gli resti<br />

fedele”<br />

Lorenzo stringeva i legacci che la tenevano imbrigliata alla sella del destriero. Non la ascoltava<br />

quasi. La mora era vestita di un lungo mantello che la avvolgeva completamente nascondendo tutte<br />

le corde e i nodi. <strong>Il</strong> mantello copriva anche i due cilindri di ferro che il Barone aveva introdotto in<br />

lei, uno nella vagine e uno nell’ano, come punizione. Li avrebbe dovuti tenere dentro per tutta la<br />

galoppata e chissà per ancora quanto tempo.<br />

“Non mi ha ucciso solo perché crede che sia bastata la dimostrazione a farmi desistere dai miei<br />

piani. Uccidere un Lord è una bazzecola, soprattutto se accusato di tradimento. Ma un Barone…<br />

Porta ripercussioni. Lui ha voluto evitarlo. Ma io non posso evitarlo. Quindi io e te ce ne andiamo,<br />

perché di certo non ti lascerò qui a goderti il tuo titolo nobiliare nuovo guadagnato pugnalandomi<br />

alle spalle”<br />

“Questo è un rapimento” si lamentò Annette “Tu non puoi farlo… Liberami… Restiamo qui.<br />

Rinuncia a voler far cadere l’Imperatore. Non stai bene nella tua villa? Con me al tuo fianco? Potrei<br />

divenire la tua amante. Mi hai sempre usata per ottenere ciò che volevi da altri uomini. Perché non<br />

mi hai mai usata per te? Io te lo concederei”<br />

I legacci le facevano male, ma ciò che era più insopportabile erano quelle presenze di ferro dentro<br />

di lei. Sapeva che quando sarebbe iniziata la galoppata sarebbero state ancora più insopportabili e<br />

insostenibili.<br />

“Annette. Tu non sai chi sono io. Non sai chi era mio padre” Lorenzo implacabile continuava a<br />

stringere i legacci che la tenevano stretta alla sella.<br />

“Dimmelo allora. Chi sei? Perché lo fai?”<br />

“Mio padre era Re Franco Giulii, sovrano del <strong>Regno</strong> del Sud, ultimo regno assoggettato al volere<br />

dell’Imperatore” pronunciò Lorenzo mentre ormai aveva finito di assicurare Annette alla sella. Le<br />

carezzò una spalla mentre parlava “La mia gente non si piega facilmente alle oppressioni. Così<br />

hanno combattuto strenuamente finché i sicari dell’Imperatore non mi hanno rapito, ancora in fasce.<br />

Mio padre si arrese e con lui il suo regno solo per evitare che mi venisse fatto del male. Mi è stato<br />

dato il titolo di Barone e una ricca rendita il giorno in cui mio padre è morto. L’Imperatore non<br />

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voleva che io tornassi al mio <strong>Regno</strong>, perché sapeva che avrei riacceso l’animo guerriero del mio<br />

popolo. Ma io non sono uno sciocco. So che il mio popolo perirebbe in una guerra. Quindi devo far<br />

cadere l’Imperatore, da solo, prima di tornare al mio trono”<br />

Lorenzo montò sul suo destriero, carico di viveri e bagagli come quello della sua collaboratrice. <strong>Il</strong><br />

sole stava calando lungo l’orizzonte e sapeva che quello era il momento migliore per fuggire.<br />

Nessuno lo avrebbe potuto trattenere ufficialmente, e in quel momento c’era il primo cambio della<br />

guardia. Insomma le porte della Capitale sarebbero in breve state chiuse alle sue spalle e la notizia<br />

della sua fuga sarebbe arrivata all’Imperatore solo a notte inoltrata. Avrebbe avuto un lungo<br />

vantaggio su eventuali seguitori.<br />

“E tu mi hai tradito” proseguì Lorenzo agitando le redini del destriero che iniziò a muoversi.<br />

Seguendo il suo, anche quello di Annette si mosse, assicurato con una corda alla sella del Barone.<br />

Anche se gli animali si muovevano piano, la donna sentiva i cilindri dentro di lei, spinti dal cuoio<br />

della sella su cui sedeva nuda. Ogni volta che il suo corpo cercava di rigettarli fuori di se, la sella li<br />

rispingeva dentro, torturandola lentamente.<br />

“Ti prego… levameli” lo implorò sommessamente, quasi un sussurro nella sua voce straniera.<br />

“Te li sei meritati… E ora che passiamo i cancelli, non aprire bocca”<br />

“Dirò a tutti che mi porti via con la forza”<br />

“Purtroppo per te, la maggior parte delle persone pensa che tu sia mia schiava, quindi se vuoi prova<br />

pure”<br />

Lorenzo spronò il suo cavallo ad un moto più rapido, costringendo anche quello di Annetta alla<br />

medesima velocità. <strong>Il</strong> movimento sussultorio di quel passo le provocava un certo dolore. Passarono<br />

in silenzio il posto di guardia dei cancelli, poco prima che li stessi fossero chiusi per la notte. <strong>Il</strong><br />

tramonto passò e in breve si trovarono a viaggiare nella notte buia, su sentieri isolati e spettrali.<br />

“Ti supplico… Non ne posso più… Basta” Annette continuava a piagnucolare contorcendosi sulla<br />

sella, cercando una postura comoda. I suoi bellissimi occhi azzurri chiedevano pietà, ma Lorenzo le<br />

dava le spalle ed era sordo alle sue suppliche.<br />

“Questo viaggio è una follia” proseguiva la donna “Incontreremo briganti sulla strada, non<br />

sappiamo combattere o lanciare incantesimi. Siamo totalmente indifesi”<br />

Lorenzo proseguiva impassibile, spronando il destriero lungo la strada di ciottoli. Quando furono<br />

abbastanza lontani per non essere uditi, spronò i cavalli al galoppo. Per Annette fu un supplizzio<br />

insopportabile. Strinse le cosce attorno ai fianchi dell’animale per rimanere più aderente possibile<br />

alla sella ed evitare quanti più sobbalzi possibile. Questo le diede un po’ di sollievo, ma la delicata<br />

pelle nuda contro quella cuoiosa del cavallo le provocò non poco bruciore.<br />

“Non puoi farmi questo… Sono una donna libera”<br />

“Sei solo una puttana…”<br />

Lorenzo imboccò un sentiero poco battuto di un bosco, per sviare eventuali ricerche. Proseguirono<br />

così ancora diverse ore, mentre Annette continuava ad implorare pietà. Sapeva tuttavia che non<br />

potevano galoppare tutta la notte, ma l’importante era seguire strade improbabili. Quando ormai la<br />

luna era alta e illuminava il sentiero da diverso tempo, intravidero un casolare nel mezzo della<br />

campagna. Diverse lanterne ne illuminavano l’interno, segno che i suoi occupanti erano ancora<br />

svegli. Quando lo raggiunsero Lorenzo si distaccò da Annette scendendo da cavallo e bussò alla<br />

porta.<br />

“Chi diamine è a quest’ora?” la voce burbera apparteneva ad un omone grosso e calvo. Una ispida<br />

barba gli cresceva sul mento.<br />

“Sono un viandante pieno di danari che cerca per se e la sua compagna di viaggio un posto per la<br />

notte “ pronunciò Lorenzo sviando ogni informazione personale.<br />

“Non ci servono danari. Io e i miei due figli viviamo in mezzo al bosco e non mercanteggiamo con<br />

nessuno” rispose l’omone mentre si apprestava a chiudere la porta.<br />

“Un momento. Non ho solo denari” puntualizzò il Barone muovendosi verso il cavallo su cui era<br />

legata Annette. Con un rapido gesto le tolse il mantello rivelando la pelle d’ebano nuda, il corpo<br />

perfetto e imbrigliato alla sella, in postura però ben eretta. Era uno splendore come sempre.<br />

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“Da quanto tu e i tuoi figli non vedete una donna? Non vi interessa una notte con lei?”<br />

“Ti prego no” Annette piagnucolò, abbassando il capo, come se ciò bastasse a coprirla.<br />

“Una donna da tanto tempo… Una così bella mai… Ghio, Doren venite qui!” urlò il bestione<br />

richiamando evidentemente i suoi figli “Che ne dite, li ospitiamo questi due?”<br />

I due figli erano grossi almeno quanto il padre, più alti almeno di una testa rispetto a Lorenzo e<br />

Annette. Braccia muscolose e petti spessi come tronchi d’albero. Senza troppi complimenti la<br />

slegarono dalla sella e la condussero dentro. La casa di quei contadini era composta solo da uno<br />

stanzone. In un angolo un largo cumulo di paglia coperto da lenzuola di lana. In un altro un<br />

caminetto con un pentolone vuoto. Ancora vi era un tavolo con giusto tre sedie. Ovunque sparse<br />

zappe, falci e falcetti.<br />

Mentre i tre trascinavano Annette riluttante verso il cumulo di paglia, Lorenzo prese posto su una<br />

delle sedie, per godersi lo spettacolo. <strong>Il</strong> padre dei due le estrasse senza la minima delicatezza i<br />

cilindri di ferro da dentro la figa e l’ano e li buttò al suolo, alle sue spalle. I due figli avevano già<br />

tirato fuori i loro membri, possenti e turgidi come pochi. Ghio la mise subito carponi sul letto, di<br />

forza, e la penetrò nella vagina con un colpo secco. Annette urlò. Non era pronta, non era bagnata,<br />

eppure il cilindro in ferro l’aveva allargata abbastanza da renderla subito accessibile a quegli<br />

energumeni. L’omone le mise le mani sui fianchi, stringendoglieli per bene, per trovare una presa<br />

salda e sicura ai suoi ripetuti e rapidi colpi. <strong>Il</strong> suo membro iniziò presto a inumidirsi, segno che la<br />

donna stava iniziando a bagnarsi. Dall’altra parte Doren le afferrò la nuca e la direzionò al proprio<br />

cazzo. Annette inizialmente cercò di voltare il capo verso destra, poi sinistra, per evitare di<br />

succhiarglielo. Alla fine cedette e prese tra le sue labbra la gonfia cappella del contadino.<br />

Quest’ultimo la afferrò saldamente per i capelli, con entrambe le mani, e iniziò a dare rapidi colpi di<br />

bacino, come se si stesse scopando la sua bocca. I gemiti di Annette erano soffocati da<br />

quell’ingombrante membro che le impediva di esprimersi. Lorenzo seduto sulla sua sedia sorrideva<br />

divertito alla scena. Si godeva da una perfetta angolazione la scopata che la donna stava subendo<br />

senza pietà e senza tregua. Doren, evidentemente troppo eccitato, venne dopo pochi minuti. Le<br />

strinse più forti le mani sulla nuca, tirando a se la testa di lei, come cercasse di infilarglielo fino in<br />

gola, tutto. Gemendo, il gigante le svuotò in bocca numerosi schizzi di seme. Annette sentì lo<br />

sperma arrivarle fino in gola.<br />

“Prova a sputarlo e ti spacco il culo” la minacciò il padre dei due.<br />

Annette riluttante chiuse la bocca quando il membro di Doren uscì e lentamente cercò di ingoiarlo.<br />

Aveva quasi finito quando, un colpo di cazzo troppo forte di Ghio che intanto la stava ancora<br />

penetrando, le fece risputare un po’ di sperma sul letto.<br />

“Ti avevo avvisato puttana” disse il padre scostando Ghio. Quest’ultimo prese il posto del fratello<br />

appena venuto, afferrando Annette per i capelli e continuando a penetrarla in bocca con rapidi colpi<br />

di bacino. <strong>Il</strong> padre intanto mantenne la promessa. Estrasse il suo pene e appoggiò la cappella all’ano<br />

di Annette. Non era un pene molto lungo, ma il suo spessore era notevole. Con un colpo secco la<br />

penetrò nel culo. La donna avrebbe voluto urlare, ma lo strillo le morì bloccato dal glande di Ghio,<br />

che continuava imperterrito a scoparsela in bocca. Sentiva l’ano bruciarle da impazzire, allargato<br />

fino all’impossibile da quel cazzo così largo. Credette di non farcela. Poi Ghio a sua volta venne<br />

nella sua bocca. Le svuotò una notevole quantità di seme, anche se per fortuna minore di quella del<br />

fratello. Annette riuscì ad ingoiare nonostante il dolore che provava dietro. Quando anche il padre<br />

fu sull’orlo del piacere, le si parò davanti tenendola per i capelli. Annette d’istinto aprì la bocca,<br />

preparandosi a succhiare anche quel cazzo. Lui invece con una mano la manteneva e con l’altra si<br />

toccava. Mosse la propria mano su e giù un paio di volte lungo l’asta e, finalmente, si svuotò sulla<br />

faccia di lei. Annette sentì gli schizzi ricoprirle il volto, finendole anche in bocca. Ingoiò quel che<br />

poté e si leccò via dalla faccia quello che riuscì a raggiungere con la lingua. Era sfinita, stremata.<br />

Eppure tra le cosce sentì uno strano calore familiare. Era incredibilmente bagnata.<br />

“Date una coperta a questa puttana” disse infine il padre rivolto ai figli “dormirà nella stalla”<br />

Lorenzo sorrise soddisfatto. Le aveva promesso che l’avrebbe pagata, e lui manteneva sempre le<br />

promesse.<br />

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Capitolo 4<br />

<strong>Il</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Oscuro</strong> – menestrello00@libero.it<br />

“Che cosa dicono le tue maledette rune?” Anya era particolarmente nervosa quel giorno.<br />

Camminavano ormai da più di una settimana, e ancora non avevano trovato una vergine di oltre<br />

vent’anni.<br />

“Siamo prossimi. La vergine dovrebbe essere in quel villaggio” rispose Clotilde indicando un<br />

paesino poco distante, lungo la strada.<br />

Anya sbuffò e afferrò una borraccia appesa alla sella del suo purosangue. Senza aggiungere altro la<br />

aprì e ne bevve avidamente il contenuto. L’acqua fresca rinfrescò la sua gola arsa dalla fatica. Uno<br />

strano retrogusto le ritornò però in bocca, quando ebbe finito il suo lungo sorso.<br />

“Hai fatto bene a prendere una nuova borraccia, però quest’acqua fa schifo” sentenziò Anya rivolta<br />

alla stregona.<br />

“Nuova borraccia?” domandò Clotilde osservando ciò che l’eletta teneva tra le mani “Ma quella non<br />

l’ho presa io. Non è mia”<br />

Le due donne si guardarono interdette per diversi secondi. La borraccia era spuntata così, dal nulla.<br />

Forse era stata appesa lì durante la notte da qualcuno. Forse proprio mentre, distratte camminavano.<br />

Evidentemente c’era qualcosa che non andava. Anya non parlava più. Si limitava a guardare la<br />

borraccia, ad annusarne il contenuto.<br />

“Beh, comunque sembra acqua”<br />

“Ci hanno fatto un regalo secondo te? Probabilmente è avvelenata… Conosco un incantesimo che<br />

può scoprirlo e individuare il tipo di veleno… Ma devo avere tranquillità per farlo”<br />

Proseguirono quindi lungo il sentiero, dirette al villaggio davanti a loro. Accellerarono il passo e si<br />

infilarono nella prima locanda che incontrarono sul loro cammino. Una cameriera sorridente le<br />

accolse. Non si prodigarono in convenevoli le due ma, piuttosto sbrigativamente, chiesero una<br />

camera e, subito, vi si chiusero dentro. Clotilde aprì la finestra per far entrare gli ultimi raggi del<br />

sole del tardo pomeriggio. Anya si stese sull’unico letto di paglia che occupava la stanza. La<br />

stregona quindi prese la borraccia e iniziò a recitare una cantilena, sedendosi al suolo. Da una<br />

scarsella di cuoio estrasse una piccola polverina che gettò nell’acqua. Continuò la litania per ancora<br />

diversi minuti. Anya sul letto iniziava a preoccuparsi sul serio. <strong>Il</strong> suo colorito era molto pallido.<br />

“Mostrami ciò che quest’acqua cela” con queste parole Clotilde terminò la litania e versò l’acqua<br />

sul pavimento. Quindi fissò gli occhi nella piccola pozza che si era così creata e le pupille le si<br />

ribaltarono. Rimase in trance per diversi minuti, prima di riprendersi.<br />

“Cosa hai visto?” la incalzò Anya.<br />

“Ho una brutta notizia, una buona e una così e così” rispose la Stregona “La brutta notizia è che<br />

l’acqua è avvelenata in effetti. Si tratta di veleno nero, l’unico esistente che non possiede un<br />

antidoto, in quanto si tratta di un veleno magico. Morirai entro domani. Prima inizieranno dei<br />

violenti crampi allo stomaco. Poi la sensazione che qualcosa ti stia divorando dall’interno. A questa<br />

sensazione si aggiungerà un forte calore che avvolgerà le tue estremità. <strong>Il</strong> calore aumenterà finché<br />

non avrai la sensazione che le tue mani e i tuoi piedi siano a diretto contatto con una fiamma viva.<br />

Ti sembrerà di bruciare, di ardere piano piano, mentre dal tuo interno l’acido continuerà a<br />

consumarti. Poi i tuoi occhi si gonfieranno e…”<br />

“Si d’accordo ho capito!” la interruppe bruscamente Anya “Dimmi la buona notizia”<br />

“Si può fermare l’effetto del veleno se si uccide colui che lo ha evocato. In questo caso è<br />

l’Imperatore”<br />

“Ma non riuscirò mai ad uccidere l’Imperatore entro domani!”<br />

“Si, qui viene la notizia così e così” proseguì Clotilde “Per la creazione del veleno è necessario un<br />

catalizzatore, un liquido qualsiasi da mescolare insieme agli altri ingredienti. Questo stesso liquido<br />

permette al veleno di diluirsi nell’organismo. In pratica se ingerirai una buona dose di catalizzatore,<br />

l’effetto del veleno verrà rimandato di un giorno. Ti basterà insomma assumere una dose del<br />

catalizzatore ogni giorno per rimandare l’effetto fino a che non avrai ucciso l’Imperatore”<br />

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“Ma è perfetto!” Anya sembrava aver ripreso colorito a questa notizia “E tu sai qual è il liquido che<br />

l’Imperatore ha usato per creare questo veleno?”<br />

“Si” ammise Clotilde “Si tratta di sperma”<br />

“Sperma?” l’eletta trasalì “Devo bere un po’ di sperma ogni giorno per non morire?!<br />

Quell’Imperatore è un sadico bastardo”<br />

“Dovresti cominciare da subito in effetti”<br />

“Perfetto… Va nella sala della locanda, trova qualcuno disposto a farselo succhiare e portalo qui”<br />

Clotilde sbuffò. Non le sembrava giusto dovesse essere lei a svolgere questo tipo di lavoro. Tuttavia<br />

non osava contraddirla, non voleva indisporla oltre. Sapeva che quello del veleno era un duro colpo<br />

da digerire. Uscì dalla camera senza fare domande. Tornò nemmeno cinque minuti dopo con un<br />

ragazzotto con la faccia da scemo e i capelli spettinati.<br />

“Cavolo! Dicevi sul serio allora!” esclamò entusiasta il ragazzo quando, entrando, vide Anya stesa<br />

sul letto a cosce aperte, con la figa ben visibile sotto il gonnellino di ferro dell’armatura che davvero<br />

poco concedeva all’immaginazione.<br />

“Forza Anya… Succhiaglielo” disse Clotilde mentre il ragazzo già si era abbassato i pantaloni<br />

tirando fuori un membro nella norma, ma già duro da scoppiare. La sua cappella era rossa e<br />

sembrava per esplodere. I suoi testicoli erano gonfi, pieni di seme. Chissà quanto tempo era che<br />

quel ragazzo non vedeva una donna, semmai l’aveva vista.<br />

“Io? No Clotilde. Succhiaglielo tu” l’ordine di Anya era perentorio, con quella faccia, quella che la<br />

stregona aveva imparato a conoscere, la faccia da porca che non ammette risposte negative.<br />

“Ma sei tu che devi bere” si lamentò Clotilde, conscia che tuttavia non avrebbe potuto disubbidirle.<br />

“Infatti la berrò io. Tu devi solo procurarmela” continuò l’eletta “Ah, e prima spogliati”.<br />

Davanti lo sguardo estasiato del ragazzo, Clotilde si sfilò la sua ruvida tunica, mostrando, al di sotto<br />

di essa, il suo corpo nudo. Così dolce ed esile risultava il figurino della ragazza, la sua pelle così<br />

candida si macchiava qua e là di rosse irritazioni dovute al tessuto grezzo e ruvido della tunica, che<br />

non le concedeva tregua. I suoi seni appuntiti presentavano qualche spruzzo di lentigine, che si<br />

presentavano come sul suo volto. Senza aggiungere altro, Clotilde si inginocchiò davanti al ragazzo,<br />

afferrò il suo membro duro a metà dell’asta e con decisione abbassò la pelle. Arrivò, così tirando,<br />

fin giù alla base del pene. A quell’altezza mantenne la mano, tenendolo ben stretto alla base. Con<br />

una certa esperienza si sputò sull’altra mano e con le dita insalivate iniziò a giocare con la cappella<br />

gonfia e rossa. La mano si strinse intorno a quest’ultima e iniziò a muoversi rapidamente su e giù,<br />

ruotando anche il polso per aumentare le sensazioni.<br />

Anya osservava la scena sorridendo, stesa sul letto. Con una mano si massaggiava il clitoride,<br />

solleticandolo e stuzzicandolo lentamente. Osservava Clotilde. Sapeva che la ragazza era tanto<br />

brava con le mani e con la lingua. In fondo era anche merito suo. Al suo paese dicevano che le rosse<br />

erano delle amanti focose.<br />

La stregona non si curò di Anya che si masturbava guardandola. Dopo aver giocherellato un po’ con<br />

la cappella fece scendere la mano sull’asta e lì continuò a massaggiare il membro, mentre l’altra<br />

mano ancora teneva fermo alla base lo stesso, tenendolo ben teso. Subito le sue labbra si allargarono<br />

e si chiusero intorno al glande, succhiandolo con incredibile maestria. Impiegava molta saliva<br />

nell’operazione, col risultavo che diversi rivoli colavano lungo la lunghezza del cazzo, raccolti<br />

subito dalla mano che rapidamente saliva e scendeva, lubrificandosi ancora di più. Le labbra della<br />

ragazza scesero fino a metà dell’asta, per poi risalire rapidamente fino alla corona del glande.<br />

Quindi riscendeva ancora e ancora risaliva. <strong>Il</strong> ragazzo gemeva sempre più forte mentre subiva quel<br />

trattamento e guardava Anya masturbarsi sempre più velocemente, giostrare le sue dita sul proprio<br />

clitoride con sempre maggiore rapidità. Alla fine il ragazzo venne, senza nemmeno avvisarla.<br />

Clotilde sentì il primo schizzo quasi in gola. Gli altri le si depositarono sul palato e, rapidamente, le<br />

riempirono tutta la bocca. Quel poverino aveva nei testicoli una quantità incredibile di seme. Gli<br />

schizzi durarono diversi secondi, che alla stregona sembrarono infiniti. Alla fine lentamente si tolse<br />

il pene di bocca. Le sue labbra erano gonfi tanta era la quantità di sperma che le era stato riversato.<br />

Rapidamente si alzò e si inginocchiò accanto al letto, porgendo le proprie labbra a quelle di Anya.<br />

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Quest’ultima aprì la bocca verso l’alto, e Clotilde aprì a sua volta le proprie labbra, facendo scorrere<br />

pian piano un rivolo di seme e saliva. <strong>Il</strong> ragazzo osservò sconvolto la scena. La rossa, nuda,<br />

inginocchiata davanti a quella che sembrava una guerriera con le cosce spalancate, intenta a versarle<br />

in bocca tutto il seme che, poco prima, ella aveva ricevuto da lui. L’operazione durò non poco.<br />

Clotilde continuava ad allargare le sue labbra dosando bene la quantità di sperma da riversare nella<br />

bocca dell’altra. Quando ebbe finito l’eletta chiuse la bocca e ingoiò tutto, senza fare una piega.<br />

“Ahh…” pronunciò alla fine, come se si fosse dissetata “Ora va meglio e tu esci subito di qui”<br />

<strong>Il</strong> ragazzo subito rimise il pene nei pantaloni e, ringraziando, uscì. Anya ora guardava Clotilde con<br />

uno sguardo che non presagiva nulla di buono. La stregona lo sapeva. Questa era stata una<br />

umiliazione per l’eletta, una umiliazione che avrebbe dovuto scontare lei. Sicuramente non era<br />

finito il suo lavoro di lingua per quella sera ma, anzi, sarebbe diventato ancora più insostenibile ciò<br />

che già normalmente l’eletta la costringeva a fare.<br />

“Già sai cosa devi fare vero?” le domandò infatti Anya “Sei fortunata, già mi sono molto eccitata<br />

guardandoti succhiare il cazzo di quel pisciasotto”<br />

Clotilde senza protestare si inginocchiò ai piedi del letto e affondò subito le sue labbra sul clitoride<br />

di lei. Era davvero già molto bagnata, infatti subito le entrarono tre dita nella figa. Iniziò a<br />

leccargliela con la punta della lingua, per poi agira di piatto. Stuzzicava il clitoride mentre con le<br />

dita praticamente la scopava. <strong>Il</strong> sapore di Anya era ormai ben noto, ma quella sera si mescolava con<br />

lo sperma appena ricevuto. Gli umori della guerriera colavano copiosi tra le sue cosce, bagnando<br />

perfino le guance di Clotilde ogni volta che Anya stringeva le cosce. Improvvisamente sentì una<br />

mano stringerle i capelli, alla nuca. Con quella mano l’eletta iniziò a spingerla forte sopra il proprio<br />

sesso, facendole quasi mancare il fiato. A quella pressione si unì pochi secondi dopo quella delle<br />

cosce. Le sentì stringersi attorno alla sua faccia. Anya stava già venendo. Gli umori colarono ancora<br />

più copiosi.<br />

“Ahhhh” con un urlo liberatorio finalmente l’eletta raggiunse l’orgasmo. Clotilde, come ormai<br />

aveva bene imparato, tolse semplicemente le dita dal sesso di lei, ma continuò a leccarla. Si<br />

aspettava da un momento all’altro l’ordine di smetterla, oppure di essere malamente spinta via.<br />

Eppure passarono diversi secondi e ciò non accadde. Improvvisamente sentì uno strano sapore sulla<br />

lingua, ed un calore umido riversarsi sul suo volto. Anya le stava urinando in faccia, mentre ancora<br />

la stava leccando. Clotilde sentì l’urina scorrerle addosso il corpo nudo, lambirle i seni e gocciolare<br />

giù dai capezzoli. Non si era mai sentita così umiliata in vita sua, eppure non smise di leccarla. Non<br />

durò molto, ma alla stregona sembrò non finire mai. Quel sapore sulla lingua, quel calore sulla<br />

pelle. <strong>Il</strong> sorriso da porca e da maniaca sul volto di Anya, che la guardava soddisfatta. Quando ebbe<br />

finalmente finito la afferrò di nuovo per i capelli e le mosse la testa su e giù, in modo che la lingua<br />

passasse bene su tutto il suo sesso, come se la usasse per ripulirsi. Quindi, come al solito, le poggiò<br />

la pianta del piede sul volto e la scacciò via. La spinse a terra. Appagata e serena si girò su un<br />

fianco e si addormentò.<br />

Clotilde si guardò intorno. Non vi era un altro letto nella stanza. Prese la sua ruvida tunica e ne fece<br />

un cuscino. Si sdraiò a terra, nuda e bagnata di urina, e cercò di addormentarsi.<br />

Alba aprì di colpo gli occhi. Era nel suo letto, con la sottoveste alzata e la mano tra le cosce. Le sue<br />

dita stavano martoriando insistentemente il clitoride mentre la sua vagina grondava umori. Aveva<br />

avuto un altro dei suoi sogni erotici. Ancora una volta era stata la cagna del suo Padrone che però si<br />

limitava a sfiorarla, a toccarla, senza darle piacere. Senza usarla per darsi piacere. Si stava ancora<br />

riprendendo dalla ventata di eccitazione quando si rese conto che sua sorella, Giada, la stava<br />

guardando. Era in piedi, in mezzo alla stanza, e la guardava sorridendo divertita. Alba cercò di<br />

ricoprirsi come meglio poteva, ma sapeva che ormai era stata colta in fragrante.<br />

“Cosa vuoi? Cosa guardi?” domandò Alba una volta ricopertasi.<br />

“Mi sembra di vedermi nello specchio… Sai siamo proprio uguali. Abbiamo anche la stessa faccia<br />

mentre godiamo. Solo che tu hai i capelli più corti, io queste bellissime trecce”<br />

“Non è vero… Non stavo facendo niente”<br />

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Giada le si sedette vicino, sul letto, e le carezzò i capelli delicatamente.<br />

“Guarda che ti sento gemere ogni notte, nei tuoi sogni… Da quando quei soldati mi hanno presa e<br />

mi hanno scopata con violenza, mentre tu eri nel baule, te lo ricordi?”<br />

“Smettila. Non è vero!” insisteva Alba.<br />

“Invece si. Da quel giorno non fai altro la notte. Fai sogni bagnati ed eccitanti, perché non ti confidi<br />

con la tua sorella gemella?”<br />

Alba cercò di nascondere la testa sul letto, per la vergogna. Giada impietosa infilò una mano sotto la<br />

veste della sorella, intrufolandosi tra le sue cosce, saggiando con le dita gli umori che ancora la sua<br />

vagina secerneva.<br />

“Fermati! Che fai?!” si lamentava Alba.<br />

“Guarda un po’” la derideva invece Giada “Tutta bagnata”<br />

La ragazza portò le dita bagnate alle labbra, e le leccò lentamente “Abbiamo anche lo stesso sapore<br />

sai?”<br />

Alba finalmente guardò la sorella in volto. Era atterrita, mortificata, umiliata e silenziosa.<br />

“Non voglio essere una cattiva ragazza Giada. Aiutami a non fare più quei sogni”<br />

“Tesoro mio. C’è solo un modo per non fare più quei sogni… Devi sfogarti”<br />

“Non posso… Non posso perdere la verginità”<br />

Giada sorrise a quelle parole “Non resisterai ancora a lungo, lo sai? La fighetta che hai tra le cosce è<br />

fatta per farti godere, per farti divertire. E anche per far divertire altri. Perché vuoi essere così<br />

egoista?”<br />

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Capitolo 5<br />

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“Che bella dormita” disse Anya alzandosi dal suo giaciglio. Si stiracchiò per diversi secondi,<br />

guardando Clotilde stesa al suolo, nuda sul legno del pavimento, con solo la sua grezza tunica come<br />

cuscino.<br />

“Hai dormito bene?” le domandò in tono di scherno.<br />

Clotilde non le rispose. Si alzò in piedi, con la schiena e il collo dolorante. Sentiva tutte le ossa farle<br />

male per colpa della scomoda postura notturna. Non si lamentò, non voleva darle questa<br />

soddisfazione. Senza una parola infilò la tunica sgualcita e mise mano alle sue rune. Dopo aver<br />

pronunciato alcune parole in un linguaggio ignoto le lanciò in aria. Le pietre caddero al suolo<br />

sparpagliandosi davanti a lei. La stregona le osservò per lunghi secondi, mentre le pupille le si<br />

ribaltarono. Quando rinvenne finalmente parlò.<br />

“La vergina è qui, in questo paese”.<br />

Clotilde guidò Anya fuori dalla locanda, verso una casa all’estremità opposta del paese. Era una<br />

abitazione modesta, esattamente l’ultimo edificio del villaggio. L’eletta aprì la porta della casa<br />

ritrovandosi in uno stanzone dove una donna, su di una sedia a dondolo, sferruzzava all’uncinetto.<br />

La donna trasalì e saltò in piedi all’ingresso della guerriera e della stregona.<br />

“Chi siete? Che volete?”<br />

“Dov’è la vergine?” la incalzò subito Clotilde.<br />

“Qui non c’è nessuna altra oltre me! Io non ho figlie” subito la donna si mise sulle difensive.<br />

Dovette subentrare Clotilde a calmare gli animi. Si interpose tra la donna e Anya, alzando le mani<br />

verso quest’ultima, come a volerla fermare “Calmati…” poi si rivolse alla donna “Non siamo al<br />

soldo dell’Imperatore, siamo ribelli. Di tua figlia vergine vogliamo solo un capello”<br />

“Un capello?” a parlare era ora Giada, sbucata da una delle due porte che si affacciavano sullo<br />

stanzone “Che sta succedendo mamma?”<br />

“E’ lei la vergine?” domandò Anya indicando la ragazza.<br />

“Nella visione il volto era il suo, ma i capelli erano più corti… Non aveva le trecce”<br />

Da dietro Giada, a quelle parole, sbucò Alba. Timidamente e con il volto rivolso al suolo per la<br />

vergogna notificò di essere lei la vergine che stavano cercando.<br />

“Dammi un capello” la aggredì Anya mettendo mano all’elsa della spada.<br />

“Ma stai zitta” la apostrofò Clotilde avvicinandosi alla ragazza impietrita “Non preoccuparti,<br />

nessuno è qui per farti del male, come ti chiami?”<br />

“Alba…”<br />

“Dunque Alba, noi possiamo fermare l’Imperatore, ma ci occorre un capello di una vergine che<br />

abbia superato i vent’anni. E’ per questo che ha mandato i suoi soldati a deflorare tutte le donne<br />

dell’Impero. Tu vuoi aiutarci a fermarlo? Vuoi che smetta di opprimere tutti i popoli del Grande<br />

Continente?”<br />

Alba si limitò ad annuire. Alzò una mano verso i suoi capelli corti e ne afferrò uno. Tirò con<br />

decisione fino a strapparlo. Quindi lo porse a Clotilde. Questa prese una provetta piena d’acqua da<br />

una scarsella e vi infilò il capello dentro.<br />

“Purtroppo però non è tutto Alba. Devo chiederti un ulteriore sacrificio… L’incantesimo avrà<br />

effetto solo se tu rimarrai illibata. Fino alla caduta dell’Imperatore tu dovrai rimanere vergine.<br />

Capisci?”<br />

Alba sgranò per un attimo gli occhi e guardò sua sorella Giada. La madre intanto era impietrita,<br />

seduta sulla sua sedia a dondolo, senza parlare, senza muoversi, senza capire.<br />

“Ci penso io” intervenne Giada ponendosi di fianco alla sorella gemella. La abbracciò con un<br />

braccio, per rassicurarla “Rimarrà vergine fino ad allora. Non temete”<br />

“Perfetto” concluse Anya voltandosi verso l’uscita “Grazie del capello verginella. E mi<br />

raccomando, acqua in bocca su di noi. Non ci avete mai viste, è chiaro?”<br />

Finalmente recuperato il capello, le due donne uscirono dalla casa, pronte ad iniziare la via del<br />

ritorno. Tornarono alla locanda, per recuperare il purosangue, e si incamminarono sulla strada che lì<br />

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le aveva condotte il giorno prima, dirette verso l’accampamento dei ribelli, nascosto sui monti nord.<br />

Purtroppo non passarono nemmeno un paio d’ore che iniziarono a manifestarsi i primi problemi. <strong>Il</strong><br />

sentiero era desolato, avendo loro scelto di percorrere vie poco battute, e le donne camminavano a<br />

passo spedito. Improvvisamente Anya si bloccò e di piegò in avanti reggendosi lo stomaco.<br />

“Cos’hai?”<br />

“Non lo so… Un crampo allo stomaco” rispose l’eletta con voce strozzata “E’ il veleno?”<br />

“Temo di si” rispose Clotilde in preda al panico “Avrebbe dovuto durare di più l’effetto. Forse non<br />

era abbastanza lo sperma che hai ingerito”<br />

La stregona si guardò intorno, non c’era nessuno e il villaggio era molto distante ormai. Doveva<br />

trovare una buona dose di seme per Anya, viceversa sarebbe morta.<br />

“Clotilde…” l’eletta cadde in ginocchio per via di un nuovo crampo “Aiutami”<br />

La stregona si guardò intorno e individuò un’unica soluzione. Chiuse gli occhi per un attimo,<br />

recitando una litania in una lingua sconosciuta. Quando li riaprì le pupille erano ribaltate. Con le<br />

mani fece strani movimenti finché la destra non sembrò avvolta in una strana luce bluastra. Anya la<br />

guardava ipnotizzata, senza capire cosa avesse in mente. Poi Clotilde si avvicinò al purosangue<br />

dell’eletta e vi ci posò la mano bluastra sopra. La luce blu si trasferì dalla mano sul corpo<br />

dell’animale, avvolgendolo pian piano tutto. La luce divenne sempre più accecante, finché divenne<br />

impossibile sostenere la vista. Anya e Clotilde distolsero lo sguardo e, quando tornarono a guardare,<br />

il cavallo si era trasformato in un uomo. Un ragazzo alto e possente, con muscoli ben delineati su<br />

tutto il corpo. Addominali scolpiti e pettorali granitici. Lunghi capelli neri, così come gli occhi. Era<br />

completamente nudo e il suo pene, evidentemente di dimensioni paragonabili a quelle dell’animale<br />

che era stato, si ergeva dritto e alto, gocciolando sperma dalla punta. La sella e tutte le sacche ad<br />

essa appesa, erano cadute al suolo, ai suoi piedi.<br />

“Mia padrona” disse subito il ragazzo rivolto ad Anya “Finalmente sono umano come te… Voglio<br />

averti padrona mia”<br />

L’eletta non lo ascoltò nemmeno. Era inginocchiata al suolo e così rimase. Si avvicinò a lui<br />

camminando sulle ginocchia e, senza una parola, gli prese il membro tra le labbra.<br />

“Si padrona mia… Succhiamelo… Sono anni che non sfogo la mia passione”<br />

“Zitto” gli intimò Clotilde avvicinandosi “concentrati. Devi venire il prima possibile”<br />

Anya aveva la immane cappella del ragazzo tra le labbra mentre con entrambe le mani si agitava<br />

sull’asta, muovendosi su e giù rapidamente. Era troppo grosso, e più giù di così non riusciva a<br />

prenderlo. La sola cappella le riempiva la bocca, sentendosela già sbattere in gola. Aspirava con<br />

forza mantenendo le labbra serrate su quella cappella così gonfia. Cercava di far fuori uscire quanto<br />

più sperma possibile dai testicoli. Ogni tanto, quando le labbra perdevano aderenza con la cappella<br />

per via dei movimenti rapidi e violenti, si sentiva chiaramente il risucchio che la donna stava<br />

infliggendo al membro.<br />

“Ti prego. Ti prego sborrami in bocca” disse Anya allontanando per un attimo la bocca dal ragazzo<br />

“Ti supplico… Vienimi tra le labbra”<br />

Nonostante l’eletta facesse un ottimo lavoro di bocca, il ragazzo sembrava averne ancora per molto.<br />

<strong>Il</strong> rusucchio che subiva sembrava eccitarlo molto, ma non essere sufficiente. Clotilde decise di<br />

cercare di aiutare. Si pose alle spalle di lui e iniziò a bacargli il collo, a leccarglielo, a risalirlo fino a<br />

mordicchiargli e leccargli l’orecchio. Iniziò a sussurrargli frasi spinte, mentre con una mano gli<br />

carezzava i pettorali muscolosi.<br />

“Dai. La ragazza ha sete, falla bere”<br />

Anya continuava con le sue mani ad agitarsi su e giù, ruotando i polsi come aveva visto fare alla<br />

stregona la sera prima, per aumentare le sensazioni. Grazie alla lunghezza del membro, poteva<br />

compiere ampi gesti con le mani. Intanto con le labbra continuava a succhiare la cappella,<br />

infilandosela tutta in bocca e carezzandola con la lingua, con movimenti rotatori. La faceva esitare<br />

per lunghi istanti sul buchino della sommità, per poi tornare a leccarla ancora con maggiore<br />

passione.<br />

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Clotilde intanto con l’altra mano scese lungo il fianco del ragazzo e iniziò a massaggiargli una<br />

natica soda. Le dita lentamente intrufolò tra le sue cosce, massaggiandogli testicoli e perineo da<br />

dietro. Con l’indice stuzzicava il lembo di carne tra testicoli e ano, per poi risalire lentamente e<br />

inziare a girare intorno al buchetto, spingendo lentamente il dito. Si portò poi la mano alla bocca,<br />

leccandosi per bene l’indice, per poi tornare a baciargli e laccargli il collo. Con l’indice così<br />

bagnato riuscì finalmente a penetrarlo nell’ano. Prima infilò solo una falange, muovendola con<br />

sapienza all’interno del suo ano. Poi pian piano sempre di più.<br />

Anya intanto era sempre più disperata e proseguiva il suo lavoro di bocca con maggiore velocità e<br />

passione, nata dall’istinto di sopravvivenza. Cercava di infilarsi tra le labbra quanto più cazzo<br />

possibile, ma si rendeva conto che era troppo grosso.<br />

“Sborrami in bocca… Fallo!” gli urlò ancora mentre tornava a succhiargli la cappella e muoveva le<br />

mani.<br />

“E’… è belliss…” il ragazzo interruppe le sue parole e sgranò gli occhi quando Clotilde, di colpo,<br />

gli infilò tutto l’indice su per il culo. Venne finalmente. Scaricò una dose consistente di sperma<br />

caldo tra le labbra di Anya. <strong>Il</strong> sapore dolciastro allagò la bocca dell’eletta che, una volta, piena,<br />

sentiva ancora il cazzo di lui pulsare e schizzare. Se lo tolse di bocca mentre ancora il membro<br />

continuava ad espellere seme. Aveva le guancie gonfie tanto il seme che contenevano. Ingoiò tutto<br />

rapidamente per poi mettersi di nuovo quel cazzo tra le labbra, che ancora stava venendo. Continuò<br />

a succhiarglielo mentre nuovi schizzi le riempivano nuovamente la bocca. <strong>Il</strong> ragazzo riuscì a<br />

riempirgliela una seconda volta prima che il suo orgasmo si interrompesse.<br />

Quando ebbe finalmente ingoiato tutto, si alzò in piedi, con il fiatone.<br />

“L’ho scampata bella… Grazie dello sperma” disse sorridendo al ragazzo.<br />

“Mia padrone che bello! Ora che sono uomo potremo rimanere per sempre insieme! Potremo<br />

sposarci e combattere il male assieme! Sarà magnifico vedrai!”<br />

L’entusiasmo del ragazzo a cui ancora il pene gocciolava fu smontato dallo sguardo che Anya<br />

lanciò a Clotilde.<br />

“Si beh… Ora fallo tornare come prima”<br />

Lorenzo e Annette galoppavano ormai da parecchio. Lui la aveva alla fine perdonata per il<br />

tradimento, dopo avergliela fatta pagare, ma comunque non le aveva permesso di tornare alla<br />

Capitale. Inizialmente la donna di colore aveva creduto stessero recandosi verso il <strong>Regno</strong> del Sud,<br />

patria di Lorenzo, ma si sbagliava. I due avevano galoppato in lungo e in largo cercando notizie<br />

dell’eletta. Intenzione del Barone era di trovarla e aiutarla a sconfiggere l’Imperatore, per riottenere<br />

il suo <strong>Regno</strong>. All’inizo sembrava una impresa disperata. Non sapevano quasi nulla di lei, se non che<br />

fosse una guerriera. Poi la fortuna iniziò a girare quando iniziarono a trovare notizie sul suo conto.<br />

Per loro fortuna, l’eletta girava con un’armatura a dir poco vistosa ed esuberante. Molti giuravano<br />

di averle visto la figa, mentre si piegava per qualche motivo, lungo la strada, libera e nuda sotto il<br />

gonnellino dell’armatura. Secondo le notizie era in compagnia di un’altra donna, rossa di capelli e<br />

con una pesante tunica. L’ultima traccia che avevano trovato dichiarava che le donne erano dirette<br />

ad un piccolo villaggio, seguendo una strada poco battuta. Si incamminarono di buona mattina, in<br />

sella ai loro destrieri. La strada era desolata, nessuno la percorreva. Eppure svoltando una curva<br />

attorno ad una grossa roccia, videro delle presenze.<br />

<strong>Il</strong> loro sguardo fu attirato da una forte luce bluastra, che circondava un uomo. Un attimo dopo, al<br />

posto dell’uomo vi era un cavallo.<br />

“Che avete fatto a quell’uomo!” urlò Lorenzo spronando il proprio destriero.<br />

“Viandante” Anya si alzò in piedi e sguainò la spada “Fatti gli affari tuoi e vai oltre”<br />

Lorenzo e Annette furono sorpresi quando videro la coppia di donne. Una guerriera, con<br />

un’armatura piuttosto appariscente. L’altra era una rossa, con una pesante tunica. Non c’erano<br />

dubbi. Erano loro. Lei era l’eletta.<br />

“Tu” disse Lorenzo fermando il cavallo “Tu sei l’eletta”<br />

“Chi lo vuole sapere?” incalzò Anya puntandogli contro la spada.<br />

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“Io sono il Barone Lorenzo Giulii, discendente dei Re Giulii del <strong>Regno</strong> del Sud”<br />

“E che vuoi dall’eletta?”<br />

“Aiutarla a far cadere l’Impero e liberare la mia gente…”<br />

Anya e Clotilde si guardarono. Quest’ultima si fece avanti “Perché dovremmo crederti? Potresti<br />

essere un sicario mandato dall’Imperatore. Hanno già provato ad avvelenarci una volta”<br />

“Controllatemi se desiderate” Lorenzo scese da cavallo e Annette lo imitò “Controllateci pure. Non<br />

abbiamo armi, ne veleni. Vogliamo solo aiutarvi a trovare il capello”<br />

“Abbiamo già il capello” rispose Anya senza mai abbassare la guardia.<br />

“Questa è un’ottima notizia eletta, allora sappi che io posso radunare un esercito, che potrà aiutare i<br />

ribelli a schiacciare definitivamente l’Imperatore”<br />

Calò il silenzio per alcuni attimi. Clotilde si avvicinò ad Anya e le sussurrò qualcosa all’orecchio.<br />

“D’accordo” decretò alla fine Anya posando la spada nella guaina “Ma non fare scherzi… Seguiteci<br />

per un po’ e raccontateci la vostra storia dall’inizio. Vedremo se possiamo fidarci”<br />

<strong>Il</strong> quartetto proseguì lungo la via da cui il Barone e Annette arrivavano. Questi raccontarono la loro<br />

storia. <strong>Il</strong> complotto, il tradimento, la scoperta, la punizione. Anya e Clotilde li ascoltadono con<br />

interesse finché il pomeriggio non fu inoltrato. Quindi cercarono uno spiazzo, nel fitto del bosco,<br />

dove si sarebbero accampati per la notte. Anya e il Barone andarono alla ricerca di selvaggina,<br />

mentre Clotilde e Annette rimasero a quello che avevano scelto come accampamento per accendere<br />

un fuoco.<br />

“Da dove vieni? Non ho mai visto una come te” disse Clotilde sorridendo ad Annette.<br />

“Da una terra oltre il <strong>Regno</strong> del Sud, oltre il deserto” le rispose la donna con il suo accento<br />

straniero.<br />

“Lì tutti sono belli come te?”<br />

“Da me tutti sono scuri di pelle… Ma per noi questo è naturale. Io trovo molto più bella una donna<br />

con la pelle molto chiara, pallida… E i capelli rossi ad esempio” una delle sue scure mani carezzò il<br />

braccio della stregona, coperto ancora dalla tunica “Come te”<br />

“Mi trovi… bella?”<br />

“Sei stupenda”<br />

Clotilde si fermò per un attimo, incantata dagli occhi azzurri della donna. Quindi continuò a<br />

sfregare i legnetti, per accendere il fuoco. Continuò per diversi secondi, prima di buttare via i<br />

legnetti stufa.<br />

“Che idiozia…” disse semplicemente imponendo una mano sulla piccola catasta di legno. Le<br />

pupille le si ribaltarono e dalla mano fuoriuscirono alcune scintille. Subito dopo la legna prese<br />

fuoco.<br />

“Sei stata brevissima” le disse Annette sorridendole.<br />

“Ma tu e il Barone… Siete sposati?” chiese Clotilde mentre le gote arrossivano.<br />

“No. Lui non mi ha mai voluta per se. Non abbiamo mai fatto nulla assieme. Lui mi ha solo<br />

sottomessa, per anni… E per una volta che mi sono ribellata sono stata amaramente punita”<br />

Annette chinò il capo, nascondendo la vergogna. Clotilde le afferrò una mano tra le sue,<br />

carezzandole il dorso dolcemente.<br />

“So cosa si prova”<br />

Mentre ancora parlavano, fecero ritorno dalla caccia Lorenzo e Anya, con due lepri. Scherzavano<br />

tra loro, con una certa confidenza.<br />

“Sul serio? Una volta al giorno?” domandava Lorenzo strabuzzando gli occhi.<br />

<strong>Il</strong> gruppetto spellò gli animali e li tagliò. Quindi, mentre il sole ormai era calato lungo l’orizzonte,<br />

iniziarono a cuocere la carne e se la divisero. Lorenzo prese posto accanto all’eletta.<br />

“Stavo pensando che questa storia del veleno è terribile… Vedrai, ammazzeremo l’Imperatore”<br />

Arya gli sorrise. Era seduta a terra, a gambe incrociate. Sentiva la terra sotto il sedere nudo. Era una<br />

sensazione piacevole per lei. Notò che il Barone le lanciava di tanto in tanto uno sguardo sui seni<br />

stretti nelle piastre dell’armatura. Era compiaciuta nell’essere oggetto di desiderio degli uomini. Le<br />

piaceva essere guardata e desiderata. <strong>Il</strong> suo sguardo cadde a sua volta sul cavallo dei calzoni del<br />

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nobile. Ne fu sconvolta. Si aspettava di vederli gonfi, ma non così. Sembrava che Lorenzo avesse<br />

un pene non solo lungo, ma anche incredibilmente largo. Oltre l’immaginazione. Contestualmente<br />

iniziò a sentire l’eccitazione salire. Di solito quella era l’ora della giornata in cui Clotilde la<br />

deliziava con la lingua. Quest’oggi poteva avere di meglio. Decide di improvvisare.<br />

“Ah… diamine” disse piegandosi su se stessa, fingendo un crampo allo stomaco.<br />

“Cosa? Che ti succede?” chise Lorenzo con aria preoccupata.<br />

“<strong>Il</strong> veleno… Sta facendo effetto… troppo presto…” poi lo guardò con quella sua faccia da porca,<br />

quella a cui nessuno sa dire no, inumidendosi le labbra con la lingua molto lentamente “devi<br />

aiutarmi”<br />

Lorenzo rimase interdetto dalla richiesta della donna. Non agì subito. Ci pensò direttamente Anya a<br />

farlo. Gli pose una mano sul cavallo sui pantaloni, afferrandogli il pene. Quello che trovò fu strano,<br />

non seppe spiegarselo. Colta dalla curiosità glieli slacciò. Doveva capire cosa aveva di strano tra le<br />

gambe il nobile. Quando lo scoprì rimase sconvolta.<br />

Tra le gambe del Barone vi erano non uno, ma due cazzi. Entrambi grossi e spessi, eretti e turgidi.<br />

Erano allineati, uno un po’ più su e uno un po’ più giù, e puntavano entrambi verso l’alto. Lorenzo<br />

la guardò per diversi secondi, senza sapere cosa dire.<br />

“Posso spiegarti Anya…”<br />

L’eletta gli impose il silenzio con un lungo bacio. Le labbra si sfiorarono prima dolcemente, poi con<br />

più passione. La lingua di lei e quella di lui si unirono in una danza furiosa, colma di desiderio. Lui<br />

le carezzava con una mano la schiena, mentre con l’altra le massaggiava la nuca e i capelli,<br />

tenendola stretta a se. Lei gli teneva uno dei due cazzi ben saldo e iniziava a muovere la mano su e<br />

giù. Lei gli afferò un labbro tra i denti, mordicchiandolo dolcemente, prima che lui potesse<br />

ricambiare. Le loro lingue giocarono un po’ prima che lei si decidesse a scendere giù, baciandogli il<br />

petto, sbottonandogli il farsetto, prima di raggiungere il doppio fallo. Prese in bocca il primo,<br />

mentre con la mano giocava col secondo. Poi diede il cambio, succhiando quello inferiore.<br />

La scena attirò l’attenzione di Annette e Clotilde, intente a parlare per conto proprio. Annette fu<br />

scioccata da quella visione. Clotilde guardò la donna di colore per diversi secondi.<br />

“Tu lo sapevi?”<br />

“No… non sapevo nulla… Ecco perché non voleva”<br />

Vedere Anya intenta a succhiare i due membri del nobile eccitò le due ragazze. <strong>Il</strong> sottile e corto<br />

abito di Annette era inadatto a coprire quanto la donna si stesse eccitando. Clotilde notò subito un<br />

piccolo rigolino di umori, colare nell’internocoscia. Le sorrise e la invitò a stendersi.<br />

“Sono molto brava con la lingua sai?”<br />

Detto ciò le alzò il vestito e glielo sfilò. Poi infilò la testa tra le cosce scure, fino al sesso della<br />

donna, umido ed eccitato. Con la lingua penetrò diverse volte tra le grandi labbra, cogliendone il<br />

sapore. Un sapore dolce e piacevole, che desiderava asciugare con la sua lingua fino all’ultima<br />

goccia. Poi iniziò a torturare il suo clitoride con la lingua, con rapidi movimenti di punta,<br />

smuovendolo in ogni direzione, verso l’alto e verso il basso, facendole compiere movimenti<br />

rotatori. Una sua mano salì fino al seno della donna, abbondante e sodo, e iniziò a giocherellare col<br />

capezzolo. Annette in breve gemeva in preda a brividi di piacere. Non poteva, intanto, fare a meno<br />

di guardare Anya e Lorenzo. Lui si era steso al suolo, e ora lei cercava di cavalcarlo.<br />

Si era infilata il membro superiore nella vagina, abbastanza agilmente. Ora aveva iniziato a leccarsi<br />

la mano per inumidirsi il suo ano e prendere lì il membro inferiore. Si appoggiò la cappella al<br />

buchino mentre lentamente lasciava cadere tutto il suo peso, auto impalandosi con quel cazzo<br />

poderoso. Una volta riuscitaci tirirò le gambe indietro, poggiando le caviglie sulle cosce di lui, per<br />

darsi maggiore spinta, e poggiò le mani sulle sue spalle, per tenerlo ben fermo. Iniziò a cavalcarlo<br />

furiosamente. La sensazione di essere riempita davanti e dietro al stava facendo impazzire. Era<br />

piena. Colmata dalla carne che si faceva spazio in lei, dura e senza pietà. Con forti movimenti del<br />

bacino faceva arrivare i due membri sempre più dentro di lei. Impiegò alcuni minuti a prenderli<br />

dentro totalmente. Quando ci riuscì rimase ferma per alcuni secondi, godendo la sensazione del<br />

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contatto delle cosce sul bacino di lui, sentendosi totalmente riempita e violata in ogni buco. Quindi<br />

Anya riprese la sua cavalcata senza sosta, gemendo e urlando il suo piacere.<br />

Per Lorenzo era una sensazione inspiegabile. La sua fortuna gli concedeva di provare piacere<br />

doppio rispetto ad un qualsiasi uomo. Stava scopando e inculando contemporaneamente l’eletta.<br />

Senza contare che era tanto tempo ormai che non giaceva con una donna. Sentiva i propri membri<br />

farsi largo nei stretti buchi della donna. <strong>Il</strong> calore che avvolgeva i suoi membri. Sensazioni che lo<br />

inebriavano, rendendo la sua volontà del tutto svuotata, comandato dai movimenti decisi e violenti<br />

del bacino della donna.<br />

Dall’altra parte Annette aveva fatto alzare Clotilde. Le aveva fatto togliere la tunica. La stregona,<br />

ben abituata all’ordine di spogliarsi, aveva ubbidito senza fiatare, seguendo i movimenti dell’altra<br />

donna. Annette poi l’aveva fatta stendere, a gambe larghe. Poi aveva lentamente leccato i suoi seni<br />

appuntiti, piccoli ma sodi. Ne aveva succhiato i capezzoli fino a farli inturgidire. Poi era salita su di<br />

lei, sedendo quasi sulla sua faccia, ponendo il suo sesso all’altezza del volto di Clotilde. Quindi si<br />

era abbassata col busto in avanti in modo da poter, contemporaneamente, leccare la vagina della<br />

stregona. Clotilde appoggiò le mani sulle natiche della donna di colore, grosse e sode, per aiutarsi a<br />

tirarsi su, per meglio leccare la sua vagina. Improvvisamente sentì una lingua insinuarsi tra le sue<br />

grandi labbra e indugiare sul suo clitoride. Ebbe un attimo di smarrimento. Una vampata di piacere<br />

la distolse dal suo lavoro di lingua. Poi, ancora più invogliata, riprese a leccarla. Le due donne si<br />

davano piacere a vicenda, leccandosi sempre più velocemente. Quando una aumentava il ritmo,<br />

l’altra a sua volta aumentava. Annette le succhiava il clitoride e Clotilde le infilava due dita nel<br />

sesso. Accelleravano sempre di più e ansimavano dal piacere.<br />

Intanto Anya proseguiva a cavalcare Lorenzo, veloce e impietosa, impalandosi i suoi due membri<br />

nell’ano e nella vagina.<br />

“Sto per venire…” la avvisò Lorenzo.<br />

Anya senza attendere un secondo di più si alzò e si inginocchiò al suo fianco. Prese il cazzo<br />

superiore e iniziò a succhiarglielo, prendendolo in bocca fino a metà. Cercando di affondare il più<br />

possibile. Quando sentì la mano di Lorenzo schiacciarle la testa contro il pene, capì che stava<br />

venendo. Pochi attimi dopo infatti diversi schizzi le invasero il palato. Anya ingoiò tutto, del resto<br />

ormai era abituata. Poi afferrò la borraccia vuota, poco distante, e continuò a succhiargli il cazzo<br />

inferiore. Glielo succhiò sempre più velocemente, inumidendolo con la propria saliva. Poi quando<br />

lo sentì pulsare, quando lo sentì sull’orlo del piacere, appoggiò la bocca della borraccia alla punta<br />

del glande. Con la mano continuò a dargli piacere, muovendosi su e giù sull’asta, mentre diversi<br />

schizzi di sperma riempirono la borraccia. Qualche goccia non c’entrò l’entrata, e Anya le ripulì con<br />

la lingua.<br />

“Che fai?” domandò Lorenzo esausto.<br />

“Metto via un po’ di sperma per i tempi duri” rispose Anya sorridendogli.<br />

Quasi all’unisono, dall’altra parte del fuoco di bivacco, Annette e Clotilde stavano gemendo di<br />

piacere e raggiungendo l’orgasmo. Quando entrambe sentirono di essere pronte accellerarono il loro<br />

ritmo, aiutandosi con le dita a stimolare l’altrui vagina. Dopo alcuni secondi un urlo liberatore le<br />

pervase. Annette si sollevò e si stese accanto a Clotilde, sorridendole. La rossa sorrise a sua volta e,<br />

dolcemente, le diede un bacio sulle labbra.<br />

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Primo Interludio<br />

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Inginocchiata davanti al trono, la schiava si prodigava nel suo quotidiano lavoro di lingua.<br />

L’Imperatore seduto davanti a lei parlava con i sudditi che chiedevano colloquio, e lei, schiava al<br />

trono preferita, si prodigava a succhiare l’imperiale membro come meglio sapeva fare. Andava<br />

avanti già da diverso tempo, con le ginocchia sul solito cuscino, ma non le pesava come al solito. <strong>Il</strong><br />

suo sesso era umido, ma aveva smesso di secernere troppi umori. Ora c’era appena qualche<br />

gocciolina che imperlava le grandi labbra. <strong>Il</strong> violento orgasmo anale provato l’aveva risollevata e<br />

calmata. Ora riusciva a sopportare meglio tutto. Succhiava quella cappella con avidità, come<br />

piaceva al suo padrone, insalivandola per bene. Le mani scorrevano lungo l’asta, ruotando i polsi.<br />

“Mio Signore” si fece avanti Mikael, lo stregone di corte, inchinandosi davanti al trono. Come al<br />

solito lanciò uno sguardo al sesso e al sedere della schiava, chinata in avanti e resa nuda dal tubino<br />

in pelle capace di coprire solo i seni e il ventre.<br />

“Vieni avanti Mikael… Che notizie porti?” il vocione dell’Imperatore sovrastava tutti i rumori della<br />

sala, dal semplice chiacchiericcio in sottofondo, fino al rumore dei passi metallici delle guardie in<br />

armatura.<br />

“Porto notizie buone e notizie cattive mio Imperatore” disse Mikael alzandosi in piedi “Pare che<br />

l’incantesimo capace di annullare il tuo potere ha effetto solo temporaneo. L’ho scoperto dopo<br />

approfondite ricerche. Non ti priveranno per sempre del tuo potere, ma solo per una giornata”<br />

“Questa è una buona notizia” convenne l’Imperatore che non si curava minimamente della schiava<br />

che ancora si prodigava a leccargli la cappella e muovergli le mani lungo l’asta, per compiacerlo.<br />

“La brutta è che il veleno non sta avendo effetto” continuò Mikael “L’eletta e la sua amica, una<br />

stregona a quanto pare, hanno trovato il modo di neutralizzare il veleno e renderlo<br />

temporaneamente inattivo. Le mie spie, in più, mi hanno detto che sono riuscite a trovare il capello<br />

di vergine e che il Barone Lorenzo Giulii e la sua collaboratrice, la donna di colore, si sono uniti a<br />

loro, per aiutarle”<br />

L’Imperatore non parlò, ma la schiava capì subito che si era innervosito. <strong>Il</strong> suo pene iniziò a<br />

pulsarle tra le labbra. La cappella si gonfiò diventando più calda. Faceva sempre così quando si<br />

arrabbiava. Lei continuava imperterrita a succhiare il membro del suo padrone, senza lasciarsi<br />

condizionare.<br />

“Quel maledetto traditore. Avrei dovuto ucciderlo” si rimproverò l’Imperatore guardando per un<br />

attimo la schiava che gli succhiava il cazzo. Poi alzò lo sguardo sullo stregone, uno sguardo che non<br />

presagiva nulla di buono “Ma tu Mikael. Tu hai fallito. Hai fallito miseramente. Dimmi un solo<br />

motivo per cui non dovrei ucciderti”<br />

“Perché…” lo stregone sembrò sorpreso da quelle parole “Perché ce l’ho messa tutta. Ti ho sempre<br />

servito al meglio senza mai deluderti. Non puoi uccidermi al mio primo errore”<br />

“Invece potrei” lo corresse l’Imperatore “Ma hai ragione. Non ti ucciderò. Eppure allora dammi un<br />

buon motivo per non rinchiuderti nelle segrete del mio castello per punirti”<br />

“No… Non farlo. Non sbaglierò più… Lo giuro”<br />

“Non è così che si forgia un impero Mikael. Non con la misericordia. Eppure voglio darti una<br />

possibilità. Tu vuoi rimanere libero, salvarti. Io ho bisogno di divertirmi. Possiamo far coincidere le<br />

cose. Portate la sedia!”<br />

All’ordine dell’Imperatore alcune guardie si mossero e portarono nella sala del trono una sedia con<br />

largo schienale e ampi braccioli. Mikael fu fatto sedere lì e gli furono legate le braccia sui braccioli<br />

e le caviglie sui piedi della sedia. <strong>Il</strong> suo collo fu poi legato allo schienale, per impedirgli qualsiasi<br />

movimento.<br />

“Mikael. Ricordi la filastrocca dell’orchetto? Quella che tutti i bimbi del Grande Continente cantano<br />

da bambini? Bene… Recitala 3 volte e sarai libero”<br />

Lo stregone fu sorpreso da quelle parole. Si schiarì la voce, ma, prima che potesse iniziare a recitare<br />

la filastrocca, l’Imperatore lo fermò.<br />

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“Non è tutto Mikael. Dovrai recitarla 3 volte prima di venire. E qui viene il bello” con un gesto<br />

richiamò davanti a se due schiave sedute in fondo alla sala. Loro avevano scelto di coprire il bacino<br />

con il tubino in pelle, così i loro seni erano in bella mostra. Come tutte le schiave, avevano un petto<br />

abbondante e sodo, con capezzoli prominenti e larghi. L’Imperatore fece cenno anche alla sua<br />

schiava del trono di allinearsi alle altre due.<br />

“Voi tre… Oggi do la possibilità ad una di voi di trovare la libertà. Chi di voi farà venire lo stregone<br />

di corte prima che abbia recitato tre volte la filastrocca, sarà libera”<br />

Le schiave ad udire queste parole si sistemarono in ginocchio davanti alla sedia dove Mikael era<br />

legato e subito gli liberarono il membro dai calzoni. Era già duro. Non un pene di eccessive<br />

dimensioni, ma nemmeno piccolo. Agli occhi delle schiave apparve come un bocconcino prelibato;<br />

la chiave per la loro libertà era in quel pene.<br />

“Ho visto come guardavi il culo della mia schiava, ogni volta che ti presentavi al trono. Ora<br />

finalmente te lo succhierà, come immagino desideravi. Che la sfida abbia iniziò”<br />

La sfida attirò gli sguardi curiosi di tutti i cortigiani a corte. Qualcuno rideva sguaiatamente<br />

osservando lo stregone con la fronte imperlata di sudore e il cazzo in tiro succhiato dalle tre schiave,<br />

cercare di recitare una filastrocca per bambini per tre volte.<br />

Le schiave subito si diedero da fare. Una delle due schiave con il seno di fuori afferrò alla base il<br />

membro e lo portò alle proprie labbra, iniziando a succhiarlo con avidità, velocità, divorandolo,<br />

facendolo sparire tra le labbra carnose, mentre con l’altra mano gli massaggiava la sacca dei<br />

testicoli.<br />

“Un giorno Mitch l’orchetto, un tipetto un poco inetto…” lo stregone iniziò a recitare, ma la vista<br />

delle tre donne intente a succhiargli il pene lo distrasse. Aveva la gola secca. L’eccitazione e la<br />

paura lo paralizzavano. Scosse il capo cercando di concentrarsi e ricominciò “Un giorno Mitch<br />

l’orchetto, un tipetto un poco inetto, vide in fondo ad un laghetto…”<br />

Le schiave non concedevano tregua allo stregone intanto. Mentre la prima ancora succhiava, la<br />

schiava del trono afferrò il pene e glielo strappò di bocca, prendendoselo per se, succhiandolo come<br />

le era stato insegnato. Era senza dubbio molto più brava delle altre. Aderì perfettamente le labbra<br />

alla cappella e poi andò giù con la testa, fino alla base, prendendo il pene per la sua intera lunghezza<br />

nella bocca. Quindi, con il membro tutto in gola, tirò fuori la lingua e gli leccò i testicoli per alcuni<br />

secondi. Poi tirò indietro il capo facendolo uscire dalla bocca, solo per poi rigettarsi giù a capofitto,<br />

a succhiare con intensità. Intanto l’altra schiava cercava di tirarla via, per succhiarglielo a sua volta.<br />

Vedere le tre schiave contendersi il suo pene lo fece eccitare ancora di più. Mikael invertì due strofe<br />

e fu costretto a ricominciare da capo.<br />

“Un giorno Mitch l’orchetto, un tipetto un poco inetto, vide in fondo ad un laghetto un piccolo<br />

carretto. Si tuffò così l’orchetto, senza indugio nel laghetto…”<br />

Le schiave continuavano a contendersi il pene dello stregone, strappandoselo a vicenda,<br />

succhiandolo e massaggiandogli i testicoli, giocando con la lingua sulla cappella. <strong>Il</strong> membro era<br />

ormai bagnato di saliva dalla base alla cappella. Molta di questa era colata fin sui testicoli che<br />

venivano continuamente massaggiati e manipolati, per aumentare il piacere dello stregone. La prima<br />

schiava scacciò via con una spinta un'altra, afferrando così il pene tra le mani e continuando a<br />

muoverle su e giù sempre più veloce. Una scena inverosimile che attirò le risate di tutti i cortigiani<br />

che iniziarono a urlare incitamente. Alcuni scommettevano su chi avrebbe vinto. L’Imperatore<br />

sembrava molto divertito e compiaciuto dalla scena.<br />

Lo stregone finalmente riuscì a finire la filastrocca per la prima volta, e cominciò la seconda.<br />

Tuttavia dalla sua voce trapelava che era al limite, che non ce l’avrebbe fatta, che era quasi arrivato.<br />

“Un giorno… mi… Mitch l’orchetto… un… un tipetto un poco ine… inetto… inetto… vide…”<br />

Ancora le due schiave con i seni scoperti se lo contendevano, sputando sulla cappella e agitando la<br />

mano su di essa rapidamente. Alla fine la schiava del trono intervenne. Scacciò via le altre due con<br />

una spallata su cui caricò tutto il suo peso e si impossessò del membro dello stregone. Applicò tutta<br />

le sue capacità, muovendo entrambe le mani sul modesto pene, su e giù e ruotando, succhiando<br />

avidamente la cappella, senza sosta, senza tregua. Sentì il pene pulsarle tra le labbra e capì che lo<br />

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stregone stava per venire. Accellerò i movimenti e, pochi secondi dopo, sentì un primo schizzo sul<br />

palato. Trionfante scostò il capo, reggendo ancora il pene per la base. Questo schizzò ancora altre<br />

due, tre volte.<br />

“Portate Mikael nelle prigioni” ordinò l’Imperatore mentre chiamava a se la schiava del trono<br />

“Come ti chiami schiava?”<br />

“Non ricordo più il mio nome” disse la schiava inginocchiandosi davanti al trono. La mascella le<br />

doleva, come al solito, ma questa volta era felice. Si era guadagnata la libertà.<br />

“Allora da oggi ti chiamerai Mikela, prenderai il nome di colui che da oggi non è più libero. Mikela<br />

puoi andare. Non sei più una schiava. Puoi uscire da qui e fare ciò che vuoi della tua vita. Però io ti<br />

suggerisco di rimanere al mio fianco. Se mi sarai utile vivrai la tua vita libera coperta dall’oro”<br />

Mikela annuì e sorrise, finalmente felice, all’Imperatore “Grazie mio Imperatore”. Quindi si andò a<br />

sistemare in fondo alla sala, tra gli altri cortigiani di corte.<br />

“Ora però occupiamoci delle faccende serie. Fate entrare il Generale Biscia”<br />

<strong>Il</strong> portone della sala del trono si aprì e fece il suo ingresso il Generale Biscia. Si trattava di una<br />

donna, in armatura. Spallacci voluminosi le fasciavano le spalle, continuando con fasciature di<br />

piastra lungo tutte le braccia fino ai guanti di ferro. <strong>Il</strong> petto era coperto da un’armatura di cotta di<br />

maglia, con due buchi sul petto da cui fuoriuscivano i seni sodi e rotondi, con capezzoli turgidi e<br />

alti. Una cintura d’arme era stretta alla vita, reggendo uno spadone il cui pomello rappresentava un<br />

glande. Sotto la cintura era nuda, come imponeva la divisa imperiale. Schinieri con stivali di ferro,<br />

infine, le ricoprivano le gambe dalle ginocchia in giù. Ma ciò che più colpiva di lei erano i capelli,<br />

verde scuro, lunghi e lisci, che le cadevano lungo la schiena, e gli occhi, completamente gialli con<br />

una pupilla nera allungata, come quelli di un rettile.<br />

Era una donna di una bellezza inquietante e pericolosa, con un volto dai lineamenti sottili e<br />

taglienti. Slanciata ed esile ma al contempo dura e forte. Percorse l’intera navata fino ad<br />

inginocchiarsi davanti al trono.<br />

“Biscia… Dove ha fallito la magia, trionferà la spada. Tu mi deluderai?”<br />

“No, mio Signore” rispose Biscia alzandosi in piedi, mostrando a tutti i convenuti il suo corpo<br />

perfetto e tonico, il suo sedere alto e sodo.<br />

“Allora va… Uccidi l’eletta, impedisci ai ribelli di recuperare il capello di vergine e portami la testa<br />

del Barone Lorenzo Giulii”<br />

“Consideralo come già fatto, mio Signore”<br />

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Capitolo 6<br />

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“Mi fa piacere che mi hai portata con i tuoi amici” Alba aveva una voce piuttosto tesa e preoccupata<br />

“Ma non avevi promesso che mi facevi rimanere vergine?”<br />

“Infatti rimarrai vergine, però devi fare un po’ di esperienza, per prepararti a quando l’Imperatore<br />

sarà caduto e ti farai scopare alla grande” Giada la stava aiutando a sporgliarsi, sfilandole la veste e<br />

slacciandole la biancheria.<br />

“Si ma io non voglio” insistette Alba, lamentandosi ma senza opporsi alla sorella gemella, che<br />

continuava a spogliarla, fino a farla rimanere nuda.<br />

“Smettila di fare storie. Questo qui paga un sacco di soldi, e l’unica cosa che chiede e di fare certi<br />

giochetti con due belle gemelle”<br />

Giada l’aveva portata in una casa piuttosto anonima, con le finestre sbarrata e la porta sprangata.<br />

Quando erano entrate, si erano trovate davanti ad un bordello vero e proprio. Numerose donne nude<br />

o semi nude si aggiravano per la casa, carezzando e giocando con gli avventori. Gemiti provenivano<br />

da ogni direzione. Sotto l’arco di una porta una prostituta con dei poderosi seni nudi e pendenti<br />

stava cavalcando un tale, steso a terra. Avevano dovuto scavalcarli per poter procedere oltre. Gillia,<br />

la matrona della casa, le aveva condotte in una saletta molto lussuosa, dove avrebbero atteso<br />

l’arrivo del loro cliente. Al centro della sala vi era un letto a baldacchino dai colori porpora. Tutto<br />

intorno, sulle pareti, vi erano numerosi specchi, che riflettevano numerose volte ciò che nella stanza<br />

accadeva. Vi erano anche alcune sedie e, su di un comodino, numerosi cilindri di ferro, dalla forma<br />

fallica.<br />

“Questo paga molto bene e vuole solo due gemelle che glielo succhino, niente di più” aveva detto<br />

loro Gillia “Giada, mi raccomando, è un cliente importante. So che tu sei brava, tieni d’occhio tua<br />

sorella”.<br />

Giada si era spogliata rapidamente. Le era bastato sfilare il lungo abito, mostrando che sotto di esso<br />

non indossava nulla. Alba invece portava tutta la biancheria ed un pudico corsetto. Alla fine però si<br />

erano ritrovate entrambe nude. Identiche e uguali, le due ragazze avevano corpi slanciati e sottili. La<br />

pelle era candida e liscia, perfetta e priva di qualsiasi imperfezione. Seni piccoli, due tonde mele<br />

sode e alte. Le gambe lunghe e liscie sostenevano un sedere piccolo e sodo. Giada portava i capelli<br />

lunghi, legati in due trecce, mentre Alba invece li portava più corti, a caschetto con una frangia che<br />

le copriva tutta la fronte, fino al taglio degli occhi.<br />

Le ragazze non dovettere ottendere molto. La porta della stanza si aprì e ne entrò un uomo piuttosto<br />

strano. Era alto e giovane. Indossava un mantello nero con abiti eleganti. Nella destra un bastone di<br />

ebano, con un diamante grosso come un pugno come pomello. I suoi capelli erano lunghi e lisci,<br />

bianchi come la neve. I suoi occhi erano rossi, di un rosso acceso e lampante.<br />

“Benvenuto Lord” disse Giada inchinandosi all’uomo che era entrato. Gli occhi le si illuminarono<br />

mentre guardava il pomello del bastone dell’uomo. Era vero ciò che le aveva detto Gillia, sarebbero<br />

state pagate molto bene.<br />

Alba invece rimase in disparte, col capo chino, mentre con le braccia cercava di coprirsi il corpo<br />

nudo.<br />

L’uomo non rispose, ma prese posto su di una sedia, molto tranquillamente. Con il bastone le<br />

richiamò a se e fece loro cenno di inchinarsi. Le ragazze si inginocchiarono ai due lati della sedia e<br />

iniziarono a liberarlo dai calzoni. Glieli sfilarono. <strong>Il</strong> pene che ne uscì era morbido e piccolo, non<br />

ancora eretto.<br />

Giada subito si chinò e iniziò a dargli dei dolci baci, infilandoselo di tanto in tanto tra le labbra,<br />

cercando di farlo diventare duro. Poi prese una mano, con la quale portò Alba a massaggiargli i<br />

testicoli. Finalmente le due gemelle si stavano dando da fare insieme con quell’uomo, che<br />

evidentemente apprezzava visto il sorriso compiaciuto sul volto. Mentre Giada glielo teneva in<br />

bocca, rapidamente lo leccava con decisi colpi della lingua, stuzzicandogli la cappella. Lo sentì<br />

crescere tra le sue labbra. Era una bella sensazione sentire quel pene, prima moscio e piccolo,<br />

diventare sempre più duro e più grande, grazie alla sua stimolazione. In breve era ben eretto, turgido<br />

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e lungo. Giada lo afferrò alla base, con decisione, incitando Alba a succhiarne la cappella ancora<br />

coperta dalla pelle. La vergine lentamente scoperchiò il glande e iniziò a leccarlo con la punta della<br />

lingua, con indecisione e inesperienza. Era la prima volta che vedeva un pene.<br />

L’uomo afferrò la nuca di Alba e la spinse verso il proprio bacino. La ragazza si ritrovò con il cazzo<br />

in bocca, senza nemmeno rendersene conto. D’istinto le sembrò di affogare e tirò indietro la testa,<br />

mentre l’uomo di nuovo gliela rispingeva giù. Intanto Giada muoveva una mano sulla base del pene<br />

e l’altra a massaggiargli i testicoli.<br />

Quando finalmente l’uomo lasciò la presa su Alba, questa si sollevò, tossendo e riprendendosi.<br />

Giada subito si riabbassò sul pene tornando a succhiarlo. Erano l’una davanti all’altra, ai lati<br />

dell’uomo. Con la lingua avvolgeva il glando e lo carezzava mentre con le labbra andava su e giù,<br />

su tutta l’asta.<br />

Poco dopo Giada si alzò, con la schiena ben eretta, e portò il suo seno verso il membro. I suoi seni<br />

erano sodi, ma troppo piccoli per riuscire a prendere in mezzo il cazzo. Così tirò a se Alba, per le<br />

spalle, in modo che i petti delle due ragazze si toccassero, lasciando il pene dell’uomo in mezzo,<br />

nello spazio creatosi tra i quattro seni. Guidò la gemella a muovere il busto su e giù, in modo che i<br />

loro seni accarezzassero l’uomo, la sua asta, per tutta la sua lunghezza. Giada chinò il capo<br />

sputando sulla cappella un po’ di saliva, che scese lentamente giù, oltre la corona, lubrificando il<br />

movimento.<br />

“Baciatevi” ordinò poi l’uomo con voce dura.<br />

Giada si protese in avanti e stampò un primo bacio sulle labbra riluttanti di Alba. Poi un secondo.<br />

La vergine sembrava inizialmente non disposta anche a questo, ma alla fine cedette. Iniziò a<br />

piacerle. Le labbra morbide della sorella erano invitanti. Quando lasciò entrare la sua lingua nella<br />

propria bocca ebbe un brivido lungo la schiena. Si protese a sua volta verso Giada, baciandola con<br />

passione, di rimando. Le due lingue si attorcigliavano davanti allo sguardo dell’uomo che non<br />

emetteva ne un gemito, ne una parola. La saliva del passionale bacio che si stavano scambiando<br />

gocciolò tra i loro seni e sul cazzo che stavano massaggiando, lubrificandolo ancora di più.<br />

Alla fine l’uomo afferrò Alba per le spalle alzandosi in piedi, per spingerla sul letto.<br />

“No fermo. Lei no. Lei deve rimanere vergine” si lamentò Giada. L’uomo la allontanò di malo<br />

modo e costrinse Alba a stendersi sul letto, a pancia sotto e con le gambe oltre il bordo, quasi<br />

inginocchiata a terra.<br />

“Lasciala” continuò Giada, cercando di tirarlo via, di fermarlo. L’uomo non si mosse. Con una<br />

manata allontanò la ragazza, spingendola al suolo. Alba era invece impietrita e spaventata. Sapeva<br />

che non doveva lasciarselo fare. Che era sbagliato. Eppure non poteva fare a meno di bagnarsi.<br />

Sentirsi sottomessa era ciò che aveva sognato ogni notte da quando erano venuti i soldati. Quindi<br />

rimase immobile mentre la sua vagina iniziava ad emettere umori. Quando sentì la mano dell’uomo<br />

schiacciarle la schiena sul letto ebbe un gemito. Sentirsi così soggiogata era ancora più bello di<br />

come lo aveva immaginato nel sogno. Era completamente inerme, costretta a subire, con il sesso<br />

alla piena disponibilità del suo aguzzino. Si morse le labbra per trattenere la gioia di quello che<br />

stava per ricevere. Dopo lunghe notti di sogni, in cui il suo padrone non si degnava nemmeno di<br />

usarla per godere, finalmente stava per ricevere un cazzo in mezzo alle gambe. L’uomo non fu<br />

molto gentile nei modi. Puntò la cappella verso la vagina bagnata di lei e con un colpo di anche<br />

spinse. Un colpo deciso e forte, che spezzò ogni resistenza. Una vampata di dolore percorse il corpo<br />

di Alba, mentre la sua verginità la abbandonava. <strong>Il</strong> sangue iniziò a bagnare il letto e il cazzo che la<br />

penetrava. Quel dolore la ristorava dopo notti e notti sognate a sperare e a desiderare quell’affondo.<br />

<strong>Il</strong> suo corpo le trasmetteva bruciore e dolore, ma la sua mente pensava solo che voleva far godere<br />

quell’uomo. Si sentiva schiacciata e costretta. Le sue mani si aggrapparono al lenzuolo del letto,<br />

stringendole con forza, mentre ancora mordeva un labbro tra i denti.<br />

Giada era in un angolo, disperata. Continuava a chiedere scusa alla sorella, a dirle che era tutta<br />

colpa sua. Ma Alba non la ascoltava. Finalmente veniva posseduta come voleva, come desiderava.<br />

Ogni affondò del cazzo dentro di se le faceva più male. Più il dolore cresceva, più era appagata da<br />

quella violenta possessione. Sentiva la sua carne allargata sempre di più da quella presenza estranea,<br />

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nuova, che la sverginava senza dolcezza e senza gentilezza. Sentiva chiaramente che lui la stava<br />

usando solo per godere, solo per trarne piacere, senza rivolgerle alcuna attenzione, e questo la<br />

mandava in estasi. Quando sentì il cazzo pulsare dentro di lei non capì cosa stava accadendo.<br />

Improvvisamente al calore del suo stesso sangue che avvolgeva il membro dentro di lei, si accostò<br />

un altro calore. Un liquido le veniva schizzato dentro, più volte. Capì che l’uomo aveva finalmente<br />

raggiunto il piacere. Con un ultimo violento affondo si era fermato dentro di lei. Aveva goduto e ora<br />

le stava scaricando dentro i suoi scarti, gli scarti del suo piacere. Adorava quella sensazione.<br />

Adorava essere stata l’oggetto con cui quell’uomo si era soddisfatto e, al contempo, essere il<br />

contenitore in cui aveva deciso di svuotarsi. Si sentì felice e onorata. <strong>Il</strong> dolore tra le sue cosce e il<br />

sangue che continuava a gocciolare, mischiato agli umori, passò in secondo piano. Rimase lì stesa, a<br />

godersi quella sensazione. Quando l’uomo uscì sentì anche lo sperma mischiarsi al sangue e agli<br />

umori. Sentiva questo miscuglio scorrerle nell’interno coscia, fino alle ginocchia. Alba rimase<br />

immobile ancora, finalmente usata.<br />

“<strong>Il</strong> Generale Biscia ne sarà lieta” disse semplicemente l’uomo, mentre iniziava a rivestirsi.<br />

Quando Clotilde si svegliò, la prima cosa che avvertì fu la fresca brezza di prima mattina lambirle la<br />

pelle nuda. La seconda bellissima sensazione fu il calore del corpo di Annette, che la teneva stretta<br />

da dietro, abbracciata tra le sue braccia. Si unì a questi l’odore delle braci della sera prima, ormai<br />

spente. Infine sentì uno strano rumore, un risucchio molto viscido che si alternava con dei sommessi<br />

gemiti.<br />

Aprì gli occhi e vide Anya intenta a succhiare entrambi i cazzi di Lorenzo. Lui era steso,<br />

comodamente, con le mani conserte dietro la nuca. Lei inginocchiata al suo fianco, con un pene per<br />

mano, alternando la bocca e la lingua. La aveva sottomessa e umiliate per numerosi giorni e notti,<br />

costringendola a farsi leccare, ed ora succhiava diligentemente il primo uomo che aveva incontrato.<br />

Le faceva salire un po’ di rabbia tutto ciò, ma quando sentì il braccio di Annette stringerla<br />

dolcemente, tutto si sciolse e ritrovò il sorriso.<br />

“Buongiorno!” Anya aveva alzato la testa dal suo lavoro e l’aveva salutata “Dormito bene?” non vi<br />

era nel suo tono la nota di sarcasmo che di solito accompagnava quella domanda.<br />

Non aspettò nemmeno la risposta, che si calò nuovamente nel suo lavoro di lingua. Quanta<br />

diligenza, e quanta passione profondeva in quell’opera.<br />

Annette e Clotilde risposero al saluto ancora sbadigliando. Osservarono il cielo. Era ben illuminato,<br />

segno che il sole era sorto da un bel po’.<br />

“Quanto abbiamo dormito?” domandò allarmata la stregona “Perché non ci avete svegliate prima?”<br />

“Dormivate così bene insieme” intervenne Lorenzo “Non volevamo interrompervi… E poi così io e<br />

Anya abbiamo avuto modo di parlare e discutere della situazione attuale”<br />

Mentre l’eletta lo succhiava ad arte, il Barone discuteva tranquillamente con le ragazze. Sembrava<br />

che l’operazione della donna lo rilassasse.<br />

“Ah si?” domandò incuriosita Annette col suo accento straniero “E di cosa avete discusso?”<br />

A questo punto intervenne Anya, sollevando la bocca dalla cappella del pene superiore e<br />

continuando con le mani a impegnarsi sui due membri.<br />

“In realtà abbiamo preso delle decisioni” parlava senza interrompersi, ancora muovendo le mani su<br />

e giù le due aste “Per affrontare al meglio l’Imperatore”.<br />

“Scusami” intervenne Clotilde con la voce piccata “Stiamo parlando. Devi per forza fargli un<br />

pompino? Non puoi farlo dopo?”<br />

Lorenzo, a quelle parole, pose la mano dietro la nuca di Anya e la spinse con le labbra sul cazzo<br />

superiore “Ragazze un po’ di pazienza, sta prendendo la sua medicina”<br />

L’eletta avrebbe voluto chiaramente parlare, ma con il Barone che le teneva salda la testa sul pene,<br />

gli uscì semplicemente un mugugno di approvazione.<br />

“Visto che l’incantesimo ha durata temporanea” continuò lui “dovremo attaccare l’Imperatore al<br />

massimo della forza disponibile. Meglio ancora se da nord e da sud. Quindi mentre il capello di<br />

vergine viene portato a nord, dai ribelli, che con il loro esercito attaccheranno, io andrò a sud, a<br />

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rimettere insieme l’esercito del mio <strong>Regno</strong>. Attaccheremo contemporaneamente chiudendo la<br />

Capitale tra due morse e sconfiggeremo l’Imperatore”<br />

Clotilde era quasi ipnotizzata guardando Anya darci dentro con la testa, rapidamente, alternandola<br />

tra i peni del nobile.<br />

“Quindi tu e Annette andrete a sud e io e Anya a nord?” domandò la stregona.<br />

“In realtà…” Lorenzo si fermò, socchiudendo gli occhi “Anya… Anya… Sto venendo”<br />

L’eletta poggiò le sue labbra attorno al glande del pene superiore, agitando con maggior vigore la<br />

mano.<br />

“No no… sotto!” corresse subito il Barone, mentre Anya cambiava subito obiettivo. Succhiava<br />

quella cappella muovendo rapidamente la mano. In pochi secondi un gemito liberatorio dell’uomo<br />

segnalò che lo sperma stava invadendo la bocca della donna. L’eletta ingoiò golosamente fino<br />

all’ultima goccia, poi, con rinnovata diligenza, si impegnò a succhiare l’altro cazzo di Lorenzo,<br />

quello superiore.<br />

“Scusatemi eh” continuò Lorenzo come se nulla fosse “Dicevamo, in realtà Anya ha bisogno della<br />

sua medicina ogni giorno, quindi separarci ci è sembrato pericoloso. Abbiamo deciso che noi<br />

andremo a sud, mentre voi due andrete a nord”<br />

Annette e Clotilde si guardarono per poi annuire insieme.<br />

“D’accordo, a noi sta bene” sottolineò la stregona “porteremo noi il capello dai ribelli per<br />

l’incantesimo. Ma come ci organizziamo per l’attacco? Dovrà avvenire lo stesso giorno”<br />

“Abbiamo pensato anche a questo” proseguì il Barone mentre il rumore del succhiare di Anya<br />

creava un continuo sottofondo alla conversazione “Tra dieci giorni, all’alba, attaccheremo, noi da<br />

sud e voi da nord. Quindi in dieci giorni dovrete portare il capello e organizzare le truppe… Lo<br />

stesso vale per noi. Dieci giorni per raggiungere il sud e organizzare le truppe”<br />

L’eletta succhiava con grande passione l’unico membro ancora turgido, concentrandosi solo su<br />

quello. La sua mano correva rapida, su e giù, mentre la lingua leccava abilmente la cappella rossa.<br />

Aveva imparato a ricoprirlo per bene di saliva, così da rendere più scivolosa la mano sull’asta ed<br />

aumentare il piacere.<br />

“D’accordo… E’ un buon piano” convenne Annette appoggiando la propria mano sul fianco nudo<br />

di Clorilde, massaggiandoglielo dolcemente.<br />

Mentre le due donne si apprestavano a riverstirsi e prepararsi per il viaggio, il Barone appoggiò<br />

saldamente la mano sulla nuca di Anya, la spinse con forza verso il proprio pene, facendoglielo<br />

ingoiare quasi tutto. Senza avvisarla le riversò nella bocca diversi schizzi di sperma. L’eletta sgranò<br />

gli occhi sentendo gli schizzi arrivarle fino in gola, senza pietà. Ingoiò fino all’ultima goccia, come<br />

aveva già fatto.<br />

I quattro iniziarono a prepararsi. Si rivestirono e misero da parte le loro cose. Ricoprirono con della<br />

terra le ceneri del bivacco, per nascondere in qualche modo le loro tracce. Quindi Annette e Clotilde<br />

montarono sul destriero della prima, con la stregona che teneva ben strette le braccia intorno alla<br />

vita della donna di colore.<br />

“Noi andiamo” annunciò finalmente Annette rivolta a Lorenzo “In bocca al lupo Barone”<br />

“In bocca al lupo eletta” proseguì Clotilde. Quindi spronarono il cavallo e iniziarono il loro viaggio<br />

verso nord.<br />

Lorenzo e Anya salirono ognuno sul proprio cavallo e si voltarono in direzione opposta. <strong>Il</strong> loro<br />

obiettivo era il <strong>Regno</strong> del Sud.<br />

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Capitolo 7<br />

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Mikela indossava un tubino di pelle nera che la copriva dai capezzoli al sedere. Ai piedi portava dei<br />

sandali i cui lacci le si attorcigliavano attorno alla caviglia. I suoi capelli erano legati alti e il suo<br />

sguardo era compiaciuto. Osservava la grande cella e le sue ospiti. Da pochi giorni era stata liberata<br />

dalla schiavitù e le era stata affidata la gestione delle prigioni. Aveva apportato delle modifiche allo<br />

stile di vita delle schiave, dettate dalla sua lunga esperienza. Come una crudele aguzzina aveva<br />

sapientemente valutato e scelto come poter rendere ancora peggiore la schiavitù. Aveva messo in<br />

atto tutto ciò contro le schiave con cui fino a pochi giorni prima condivideva lo stesso fato. In primo<br />

luogo aveva deciso che non doveva essere concesso loro di parlare. Aveva così imbavagliato le<br />

schiave con degli anelli di ferro, incastrati tra i denti, che impedivano loro di chiudere la bocca,<br />

costringendola a rimanere del tutto aperta. Ma il suo esperimento maggiore era stato la grande cella.<br />

Invece di tenere incatenate le schiave ognuna nella propria cella, ne aveva incatenate dieci in<br />

un’unica grande cella. Le schiave avevano i polsi bloccati a dei ceppi alti sopra la propria testa, con<br />

la schiena al muro. In più le loro caviglie erano incatenate alla stessa altezza dei polsi, ma molto più<br />

larghe, lasciando in questo modo le cosce spalancate, con il sesso e il bacino puntato in avanti verso<br />

l’alto, alla portata dello sguardo di chiunque passasse di lì. Erano bloccate in quella posizione da<br />

giorni, con l’anello a bloccare le loro bocche. Con quell’anello riusciva impossibile alle ragazze di<br />

ingoiare la saliva, che si riversava sui menti, colando sui loro petti, tra i loro seni nudi.<br />

Mikela le guardava divertita, sorridendo di come aveva costretto quelle ragazze. Si sentiva sadica e<br />

bastarda. Passava ore a guardarle, deridendole, da dietro le sbarre della grande cella.<br />

Improvvisamente una delle schiave iniziò ad agitarsi. Iniziò a scuotere il sedere, unica parte del<br />

proprio corpo non bloccata. Emetteva suoni, cercando forse di parlare. Alla fine si arrese<br />

evidentemente, e uno zampillo di urina iniziò a fuoriuscire tra le sue cosce. Vista la posizione del<br />

bacino costretta in avanti, lo zampillo tracciò un arco in aria per diversi secondi. Una pozza di urina<br />

iniziò a crearsi a terra.<br />

“Guardate” Mikela richiamò l’attenzione delle guardie “La fontanella!”<br />

Lei e le guardie iniziarono a ridere sguaiatamente dell’umiliazione della schiava, costretta ad<br />

urinare in quella posizione, davanti agli occhi di tutti, incatenata al muro con la figa in bella mostra<br />

e la saliva a colarle dalle labbra, sul mento, fino al petto.<br />

Quando lo spettacolino fu finito si avviò verso il livello inferiore delle prigioni, dove vi erano i veri<br />

galeotti. Era l’ora dell’unico pasto giornaliero che era concesso ai prigionieri. Lei ci teneva ad<br />

essere presente quando il pasto veniva somministrato a Mikael, lo stregone di corte che era stato<br />

imprigionato quando Mikela era stata liberata. Non voleva avere problemi con lui, sapeva che era<br />

un soggetto pericoloso e non voleva deludere l’Imperatore.<br />

Le guardie aprirono la pesante porta di ferro sulla cella, piccola e buia. L’unico arredamento era un<br />

piccolo cumulo di paglia, una specie di giaciglio. In un angolo c’era Mikael, smunto e silenzioso.<br />

“Hai fame prigioniero?” domandò Mikela entrando nella cella con un piatto di ferro pieno sbobba<br />

maleodorante. Alle sue spalle vi erano due guardie, pronte ad intervenire, ma ormai lo stregone era<br />

innoquo. Nel suo cibo veniva sistematicamente mischiata una pozione capace di inibire<br />

temporaneamente i poteri magici di chi la ingerisse. Ironia della sorte, la formula di quella pozione<br />

era stata inventata proprio dallo stregone di corte.<br />

“Ho sete” disse Mikael osservando il piatto che gli era stato messo davanti “Per favore”.<br />

Mikela non aspettava altro. Si fece passare una grossa coppa dalle guardie, e la mise a terra. Quindi<br />

piegò le ginocchia, accovacciandosi sulla coppa. Tirò su il tubino, sopra le anche, lasciando nudo il<br />

suo sesso. Si leccò due dita della mano destra e se le infilò tra le cosce. Prima l’indice, poi il medio.<br />

La sua vagina era già bagnata. Se la stuzzicava sempre più velocemente. Poi infilò anche il terzo<br />

dito. Mikael la guardava senza muoversi, rimanendo seduto a terra, davanti al suo piatto di ferro.<br />

Con le tre dita continuò ad entrare e uscire sempre più velocemente dalla sua figa. Si morse un<br />

labbro mentre iniziò a gemere. Un gemito prima sommesso, poi sempre più alto e acuto. Stette<br />

diverso tempo a stimolarsi così. Alla fine tolse di colpo le dita e dalla sua figa uscì un copioso<br />

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schizzo di umori che centrò in piedo la coppa. Subito dopo ci fu un secondo schizzo, meno violento<br />

ma altrettanto copioso. Gli umori di Mikela riempirono per metà la coppa, mentre iniziarono a<br />

tremarle le cosce. Per non perdere l’equilibrio dovette portare la mano destra all’indietro, a terra.<br />

Continuò a gemere per alcuni secondi, socchiudendo gli occhi. Finalmente i tremoti la<br />

abbandonarono e Mikela si rialzò, aggiustandosi il tubino lungo le anche.<br />

“Bevi pure” gli disse sorridendo crudele.<br />

Lo stregone afferrò la coppa, guardandone il contenuto. Sembrava quasi acqua, ma risultava<br />

vagamente più torbida e vischiosa. Non voleva umiliarsi fino a quel punto, ma la sete lo assediava e<br />

la sua gola era arsa. Appoggiò la coppa alle labbra e ne prese un sorso. Non fu dissetante. <strong>Il</strong> sapore<br />

era strano e gli rimase un brutto retrogusto in bocca. Eppure si sentì un po’ ristorato. Mikela aveva<br />

un’aria molto soddisfatta mentre lo guardava bere. Forse era più disperato di come temeva.<br />

Cavalcavano da giorni ormai. Avevano deciso di non battere strade troppo note, ma di avventurarsi<br />

sui sentieri che si avventuravano tra i boschi, lontano da paesi, villaggi e città. Clotilde si reggeva<br />

alla vita di Annette, e così era stato per tutto il viaggio. Le notti si erano accampate in luoghi isolati,<br />

sperando di non fare brutti incontri. Grazie alla magia avevano cacciato qualche coniglia, per<br />

mangiare. Qualche piccolo ruscello aveva ristorato la loro sete. <strong>Il</strong> paesaggio intorno a loro era<br />

iniziato a farsi più roccioso e montuoso. I monti del nord erano prossimi, e con loro<br />

l’accampamento dei ribelli.<br />

Portavano il capello della vergine, e la loro missione era di prioritaria importanza. Non potevano<br />

fallire, non potevano farsi scoprire, non potevano ritardare.<br />

Clotilde affondava la testa nell’incavo del collo di Annette ogni volta che questa, vedendo un<br />

terreno più lineare, spronava il destriero al galoppo. La donna aveva un odore forte e dolce al tempo<br />

stesso, che la faceva impazzire e la attirava senza lasciarle scampo.<br />

In quel momento stavano andando al passo, lungo un sentiero roccioso circondato da alberi spogli.<br />

Una vista desolata e triste le accompagnava. Si respirava aria di morte in quelle terre così aride e<br />

rocciose. Clotilde si strinse ancora di più alla sua compagna, cercando conforto nel calore del suo<br />

corpo.<br />

Improvvisamente udirono il sibilo di una freccia e, un attimo dopo, il loro cavallo cadde al suolo,<br />

esanime. <strong>Il</strong> povero animale, cadendo, le aveva sbalzate di sella, facendole rotolare sul sentiero<br />

roccioso. Non ebbero nemmeno il tempo di capire cosa stesse accadendo, che un uomo si palesò<br />

davanti. Indossava abiti vecchi, scoloriti, neri e verdi. I capelli marroni erano corti e sul volto si<br />

delineava un pizzetto sempre castano. Un pugnale e una borsa pendevano dalla sua cintola. Nelle<br />

mani un arco, teso e incoccato, puntato verso di loro minacciosamente.<br />

“O la borsa o la vita” disse il brigante sorridendo.<br />

“Hai ucciso il nostro cavallo” lo accusò Annette “Sei un lurido assassino”<br />

“E’ sempre un peccato porre fine alla vita di un essere vivente” l’uomo si fece avanti, puntando<br />

sempre l’arco “Perciò non costringetemi a toglierla anche a due belle donne come voi”<br />

Mentre il brigante fissava Annette, Clotilde socchiuse gli occhi, ancora seduta sul sentiero.<br />

Mormorò un paio di parole e le pupille le si ribaltarono, mostrando solo il bianco dell’occhio.<br />

“Ma che diamine…” l’uomo si accorse di Clotilde, ma non in tempo. Un attimo dopo l’arco che<br />

reggeva tra le mani si trasformò in una lunghissima corda che iniziò a stringerglisi attorno al busto,<br />

bloccandogli le braccia. Sorpreso da ciò che gli stava capitando nemmeno notò Annette. La ragazza<br />

gli piombò addosso, atterrendolo schiena al suolo e sguainando il pugnale del brigante dalla cintura.<br />

“Ora farai la stessa fine del mio cavallo” lo minacciò puntandogli il coltello alla gola.<br />

“Ferma!” urlò Clotilde tornando in se, avvicinandosi ai due “Noi non uccidiamo”<br />

“Come no?” rispose stizzita Annette “E’ un brigante. Chissà quanta gente ha ucciso”<br />

“No no non è vero!” rispose prontamente il brigante sgranando gli occhi colmi di paura “Non ho<br />

mai ucciso nessuno… Rubo solo. E’ vero rubo. Sono un brigante schifoso. Ma posso cambiare”<br />

Quasi si metteva a piangere l’uomo, implorando pietà “Non uccidetemi vi supplico… Ho una<br />

moglie e tre bambini”<br />

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“Sul serio?” lo incalzò Annette facendogli sentire la punta del coltello sulla gola.<br />

“No… Non ho moglie e bambini. Ma potrei averli. Se mi lasciate andare mi sposerò e avrò tre figli.<br />

Lo giuro!”<br />

Clotilde gli sfilò la borsa dalla cinta e la aprì. Al suo interno era pieno di gioielli e monete d’oro.<br />

Medaglioni, bracciali, anelli. Tutta merce di grande valore.<br />

“Meriti un processo” sentenziò Clotilde poi spostando lo sguardo su Annette “Non uccidiamo un<br />

uomo legato e indifeso”<br />

“D’accordo allora” approvò la donna di colore col suo accento straniero “Portiamolo dai ribelli,<br />

decideranno loro che fine farti fare”<br />

“No!” continuò il brigante piagnucolando “I ribelli no. Sono dei pazzi! Dei pazzi fottuti! Lasciatemi<br />

andare… Prendete la borsa! Vi potete ricomprare il cavallo e molto di più!”<br />

“Taci brigante” disse Clotilde sganciando le borse dalla sella del povero cavallo trapassato. La<br />

stregona gli carezzò il muso un paio di volte, dolcemente.<br />

“Dovremmo seppellirlo” disse Annette riferita all’animale “Ma non credo ne avremo il tempo”<br />

“Già” convenne tristemente Clotilde avvicinandosi all’uomo “E ora brigante alzati, porterai tu le<br />

borse fino all’accampamento dei ribelli”<br />

“Prima di tutto non mi chiamo brigante, ma Red” l’uomo sembrò aver ritrovato il suo coraggio,<br />

tanto da smettere di piagnucolare “E poi non voglio venire con voi. Dovrete trascinarmi per tutto il<br />

tragitto”<br />

Detto ciò rimase steso al suolo, schienato e legato dalla corda che gli avvolgeva tutto il busto,<br />

stringendogli le braccia lungo i fianchi. Annette e Clotilde si guardarono. La stregona cercò di far<br />

alzare il brigante con la forza. Di tirarlo per le orecchie o per i capelli. Red non si mosse di un<br />

centimetro, rimanendo impassibile.<br />

“Ci pensò io” decise alla fine Annette, inginocchiandosi accanto all’uomo. Gli slacciò i pantaloni,<br />

tirandogli fuori il pene, ancora moscio. Iniziò a massaggiarlo lentamente con la mano destra.<br />

“Ti piace vero?” gli domandò sorridendogli.<br />

“Molto” rispose Red con tono curioso, incerto “Cos’hai in mente?”<br />

In qualche modo l’uomo aveva capito che la ragazza non lo stava toccando solo per fargli piacere.<br />

Rimase ancora più stupito quando la donna abbassò la propria testa sul pene, prendendolo in bocca.<br />

Con la mano destra tirò giù tutta la pelle, mentre la lingua prendeva a carezzare la cappella ora<br />

scoperta. <strong>Il</strong> cazzo iniziò finalmente a venirgli duro. Lo sentì in bocca ingrossarsi sempre di più.<br />

Faceva salire e scendere le labbra su tutta la lunghezza mentre Clotilde la guardava stupita.<br />

“Ma sei impazzita? Devi farlo muovere, non succhiarglielo!”<br />

Annette non la ascoltò, ma continuò a succhiarglielo per diversi minuti. Era un membro nella norma<br />

tutto sommato. Era piuttosto largo e tozzo, e la sua cappella era considerevolmente larga. Quando il<br />

cazzo fu duro al massimo, Annette si alzò e prese dal suo zaino una delle corde con cui Lorenzo<br />

l’aveva legata alla sella. Erano corde resistenti ma sottili, perfette per l’occasione.<br />

Senza aggiungere una parola iniziò ad avvolgere la corda tra la base del pene e la sacca dei testicoli,<br />

formando un otto.<br />

“Cosa fai?” domandò Red allarmato “Fermati! E’ troppo stretto! Mi fai male!”<br />

<strong>Il</strong> brigante continuò a lamentarsi, ma le vere urla di dolore arrivarono poco dopo, quando Annette<br />

iniziò a far girare la corda intorno alla strozzatura dell’otto, tirando e stringendo con forza. A quel<br />

punto le urla di Red non significavano nulla. Urlava solo il proprio dolore, chiedendo aiuto,<br />

implorando di smettere. Alla fine Annette fece un bel nodo e afferrò la corda che avanzava, come<br />

un guinzaglio.<br />

“Scommettiamo che ora si alza?” detto ciò, la donna di colore tirò un forte strattone alla corda<br />

stessa. Red scattò subito in piedi, ululando dal dolore.<br />

“Vi seguo. Giuro che vi seguo! Ma toglietemi questa corda. Fa malissimo”<br />

La stregona gli sorrise teneramente. “Troppo tardi” sentenziò Annette.<br />

Le due donne caricarono le borse sulle spalle di Red e proseguirono il loro cammino lungo la strada<br />

rocciosa. Red le seguiva carico come un mulo, cercando di tenere il rapido passo delle due. Ogni<br />

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volta che si attardava, Annette tirava il guinzaglio, scatenendo le sue urla di dolore. Fu una lunga<br />

giornata per il brigante.<br />

Nelle prigioni era nuovamente ora dell’unico pasto giornaliero dei detenuti. Era passato un giorno<br />

da quando Mikela aveva dissetato il fu stregone di corte con i propri abbondanti umori. Non vedeva<br />

l’ora di ripetere l’esperienza che l’aveva eccitata da morire. Guardò per un po’ le schiave nella cella<br />

grande. Guardarle agitarsi, lì incatenate, era un’altra sua passione. Amava vederle lì, implorare<br />

pietà. Le faceva bere tanta acqua, versandola direttamente nella bocca tenuta aperta dall’anello di<br />

ferro, per poi guardarle urinare, umiliate, con quello zampillo che lei chiamava fontanella.<br />

Come da diversi giorni ormai, scese nel piano inferiore delle prigioni, per portare personalmente il<br />

cibo a Mikael. Si fece aprire la cella e vi entrò, con le guardie a piantonare la porta. Ebbe un attimo<br />

di sgomentò per quel giorno, quando, entrando nella cella, la trovò vuota.<br />

Lo stregone era forse riuscito ad aggirare l’inibitore magico che gli veniva somministrato nel cibo?<br />

Forse si era reso invisibile ed era ancora nella cella. Mikela lasciò cadere il piatto al suolo e iniziò a<br />

smanacciare nella piccola stanza, sperando di toccarlo. Niente. Non c’era niente in quella cella,<br />

escluso il cumulo di paglia.<br />

Mikela pensò che forse lo stregone vi si fosse nascosto sotto. Così iniziò a dare pedate sulla stessa,<br />

schiacciandola. Niente nemmeno lì. Sconvolta e tremante si voltò verso le guardie.<br />

“Dove diamine è andato?” urlò fuoriosa.<br />

Una delle guardie indicò il pagliericcio. Sembrava ci fosse qualcosa di strano dietro. Mikela<br />

fuorisamente spostò quel cumulo di paglia e, dietro di esso, vi trovò un buco. Era abbastanza largo<br />

per far passare un uomo a quattro zampe e si apriva su di uno stretto e buio tunnel che saliva verso<br />

l’alto con una discreta inclinazione.<br />

Mikael era fuggito. Da quasi un giorno ormai. La donna si fiondò nel buco, senza attendere oltre.<br />

Percorse il tunnel rapidamente, ferendosi ginocchia e gomiti. Per diverso tempo si mosse nel buio.<br />

Poi alla fine iniziò a vedere una luce. Affrettò i suoi movimenti arrivando finalmente all’uscita della<br />

stretta e claustrofobica galleria. La sua testa sbucò dal pavimento di un vicolo molto stretto e<br />

desolato. Era in una delle tante stradine della Capitale. Non passava nessuno di lì, ma, un po’ più<br />

avanti, vi era un incrocio con una strada molto più trafficata.<br />

Lo stregone era andato. Ritrovarlo era ormai fuori le sue possibilità. Maledisse quell’uomo in ogni<br />

modo. L’Imperatore l’avrebbe presa molto male.<br />

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Capitolo 8<br />

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Alba seguiva il suo padrone camminando a quattro zampe. Le sue mani erano state infilate in dei<br />

guanti di ferro sferici allacciati ai polsi che le impedivano di afferrare qualsiasi cosa. Le dita<br />

semplicemente si agitavano nella sfera di ferro che le avvolgeva. Le caviglie erano legate alle cosce,<br />

appena sotto i gluitei, in modo che la ragazza fosse costretta a camminare sulle ginocchia senza<br />

poter poggiare nemmeno gli stinchi a terra. Almeno indossava delle ginocchiere di ferro che le<br />

rendevano meno doloroso camminare su terreni aspri e duri. <strong>Il</strong> suo padrone le aveva infilato un<br />

cerchietto intorno alla testa, con delle finte orecchie di gatto. Oltre ciò era completamente nuda. Al<br />

collare era attaccato un guinzaglio che il suo padrone teneva ben stretto in mano, mentre insieme<br />

percorrevano il corridoio del castello in cui si trovavano. Era felice. <strong>Il</strong> suo padrone l’aveva presa<br />

con se e la possedeva spesso. Alle volte mentre beveva il latte dalla sua ciotola sentiva<br />

improvvisamente il pene di lui penetrarla nell’ano. Altre volte si versava direttamente il latte sul<br />

cazzo, e glielo faceva bere. Da quando lui l’aveva posseduta per la prima volta, aveva capito che<br />

quello doveva essere il suo padrone. L’uomo dai capelli bianchi e gli occhi rossi l’aveva deflorata<br />

con violenza, godendosi la sua verginità fino all’ultima goccia di sangue. Lei lo aveva seguito e lo<br />

aveva implorato di portarla con se. Alla fine lui aveva ceduto, mettendo però dei paletti. Alba ora<br />

era il gattino di quell’uomo. Non le era concesso altro. Eppure finalmente il suo sogno era realtà,<br />

anzi, era meglio del sogno perché ora il suo padrone si soddisfava del suo corpo.<br />

Alba faticava a tenere il passo dell’uomo. Finalmente i due arrivarono davanti ad una porta,<br />

controllata da due guardie imperiali. Queste si fecero subito da parte permettendo all’uomo e alla<br />

sua gattina di entrare.<br />

“Albino” disse Biscia stesa sul suo letto a baldacchino quando lo vide entrare.<br />

L’uomo dai capelli bianchi e occhi rossi si inginocchiò per un attimo, davanti al letto, quindi si<br />

rialzò.<br />

<strong>Il</strong> Generale Biscia era stesa sul suo letto, con la sua armatura che la lasciava quasi del tutto nuda. Le<br />

sue gambe lunghe e sinuose erano illuminate dalla luce delle lanterne che schiarivano l’aria della<br />

stanza. I suoi capelli verde scuro le calavano su di una spalla. I suoi occhi gialli da rettile<br />

penetravano l’ombra, facendo apparire ancora più bella, inquietante e pericolosa quella donna.<br />

“Albino” continuò ancora Biscia “Hai compiuto la tua missione?”<br />

“Si Generale” si limitò a dire Albino, indicandole poi col bastone Alba, ai suoi piedi, totalmente<br />

sottomessa “Costei era la vergine. Ed ora non lo è più”<br />

“Sapevo che non mi avresti deluso” disse Biscia annuendo compiaciuta “Che servizievole micetta…<br />

Ma immagino tu sia qui per riscuotere la ricompensa”<br />

Albino annuì e iniziò a spogliarsi. Poggiò il bastone su di un comodino e si tolse il lungo mantello.<br />

Alba lo aiutò a sfilare i pesanti stivali, afferrandoli tra i denti e tirando con forza. Quindi si tolse il<br />

farsetto nero, rimanendo totalmente nudo. Alba rimase inginocchiata, sedendosi sulle caviglie, ai<br />

piedi del letto, attendendo ordini dal suo padrone. Albino invece salì sul letto, inginocchiato sul<br />

materasso morbido, con il pene duro e turgido. Biscia guardò il membro eretto leccandosi le labbra.<br />

La sua lingua sembrava più lunga di una lingua normale, parecchio. Un particolare che colpiva<br />

almeno quanto colpivano i suoi occhi da rettile. <strong>Il</strong> Generale inarcò la sua schiena in avanti, in modo<br />

del tutto innaturale, piegandola quasi a metà. Poi si alzò sul letto, anch’essa sulle ginocchia, e si<br />

abbassò sul bacino dell’uomo. Afferrò la base del pene con la mano destra, iniziando a<br />

massaggiarlo lentamente. Avvicino le labbra al glande, ma non lo toccò. Esse si schiusero e la<br />

lingua si fece spazio, iniziando a leccare la cappella. Prima era solo la punta a strofinarsi contro il<br />

pene di lui. Pian piano sempre più lingua fuoriusciva dalla sua bocca e si avvolgeva attorno al pene,<br />

come un serpente. Albino sentiva la lingua avvolgerlo, umida e morbida. Una sensazione magnifica<br />

che si accentuò quando Biscia iniziò a muoverla su e giù. Muoveva la lingua come se fosse stata<br />

una mano, a salire e scendere avvinghiata all’asta. Sembra infinita quella lingua, e così<br />

sapientemente usata.<br />

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Mosse così, in contemporanea, lingua e mano per diverso tempo, prima che si decidesse a calare<br />

anche la bocca sul cazzo ben eretto ed insalivato. Non lasciò l’asta, ben avvolta nella lingua, ma si<br />

infilò l’intero pene, decisamente lungo e largo, tra le labbra. La bocca calò sempre di più<br />

sull’inguine dell’uomo, fino alla base del pene, facendo ben coincidere le labbra con la pelle di lui.<br />

La gola della donna si era allargata notevolmente per riuscire ad accogliere il cazzo tutto dentro. Lo<br />

ospitava totalmente, senza problemi. Quindi iniziò a salire e scendere con la testa, facendolo uscire<br />

fino a metà per poi riprenderlo tutto. Non lo toccava nemmeno più con le mani, si impegnava solo<br />

con la bocca, mentre, al suo interno, la lingua avvolgeva il glande massaggiandolo in maniere<br />

impossibili a qualsiasi altra donna.<br />

Albino sentiva la bocca del Generale tutta intorno a se. Usava solo la sua bocca, eppure riusciva a<br />

dargli un piacere immenso. La sua cappella era avvolta da una sensazione umida e morbida che<br />

continuava a stuzzicarlo senza tregua, mentre le labbra calavano sulla sua asta fino alla base, per poi<br />

risalire fino quasi alla corona del glande. A questo si aggiunse Alba che, alle sue spalle, si era alzata<br />

sulle ginocchia poggiando le mani guantate di ferro sul letto e aveva iniziato a leccargli l’ano.<br />

La gattina non voleva disubbidire al padrone. Eppure la sua voglia di farlo godere il più possibile, di<br />

procurargli piacere in ogni modo, le aveva impedito di star ferma. Aveva infilato la sua faccia tra le<br />

natiche dell’uomo e ora, con la sua lingua, gli massaggiava l’ano con movimenti rotatori. La<br />

ragazza alternava lentamente la sua lingua dall’ano al perineo e i testicoli, insalivando per bene tutta<br />

la zona. Albino protese una mano dietro di se, afferrando la nuca di Alba e spingendola con forza<br />

verso il proprio ano, tra le proprie natiche. La ragazza si sentì soffocare così spinta, ma un brivido<br />

di gioia la percorse ora che sapeva che evidentemente il suo padrone aveva apprezzato il suo gesto.<br />

Quindi con ancora più passione e convinzione proseguì a leccargli l’ano, passando la punta della<br />

sua lingua intorno a quel buchetta per poi provare, ogni tanto, a violarlo penetrandolo con la stessa.<br />

Biscia dall’altra parte continuava a succhiarglielo infilandoselo fino in gola. La donna alzò gli occhi<br />

verso di lui, che la stava guardando. Gli occhi rossi dell’uomo si incrociarono con quelli da rettile<br />

della donna. Albino ne ricavò ancora più eccitazione, tanto che il suo pene iniziò a pulsare.<br />

A quel punto si tolse il pene di bocca e si sdraiò sul letto a schiena sotto. La donna lo guardava con<br />

quello sguardo così inquietante e affascinante al contempo. Lentamente allargò le gambe,<br />

distendendo le cosce, sempre di più. Arrivò a fare una spaccata completa, portando le gambe<br />

perfettamente perpendicolari al proprio corpo. Ma non si fermò. Continuò a tirare indietro le cosce,<br />

fino a portare le caviglie a incrociarsi dietro la testa. Biscia era così sul letto, con le cosce più che<br />

spalancate. <strong>Il</strong> suo sesso era bagnato e alcune gocce di umori gocciolavano giù, tra il solco delle<br />

natiche. Le grandi labbra erano tenute larghe da quella posizione. Aspettava solo il cazzo di lui.<br />

Quella ennesima prova di flessibilità incredibile e pieno controllo del proprio corpo lo eccitò oltre<br />

ogni limite.<br />

Albino senza aspettare lasciò la nuca di Alba e, con una pedata in faccia, la spinse indietro,<br />

facendola cadere a terra. Senza indugiare oltre puntò il glande sulla vagina di lei e vi affondò<br />

facilmente. Così larga e bagnata, gli sembrò di affondare il cazzo nel burro. Diede un paio di forti<br />

colpi di anche quando, improvvisamente, la vagina si chiuse stretta intorno al suo pene. Affondava<br />

allargando la carne di lei, ben lubrificata, mentre le sensazioni aumentavano sempre di più. Così<br />

stretta intorno a lei. Lo stava facendo impazzire.<br />

“Lo sai vero?” disse lei ansimando, tra un gemito e un altro “Non devi venirmi dentro”<br />

“Non preoccuparti” le rispose “So già dove svuotarmi”<br />

A quelle parole Alba si sentì tirata in causa e si dispose a quattro zampe, ai piedi del letto.<br />

Lentamente chinò la faccia, fino a toccare al suolo, rimanendo così col sedere ben alto, poggiata<br />

solo sulle ginocchia. Le mani avvolte dalle sfere si poggiarono sulle natiche. Spinse il metallo fino<br />

ad aderire bene e tese le braccia in modo da allargare bene le natiche, lasciando l’ano in bella<br />

mostra, disponibile ad ogni desiderio del padrone. La gelosia le si accendeva quando vedeva il<br />

padrone soddisfarsi con un’altra donna. Voleva che lui usasse solo lei. Non importava quanto<br />

denigrante e umiliante fosse, ma lui doveva usare solo i suoi buchi. Sentirsi tirare in causa, sapere<br />

che finalmente aveva un ruolo anche lei, l’aveva riempita di eccitazione.<br />

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Ci vollero ancora alcuni colpi di anca, affondando il pene tra nella figa strettissima di Biscia. Sentì<br />

il piacere raggiungerlo. Appena il cazzo iniziò a pulsare Albino se lo afferrò alla base, tirandosi<br />

indietro, togliendosi dal sesso di lei. Si alzò e si accovacciò dietro Alba pronta a riceverlo. Piegò le<br />

ginocchia e appoggiò la cappella al suo ano, già violato diverse volte in passato. Spinse lentamente<br />

il glande nel buchino. Alba chiuse gli occhi e si morse le labbra, non era ancora perfettamente<br />

abituata e gli doleva un po’. Albino lo infilò lentamente, allargando sempre di più il buchino fino a<br />

raggiungere l’apice all’ingresso della corona della cappella. Quindi si fermò. Lasciò dentro il culo<br />

di lei solo la cappella e con la mano si massaggiò l’asta del cazzo. Alba sentiva la presenza<br />

immobile dentro di lei. Sentiva la sua carne stretta intorno alla strozzatura sotto il glande del pene di<br />

lui. L’uomo mosse la propria mano diverse volte prima di raggiungere finalmente e definitivamente<br />

l’orgasmo.<br />

La gattina si morse ancora di più il labbro mentre sentiva il glande gonfiarsi e pulsarle dentro,<br />

allargando ancora di più l’ano. Sentì gli schizzi di sperma invaderla, copiosi e forti. Era il<br />

contenitore in cui il suo padrone si svuotava. <strong>Il</strong> buco in cui riversava i suoi scarti e i rifiuti del suo<br />

corpo. Questo la faceva sentire utile. Adorava essere così usata, senza ritegno e dignità, totalmente<br />

umiliata.<br />

Quando Albino finì di venire nel culo estrasse il glande dall’ano, ancora gocciolante. Ne strofinò la<br />

punta su di una natica di Alba, come per ripulirselo un po’. Lei avrebbe voluto leccarglielo per<br />

pulirlo per bene, ma lui non glielo concesse. La ragazza si limitò a miagolare sommessamente un<br />

paio di volte. Sentiva lo sperma riempirle il culo. Era una quantità considerevole di seme. <strong>Il</strong> suo<br />

padrone l’aveva completamente allagata. Già sentiva alcune gocce lambirle i bordi del buchetto,<br />

pronti a riversarsi fuori.<br />

“Mi raccomando” puntualizzò subito il suo padrone, mentre prendeva a rivestirsi “Non sporcare la<br />

stanza del Generale”<br />

Alba si pose subito a quattro zampe con la schiena profondamente inarcata verso il basso. Era<br />

scomodissimo. Era difficilissimo camminare così, ma non poteva deludere il suo padrone. <strong>Il</strong> suo<br />

culo era così ben puntato verso l’alto, come una brocca colma di sperma.<br />

“Che micia servizievole e ubbidiente” disse Biscia rimettendosi comoda sul letto.<br />

“Già” convenne Albino carezzandole i capelli corti a caschetto.<br />

Alba fu felice di quella dimostrazione di appressamento. Fece le fusa sentendosi carezzata. Avrebbe<br />

voluto agitare il culetto, per dimostrare la propria gioia, ma non voleva rischiare di farlo traboccare,<br />

di far colare gocce lungo le sue cosce fino al pavimento che non andava sporcato.<br />

Una volta rivestitosi, Albino afferrò il guinzaglio della gattina e uscì dalla stanza, accomiatandosi<br />

col suo Generale. Alba faticava a tenere il suo passo già normalmente, costretta sulle ginocchia, con<br />

i suoi arti ricoperti di ferro. Ora la difficoltà era anche maggiore. Doveva mantenere la schiena<br />

profondamente arcuata verso il basso, per non far traboccare nemmeno una goccia. Eppure ad ogni<br />

movimento delle cosce sentiva lo sperma agitarsi dentro di lei, oscillare pericolosamente. Sentiva<br />

gocce lambire i bordi del suo buchetto. Poco prima di uscire sentì una goccia fuoriuscire e scorrerle<br />

intorno alle grandi labbra della figa bagnata. La goccia le scese nell’interno coscia. Ebbe timore<br />

sarebbe caduta a terra, ma per fortuna la goccia si esaurì scendendo, lasciandola solo bagnata di<br />

sperma sulla coscia. Quando furono usciti dalla stanza la gattina guardò il padrone, avrebbe voluto<br />

chiedergli quando si sarebbe potuta svuotare dello sperma, quando si sarebbe potuta liberare di quel<br />

nuovo supplizio. Non poteva parlare, così si limitò a miagolare triste un paio di volte.<br />

“Lo sai” disse Albino sorridendole “Puoi svuotarti solo nella tua lettiera”<br />

Detto ciò si avviarono verso la stanza del padrone. La strada era lunga. Si domandò come avrebbe<br />

fatto a salire le scale senza far colare lo sperma fuori dal suo culo, camminando sulle ginocchia e<br />

tirata al guinzaglio dal suo padrone. Non importava, amava avere in se lo sperma caldo del suo<br />

padrone, sentirsi piena. Si sarebbe inventata un modo.<br />

Anya beveva avidamente dalla sua borraccia. Grazie ai copiosi orgasmi di Lorenzo, l’aveva<br />

riempita di sperma, ed ora lo stava bevendo a lunghe sorsate. Ormai la sua bocca si era abituata a<br />

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quel sapore, non solo lo sopportava, ma gli piaceva. Quando sentiva la densa sostanza scorrergli<br />

sulla lingua la assaporava golosamente. Si bevve in un lungo sorso quasi metà borraccia, riempita in<br />

numerose sessioni di sesso orale. Poi la tappò e abbassò il capo in mezzo alle proprie cosce. Guardò<br />

Lorenzo che affondava la sua faccia nella figa, leccandola avidamente.<br />

“Lecca… Lecca e fammi godere” disse spingendogli la faccia tra le proprie cosce con la mano.<br />

Erano due caratteri forti, due dominatori, così finivano per soggiogarsi a vicenda. <strong>Il</strong> Barone mal<br />

sopportava il modo di fare di lei, non amava sentirsi sottomesso così. Quando lei spinse ancora di<br />

più la sua testa sulla sua figa, fin quasi a soffocarlo, si ribellò. La spinse via e la costrinse a<br />

stendersi al suolo, a pancia sotto. Con una mano le bloccava i polsi, conserti dietro la schiena. Con<br />

l’altra si massaggiò entrambi i peni. Sputò sull’ano della donna e iniziò a spingere entrambe le<br />

cappelle tra le sue natiche.<br />

“No… No entrambi no!” urlò Anya, ma il suo urlo si perse nel deserto che li circondava.<br />

Si trovavano accampati sotto una duna, del deserto che avvolgeva il sud del Grande Continente. Si<br />

trovavano a poche ore di viaggio da Suddia, la più grande città del deserto, capitale del fu <strong>Regno</strong> del<br />

Sud. Era quello il loro obiettivo.<br />

Lorenzo non ascoltò gli urli dell’eletta e affondò con decisione i suoi peni nel suo culo. Anya si<br />

sentì dilaniata. Completamente aperta e allargata. Non aveva mai preso nulla di così grosso dentro<br />

di se. I suoi due peni le scavavano dentro, tendendo oltre il naturalmente possibile il suo buchino<br />

arrossato.<br />

“Fermati! Lorenzo!” Anya continuava ad urlare. Lorenzo le mise la mano libera sulla bocca, per<br />

impedirle di urlare. L’eletta non si era mai sentita così sottomessa. L’uomo le spingeva entrambi i<br />

cazzi nel culo, spingendo in profondità il bacino. Erano entrati per metà, ma il Barone dava segno di<br />

volerli far entrare del tutto. Anya continuava a lanciare urla soffocate dalla mano di lui. Cercava di<br />

ribellarsi, di liberarsi, ma la mano di lui le teneva stretti e saldi i polsi.<br />

Ci vollero alcuni minuti prima che lui fosse soddisfatto. Non aveva raggiunto l’orgasmo, ma l’aveva<br />

sottomessa abbastanza. Uscì da lei e si mise a sedere accanto, lasciandola libera, con ancora i cazzi<br />

turgidi ed eretti.<br />

Anya si massaggiò l’ano completamente dilatato dalla innaturale penetrazione appena subita. Non<br />

ne aveva mai presi due contemporaneamente dietro. Le faceva malissimo. Provò a girarsi, per<br />

sedersi. Ma l’ano le faceva troppo male così rimase a pancia sotto sulla sabbia.<br />

“Stronzo mi fa malissimo” disse lanciandogli uno sguardo feroce “Non riesco nemmeno a sedermi”<br />

I due si guardarono per un attimo, poi scoppiarono a ridere. Era diventato un gioco per loro,<br />

violentarsi a vicenda, prima l’uno, poi l’altra. Con violenza, senza regole e limiti. Senza freni.<br />

“Ora ti do un bacio dove ti fa male” disse Lorenzo piegandosi su di lei. Le mise le mani sulle<br />

natiche allargandogliele pian piano. Anya strinse i denti. Poi pian piano il Barone le infilò la lingua<br />

tra le natiche, massaggiandole l’ano con la lingua, lentamente, con delicatezza.<br />

“Così va meglio” disse Anya gemendo.<br />

Lui continuò così per ancora qualche secondo prima di fermarsi e guardarla.<br />

“Che hai?” chiese infine la donna.<br />

“Penso a domani. A quando dovrò chiedere al mio popolo di scendere in battaglia”<br />

“Come dimostrerai che sei davvero tu il legittimo erede al trono?”<br />

“<strong>Il</strong> bifallo è tipico della discendenza Giulii. Tutti i Re storici del <strong>Regno</strong> del Sud hanno due cazzi”<br />

“E tutti li avevano piccoli come te?” Anya lo punzecchiò ridendo, continuando a massaggiarsi l’ano<br />

delicatamente, ancora arrossato e dolorante.<br />

Lorenzo la guardò con cattiveria. La bloccò nuovamente come prima.<br />

“No stronzo. Non di nuovo!” urlò lei, ma lui già le imbavaglio la bocca con la propria mano. Con<br />

un deciso colpo di reni la penetrò di nuovo, nel culo, con entrambi i falli. Arrivò a metà, ma non si<br />

accontentò, spinse fino ad infilarli del tutto, incurante delle urla disperate dell’eletta. Quest’ultima<br />

cercava di liberare le mani bloccate, di dimenarsi per togliersi i due cazzi da dentro. Quell’agitarsi<br />

non faceva altro che aumentare le sensazioni in lui. Più lei dimenava il sedere, più lui si eccitava e<br />

provava piacere. Iniziò a spingere in lei con forza sempre maggiore. Questa volta era deciso ad<br />

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arrivare fino alla fine. Spinse un numero di volte che ad Anya sembrò infinito. La donna trasse un<br />

sospiro di sollievo quando lo sentì finalmente svuotarsi dentro di lei. Entrambi i peni le scaricarono<br />

dentro una quantità incredibile di sperma. Provare piacere contemporaneamente con entrambi i<br />

membri era una sensazione che non aveva mai provato. Lorenzo urlò mentre le veniva nell’ano.<br />

“Sei uno stronzo” ripeté lei con alcune lacrime a scenderle lungo le guance “Mi farà male per tutto<br />

il giorno”.<br />

Appena sorse il sole, i due montarono a cavallo diretti a Suddia. Furono poche ore di viaggio, ma<br />

per Anya furono un supplizio. <strong>Il</strong> doppio sesso anale della sera prima le aveva lasciato l’ano<br />

arrossato, dilatato e dolorante. Non riusciva a stare seduta, quindi cavalcò tutto il tempo spingendo<br />

con i piedi nelle staffe della sella, per evitare di sedersi. Ogni volta che il cavallo perdeva la presa<br />

sulla sabbia ed aveva un sobbalzo, lei impattava con il sedere sulla sella, provando fitte lancinanti e<br />

lanciando improperi ed offese al Barone. Quest’ultimo invece se la rideva divertito.<br />

Quando arrivarono alla città, Anya iniziò a vedere delle scene strane. Lorenzo l’aveva avvisata che<br />

il caldo del sud rendeva la gente molto più passionale, ma lei non si aspettava nulla del genere. Le<br />

donne vestivano abitini più che corti, senza alcun indumento intimo. Ogni movimento meno<br />

aggraziato di queste donne scopriva un seno, o una natica. Si rese conto che la sua armatura, in quel<br />

contesto, non la rendeva poi così appariscente. Mentre si inoltrarono nella via principale un mare di<br />

urla li avvolse. Gente che litigava. Gente che contrattava. Gente che gemeva di piacere, facendo<br />

sesso nei vicoli sotto gli occhi di tutti. Nella piazza principale, dove si gestiva il mercato principale,<br />

si ergeva un alto palco. Sul palco vi era una donna bloccata nella gogna. La sua testa e le sue mani<br />

erano bloccate nel legno, piegata in avanti. Le sue vesti erano state strappate e ora chiunque ne<br />

aveva voglia approfittava di lei.<br />

La donna non si lamentava, si limitava a subire in silenzio. Qualcuno le arrivava davanti e le<br />

sbatteva il pene in faccia, percuotendole le gote con la cappella, per poi infilargliela in bocca e<br />

venirle tra le labbra. Altri si accalcavano dietro di lei, facendo la fila per incularla con forza. Altri<br />

allungavano le mani sotto di lei, toccandole il sesso e i seni. La sua faccia era totalmente ricoperta<br />

dallo sperma di numerosi uomini, e diverse gocce cadevano dal mento ogni volta che veniva<br />

percossa.<br />

Un banditore di una bancarella mostrava le proprie merci urlando sguaiato, mentre una donna gli<br />

succhiava con dedizione il membro grosso e largo. Un’altra donna si piegò sul bancone, per<br />

osservare meglio una cintura in esposizione, lasciando che il suo vestitino si sollevasse troppo<br />

mostrando il sedere nudo. Un uomo da dietro, uno sconosciuto probabilmente, tirò fuori il pene e<br />

glielo infilò in mezzo alle cosce, iniziandosela a scopare, mentre la donna quasi indifferente<br />

continuava a guardare la merce. Un’altra banditrice continuava ad urlare dall’altra parte della<br />

strada, mostrando dei vasi in vendita. <strong>Il</strong> suo volto era chiaramente sporco di sperma. Un’altra ancora<br />

aveva le enormi tette di fuori, due mastodontici seni carnosi un po’ pendenti con larghi capezzoli.<br />

Due uomini li succhiavano avidamente, mentre si masturbavano.<br />

Eppure tutto sembrava normale, nessuno sembrava far caso a quelli che erano solo alcuni dei<br />

numerosissimi episodi in tutto il mercato. Tutti scopavano tra loro e si procuravano piacere a<br />

vicenda, senza alcun limite.<br />

<strong>Il</strong> Barone e l’eletta scesero da cavallo lentamente, avvicinandosi al palco. Lorenzo vi salì. Nessuno<br />

gli prestò attenzione, sembrava uno dei tanti saliti per abusare della donna alla gogna.<br />

“Popolo del Sud!” urlò Lorenzo rivolgendosi alla folla del mercato “Chi vi parla è il vostro Re!”<br />

La folla fu attirata da quelle parole. Tutti si voltarono a guardarlo straniti. Calò quasi il silenzio<br />

nella piazza.<br />

“Io sono Lorenzo Giulii, legittimo Re del <strong>Regno</strong> del Sud! Oggi è venuto il giorno di ribellarci<br />

all’Imperatore che ci opprime, di riprenderci la nostra libertà”<br />

Verso il palco iniziarono a muoversi alcuni soldati imperiali che presidiavano la piazza. Loro<br />

sapevano che probabilmente si trattava del vero Barone ed erano intenzionati ad arrestarlo e<br />

condurlo alla capitale. Lorenzo li vide e incalzò.<br />

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“Tra due giorni muoveremo guerra all’Impero! Spargete la voce! Radunate gli eserciti del Sud! E’<br />

giunto il tempo di combattere”<br />

La gente lo guardava con scetticismo. Diverse voci si alzarono, palesando che non credevano a<br />

quell’uomo. Qualcuno urlò “Dimostra che sei tu!”<br />

A quelle parole Lorenzo si slacciò il calzone e mostrò a tutta la piazza il suo bifallo. I due membri<br />

svettavano ben eretti e turgidi. La piazza ammutolì per un istante mentre ancora i soldati cercavano<br />

di raggiungere il palco.<br />

Un attimo dopo la folla esplose in un boato di gioia. Riconobbero il loro Re. Molti si inchinarono.<br />

Altri lanciavano urla di gioia. I soldati impallidirono e tornarono sui propri passi, con l’intenzione<br />

di fuggire dal sud.<br />

“Radunate gli eserciti popolo del Sud! Dopodomani si scende in battaglia!”<br />

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Capitolo 9<br />

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Annette tirò per l’ennesima volta il guinzaglio, senza nascondere un certo sadismo. Red urlò ancora<br />

di dolore. L’uomo aveva l’impressione che il pene e i testicoli si stessero per staccare da un<br />

momento all’altro. Aveva cercato di liberarsi, ma la corda che gli si stringeva in vita e attorno alle<br />

braccia era troppo resistente. Si guardò il pube, per guardare le condizioni del suo membro. <strong>Il</strong> suo<br />

cazzo era rosso e gonfio, grande come non se lo era mai visto. La cappella sembrava voler<br />

scoppiare. La sacca dei testicoli era del medesimo colore e pulsava da impazzire. Ogni volta che<br />

Annette strattonava provava un dolore inumano. La stanchezza si era impadronita di lui, camminava<br />

da molto ormai e i pesi che le ragazze gli avevano legato addosso lo schiacciavano al suolo senza<br />

pietà. Intravedere poco lontano sul sentiero l’accampamento dei ribelli fu un’amara consolazione.<br />

“Siamo arrivati” informò Clotilde.<br />

<strong>Il</strong> gruppetto fu fermato all’ingresso da un paio di guerriere munite di lance e coperte da armature di<br />

cuoio. Una delle due in particolare attirava l’attenzione. Aveva il capo completamente rasato,<br />

eppure i suoi grandi occhi neri da gatta le donavano ancora una profonda femminilità.<br />

“Clotilde” disse proprio costei “Le nostre esploratrici ti hanno vista arrivare. Chi porti con te?”<br />

“Ciao Zoe” rispose la stregona sorridendole “Porto una nuova ribelle, una donna fidata che si è<br />

unita alla nostra causa… E un brigante che ci ha attaccato per la via. Deve essere processato”<br />

Zoe sembrò scettica sull’ultima affermazione “Processo già… Cunya la Saggia vi attende”<br />

Annette tirò di nuovo il guinzaglio e si introdusse nell’accampamento con Clotilde. La donna di<br />

colore si guardò intorno, analizzando l’accampamento e chi lo abitava. C’era qualcosa di strano, ma<br />

non riuscì ad individuarlo subito. Osservando tra le numerose tende, tra coloro che si addestravano<br />

e chi faceva la ronda. Insieme a Clotilde si stavano avviando verso una tenda rossa molto grande.<br />

Proprio alla stregona si rivolse quando finalmente capì cosa c’era di strano.<br />

“Ma… Dove sono gli uomini?”<br />

“Non ci sono uomini tra i ribelli” rispose l’altra “Tutti gli uomini in forze e abili sono stati arruolati<br />

nell’esercito dell’impero. I pochi rimasti badano alle famiglie e ai campi… O si danno al<br />

brigantaggio. Così le donne più forti si sono riunite per combattere l’Imperatore. Tuttavia abbiamo<br />

dei prigionieri, sono soldati imperiali che utilizziamo nel momento del bisogno, se capisci cosa<br />

intendo… Sono in una tenda il fondo al campo, la chiamiamo la stalla”<br />

Finalmente il gruppetto fece il proprio ingresso nella tenda rossa, che si rivelò essere quella in cui il<br />

capo dei ribelli concedeva udienza. Al loro ingresso si trovarono in mezzo ad un discreto numero di<br />

donne, abbastanza per riempire la tenda. Molte erano armate e si identificavano come guardie del<br />

capo.<br />

In fondo alla tenda c’era un piccolo trono su cui sedeva Cunya la Saggia, il capo dei ribelli appunto.<br />

Era una donna tra i quaranta e i cinquanta anni, ma ancora piacente. Era completamente nuda,<br />

rivestita solo di una profonda arroganza che riversava attraverso i suoi gesti e i suoi sguardi. <strong>Il</strong> suo<br />

fisico era carnoso, non grasso. I seni erano delle grosse sfere di carne con ampi capezzoli marroni.<br />

Nonostante la loro incredibile stazza, erano sodi, alti e duri, sfidando qualsiasi legge fisica. La sua<br />

vita si stringeva appena per poi riallargarsi in due fianchi generosi. <strong>Il</strong> sedere era grande e carnoso,<br />

con una pelle liscia e curata, senza alcuna imperfezione. Aveva le cosce, anch’esse carnose al punto<br />

giusto, accavallate. <strong>Il</strong> piede sinistro era poggiato al suolo, dove un prigioniero era inginocchiato,<br />

leccandone il dorso e le dita. <strong>Il</strong> destro pendeva a mezz’aria, sorretto dalle mani di un altro<br />

prigioniero che le succhiava avidamente l’alluce, ricoprendolo di saliva. <strong>Il</strong> suo volto fiero era<br />

decisamente allungato, con un naso importante e due occhi castani dal taglio sottile. I capelli biondi<br />

erano lunghi e tirati indietro, aderenti al capo, come incollati da qualche sostanza particolare.<br />

L’acconciatura così particolare lasciava visibili due orecchie piccole e rotonde ai cui lobi<br />

pendevano due orecchini circolari molto ampi. Aveva un volto non propriamente bello, ma aveva<br />

quel qualcosa che non lascia indifferenti; quello sguardo da porca che piega la volontà di qualsiasi<br />

uomo.<br />

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Annette notò subito qualcosa di familiare in lei. La sua espressione interdetta fu prontamente notata<br />

da Clotilde.<br />

“Hai notato la somiglianza?” domandò la stregona “E’ la madre di Anya. Escluso il colore dei<br />

capelli sono similissime. Stesso volto, stessa indole…”<br />

“Clotilde!” Cunya richiamò la stregona “Avvicinati tu insieme a coloro con cui ti accompagni”<br />

Subito ubbidì la ragazza, avvicinandosi al trono della Saggia. Si inchinò rapidamente e le consegnò<br />

la provetta col capello “Saggia Cunya, ho portato il capello di vergine… L’incantesimo può avere<br />

luogo”<br />

Annette notò uno strano parallelismo tra quella tenda e la sala del trono dell’Imperatore. In<br />

particolare c’era uno strano rumore che le rendeva molto simili. Ogni volta che la gente taceva,<br />

l’unico suono udibile era il sommesso succhiare e leccare dei prigionieri. <strong>Il</strong> loro instancabile lavoro<br />

sottomesso, il loro infinito leccare i piedi alla donna sul trono. Eppure quella visione la riempì di<br />

una eccitazione di cui finì per vergognarsi. Distolse lo sguardo quando sentì il proprio sesso<br />

bagnarsi.<br />

“Ma non vedo mia figlia con te. Vedo invece quella donna dalla pelle ebano e un lurido brigante”<br />

“Infatti Saggia Cunya. Tua figlia è al sud, col Barone Lorenzo Giulii. Stanno organizzando un<br />

esercito con cui attaccheranno la Capitale da sud. A noi il compito di attaccarla da nord, così da<br />

stringerla da due fuochi mentre l’incantesimo ha effetto. <strong>Il</strong> piano di tua figlia è quello di<br />

raddoppiare le proprie probabilità di distruggere l’Imperatore”<br />

“Ma lei è l’eletta” imbeccò Cunya a quelle parole “La sua vittoria è certezza”<br />

“Certo Saggia Cunya” proseguì Clotilde “La donna con cui mi accompagno è amica del Barone<br />

Lorenzo Giulii, e giunge qui per aiutarci. <strong>Il</strong> suo nome è Annette. <strong>Il</strong> brigante invece ci ha aggredite<br />

durante il cammino, ha ucciso il cavallo di Annette e ora attende un processo. Dice di chiamarsi<br />

Red”<br />

“Io mi chiamo Red!” protestò il brigante che fu subito messo a tacere da un forte strappo di<br />

guinzaglio. La sala si riempì per un attimo delle urla di dolore dell’uomo.<br />

“E quando dovremo attaccare?” domandò Cunya che non distoglieva lo sguardo dal pene rosso e<br />

gonfio oltre il naturale di Red.<br />

“Domani” sentenziò Clotilde scatenando lo stupore generale “Saremmo dovuti giungere qui prima,<br />

ma purtroppo il brigante ha ucciso il nostro cavallo”<br />

“Domani è presto, ma ora è ancora mattina. Avremo tutto il giorno per prepararci. Anya avrà il<br />

nostro appoggio” la Saggia era sempre incredibilmente disponibile quando si parlava della figlia<br />

“Iniziate i preparativi dunque…”<br />

Alcune delle donne nella tenda si congedarono ed uscirono per organizzare l’esercito. Cunya spinse<br />

via il prigioniero che le leccava il piede destro, scavallando le gambe. Quindi la Saggia si alzò in<br />

piedi facendo cenno a Red di avvicinarsi. Annette lo condusse vicino alla donna e le passò il<br />

guinzaglio.<br />

“Mi occuperò io di questo brigante” decretò la Saggia, muovendosi verso l’uscita della tenda,<br />

tirando Red per il guinzaglio.<br />

Nessuno si oppose al capo dei ribelli. Cunya condusse il brigante verso la propria tenda personale.<br />

Al suo interno vi era un letto da campo molto basso ricoperto da lenzuola rossa e numerosi cuscini.<br />

Cunya tirò il guinzaglio fino al limitare del letto e vi si sdraiò. La Saggia allargò le cosce mostrando<br />

la sua vagina, grande e liscia. Le grandi labbra erano carnose ed invitanti.<br />

“Leccami” ordinò la donna.<br />

“Non voglio” si lamentò Red. Uno strattonamento del guinzaglio lo fece ululare di dolore. Piegato<br />

nella volontà, l’uomo si inginocchiò e chinò il capo tra le cosce di lei, iniziando a leccarla come<br />

ordinato. Iniziò a baciarle le grandi labbra, succhiandole e leccandole. Quindi risalì, a concentrarsi<br />

sul clitoride, succhiandoglielo con dedizione. Fu un’operazione che durò poco.<br />

“Alzati” ordinò subito dopo la donna.<br />

Red si rialzò in piedi, attendendo. <strong>Il</strong> suo pene era eretto, gonfio e rosso come non lo era mai stato.<br />

Era un cazzo di dimensioni notevoli in quel momento, e Cunya lo afferrò con decisione. Al contatto<br />

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il brigante urlò di dolore. Sentirselo toccare lo fece avvampare di calore. Lo sentiva pulsare sotto la<br />

mano di lei, provando un dolore indescrivibile. Quindi la lingua di lei carezzò la cappella, gonfia e<br />

dura. Provò un misto di dolore e piacere intenso e violento. Quando finalmente Cunya lo prese in<br />

bocca non sapeva se soffriva o godeva. Iniziò a muovere la testa attorno al pene rapidamente,<br />

succhiandoglielo con grande esperienza. Red raggiunse l’orgasmo quasi subito, sentendo il piacere<br />

e il dolore mischiarsi. Eppure raggiunse il limite, ma l’orgasmo non esplose. Rimase semplicemente<br />

sull’orlo, a un istante dal piacere massimo, senza riuscire a venire davvero. Si rese subito conto che<br />

era colpa della corda, che gli stringeva il pene e i testicoli, impedendogli di far passare lo sperma.<br />

Dolore, piacere, l’orgasmo ad un passo. Era una tortura insopportabile. L’unica cosa che desiderava<br />

era essere slegato e venirle in bocca, riempirla di seme. Quando pensò di non resistere più, Cunya si<br />

fermò e si voltò, mettendosi carponi sul letto, rivolgendo il grosso sedere verso l’uomo. Era così<br />

rotondo e grande, eppure liscio e morbido. Red non attese oltre e spinse il proprio cazzo in mezzo a<br />

quelle carnose natiche. Lo senti farsi spazio tra le grandi labbra e penetrare la sua vagina, calda e<br />

bagnata. <strong>Il</strong> dolore era insopportabile, e così il piacere irraggiungibile. Si sentiva allo stremo. Più<br />

aveva voglia di venire, più spingeva con le anche contro il grosso culo della donna. Più spingeva,<br />

più sentiva il dolore e il piacere crescere. Voleva solo esploderle dentro. Voleva solo godere<br />

finalmente. <strong>Il</strong> suo cazzo non era mai stato così gonfio, duro e dolorante. Sentiva lo sperma cercare<br />

di spingere fuori, di schizzare a litri, ma la corda lo bloccava.<br />

“Basta!” urlò Red spingendo con sempre maggiore violenza sul culo di Cunya “Basta voglio venire<br />

ti supplico!!”<br />

Cunya era sorda alle sue suppliche. Si godeva il grosso e gonfio pene in mezzo alle cosce. Red lo<br />

sentiva avvolto in quella caverna di carne umida e bagnata. Si sentiva completamente coperto. <strong>Il</strong><br />

contatto del suo cazzo contro la pelle di lei gli procurava un incredibile dolore, ma al contempo la<br />

sensazione continuava a farlo eccitare all’estremo. La sensazione che i suoi testicoli stessero per<br />

esplodere lo torturava. Voleva svuotarsi dentro di lei. Godere in lei. Invece no. Gli era negato. Dopo<br />

più di dieci minuti di spinte di anche violente, Cunya esplose in un orgasmo. Stringe la coperta tra<br />

le mani, gemendo rumorosamente, stringendo i muscoli delle cosce e della vagina intorno al pene<br />

dell’uomo. Questo causò una nuova fitta di dolore a Red.<br />

“Ora fammi godere… Ti supplico” insisteva il brigante.<br />

“Siamo solo all’inizio” gli rispose la Saggia spingendolo di schiena sul letto. Quindi gli si<br />

inginocchiò vicino e gli afferrò il pene eretto e gonfio. <strong>Il</strong> dolore tornò ad impossessarsi di Red,<br />

intrecciandosi col piacere. Cunya chinò la testa tra le sue gambe, iniziando a leccargli i testicoli. La<br />

sensazione inizialmente era quasi piacevole, il dolore era quasi trascurabile nonostante fossero<br />

arrossati e gonfi. Poi la donna iniziò a succhiarli con più forza, senza pietà. Red ebbe la sensazione<br />

che si stessero per staccare e urlò soffrendo. Quindi la Saggia salì a cavalcioni sul bacino<br />

dell’uomo, prendendo il cazzo dentro di se. Iniziò a cavalcarlo, provocandogli ancora quella scarica<br />

di piacere e dolore che lo conduceva sull’orlo dell’orgasmo, un orgasmo che gli era negato da<br />

quella corda così stretta. Sentiva il piacere e lo sperma pronto a schizzare, ma incapace di uscire.<br />

La donna andò avanti per ore, senza dare tregua al brigante che continuava ad implorare di<br />

smetterla, di farlo venire. Furono ore di inferno per lui, che continuava a desiderare di venirle<br />

dentro in tutta la potenza del suo orgasmo così a lungo rimandato. Sentiva le cosce di lei sbattergli<br />

sul bacino, senza sosta, insistentemente. <strong>Il</strong> piacere di Cunya si riversava su di lui, inumidendogli il<br />

linguine, bagnandolo dei suoi umori. La guardava agitarsi su di lui, sbattendo carne su carne. Era<br />

insaziabile e lui non ne poteva più. Era immobilizzato con quella donna che continuava a infilarsi il<br />

suo pene dentro di lei, dolorante e gonfio.<br />

Alla fine, quando Cunya fu soddisfatta, si sollevò dal cazzo di Red e glielo prese in bocca. Con la<br />

sola lingua continuò a mantenere il piacere all’apice nel ragazzo, mentre con le mani iniziò a<br />

slacciare la corda. Improvvisamente Red sentì il piacere sbloccarsi e riversò di getto una quantità<br />

incredibile di sperma. La eiaculazione gli provocò un piacere doloroso. Sentiva chiaramente il suo<br />

sperma riversarsi dal buco del suo glande provocandogli godimento e sofferenza. <strong>Il</strong> suo cazzo era<br />

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così infiammato, eppure quella liberazione fu enorme. Schizzò sul palato della donna tutto il suo<br />

seme.<br />

Quando ebbe finito, Cunya si alzò e si lasciò scorrere lo sperma dalla bocca sulle mani. Se le<br />

massaggiò, spalmandosi bene il seme. Quindi passò le mani sui capelli acconciati all’indietro,<br />

spingendoli ancora di più, per meglio incollarli con lo sperma accumulato nei palmi.<br />

Red la guardò e finalmente si spiegò come faceva a portare i capelli in quel modo, così tirati<br />

all’indietro. Un attimo dopo, tra il piacere e il dolore, svenne.<br />

“Mio signore” Biscia si inchinò al cospetto del trono dell’Imperatore. Quest’ultimo aveva<br />

un’espressione svogliata e poco convinta. Probabilmente era colpa delle nuova schiava del trono.<br />

Lo succhiava abbastanza bene, ma da più di un’ora non si impegnava più con passione. La schiava<br />

aveva il tubino di pelle nera avvolto intorno al sedere, ma lo stesso non era abbastanza lungo per<br />

coprirle anche il seno che penzolava ad ogni movimento.<br />

Era lì da diverse ore, inginocchiata sul cuscino che un tempo era stato di Mikela. Tuttavia muoveva<br />

le sue mani in maniera impacciata sulla possente asta, affondando le labbra sulla cappella. La nuova<br />

schiava era ormai esausta, la mascella le doleva e la gola era secca. Lentamente aveva rallentato il<br />

ritmo e la sala del trono non era più riempita dai rumori di risucchio che normalmente venivano<br />

emessi dalla schiava.<br />

“Dimmi Biscia” l’Imperatore le fece cenno di alzarsi e di avvicinarsi.<br />

“Mio signore” ripetè il Generale alzandosi e rivolgendosi all’uomo sul trono in armatura brunita<br />

“Abbiamo notizie dal Sud. Alcuni soldati sono fuggiti da Suddia. Pare la città si sia ribellata e che<br />

domani gli uomini del sud e i ribelli del nord attaccheranno la Capitale, con l’obiettivo di ucciderti”<br />

L’Imperatore non sembrò turbato da quelle notizie. Lanciò un’occhiata glaciale alla schiava che<br />

subito cercò di impegnarsi di più nel suo lavoro.<br />

“E qual è la buona notizia Biscia? Rallegrami”<br />

“La buona notizia è che il capello di vergine è inutilizzabile” annunciò il Generale con una luce<br />

maligna negli occhi da rettile “Un mio agente ha deflorato la vergine. Quindi i ribelli non potranno<br />

fare l’incantesimo e tu non perderai il tuo potere nemmeno per un secondo”.<br />

“Sapevo non mi avresti deluso” rispose l’Imperatore sorridendo “Tu si che sei affidabile. Non come<br />

certi elementi alla mia corte”<br />

Detto ciò l’uomo colpì la schiava con un ginocchio scostandola via “Portate via questa<br />

incompetente”.<br />

Due guardie si avvicinarono al trono e presero la schiava per le braccia.<br />

“No mio Sire… No mio Imperatore!” urlò la schiava in preda al panico “Vi supplico! Posso fare<br />

meglio! Non riportatemi in cella! Posso succhiarlo meglio! Posso essere migliore!”<br />

Le sue urla caddero nel vuoto, l’uomo non si curò di lei, continuando a guardare il Generale Biscia.<br />

“Tu andrai a Sud, e affronterai quel traditore di Lorenzo con le tue truppe. Io prenderò le mie truppe<br />

personali e muoverò a Nord, e affronterò i ribelli” l’Imperatore aveva un tono perentorio e deciso<br />

“Ricordati che voglio la testa del Barone. Va a preparare le truppe Biscia, non deludermi”.<br />

Questa con un inchino si allontanò dal trono. Un attimo dopo fu Mikela ad avvicinarsi al sovrano.<br />

La responsabile delle prigioni tremava quasi. <strong>Il</strong> terrore le si leggeva nello sguardo e la paura le<br />

faceva mancare il respiro.<br />

“Mio… mio Imperatore” disse inchinata davanti a quel trono. L’uomo non aveva più una schiava<br />

che gli succhiasse il membro, quindi quest’ultimo svettava alto e possente davanti a Mikela<br />

inchinata, oscillando leggermente. <strong>Il</strong> sovrano non la degnò nemmeno di una parola, ma con un gesto<br />

la intimò di farsi avanti.<br />

“E’ sorto un problema mio Imperatore” disse Mikela alzandosi in piedi, al cospetto del trono<br />

“Mikael è scappato”<br />

“Tu stai cercando di dirmi che Mikael, che fu stregone di corte, ti è sfuggito sotto il naso?” chiese<br />

l’Imperatore con un’aria stranamente tranquilla.<br />

“Si mio Signore” ammise Mikela, mentre sentiva le gambe cederle dal terrore.<br />

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Calò il silenzio nella sala. Durò fin troppo. La nuova responsabile delle prigioni avrebbe voluto<br />

morire piuttosto che rimanere al suo cospetto, attendendo il suo verdetto.<br />

“E’ una grossa mancanza Mikela. Mi hai molto deluso”<br />

“E’ vero mio Signore. Ma ho anche fatto ottime cose da quando mi hai liberato”<br />

“Si, l’ho sentito dire… Ho sentito della grande cella, con le donne bloccate mani e caviglie al<br />

muro… E dell’anello di ferro in bocca… Ma è il caso di capire come questi provvedimenti siano<br />

stati accolti tra le schiave” disse l’Imperatore mentre i suoi occhi si illuminavano di quella luce che<br />

annichiliva e gelava chiunque la vedesse.<br />

“In… in che senso mio Signore?” domandò Mikela, temendo già la risposta.<br />

“Nel senso che è il caso che tu sappia cosa pensano coloro che furono tue compagnia di cella del<br />

tuo nuovo sistema di schiavitù” a queste parole due guardie si affiancarono alla donna e la<br />

bloccarono per le braccia, tenendola stretta. Mikela cercò di divincolarsi, ma solo per alcuni attimi,<br />

giusto il tempo di rendersi conto che era inutile ribellarsi.<br />

“Portate Mikela nella grande cella, legatela al muro come tutte le altre schiave, con tanto di anello<br />

di ferro in bocca” sentenziò l’Imperatore sorridendo “Poi slegate le sue compagne e lasciatele tutte<br />

nella stessa cella. Così sapremo cosa pensano quelle schiave del nuovo sistema”<br />

Tutti gli occupanti della sala risero alla punizione decisa dal sovrano. Tutti ne colsero l’ironia,<br />

facendo commentini divertiti su ciò che sarebbe accaduto a Mikela. L’unica a non cogliere l’ironia,<br />

fu proprio Mikela, che iniziò a urlare disperata “No mio Sire no!! Non questo!! Non questo!!”.<br />

Tutte le urla furono inutili. Mentre un altro individuo si avvicinava al trono per chiedere udienza,<br />

Mikela fu trascinata via dalla sala, verso le grandi scale di pietra che scendevano verso le prigioni. I<br />

soldati non furono delicati con lei, la strattonavano ogni volta che la ragazza rallentava e, una volta<br />

giunti alle prigioni, la denudarono. Quando la introdussero nella grande cella, le altre schiave<br />

iniziarono a mugugnare qualcosa di non comprensibile, bloccate da quegli anelli di ferro. Le<br />

ammanettarono i polsi al muro e ognuno di loro le afferrò una caviglia. La sollevarono fino a<br />

piegarla su se stessa, con le cosce ben aperte, incatenandola in quella terribile posizione. Mikela<br />

continuava ad urlare disperata, implorando pietà, facendo proposte oscene e indecenti alle guardie<br />

pur di scampare al supplizio. I soldati sembrarono ridere della cosa e, senza pietà, le bloccarono la<br />

bocca con l’anello di ferro.<br />

“Vuoi vedere una cosa divertente?” domandò uno dei due afferrandosi il pene, lasciato nudo<br />

dall’armatura imperiale. Era teso ed eretto. L’asta era percorsa da alcune vene in rilievo che<br />

terminavano in una cappella molto larga e arrotondata. <strong>Il</strong> soldato puntò il membro verso la bocca di<br />

Mikela. L’anello era abbastanza largo da contenerlo, e l’uomo spinse al suo interno. La donna sentì<br />

il glande spingerli sulla lingua, poi fino al palato. Chiuse gli occhi impotente e immobilizzata,<br />

mentre subiva il primo di quelli che sapeva sarebbero stati tanti abusi.<br />

“Cretino finiscila” disse ridendo la seconda guardia avvicinandosi ad una schiava “Sleghiamo<br />

queste, che ci divertiamo di più”.<br />

I due tolsero le catene a tutte le altre schiave, liberandole dall’anello in bocca, per poi uscire dalla<br />

cella e chiuderla alle loro spalle. Rimasero poi lì, a godersi lo spettacolo che non tardò ad arrivare.<br />

Le schiave infatti impiegarono davvero poco tempo per riprendersi dall’infinito supplizio subito.<br />

Sembrarono rinvigorite vedendo la donna che le aveva ridotte in quello stato, costretta a sua volta.<br />

Era insieme a loro, in quella cella, pronta a subire qualsiasi cosa loro avessero voluto. A Mikela era<br />

bastato essere liberata per dimenticare quello che aveva subito dai suoi aguzzini e schierarsi con<br />

loro. Adesso era il loro turno di vendicarsi e fargliele scontare tutte. La prima schiava si alzò<br />

lentamente in piedi e le si avvicinò. La guardò. Mikela si sentiva così indifesa, esposta a qualsiasi<br />

cosa, nuda e legata in quel modo. La schiava senza nemmeno parlare le sputò in faccia. La saliva si<br />

depositò poco sotto l’occhio e lentamente scese lungo la guancia, fino al mento. Era una sensazione<br />

orrenda e umiliante. Ma era solo l’inizio. Alcuni attimi dopo un’altra schiava si mosse in sua<br />

direzione.<br />

“Ti piace la fontanella?” disse la schiava con rabbia disperata “Ora te la faccio vedere da vicino”<br />

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Detto ciò protese il bacino verso il volto di Mikela, allargando le labbra del sesso con le dita. Un<br />

attimo dopo uno zampillo di urina iniziò a scorrere sulla faccia della donna incatenata. Sentì il<br />

liquido caldo sfiorarle la pelle, mischiarsi con la saliva, scorrerle nella bocca tenuta spalancata<br />

dall’anello. Sentì il sapore sulla lingua mentre il liquido si riversava sul suo mento, colandole sul<br />

petto fino in mezzo alle sue cosce, nei suoi punti più intimi. Le guardie ridevano sguaiate a quella<br />

visione, insieme alle altre schiave.<br />

Un’altra schiava le si avvicinò, chinandosi verso di lei. Senza dirle una parola le infilò tre dita nella<br />

figa, con forza e senza alcuna delicatezza. Mikela trasalì a quella intrusione così violenta. Poi la<br />

schiava cercò di inserire anche le altre due dita della mano. La sensazione di qualcuno che le si<br />

agitava dentro, cercando di violarla ancora di più, di allargarla ancora di più, totalmente asciutta,<br />

invase Mikela così legata ed esposta, incapace di opporsi e di coprirsi. Incapace di nascondere la<br />

propria vergogna o almeno il proprio volto. Sentiva gli occhi di tutti addosso, costretta a subire e a<br />

farsi vedere. La donna spingeva sempre di più, ma la mano sembrava non volerne sapere di entrare<br />

tutta. Mikela sentiva il continuo tentativo di violarla, sentiva la mano che spingeva con forza, senza<br />

sosta. Malgrado il dolore, sentiva la sua vagina bagnarsi, secernere umori e inumidire la mano della<br />

schiava. Non voleva, non avrebbe voluto, non riusciva a controllarsi. Più si bagnava e più la schiava<br />

riusciva ad entrarle dentro. Più le entrava dentro e più si bagnava. Alla fine la mano le entrò<br />

totalmente dentro con un ultimo forte colpo di braccio. Un mugugnò le morì in gola mentre il<br />

bruciore le invadeva il sesso violato. La schiava subito dopo chiuse la mano a pugno, così da<br />

renderla ancora più larga e spessa, e iniziò a tirare, come a volerla fare uscire. Se la mano chiusa<br />

stretta aveva avuto non pochi problemi ad entrare, quel pugno non ne voleva proprio sapere di<br />

uscire. La schiava tirava con forza, ben conscia che non sarebbe riuscita ad estrarre la mano, e<br />

subito dopo respingeva dentro, agitando Mikela incatenata al muro. Tale era la foga, che questa<br />

iniziò a sbattere con la schiena sul muro ogni volta che la schiava le respingeva la mano dentro.<br />

Eppure la sua vagina continuava a bagnarsi, a secernere umori che grondavano dal suo buco,<br />

scorrendo nel solco tra le natiche e poco gocciolando al suolo. Le guardie ancora ridevano e<br />

incitavano le schiave nei loro abusi. Un’altra schiava iniziò a farle il solletico sotto i piedi. Mikela<br />

iniziò a ridere, mentre veniva sbattuta con violenza contro il muro dal pugno infilato nel suo sesso.<br />

Cercava di liberarsi, dimenando le gambe incatenate, ma era tutto inutile. Sentì il respiro mancarle<br />

per diversi secondi, prima che la schiava finalmente decidesse di fermarsi. Ebbe un attimo di<br />

sollievo. Poi la donna che prima le aveva fatto il solletico si era ora abbassata, affiancandosi a<br />

quella che teneva un pugno dentro di lei. La schiava le infilò un dito nell’ano, mentre l’altra<br />

rallentava il ritmo con cui si dimenava nella figa di Mikela. Quest’ultima ebbe il terribile<br />

presentimento che stesse per accaderle qualcosa di ancora peggiore.<br />

Le dita nell’ano divennero ben presto due. Pochi secondi e già il terzo dito spingeva per entrare. La<br />

schiava sputò diverse volte tra le proprie dita e il buchetto, per lubrificare al meglio l’ingresso.<br />

Dovette fare molta forza per riuscire a violarla. Una volta infilate tre dita, iniziò a spingere fino ad<br />

infilarle totalmente all’interno di Mikela, fino alle nocche. Poi iniziò a spingere con anche le altre<br />

due dita rimanenti, per infilarle dentro l’intera mano. Mikela pensava che non sarebbe mai riuscita a<br />

contenere una mano anche nel suo culo, ma anche in questo caso dovette ricredersi.<br />

Sentirsi così vulnerabile, indifesa, soggetta a qualsiasi abuso era già di per se una sensazione<br />

agghiacciante. Subire anche questi abusi fu tremendo. Cercava di liberarsi, ma la mano che frugava<br />

nella sua vagina la teneva immobile. I piccoli movimenti che riusciva a compiere facendo forza<br />

sulle caviglie incatenate, in realtà non facevano altro che aiutare la penetrazione anale. Questa volta<br />

ci volle molto più tempo. Mentre la seconda schiava spingeva per far entrare la sua mano nell’ano,<br />

la prima tirava il proprio pugno per aiutarla, tenendola ferma.<br />

Alla fine anche il suo sedere fu violato con un’intera mano. Si sentiva riempita oltre il possibile. Si<br />

sentiva allargata, oltre il possibile. Per un istante una scossa di dolore le percorse la schiena per tutta<br />

la colonna vertebrale. Poi la donna chiuse anche la sua mano come un pugno, e le due schiave<br />

iniziarono a spingere e tirare con forza. Mentre la mano di una tirava la sua vagina, l’altra spingeva<br />

nel suo ano. La sensazione di essere dilaniata e le risate delle guardie non la abbandonarono<br />

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nemmeno per un istante. Le sembrava che le sue interiora stessero per ribaltarsi ed uscirle fuori<br />

insieme a quei pugni. Le faceva male e non poteva urlare o muoversi. Non poteva fare nulla. Poi<br />

sentì qualcosa di umido entrarle in bocca. Aprì gli occhi e vide un’altra schiava che le sputava in<br />

bocca. Sentì il sapore di quella saliva sulla propria lingua, che si mischiava con l’urina ancora<br />

rimasta, incapace di far uscire quelle sostanze. Non potendo nascondere il suo volto da<br />

quell’umiliazione o sottrarre il suo corpo dai quegli abusi, chiuse gli occhi con forza, illudendosi<br />

che questo la allontanasse da quel posto e la nascondesse dagli sguardi divertiti delle sue aguzzine.<br />

“Ti è piaciuto farci soffrire puttana?” le domandò in un orecchio un’altra schiava “Vedrai ti piacerà<br />

anche questo, siamo solo all’inizio”<br />

Suddia era in fermento quella sera. <strong>Il</strong> giorno dopo il popolo sarebbe sceso in battaglia. Dopo i<br />

doverosi preparativi durati tutta la giornata, la gente si concedeva di festeggiare quella che, per<br />

molti, sarebbe stata l’ultima notte. Per le strade l’euforia e l’eccitazione erano palpabili. Anche<br />

Anya e Lorenzo si erano uniti ai festeggiamenti. Giravano per le strade con una donna, Giulia, a far<br />

loro da guida. Era una giovane donna, bionda e solare. Indossava uno stretto corpetto che le<br />

strizzava il seno e snelliva ancora di più la stretta vita. Una striminzita gonnellina non era<br />

sufficiente nemmeno a coprirle totalmente il sedere, lasciando scoperte le rotonde natiche. <strong>Il</strong> suo<br />

sedere liscio campeggiava su un paio di lunghe cosce. Era molto passionale e spigliata, come tutte<br />

le donne di Suddia, ma appariva particolarmente languida nei confronti del Barone.<br />

“Tu e il Re siete una coppia?” aveva chiesto ad Anya. Quest’ultima odiava il modo in cui lo<br />

guardava, il modo in cui si strusciava addosso e gli sfiorava il cavallo dei pantaloni. Eppure quando<br />

le aveva fatto questa domanda non aveva saputo cosa risponderle. Le aveva dovuto dire no. Giulia<br />

continuava a chiamarlo Re, e si vedeva chiaramente che lo voleva per se. La odiava.<br />

La donna del sud condusse il Re e l’Eletta alla “Fontana Bianca”, una grande locanda che si<br />

affacciava sulla piazza del mercato. Giulia camminava lungo la strada diretto alla locanda,<br />

anticipando i due. Non perdeva occasione per calarsi, mostrando le sue nudità, il suo sedere sodo e<br />

il suo sesso ben scoperto. Sorrideva al Re e gli lanciava occhiolini leccandosi le labbra,<br />

succhiandosi l’indice per poi sfiorarsi le grandi labbra. Anya non ne poteva più di quelle che ormai<br />

erano ben più che allusioni.<br />

Quando il terzetto entrò nella locanda, si ritrovarono in uno stanzone vasto e affollato. In fondo vi<br />

era un lungo bancone e tutto intorno vi erano tavolate e panche su cui sedevano numerosi avventori.<br />

Uomini e donne facevano sesso tra loro in maniera disinibita, senza troppi problemi. Una ragazza<br />

era stesa su di una panca mentre un uomo la scopava e altri due si alternavano nella sua bocca.<br />

Dietro il bancone vi era una prosperosa donnona con i poderosi seni scoperti che serviva boccali di<br />

birra. Ma ciò che caratterizzava davvero la locanda era una grossa vasca circolare al centro della<br />

sala. Era alta fino a metà coscia e larga abbastanza per contenere un uomo steso. Al suo interno era<br />

piena di una sostanza biancastra. Anya non riuscì a capire subito di cosa si trattava. Poi vide un<br />

uomo vicino alla vasca. Una ragazza gli era inginocchiata davanti e glielo stava succhiando con<br />

passione. Un attimo dopo l’uomo si voltò verso la vasca, svuotando il proprio piacere nella vasca<br />

stessa. Lo sperma si riversò nell’enorme contenitore, colmo oltre la metà, mescolandosi col seme di<br />

numerosi altri uomini. Un’altra ragazza si affacciò sulla vasca, sputandovi dentro tutto lo sperma<br />

che le era stato riversato in bocca. Infine un uomo si avvicinò, massaggiandosi l’asta, e schizzò il<br />

proprio liquido bianco.<br />

Giulia guidò i due verso un tavolo su cui due ragazzi si stavano alternando inculando una donna più<br />

matura. La donna li incitava con frasi oscene, godendosi i loro membri duri e giovani, ma appena<br />

vide il Re gli offrì il proprio ano e la propria vagina con devozione. Lorenzo rifiutò cortesemente e<br />

la donna andò a farsi sodomizzare altrove. Giulia ordinò tre pinte di birra con un gesto in direzione<br />

del bancone e poi si rivolse al suo Re, seduto tra lei e Anya.<br />

“Mio Re” disse carezzandogli una coscia “Devi divertirti anche tu questa notte. Sbottona i tuoi<br />

calzoni e lascia che io ti soddisfi con le mie labbra”<br />

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“Semmai” intervenne subito Anya mettendo una mano sul gonfio cavallo dell’uomo “Sarò io a<br />

soddisfarlo”<br />

“Quanto sei ingorda ed egoista… <strong>Il</strong> Re ha due cazzi, può farselo succhiare da entrambe. Tu non sei<br />

la sua donna”<br />

L’eletta la guardò con aria di sfida a quelle parole, mentre Lorenzo sembrava molto divertito dalla<br />

scena. Non commentava, a braccia conserte ascoltava lo scambio tra le due. Quando l’ostessa portò<br />

le birre al tavolo si prodigò in un profondo inchino che accentuò ancora di più la grandezza del suo<br />

poderoso seno.<br />

“Mio Signore, le tue donne sono uno splendore” disse lei ingenuamente “Lascia che queste birre te<br />

le offra la casa”<br />

“Ti ringrazio, ma non sono le mie donne” rispose Lorenzo afferrando un boccale e già traendone un<br />

ampio sorso “Io ne desidero solo una”<br />

“E quale di noi desideri?” chiese speranzosa Giulia.<br />

“Che domande” rimbeccò Anya “Sono io la sua donna”<br />

“In realtà” disse finalmente il Re alternando lo sguardo su entrambe “vorrei fossero loro a decidere”<br />

Anya colse l’espressione sul volto di Lorenzo, era l’espressione che aveva quando provava a<br />

sottometterla. Voleva vederla contenderselo con un’altra, umiliarsi così pur di averlo tutto per se.<br />

Non aveva intenzione di dargli questa soddisfazione, ma poi l’ostessa subito intervenne.<br />

“Allora si farà come i vecchi tempi!” urlò attirando l’attenzione di tutti i presenti “Una gara di<br />

bevute!”<br />

L’eletta voleva tirarsi indietro, non aveva intenzione di abbassarsi a ciò, ma lo sguardo determinato<br />

sul volto di Giulia le fece cambiare idea. Doveva darle una lezione.<br />

“E sia” acconsentì mentre uno sguattero portava due boccali vuoti sul tavolo “Io reggo molto bene”<br />

“Ma forse hai frainteso” disse Giulia ridendo “Non berremo mica alcol”<br />

La folla nella locanda iniziò ad accalcarsi al loro tavolo. Qualcuno urlava, qualcuno scommetteva.<br />

Tutti le guardavano impazienti. L’ostessa prese i due boccali e si avviò al centro della sala. Li<br />

immerse senza problemi nella vasca e li riportò al tavolo traboccanti di sperma, poggiandoli davanti<br />

alle ragazze.<br />

Giulia senza aggiungere una parola afferrò il boccale e iniziò a berlo golosamente. Anya sapeva che<br />

avrebbe potuto batterla. Di recente aveva dovuto bere tantissimo sperma e aveva imparato anche a<br />

gradirlo. A sua volta afferrò il boccale e lo portò alle labbra. La prima sorsata fu abbastanza<br />

traumatica. Era abituata al seme di Lorenzo, quello era il seme di migliaia di uomini, tutto<br />

mischiato. Era un liquido con diverse consistenze e diversi sapori, se li sentì tutti esplodere sulla<br />

lingua. Lanciò uno sguardo intorno a se, chissà quanti di quegli uomini avevano contribuito al suo<br />

boccale. Chissà quanti e quali di loro stava bevendo. Molti la incitavano a bere, molti altri<br />

incitavano la sua avversaria che ormai aveva già bevuto metà boccale. Diventava sempre più<br />

difficile buttare giù quel liquido così denso, ma almeno avrebbe tenuto a bada il veleno nel suo<br />

corpo. Sentiva la consistenza cambiare di tanto in tanto sul suo palato, e così il sapore. Talvolta lo<br />

tollerava, talvolta le piaceva, talvolta era disgustoso, talvolta si scoprì a considerarlo squisito.<br />

Mentre ancora beveva, vide Giulia terminare il suo boccale e poggiarlo sul tavolo. Aveva un’aria<br />

tranquilla e soddisfatta. Da un angolo delle labbra le colava una goccia di sperma che prontamente<br />

raccolse con un indice.<br />

“Ho ancora tanta sere io” disse verso l’eletta portandosi alle labbra l’indice e succhiandolo.<br />

La ragazza del sud aveva molti sostenitori, ma anche Anya si era ritrovata con una schiera di tifosi<br />

che la incitavano a bere quanto più possibile. Alla fine riuscì anch’ella a finire la sua bevuta.<br />

L’ostessa afferrò subito i due boccali e tornò alla vasca, dove li riempì una seconda volta. Giulia<br />

senza scomporsi afferrò nuovamente il proprio e tornò a berlo ad ampie sorsate, con golosità e<br />

desiderio. Anya deglutì. Aveva la bocca impastata ed ogni volta che la apriva sentiva filamenti di<br />

sperma penderle nel palato e tra le labbra. Guardò Lorenzo per lunghi secondi, notando un<br />

rigonfiamento mostruoso al suo cavallo. Si fece coraggio ed afferrò anche il secondo boccale. Iniziò<br />

a berlo mentre nuovamente quella bolgia di sapori e consistenze si riversava sulla sua lingua.<br />

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Improvvisamente pensò a tutti gli uomini che stava bevendo. Immaginò di essere stata lei stessa,<br />

boccale alla mano, ad elemosinare lo sperma da ognuno di loro, fino a riempirlo del tutto. Si<br />

immaginò leccarli e succhiarli fino a farli venire e riversare il loro seme dentro il boccale. Se li<br />

immaginò tutti in fila, in attesa della sua bocca. Quindi pensò a se stessa che beveva il loro sperma,<br />

in mezzo a loro, incitata dalle loro urla. L’idea la eccitò notevolmente. Era come se tanti uomini,<br />

centinaia, le stessero schizzando in bocca, tutti insieme. Sentì il suo sesso bagnarsi e inumidire la<br />

panca su cui era seduta. Quell’eccitazione le diede un nuovo stimolo per bere. Ora aveva sete di<br />

quel nettare, lo desiderava e lo trangugiava senza indugio. Questa volta le due ragazze finirono<br />

insieme il loro boccale. I sostenitori di Anya esplosero di gioia a vederla più convinta e decisa nella<br />

sfida. Molti degli uomini che le guardavano si masturbavano eccitati dalla scena. Qualcuno di loro<br />

non resisteva e lo infilava in mezzo alle cosce di qualche ragazza chinatasi troppo in avanti.<br />

L’ostessa riempì nuovamente i boccali, immergendoli nella vasca. Erano ormai a tre. Giulia non<br />

sembrava più così spavalda mentre osservava il terzo carico di sperma. Anya invece lo afferrò e<br />

iniziò subito a berlo. Questa volta era lei a gustarselo piacevolmente. Con una mano si portava alle<br />

labbra la bevanda, con l’altra si massaggiava il clitoride, con gli occhi chiusi, immaginando tutti gli<br />

uomini che le venivano in bocca uno dopo l’altro, a ripetizione e senza sosta, senza darle tregua. Era<br />

bagnatissima e l’eccitazione continuava a salire. Improvvisamente qualcosa di umido le colpì una<br />

guancia. Qualcuno si stava masturbando vicino loro e non era riuscito a sostenere l’eccitazione,<br />

schizzando un lungo fiotto di sperma che era arrivato a colpirla in volto. La folla aveva riso<br />

continuando ad incitarla. Lei si era eccitata di più, sentire lo sperma colarle sul volto fino al mento<br />

dava ancora più profondità alla sua fantasia. In breve aveva trangugiato di nuovo tutto il seme.<br />

Guardò il boccale, era davvero grande e lei lo aveva svuotato già tre volte. Si passò il palmo della<br />

mano sulla guancia, raccogliendo lo sperma schizzatole in faccia e lo leccò scatenando le urla di<br />

approvazione della folla. Giulia dal canto suo impiegò più tempo per finire il boccale, poggiandolo<br />

vuoto sul tavolo, ma davvero sfinita.<br />

L’ostessa afferrò nuovamente i boccali e li andò a riempire per la quarta volta. Anya glielo strappò<br />

di mano, senza nemmeno aspettare che lo posasse sul tavolo. Vedeva Giulia sfinita e voleva darle il<br />

colpo di grazia. Sempre toccandosi proseguì a bere, ad ingurgitare lo sperma di altri cento uomini,<br />

immaginando le loro facce mentre le venivano in bocca. Giulia afferrò il suo di malavoglia e iniziò<br />

a bere a piccoli sorsi incerti. Quando Anya finì il suo, la sua avversaria non era nemmeno arrivata a<br />

metà. Molti la incitavano, ma la ragazza del sud era allo stremo. <strong>Il</strong> boato esplose quando finalmente<br />

poggiò il boccale sul tavolo e si arrese.<br />

Anya non attese oltre e salì in piedi sul tavolo, ricevendo l’ovazione degli spettatori che la<br />

acclamavano a gran voce. Giulia si era rabbuita e guardava la sua rivale godersi la vittoria.<br />

L’eletta sancì il proprio trionfo ponendosi a quattro zampe sul tavolo, rivolgendo il sesso nudo<br />

verso Lorenzo. Questo slacciò il calzoni mostrando i due peni eretti e durissimi. Quello inferiore era<br />

bagnato in punta e una gocciolina si distaccò, impattando sul tavolo. Salì sul desco con le ginocchia<br />

e, incitato dalla folla, infilò i suoi cazzi nella vagina e nell’ano di Anya.<br />

La afferrò per i fianchi, poco sopra la curva del sedere, per aumentare la rapidità dei movimenti.<br />

L’eletta per tutto il tempo guardò Giulia, godendosi la doppia penetrazione. La ragazza del sud<br />

ricambiava lo sguardo in maniera arcigna. La folla incitava il proprio Re ad andare più forte, e<br />

questi la accontentava.<br />

Quando Anya sentì i peni pulsarle dentro, si tolse e indirizzò le cappelle verso Giulia, muovendo le<br />

mani lungo le aste umide. Quest’ultima non si sottrasse mentre il Re le schizzava in volto tutto il<br />

suo piacere. Si infilò una mano tra le gambe, toccandosi il sesso che iniziava a bagnarsi. Essere così<br />

usata dal suo Re le provocò una vampata di piacere. Si leccò le labbra su cui sperma continuava a<br />

riversarsi. Sentiva il volto completamente ricoperto e diverse gocce colarle lungo il collo. Guardò<br />

Anya con gratitudine. L’eletta le sputò in volto, mischiando sperma e saliva sulla faccia di Giulia.<br />

“Non prenderci gusto puttana” disse infine.<br />

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Capitolo 10<br />

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<strong>Il</strong> giorno della battaglia era finalmente giunto. L’esercito dei ribelli era partito all’alba dal suo<br />

accampamento. Le montagne ancora dormivano quando gli stivali delle donne soldato iniziarono a<br />

marciare lungo le valli e i sentieri del nord, diretti verso Sud, verso la Capitale. L’avanguardia<br />

dell’esercito aveva intravisto l’esercito imperiale, era prevedibile. Le due armate si sarebbero<br />

probabilmente incrociate sulla Piana Verde, un’ampia prateria che si colorava in primavera di un<br />

verde acceso e splendente. Era un luogo perfetto per combattere, anche se ciò significarla colorarla<br />

di rosso. Le guerriere vestivano armature di cuoio integrali ma leggere ed erano armate di lunghe<br />

lance. Clotilde e Annette erano in coda alla colonna, insieme alle altre stregone che avrebbero<br />

officiato il rito magico per annullare i poteri dell’Imperatore. Indossavano entrambe tuniche lunghe<br />

fino alle caviglie e strette in vita da una corda. La stregona non indossava nulla sotto, ormai si era<br />

abituata. Cunya invece sembrava non avesse intenzione di cambiare “vestiario”. Aveva infilato dei<br />

pesanti stivali in cuoio nero fino al ginocchio con altissimi tacchi che slanciavano le sue cosce e il<br />

suo sedere carnoso, facendolo apparire ancora più imponente. Sulle spalle aveva indossato degli<br />

spallacci di metallo e un cinturone in vita da cui pendeva la spada. Poi basta così, restava<br />

completamente nuda con i lunghi capelli biondi tirati stretti sul capo all’indietro. Era stato inutile<br />

ripeterle che non poteva andare in battaglia così, che i tacchi non erano l’ideale per combattere. La<br />

Saggia non voleva rinunciare in nessun caso al suo modo di fare.<br />

Avanzavano ormai da numerose ore. Quando il sole fu alto nel cielo, raggiunsero finalmente la<br />

Piana Verde. Sbucarono dalla immensa foresta che circondava la pianura e subito notarono che, al<br />

lato opposto della stessa, si accalcavano le forze imperiali. I soldati nelle loro armature nude sul<br />

bacino e con i loro membri imponenti brandivano scudi e spade, pronti a combattere. Tra di loro,<br />

seduta su di un trono portato a spalla da quattro uomini, spiccava il Generale Biscia. I ribelli<br />

iniziarono a schierarsi, riunendosi in truppe e disponendosi su diverse file, pronte ad assaltare il<br />

nemico. Iniziarono a battere ritmicamente la lancia al suolo, provocando un tonfo sordo che iniziò<br />

ad invadere tutta la valle. Un suono di guerra violento e antico che dava forza e coraggio alle<br />

guerriere, rendendole pronte a combattere fino alla morte. Nelle retrovie Clotilde, Annette e le<br />

stregone iniziarono a preparare il rituale magico per annullare temporaneamente il potere<br />

dell’Imperatore. Cunya le osservava con attenzione e con una certa impazienza. Quel giorno il sole<br />

era alto e batteva sul corpo nudo della Saggia riscaldandola dal brezza fredda che ogni tanto<br />

attraversava la foresta alle loro spalle. Avevano portato con loro un calderone, in cui le stregone<br />

avevano iniziato a versare gli ingredienti, lentamente, uno alla volta. Insieme recitavano una<br />

cantilena lenta e noiosa. Sembravano tutte assorte, con gli occhi socchiusi, concentrate sull’incanto<br />

che stavano lanciando. Qualcuna gettò nel calderone una caraffa di vino. Un’altra un occhio di<br />

pipistrello. Due stregone versarono una fialetta con lacrime di uomo. <strong>Il</strong> loro rituale procedeva, lento<br />

e lungo. Dall’altra parte della pianura anche le truppe imperiali si erano disposte in file, pronte al<br />

combattimento. Battevano le loro spade sugli scudi, rispondendo così al tuonare delle lance al<br />

suolo. Un baccano di guerra invadeva già il campo di battaglia, nonostante gli eserciti ancora non si<br />

fossero incontrati.<br />

Finalmente Clotilde afferrò la fialetta da un taschino della tunica e ne estrasse il capello di Alba. Gli<br />

occhi della Stregona si ribaltarono e le pupille sparirono, come sempre prima di una magia. Con una<br />

nota più acuta nella cantilena gettò il capello nel calderone e tutte le altre stregone si zittirono.<br />

Rimasero in silenzio a guardarsi per diversi secondi. Poi i secondi divennero minuti.<br />

“Ma dovrebbe accadere qualcosa?” domandò Annette nel suo accento straniero.<br />

“In effetti non lo sappiamo… Ma speravamo in un segnale che ci facesse capire che l’incantesimo<br />

aveva avuto successo”<br />

“Saggia!” tutti furono distratti dal sopraggiungere di Zoe, che si occupava della retroguardia<br />

“Saggia una donna vuole parlare con l’eletta…”<br />

Mentre ancora parlava, due ribelli fuoriuscirono dalla foresta trattenendo per le braccia Giada in<br />

lacrime. La giovane ragazza aveva le trecce sciolte e spettinate, i vestiti sporchi e stracciati.<br />

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Sembrava avesse subito maltrattamenti. Clotilde quando la vide ebbe subito un terribile<br />

presentimento. Giada la riconobbe subito e a lei si appellò.<br />

“Dov’è l’eletta? Devo darle una terribile notizia… Ho cercato il vostro campo per giorni, poi ho<br />

visto le tracce dell’esercito e vi ho seguite” disse la ragazza con un filo di voce.<br />

“Lasciatela” intimò Clotilde “E dimmi cos’è successo”<br />

“Mia sorella” disse Giada mentre veniva liberata “Mia sorella è stata deflorata”<br />

Le stregone si guardarono sconcertate. <strong>Il</strong> terrore riempì i loro occhi.<br />

“Un uomo” Giada si buttò al suolo, sulle ginocchia al cospetto della Stregona “Un uomo<br />

dell’Imperatore l’ha presa. L’ha portata con se. E’ tutta colpa mia… Sono stata io a portarla in quel<br />

bordello”.<br />

Clotilde spinse via la ragazza che cercava di abbracciarle le gambe, come se cercasse perdono. Era<br />

stata una stupida, incosciente, e ora non aveva tempo di occuparsi di lei. L’esercito dei ribelli stava<br />

per scontrarsi con le armate imperiali e, a sud, Anya stava per affrontare con l’Imperatore al pieno<br />

dei suoi poteri.<br />

“Non capisco perché vi preoccupate tanto” sentenziò Cunya afferrando l’impugnatura della spada e<br />

sguainandola “Anya è l’eletta e sconfiggerà l’Imperatore a prescindere. Ricordate la profezia e<br />

abbiate fede. Ora combattiamo!”<br />

La decisione e la forza mostrata dalla Saggia riuscì a rincuorare le altre donne. Cunya senza<br />

aspettare oltre si diresse verso le sue truppe, portandosi in prima linea per affrontare la battaglia. Si<br />

presentava a loro un giorno di sangue e Clotilde non era affatto sicura che le cose sarebbero andate<br />

come speravano.<br />

Ad un ordine di Cunya le guerriere smisero di sbattere le lance al suolo. Un attimo dopo anche il<br />

tuono delle spade sugli scudi si fermò. I due schieramenti si guardarono, separati dall’intera<br />

pianura. Secondi di silenzio, di pace, di quiete inquietante. Poi il boato delle urla e degli stivali che<br />

schiacciavano il terreno in corsa. Le prime fila dei due schieramenti si lanciarono in carica l’uno<br />

contro l’altro e l’impatto fu tremendo.<br />

I soldati imperiali combattevano con una foga incontrollabile, con una violenza inconcepibile. Le<br />

guerriere ribelli già meditavano di arretrare, di fuggire. L’unica cosa che teneva alto il loro morale<br />

era Cunya che continuava ad impartire ordini e ad abbattere nemici con la sua spada. La Saggia<br />

aveva inizialmente guidato le sue truppe riuscendo a ridurre le perdite e a tenere compatto il fronte.<br />

Tuttavia i soldati imperiali erano riusciti in breve a spezzare lo schieramento e la mischia era<br />

diventata una bolgia caotica in cui era impossibile orientarsi. Cunya continuava a richiamare a se<br />

gruppetti di guerriere formando piccoli schieramenti difensivi che tenevano a bada la foga e la furia<br />

avversaria.<br />

Le stregone osservavano la battaglia dal limitare della foresta. Qualcuno scoccava incantesimi nei<br />

limiti dei propri poteri, aiutando le loro compagne, ma non era un apporto decisivo. Sembrava che<br />

le sorti della battaglia fossero tutto sommato equilibrate e iniziarono a sperare di poter vincere.<br />

Dall’altra parte del campo Biscia mangiava uva, seduta sul suo trono. Divorava un chicco alla volta<br />

con tranquillità, osservando lo spargimento di sangue che si consumava davanti a lei. Non sembrava<br />

intenzionata a scendere in campo.<br />

Durò così per almeno un’ora. Nessuna delle due armate sembravano intenzionate a cedere terreno.<br />

Ma improvvisamente qualcosa mutò. I ribelli iniziarono a perdere terreno e le truppe dell’Impero<br />

stavano affermando il proprio trionfo. Pian piano quella che era una battaglia equilibrata stava<br />

divenendo un massacro perpetrato ai danni delle guerriere. Clotilde cercò con lo sguardo Cunya, per<br />

capire cosa stesse succedendo. La Saggia però sembrava scomparsa nella mischia. La Stregona era<br />

troppo distante per scorgerla e distinguerla tra i vari guerrieri evidentemente. La cercò per diverso<br />

tempo, sperando di vederla spuntare da un momento all’altro, su di una pila di nemici, con la sua<br />

spada in pugno, pronta a dare nuova forza alle guerriere. Ma ciò non accadde.<br />

“Annette, resta qui con le altre” disse infine Clotilde “Vado a cercare Cunya sul campo di battaglia,<br />

speriamo non sia morta”<br />

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Le parole glaciali non ebbero risposta. Le stregone e la donna di colore rimasero in silenzio<br />

osservando Clotilde avanzare nella bolgia di sangue e violenza.<br />

I ranghi delle file posteriori erano ancora serrati, anche se ogni tanto una guerriera la si vedeva<br />

correre via, fuggendo da quella follia. Più avanzava sul campo e più lo spettacolo si faceva<br />

spaventoso. In ogni direzione vi erano combattimenti, sangue, urla di dolore e di foga. <strong>Il</strong> sangue e i<br />

caduti ricoprivano il suolo della piana ormai rossa.<br />

Un soldato la puntò con la spada. La Stregona fu abbastanza pronta da fulminarlo con un raggio di<br />

energia. Avanzò ancora in quella bolgia, evitando di spingersi troppo oltre per non trovarsi<br />

circondata dai nemici. Un altro paio di volte dovette difendersi con la magia.<br />

Vagava ormai da un tempo incalcolabile quando intravide una zona di soldati imperiali più folta,<br />

come se proteggessero qualcosa. Fulminò uno dei soldati con un raggio. Aveva speso troppe energie<br />

per attacchi letali, infatti l’uomo rimase solo stordito e cadde al suolo. Lo spiraglio che le si aprì le<br />

diede modo di intravedere Cunya. Era viva. Era stesa al suolo, sulla schiena. Un soldato le teneva le<br />

braccia all’indietro. Altri due le tenevano le gambe ben allargate, lasciando l’ampio sesso carnoso<br />

ben visibile e libero a chiunque ne volesse approfittare. Evidentemente molti avevano colto<br />

quell’occasione a giudicare da com’era ridotta la donna. <strong>Il</strong> volto era ricoperto di sperma. Numerosi<br />

schizzi vi si erano depositati e le colavano lungo il collo. <strong>Il</strong> suo petto, i suoi poderosi seni tondi e<br />

alti, erano coperti da una sottile patina di seme, che si accumulava nell’incavo scivolando<br />

lentamente sulle curve così accentuate. La sostanza bianca che li vi si accumulava poi scendeva<br />

lentamente giù, sul ventre della donna, fino poi al sesso, completamente imbrattato. Dalla sua<br />

vagina e dal suo ano uscivano continuamente sperma che colava poi al suolo, creando una pozza di<br />

fango e sperma. Cunya non si dimenava, non cercava di liberarsi, non più almeno. Attorno a lei vi<br />

erano diversi uomini stesi a terra, stremati. Un soldato la stava penetrando in quel momento. La<br />

scopava con profondi colpi d’anche, dandole ogni tanto un piccolo schiaffo sul volto,<br />

semplicemente per umiliarla. La Saggia era ormai inerme, si lasciava possedere e fare qualsiasi<br />

cosa, impossibilitata a ribellarsi e liberarsi. Non contava più gli uomini che aveva sentito dentro di<br />

se e che le erano venuti addosso o dentro. Questo era solo uno dei tanti. Con un affondo, anche<br />

questo riversò dentro di lei il suo piacere. Si sentiva sporca, imbrattata e ricoperta. Sentiva la<br />

sostanza scivolarle addosso e scorrerle per il corpo. La sentiva riversarsi fuori dai suoi orifizi, dalla<br />

sua vagina e dal suo ano che erano stati riempiti da numerosi fiotti di sperma. Non era mai stata<br />

usata così. Era diventata una specie di trofeo per la imminente vittoria che si stava consumando, una<br />

vittoria che significava la sua sconfitta. Era il trofeo che tutta la truppa si scambiava e si godeva<br />

senza pietà e senza ritegno. Alcuni avevano abusato di lei senza nemmeno guardarla,<br />

chiacchierando con i compagni di plotone, come fosse solo un buco, un oggetto in cui svuotare le<br />

palle. Quelle mani che le tenevano le cosce spalancate, erano la cosa che più la faceva sentire<br />

umiliata. Quelle mani la tenevano larga, pronta a ricevere, esposta a qualsiasi cosa avessero voluto<br />

infilarle dentro. I soldati poi si erano dati il cambio, per potersela scopare proprio tutti, a turno. Era<br />

stato insostenibile. Dopo l’ennesima serie di schizzi ricevuti dentro, il soldato si accasciò di lato,<br />

esausto, per riposarsi.<br />

Clotilde lanciò un incantesimo sul gruppo di soldati. Tutti gli uomini improvvisamente si<br />

immobilizzarono, bloccati totalmente. Non muovevano un muscolo, ne uno sguardo. Nemmeno<br />

respiravano. Erano completamente immobilizzati. La Stregona si fece largo tra il capannello di<br />

uomini incantati e liberò Cunya.<br />

“Cosa è successo?” chiese la Saggia osservando gli uomini immobilizzati intorno a lei. Mentre si<br />

alzava in piedi sentiva lo sperma scorrerle sul corpo, ora avvolgendole anche le cosce, scendendo<br />

fino alle ginocchia e insinuandosi negli stivali. Giù, per gli stinchi fino ai piedi. La terribile e<br />

viscida sensazione l’avrebbe accompagnata ad ogni passo.<br />

“Li ho immobilizzati con un incantesimo” disse Clotilde mentre cercava di tirare via Cunya, per<br />

scappare. Quest’ultima non era però intenzionata a fuggire subito via. Si abbassò a raccogliere la<br />

sua spada. Era stata gettata in un angolo e un paio di uomini avevano schizzato il proprio seme sulla<br />

sua lama, come a farle capire che il suo tentativo di combattere era ridicolo e non valesse nulla. La<br />

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donna alzò la lama sporca di sperma sulla testa e la abbassò con un poderoso fendente sulla piena<br />

fronte dell’uomo che fino ad un attimo prima la reggeva per le braccia. L’uomo immobilizzato non<br />

poté sottrarsi dal colpo, ma la lama non lo graffiò nemmeno. Era come se avesse colpito una statua<br />

di ferro. Cunya sentì il colpo rimbombarle nel braccio. Si tirò indietro senza riuscire a capire cosa<br />

fosse successo.<br />

“Sono fuori dal tempo. Loro non possono ferirci ma non possono essere feriti. Non ho bloccato i<br />

loro corpi, li ho esclusi dal tempo. Sono qui ma non possono essere spostati o feriti” spiegò la<br />

Stregona trascinando via la donna.<br />

Le due tornarono indietro mentre l’incantesimo si scioglieva. Avanzarono a ritroso nella bolgia di<br />

sangue e violenza. I ribelli stavano amaramente perdendo. Le perdite erano ingenti e la foga dei<br />

soldati aumentava ogni secondo di più. Per le guerriere sembrò non esserci speranza. Zoe le<br />

intravide nella mischia e come una furia si avvicinò loro, abbattendo soldati ad ogni passo. La sua<br />

lancia era una saetta che si muoveva con precisione e violenza, mietendo vittime ad ogni<br />

movimento. Era una delle pochissime che ancora riuscivano a tenere testa al nemico.<br />

“Annuncia la ritirata Zoe” diede ordine Cunya con la voce addolorata “Annuncia la ritirata”<br />

L’esercito del sud era lento e pesante nei suoi spostamenti. Avevano iniziato la loro marcia all’alba,<br />

mentre la sabbia del deserto era ancora fredda e non battuta dall’impassibile sole. Contavano di<br />

raggiungere il Clinale Roccioso e affrontare le truppe imperiali con un terreno favorevole, in<br />

discesa nei loro confronti. Tuttavia la colonna in marcia non era composta solo dai soldati, ma<br />

anche da altrettante donne. Anya non riusciva a comprenderne il motivo di tale futilità. Oltre a<br />

rallentarli, le donne non avrebbero combattuto e sarebbero state solo d’intralcio. Passarono<br />

numerose ore e l’esercito del sud ancora arrancava nel torrido deserto. Quando il sole era a picco<br />

sulle loro teste, l’armata imperiale apparve davanti a loro. I soldati dell’Imperatore indossavano le<br />

loro classiche armature che li faceva affondare nelle bollenti sabbie. In testa allo schieramento vi<br />

era l’Imperatore in persona nella sua armatura brunita e col suo spadone a due mani legato dietro la<br />

schiena. I due eserciti iniziarono a schierarsi lentamente, schiacciati dal calore asfissiante del<br />

deserto. Gli uomini di Lorenzo erano più pronti e abituati a quel clima. Indossavano armature più<br />

leggere, composte da piastre leggere e leggeri abiti di cotone. Erano armati con scimitarre e scudi<br />

rotondi con gli emblemi del loro Re.<br />

Quando i soldati del sud si erano schierati in diverse file, pronti per l’attacco, le donne li<br />

raggiunsero. Anya non capiva cosa stesse succedendo, poi vide gli uomini slacciarsi i calzoni ed<br />

estrarre il membro eretto e turgido. Alcune donne si chinarono prendendo il pene tra le labbra,<br />

iniziando a succhiare con decisione. Altre si chinarono rivolgendo il sedere agli uomini, lasciandosi<br />

penetrare.<br />

“Cosa cavolo fanno?” domandò Anya stizzita verso Lorenzo “Dobbiamo combattere, non scopare”<br />

“Sai perché gli uomini dell’Imperatore sono così forte?” domandò a sua volta Lorenzo all’eletta “E’<br />

l’eccitazione sessuale. Sono sempre pronti e la loro eccitazione da loro più foga e più forza.<br />

L’Imperatore lo fa con la magia. Noi al Sud abbiamo i nostri metodi”<br />

“Quindi anche tu dovresti?” chiese Anya.<br />

“In effetti si” ammise il Barone sorridendole a sua volta. A pochi passi da loro vi era Giulia in<br />

silenziosa attesa. La ragazza osservava il suolo impassibile. L’eletta la richiamò con un gesto,<br />

ordinandole di occuparsi del suo uomo.<br />

“Grazie mia signora” disse Giulia inginocchiandosi davanti al suo Re. Gli estrasse i membri dal<br />

calzone e iniziò a succhiarglieli, agitando le mani sulle aste.<br />

Gemiti e urla di piacere iniziarono a riempire il deserto, mentre l’immensa orgia si consumava.<br />

Donne penetrate con passione, nella vagina e nell’ano. Molte erano in ginocchio, succhiando i<br />

membri dei soldati che avevano scelto di soddisfare. Alcune venivano condivise da più guerrieri.<br />

Qualcuno era privo di compagna e sfruttava la moglie di qualcun altro, senza che questi si<br />

lamentasse minimamente. Mentre una donna, piegata in avanti, riceveva il membro del proprio<br />

uomo tra le gambe, un altro soldato le appoggiava il proprio tra le labbra, infilandoglielo in bocca<br />

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senza ricevere resistenza alcuna. Diverse migliaia di uomini con altrettante donne avevano rapporti<br />

sessuali di ogni genere lì, in quel momento. Si scambiavano i compagni e provavano piacere in ogni<br />

modo, senza alcuna vergogna e senza alcun tabù.<br />

Appena un uomo sentiva il proprio pene pulsare di piacere, pronto per esplodere, si fermava<br />

semplicemente, restando così sull’orlo del piacere. Rapidamente tutti gli uomini si fermarono e<br />

riposero il pene nelle braghe, mentre le donne si allontanavano, raggiungendo le retrovie. Rimanere<br />

così, sull’orlo del piacere, dava una carica aggiuntiva agli uomini, una foga implacabile. Alla fine<br />

anche Lorenzo raggiunse il suo limite e spinse via Giulia. La ragazza si allontanò senza dire altro, a<br />

capo chino, raggiungendo le altre donne.<br />

L’esercito nemico aveva già iniziato a muoversi verso di loro quando finalmente la loro<br />

preparazione era finita. Per fortuna il deserto li rallentava, ma avevano comunque perso del tempo.<br />

“Voi occupatevi dell’esercito, dovete proteggermi mentre raggiungo l’Imperatore” disse Anya<br />

rivolta a Lorenzo. La donna sguainò la sua spada e con la punta mirò il nemico dall’altra parte del<br />

campo, che svettava sui suoi uomini notevolmente “Io sono l’eletta, sono nata per ucciderlo. Senza i<br />

suoi poteri lo finirò facilmente”.<br />

<strong>Il</strong> Barone Giulii annuii semplicemente, quindi diede gli ultimi ordini per compattare le schiere.<br />

Alcuni secondi dopo urlò la carica al suo esercito.<br />

I soldati imperiali affondavano pesantemente i loro stivali nella sabbia, mentre l’esercito del sud<br />

sembrava volare, poggiando sapientemente i piedi leggeri e rapidi. I due schieramenti si ruggirono<br />

contro prima di impattare con violenza. Clangore di spade e scudi esplosero nell’aria, assordando i<br />

pochi animali che si nascondevano nella sabbia, ignari della violenza che stava per consumarsi. In<br />

prima fila, Lorenzo combatteva come poteva. Non era un guerriero eccellente, ma se la cavava<br />

abbastanza bene. Quattro guardie del corpo lo proteggevano e si assicuravano che il loro Re non<br />

cadesse vittima della battaglia. Nei loro pressi, Anya abbatteva nemici con la facilità con cui si<br />

abbattono mosche. Leggiadra rapida e veloce. Non possedeva uno scudo, ma scivolava via da ogni<br />

attacco schivandolo con grazia, lasciando che ad ogni movimento il gonnellino di metallo si<br />

sollevasse mostrando le sue nudità. La sua spada cantava sul metallo degli scudi imperiali,<br />

piegandoli e costringendoli alla resa. Nessuna pietà splendeva nei suoi occhi scuri.<br />

I soldati del sud combattevano con vigore e foga, prevaricando l’armata imperiale. I soldati della<br />

Capitale male si destreggiavano sulla sabbia del deserto e facilmente ponevano il piede in fallo. I<br />

loro avversari sembravano indemoniati e falciavano con le loro scimitarre qualsiasi cosa gli si<br />

ponesse davanti. In meno di un’ora la battaglia sembrava già nelle mani del Sud. La vittoria<br />

sembrava in pugno, pronta per essere afferrata e strappata via.<br />

Anya continuava a mietere vittime. Qualcuno, spavaldo, la affrontava apertamente. Molti di più<br />

fuggivano al suo cospetto, ma senza troppo successo. Con rapidi guizzi ghermiva i codardi e li<br />

passava a fil di spada. Per tutta la battaglia, l’eletta non aveva fatto altro che cercare l’Imperatore<br />

con lo sguardo, ma egli era sempre troppo distante, a menare micidiali fendenti capaci di aprire a<br />

metà un uomo con un solo colpo. Solo quando il sole aveva iniziato a calare dall’apice del cielo, i<br />

due avversari si erano trovati finalmente ad una distanza ottimale.<br />

Lorenzo con le sue guardie aveva richiamato alcuni uomini nella mischia, preoccupandosi di<br />

impedire a qualsiasi soldati imperiale di intervenire nel duello che si stava preparando.<br />

“Finalmente” la voce dell’Imperatore tuonava da sotto l’elmo brunito. La sua enorme spada<br />

grondava sangue. <strong>Il</strong> suo membro era imponente e nudo, ben eretto, come sempre.<br />

“Sei pronto a morire?” domandò Anya preparandosi al combattimento.<br />

Per diversi secondi i due si scrutarono, incerti sul da farsi. Poi l’Imperatore aveva mosso un piede in<br />

avanti, pronto ad aggredire la sua rivale. Anya a sua volta era scattata verso il suo avversario, forte<br />

della profezia e dell’incanto che lo privava dei suoi poteri.<br />

L’Imperatore sollevò il suo spadone in aria, verso il cielo, pronto ad assestare un violento fendente.<br />

Anya, rapida e pronta, non si lasciò sorprendere. Sollevò la sua spada parallela al suolo, per parare<br />

il colpo, certa che della debolezza del suo avversario. Quando l’Imperatore colpì, il suo spadone<br />

tranciò di netto la spada dell’eletta, continuando la sua corsa con violenza diretta sul capo di Anya.<br />

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In un attimo la sua vita fu spezzata. Increduli i soldati osservarono la scena. Osservarono la vita di<br />

Anya strappata così semplicemente, con un semplice colpo di quella creatura inarrestabile, di<br />

quell’essere immortale. Lorenzo rimase impietrito per alcuni secondi, osservando l’Imperatore<br />

ridere sguaiato della sua facile vittoria.<br />

“Lorenzo… Ci incontriamo di nuovo”.<br />

L’esercito dei ribelli stava marciando verso Nord, in direzione del loro accampamento. Quella in cui<br />

si trovavano Annette, Clotilde, Zoe e Cunya era solo una delle numerose colonne di sopravvissuti<br />

alla battaglia. Numerose altre erano fuggite in diverse direzioni in seguito alla sconfitta, pronte a<br />

ricongiungersi all’accampamento. Giada era con loro, ancora in lacrime, disperata, chiedendo<br />

perdono e supplicando di aiutare la sorella, schiava di quell’uomo dai capelli bianchi e gli occhi<br />

rossi. Le sue suppliche, le sue richieste, cadevano inascoltate.<br />

Le donne marciavano in un silenzio tetro, colmo di tensione. Cunya era ancora sporca di sperma,<br />

incapace di ripulirsi del tutto dall’enorme quantità di sostanza che l’aveva ricoperta. Quella<br />

sensazione sulla pelle sottolineava quella sconfitta, rendendola ancora più amara. Tutti i pensieri<br />

erano rivolti ad Anya, a cosa era accaduto a Sud.<br />

Le incertezze e i dubbi furono dissipati diverse ore dopo, quando ormai erano prossimi<br />

all’accampamento. Zoe fu chiamata da alcune sottoposte che le mostrarono un messaggio, arrivato<br />

poco prima, condotto da un piccione.<br />

<strong>Il</strong> messaggio era da parte di alcuni contatti che i ribelli avevano al Sud, che controllavano la<br />

situazione e riportavano le notizie salienti. Zoe lesse il messaggio e i suoi grandi occhi neri si<br />

rabbuiarono. Porse il messaggio a Cunya senza una parola. La Saggia lo lesse, rimanendo<br />

impassibile, immobile. Clotilde dovette strapparglielo di mano per leggerlo.<br />

“Anya è morta” disse la Stregona, placando la tesa curiosità che aveva attanagliato tutte le donne<br />

presenti “<strong>Il</strong> Barone Lorenzo Giulii è stato catturato dall’Imperatore e il suo esercito è stato messo in<br />

rotta”<br />

Annette si portò una mano alle labbra, mentre la mascella iniziava a tremarle. Alcune donne<br />

iniziarono a piangere senza ritegno. Altre singhiozzavano disperate. Cunya era impassibile.<br />

“Qui ci separiamo Clotilde” disse la Saggia dopo alcuni secondi di silenzio “Io taglio verso i Monti<br />

Invalicabili… Zoe mi accompagnerà e tu prenderai temporaneamente il comando del campo, fino al<br />

mio ritorno”<br />

Le donne si guardarono sgomente, senza capire ciò che stava succedendo. La Saggia colse la<br />

confusione che aveva creato con quella dichiarazione e prontamente aggiunse “Andremo<br />

dall’Alchimista. Solo lui può aiutarci ora, e riportare in vita l’eletta”<br />

“Ma mia signora” la voce di Zoe era preoccupata e tesa “Non possiamo… L’Alchimista è…”<br />

“E’ la nostra ultima speranza” tagliò corto Cunya. Dopo queste parole nessuno disse più nulla.<br />

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