indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti
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INDAGINE SULLA MEDIAZIONE CULTURALE IN ITALIA L’attività di prima accoglienza, informazione e orientamento e in genere il settore dei servizi pubblici rivolti al cittadino straniero in ingresso devono essere ritenuti i punti nevralgici di una più complessiva riformulazione del rapporto tra componenti culturali e sociali diverse nel nostro Paese. Gli uffici pubblici infatti devono progressivamente dotarsi di sportelli e servizi capaci di orientare velocemente il migrante verso le pratiche di regolarizzazione della propria condizione giuridica e lavorativa al fine di evitare quei meccanismi pericolosi di cooptazione forzata da parte della criminalità organizzata degli immigrati clandestini, che ha contribuito ad alimentare quella ‘macchina della paura’ di cui Alessandro Dal Lago ha parlato illustrando la tendenza generalizzata alla criminalizzazione del migrante nella nostra opinione pubblica diffusa. Questi sportelli devono essere gestiti da personale capace, linguisticamente e giuridicamente preparato, e devono fungere da veri e propri poli di riferimento sul territorio per le minoranze immigrate. In alcune regioni – la Toscana ad esempio è in tal senso piuttosto all’avanguardia così come l’Emilia-Romagna e alcune aree del Lazio o ancora il Piemonte – alcuni importanti istituti di ricerca hanno provveduto per conto e su sollecitazione delle amministrazioni locali ad una ricognizione della presenza straniera sul territorio e alla preparazione di operatori specializzati in servizi alla popolazione immigrata, veri e propri ‘mediatori di sportello’. Queste esperienze mettono in luce l’importanza di un lavoro su piccola scala che cerca di raggiungere in loco l’intera popolazione migrante, senza affidarsi a politiche generalistiche che rischiano di essere inefficaci nelle singole, specifiche situazioni. La responsabilità di questi operatori è ovviamente enorme: essi fungono da primissimi ‘interfaccia’ tra realtà locale e migrante e sono incaricati di creare condizioni di accesso facilitate, oltre ad essere i primi referenti per la tutela e difesa di quei diritti fondamentali che da più parti ormai vengono sganciati dalla qualifica di cittadino. Il recente dibattito europeo sulla Carta dei diritti fondamentali ha messo in evidenza tuttavia anche nel nostro Paese le difficoltà poste da questa nozione controversa, cioè di un insieme di diritti sganciati dalla base statuale di appartenenza e rappresentanza, di un diritto distinto dalla cittadinanza, che invece è il problema per molti cittadini stranieri presenti sul nostro territorio nazionale: clandestini, ma anche rifugiati, immigrati regolari il cui permesso di soggiorno non è stato successivamente rinnovato, ecc. Alcune ricerche hanno messo in evidenza come questo primo contatto tra 66
cultura di accesso e migrante si giochi su una pluralità di livelli e possa risentire di una quantità innumerevole di barriere: spaziali, linguistiche, prossemiche 52 , capaci di rendere ostico il dialogo e l’accesso all’informazione così come il senso di fiducia e la sensazione di confiden- zialità necessaria all’utente. Questo discorso vale tra l’altro anche per alcune categorie di connazionali – anziani, portatori di handicap, persone con bassa o nulla scolarizzazione, ecc. – e si presenta come uno degli ambiti di primissimo intervento in materia di mediazione e di politiche dell’integrazione. Anche in tal senso il contributo dei saperi di tipo socio-antropologico e le competenze cumulate in materia di facilitazione e prevenzione dei conflitti tra diversità può rivelarsi molto utile sia per individuare i percorsi di formazione migliori per gli operatori che per strutturare e ripensare gli spazi e la gestione dei servizi indirizzati alla popolazione immigrata. 4.6 La mediazione su piccola scala L A MEDIAZIONE CULTURALE IN E UROPA 52. L. Bindi, Terre di mezzo…, cit. In via estremamente generale e conclusiva si può mettere in rilievo che, da questa ricognizione delle pratiche e dello stato dei saperi sulla mediazione interculturale in Europa e nel nostro paese in particolar modo, emerge un dato che da più parti ormai viene ritenuto cruciale per l’arricchimento e la diffusione di pratiche sempre più inclusive e negoziatorie nei rapporti interetnici. La mediazione sembra beneficiare enormemente di attività, programmi di intervento, strategie giocate su piccola o addirittura piccolissima scala, su quella cioè che in ambito anglosassone è stata definita la ‘mediazione di comunità’. Avendo a che vedere con forme alternative, confidenziali, dialogiche di relazione tra diversità – siano esse di tipo giuridico, culturale, religioso, politico, ecc. – tali pratiche godono di una contestualizzazione di piccola ampiezza perché permettono una conoscenza diretta dei soggetti, un rapporto ‘faccia a faccia’ che facilita le soluzioni di compromesso. È ovvio che tali pratiche non possono essere improvvisate e che le competenze atte a guidare le situazioni materiali di realizzazione della mediazione e dell’integrazione prevedano necessariamente l’intervento di professionisti, di volta in volta specializzati nei più diversi settori e avvertiti delle complesse precondizioni socio-antropologiche del dialogo interculturale. Non si tratta semplicemente di cumulare un sapere all’altro – economia più scienze sociali, diritto più antropologia, ecc. – ma di pensare una formazione integrata di più competenze che renda possibile la gestione esperta di questi rap- 67
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L’attività di prima accoglienza, <strong>in</strong>formazione e orientamento e <strong>in</strong> genere il settore<br />
dei servizi pubblici rivolti al cittad<strong>in</strong>o straniero <strong>in</strong> <strong>in</strong>gresso devono essere ritenuti<br />
i punti nevralgici di una più complessiva riformulazione del rapporto tra componenti<br />
culturali e sociali diverse nel nostro Paese.<br />
Gli uffici pubblici <strong>in</strong>fatti devono progressivamente dotarsi di sportelli e servizi<br />
capaci di orientare velocemente il migrante verso le pratiche di regolarizzazione<br />
della propria condizione giuridica e lavorativa al f<strong>in</strong>e di evitare quei meccanismi<br />
pericolosi di cooptazione forzata da parte della crim<strong>in</strong>alità organizzata degli<br />
immigrati clandest<strong>in</strong>i, che ha contribuito ad alimentare quella ‘macch<strong>in</strong>a della<br />
paura’ di cui Alessandro Dal Lago ha parlato illustrando la tendenza generalizzata<br />
alla crim<strong>in</strong>alizzazione del migrante nella nostra op<strong>in</strong>ione pubblica diffusa.<br />
Questi sportelli devono essere gestiti da personale capace, l<strong>in</strong>guisticamente<br />
e giuridicamente preparato, e devono fungere da veri e propri poli di riferimento<br />
sul territorio per le m<strong>in</strong>oranze immigrate.<br />
In alcune regioni – la Toscana ad esempio è <strong>in</strong> tal senso piuttosto all’avanguardia<br />
così come l’Emilia-Romagna e alcune aree del Lazio o ancora il Piemonte<br />
– alcuni importanti istituti di ricerca hanno provveduto per conto e su sollecitazione<br />
delle amm<strong>in</strong>istrazioni locali ad una ricognizione della presenza straniera<br />
sul territorio e alla preparazione di operatori specializzati <strong>in</strong> servizi alla popolazione<br />
immigrata, veri e propri ‘mediatori di sportello’. Queste esperienze mettono<br />
<strong>in</strong> luce l’importanza di un lavoro su piccola scala che cerca di raggiungere <strong>in</strong><br />
loco l’<strong>in</strong>tera popolazione migrante, senza affidarsi a politiche generalistiche che<br />
rischiano di essere <strong>in</strong>efficaci nelle s<strong>in</strong>gole, specifiche situazioni.<br />
La responsabilità di questi operatori è ovviamente enorme: essi fungono da<br />
primissimi ‘<strong>in</strong>terfaccia’ tra realtà locale e migrante e sono <strong>in</strong>caricati di creare condizioni<br />
di accesso facilitate, oltre ad essere i primi referenti per la tutela e difesa di<br />
quei diritti fondamentali che da più parti ormai vengono sganciati dalla qualifica<br />
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Il recente dibattito europeo <strong>sulla</strong> Carta dei diritti fondamentali ha messo <strong>in</strong><br />
evidenza tuttavia anche nel nostro Paese le difficoltà poste da questa nozione<br />
controversa, cioè di un <strong>in</strong>sieme di diritti sganciati dalla base statuale di appartenenza<br />
e rappresentanza, di un diritto dist<strong>in</strong>to dalla cittad<strong>in</strong>anza, che <strong>in</strong>vece è il<br />
problema per molti cittad<strong>in</strong>i stranieri presenti sul nostro territorio nazionale:<br />
clandest<strong>in</strong>i, ma anche rifugiati, immigrati regolari il cui permesso di soggiorno<br />
non è stato successivamente r<strong>in</strong>novato, ecc.<br />
Alcune ricerche hanno messo <strong>in</strong> evidenza come questo primo contatto tra<br />
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