cds 585 patrimonio decesso concessionario subentro.pdf

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4. Quanto al terzo degli appelli in epigrafe si osserva quanto segue. Con ricorso n. 2160/2007 e con successivi motivi aggiunti, la società Azimut Benetti, premesso di essere un primario operatore del settore della cantieristica navale e di aver gestito nel periodo 1997- 2005 il compendio cantieristico all’origine dei fatti di causa, impugnava dinanzi al T.A.R. della Toscana la determinazione dirigenziale n. 1569/07 del 22 novembre 2007, con cui il Comune aveva assegnato la concessione in questione in favore della s.n.c. Elleyacht . rilasciando, pertanto, in favore di tale società la concessione n. 86/07 del 4 dicembre 2007. Con la sentenza 16 marzo 2009, n. 425, il T.A.R. respingeva il ricorso ritenendolo infondato. La sentenza in questione veniva impugnata dalla società Azimut Benetti, la quale ne chiedeva la riforma articolando tre motivi di appello, rispettivamente relativi: 1) [alla] interpretazione comunitariamente orientata dell’art. 37, cod. nav.; 2) [all’] illegittimo ricorso alla conferenza di servizi; 3) [alla] irragionevolezza dei criteri di selezione adottati dal Comune di Viareggio. In ciascuno dei quattro appelli in epigrafe si costituivano le parti indicate in premessa, le quali concludevano come in atti. 5. All’udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2011, presenti i difensori come da verbale di udienza, la causa veniva trattenuta in decisione. DIRITTO 1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello n. 8075/2005, proposto dal Comune di Viareggio avverso la sentenza del T.A.R. della Toscana con cui è stato accolto il ricorso proposto dagli eredi del titolare di una concessione demaniale marittima e, per l’effetto, sono stati annullati gli atti con cui il Comune aveva indetto una procedura comparativa ai sensi dell’art. 37, cod. nav. per l’attribuzione della medesima concessione, non tenendo in considerazione le istanze di sub ingresso e di voltura presentate dai ricorrenti. Giungono, altresì, alla decisione del Collegio i ricorsi numm. 4257/2010 e 4420/2010, proposti da due degli eredi in questione avverso la sentenza del T.A.R. della Toscana n. 424/09, con cui è stato respinto il ricorso proposto avverso gli atti con cui il Comune di Viareggio ha ritenuto la non idoneità degli eredi Barsanti ad eseguire la concessione e a gestire il cantiere, ai sensi del terzo comma dell’art. 46, cod. nav. Giunge, infine, alla decisione del Collegio il ricorso n. 4671/2010, proposto da una società attiva nel settore della cantieristica navale avverso la sentenza del T.A.R. della Toscana n. 425/09, con cui è stato respinto il ricorso avverso gli atti con cui il Comune da ultimo ha assegnato la concessione all’origine dei fatti di causa in favore della società Elleyacht. 2. Il Collegio ritiene in primo luogo di disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe, sussistendo evidenti ragioni di carattere oggettivo e soggettivo, ai sensi dell’art. 70, c.p.a. 3. Il Collegio ritiene di prendere le mosse dall’esame del primo degli appelli in epigrafe (ricorso n.8075/05), partendo dall’esame dell’appello principale proposto dal Comune di Viareggio. 3.1. Come si è anticipato in narrativa, il Comune di Viareggio ritiene in primo luogo che la sentenza del T.A.R. n. 1616/2005 sia meritevole di riforma per non avere i primi giudici rilevato la inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso originario, attesa la mancata impugnativa della determinazione n. 2710/2004, con cui il Comune di Viareggio aveva deciso di riammettere alla procedura comparativa di cui all’art. 37, cod. nav. la soc. Azimut Benetti, che ne era stata in un primo momento esclusa. 3.1.1. Il motivo è infondato, dal momento che l’oggetto principale del ricorso proposto in primo grado dagli eredi Barsanti (n. 986/2003) era rappresentato innanzitutto dalla decisione in se di avviare la procedura comparativa di cui all’art. 37, cod. nav. Ne consegue che l’atto con cui il Comune aveva riammesso alla procedura selettiva la società Azimut Benetti era legato da un nesso di presupposizione e consequenzialità necessaria agli atti presupposti con cui il Comune aveva adottato (per così dire: ‘a monte’) la decisione di indire la procedura di cui all’art. 37, cod. nav.

Ne consegue che l’annullamento in sede giurisdizionale degli atti di indizione della procedura – in considerazione della pienezza del contraddittorio - avrebbe determinato certamente un effetto caducante (e non meramente viziante) nei confronti degli atti con cui era stata disposta l’ammissione dei singoli candidati. Pertanto, la questione deve essere risolta facendo applicazione del consolidato – e qui condiviso – principio secondo cui, in presenza di vizi accertati dell'atto presupposto, deve distinguersi tra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante, nel senso che nel primo caso l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente all'atto conseguenziale anche quando quest'ultimo non è stato impugnato, mentre, nel secondo caso, l'atto conseguenziale è affetto da illegittimità derivata, ma resta efficace ove non ritualmente impugnato (in tal senso: Cons. Stato, V, 25 novembre 2010, n. 8243; id., V, 11 agosto 2010, n. 5623; id., V, 9 novembre 2005, n. 6270). Ebbene, siccome nel caso in esame l’annullamento in sede giurisdizionale dell’atto presupposto (l’indizione delle procedura) avrebbe certamente determinato (in ragione della pienezza del contraddittorio) la caducazione anche dell’atto presupponente (l’ammissione di un singolo concorrente), deve concludersi nel senso che la mancata impugnazione del secondo di tali atti non determini né l’inammissibilità, né l’improcedibilità del ricorso inizialmente proposto. 3.2. Con il secondo motivo di ricorso, il Comune di Viareggio lamenta l’erroneità della sentenza del T.A.R. per la parte in cui ha ritenuto che le istanze di subentro (altrove denominate ‘di voltura’ o ‘di rinnovo’) formulate dagli eredi Barsanti in data 30 luglio e 4 settembre 2002 potessero essere considerate rituali e tempestive ai fini di cui al terzo comma dell’art. 46, cod. nav. Secondo il Comune, le istanze in questione non potevano produrre gli effetti di cui all’art. 46, comma terzo, cod. nav. in quanto: a) gli adempimenti di cui alla disposizione da ultimo richiamata erano stati compiuti dagli eredi Barsanti già nel 1994 e nel 2000, con la conseguenza che tali adempimenti non potessero essere nuovamente compiuti nel 2002; b) alla data del 13 maggio 2002 (ossia, nel momento in cui il custode giudiziario aveva rimesso i beni del de cuius nella disponibilità degli eredi), la concessione demaniale n. 25/99 era certamente scaduta, ragione per cui non era ammissibile che gli eredi Barsanti invocassero una sorta di ‘rimessione in termini’ per l’intero periodo nel corso del quale i rapporti successori erano rimasti in contestazione; c) ancora, i ricorrenti in primo grado non potevano invocare una diversa durata della concessione (ad es.: le disposizioni in tema di durata sessennale, di cui al comma 2 dell’art. 01 del d.l. 400 del 1993, come modificato dall’art. 10 della l. 88 del 2001), trattandosi di una interpretazione erronea sotto il profilo normativo; d) quindi, dal momento che le richiamate istanze del luglio-settembre 2002 non potevano essere valutate ai sensi dell’art. 46, III, cod. nav., le stesse dovevano essere considerate come istanze di nuova concessione. Ma se questa era la corretta qualificazione delle istanze in parola, allora risultava del tutto corretto l’operato del Comune, il quale (in presenza di più istanze concorrenti relative al medesimo bene) aveva ritenuto di far luogo alla procedura comparativa di cui all’art. 37, cod. nav. 3.2.1. Il motivo in questione così sintetizzato non è fondato. In primo luogo deve escludersi che gli effetti di cui al terzo comma dell’art. 46, cod. nav. potessero essere riconnessi alle istanze di subentro formulate dagli eredi Barsanti nel corso del 1994 e del 2000. L’opzione interpretativa in parola appare in contrasto con l’evidente ratio della disposizione della cui interpretazione si discute. Il terzo comma dell’art. 46, cit., dispone che “in caso di morte del concessionario gli eredi subentrano nel godimento della concessione, ma devono chiederne la conferma entro sei mesi, sotto pena di decadenza. Se, per ragioni attinenti all’idoneità tecnica od economica degli eredi, la amministrazione non ritiene opportuno confermare la concessione, si applicano le norme relative alla revoca”.

Ne consegue che l’annullamento in sede giurisdizionale degli atti di indizione della procedura – in<br />

considerazione della pienezza del contraddittorio - avrebbe determinato certamente un effetto<br />

caducante (e non meramente viziante) nei confronti degli atti con cui era stata disposta<br />

l’ammissione dei singoli candidati.<br />

Pertanto, la questione deve essere risolta facendo applicazione del consolidato – e qui condiviso –<br />

principio secondo cui, in presenza di vizi accertati dell'atto presupposto, deve distinguersi tra<br />

invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante, nel senso che nel primo caso<br />

l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente all'atto conseguenziale anche<br />

quando quest'ultimo non è stato impugnato, mentre, nel secondo caso, l'atto conseguenziale è affetto<br />

da illegittimità derivata, ma resta efficace ove non ritualmente impugnato (in tal senso: Cons. Stato,<br />

V, 25 novembre 2010, n. 8243; id., V, 11 agosto 2010, n. 5623; id., V, 9 novembre 2005, n. 6270).<br />

Ebbene, siccome nel caso in esame l’annullamento in sede giurisdizionale dell’atto presupposto<br />

(l’indizione delle procedura) avrebbe certamente determinato (in ragione della pienezza del<br />

contraddittorio) la caducazione anche dell’atto presupponente (l’ammissione di un singolo<br />

concorrente), deve concludersi nel senso che la mancata impugnazione del secondo di tali atti non<br />

determini né l’inammissibilità, né l’improcedibilità del ricorso inizialmente proposto.<br />

3.2. Con il secondo motivo di ricorso, il Comune di Viareggio lamenta l’erroneità della sentenza del<br />

T.A.R. per la parte in cui ha ritenuto che le istanze di <strong>subentro</strong> (altrove denominate ‘di voltura’ o ‘di<br />

rinnovo’) formulate dagli eredi Barsanti in data 30 luglio e 4 settembre 2002 potessero essere<br />

considerate rituali e tempestive ai fini di cui al terzo comma dell’art. 46, cod. nav.<br />

Secondo il Comune, le istanze in questione non potevano produrre gli effetti di cui all’art. 46,<br />

comma terzo, cod. nav. in quanto:<br />

a) gli adempimenti di cui alla disposizione da ultimo richiamata erano stati compiuti dagli eredi<br />

Barsanti già nel 1994 e nel 2000, con la conseguenza che tali adempimenti non potessero essere<br />

nuovamente compiuti nel 2002;<br />

b) alla data del 13 maggio 2002 (ossia, nel momento in cui il custode giudiziario aveva rimesso i<br />

beni del de cuius nella disponibilità degli eredi), la concessione demaniale n. 25/99 era certamente<br />

scaduta, ragione per cui non era ammissibile che gli eredi Barsanti invocassero una sorta di<br />

‘rimessione in termini’ per l’intero periodo nel corso del quale i rapporti successori erano rimasti in<br />

contestazione;<br />

c) ancora, i ricorrenti in primo grado non potevano invocare una diversa durata della concessione<br />

(ad es.: le disposizioni in tema di durata sessennale, di cui al comma 2 dell’art. 01 del d.l. 400 del<br />

1993, come modificato dall’art. 10 della l. 88 del 2001), trattandosi di una interpretazione erronea<br />

sotto il profilo normativo;<br />

d) quindi, dal momento che le richiamate istanze del luglio-settembre 2002 non potevano essere<br />

valutate ai sensi dell’art. 46, III, cod. nav., le stesse dovevano essere considerate come istanze di<br />

nuova concessione. Ma se questa era la corretta qualificazione delle istanze in parola, allora<br />

risultava del tutto corretto l’operato del Comune, il quale (in presenza di più istanze concorrenti<br />

relative al medesimo bene) aveva ritenuto di far luogo alla procedura comparativa di cui all’art. 37,<br />

cod. nav.<br />

3.2.1. Il motivo in questione così sintetizzato non è fondato.<br />

In primo luogo deve escludersi che gli effetti di cui al terzo comma dell’art. 46, cod. nav. potessero<br />

essere riconnessi alle istanze di <strong>subentro</strong> formulate dagli eredi Barsanti nel corso del 1994 e del<br />

2000.<br />

L’opzione interpretativa in parola appare in contrasto con l’evidente ratio della disposizione della<br />

cui interpretazione si discute.<br />

Il terzo comma dell’art. 46, cit., dispone che “in caso di morte del <strong>concessionario</strong> gli eredi<br />

subentrano nel godimento della concessione, ma devono chiederne la conferma entro sei mesi, sotto<br />

pena di decadenza. Se, per ragioni attinenti all’idoneità tecnica od economica degli eredi, la<br />

amministrazione non ritiene opportuno confermare la concessione, si applicano le norme relative<br />

alla revoca”.

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