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indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti

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INDAGINE SULLA MEDIAZIONE CULTURALE IN ITALIA<br />

piuttosto recente di queste competenze e professionalità nei vari settori di <strong>in</strong>tervento.<br />

Il mediatore <strong>in</strong>ter<strong>culturale</strong> viene chiamato <strong>in</strong> causa nei più diversi ambienti:<br />

la scuola, la famiglia, i servizi del territorio, il sistema ospedaliero, quello giuridico<br />

e penitenziario, ecc., presentandosi come il nodo sensibile di una rete che, partendo<br />

dalla scuola, esce nella società <strong>in</strong> cui la scuola è <strong>in</strong>serita e della quale è<br />

espressione e riflesso. Questo perché la scuola non può diventare il regno assoluto<br />

dell’educazione <strong>in</strong>ter<strong>culturale</strong>, una nicchia di frontiera attorno alla quale si<br />

stende la vita “reale”, caratterizzata da conflittuali tassi di accettazione reciproca<br />

e <strong>in</strong>ter-relazione fra “altri”.<br />

La <strong>mediazione</strong> <strong>in</strong>ter<strong>culturale</strong> – che si fonda <strong>sulla</strong> collaborazione fra diversi<br />

soggetti sociali – <strong>in</strong>segnanti, genitori, operatori sociali, operatori sanitari, stranieri<br />

– mira, <strong>in</strong>fatti, a mettere <strong>in</strong> comunicazione i diversi soggetti attraverso le proprie<br />

<strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seche differenze e professionalità; un gioco a più ruoli nel quale il mediatore<br />

<strong>in</strong>ter<strong>culturale</strong> è chiamato <strong>in</strong>nanzitutto:<br />

— ad <strong>in</strong>formare sui pregiudizi, gli stereotipi propri sia alla cultura di provenienza<br />

degli immigrati, sia della società di accoglienza;<br />

— a “scoprire” i nervi che possono creare una tensione psicologica, sociale, relazionale<br />

fra immigrati e autoctoni (siano questi s<strong>in</strong>gole persone, siano servizi e/o<br />

istituzioni);<br />

— a promuovere un’attenzione “attiva” e cosciente verso gli immigrati aff<strong>in</strong>ché<br />

questi possano effettivamente godere degli stessi servizi accessibili alla popolazione<br />

locale (servizi che la legge ha riconosciuto come loro diritto);<br />

— a svolgere funzioni di consulenza agli operatori pubblici che operano con<br />

immigrati e ad offrire occasioni di formazione effettiva all’<strong>in</strong>terculturalità.<br />

Tutto questo con la consapevolezza dei rischi che un’azione di <strong>mediazione</strong><br />

comporta, come dimostra l’ormai lunga esperienza di <strong>mediazione</strong> l<strong>in</strong>guistica<br />

acquisita <strong>in</strong> questi anni: difficoltà collegate soprattutto a debolezze formative o<br />

professionali dei s<strong>in</strong>goli mediatori, talvolta <strong>in</strong>capaci di affrontare situazioni difficili,<br />

a volte responsabili della costruzione di legami di eccessiva dipendenza da<br />

parte dei soggetti assistiti, a volte tentati dal sostituirsi al personale dei servizi<br />

sociali ed agli <strong>in</strong>segnanti stessi, <strong>in</strong> un processo di usurpazione di funzioni che<br />

<strong>in</strong>cide negativamente sul soggetto <strong>in</strong>teressato dall’<strong>in</strong>tervento; a volte, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, talmente<br />

co<strong>in</strong>volti dall’umanità del loro lavoro e dall’empatia nei confronti del soggetto<br />

seguito da renderlo, di fatto, <strong>in</strong>capace di crearsi relazioni autonome o, al<br />

contrario, <strong>in</strong>capaci di “staccare” il mediatore dal suo servizio, che diventa così<br />

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