indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti
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INDAGINE SULLA MEDIAZIONE CULTURALE IN ITALIA fronto e colloquio tra componenti diverse del tessuto sociale, culturale e politico della città. L’interrelazione con altre agenzie presenti sul territorio – associazioni politiche, sindacali, di difesa del consumatore, ecc. – permettono alle Boutiques un intervento a tappeto su ogni fronte della relazione interetnica e consentono, riducendo il margine di arbitrarietà tipico della situazione esclusivamente giudiziaria, un partecipazione più attiva delle diverse componenti all’opera di risoluzione e prevenzione della tensione a carattere culturale e sociale. La Boutique de Droit – si legge in uno dei primi testi dedicati a questo genere di iniziative – 39. Ibidem, p. 32. cerca senza sosta possibilità e mezzi per alimentare una profonda e reale discussione collettiva onde permettere il superamento del diritto, per andare alla ricerca di altri livelli di analisi dello stesso fatto sociale. I membri che vi partecipano sanno bene che non è sufficiente essere in molti intorno ad un tavolo perché si instauri veramente una discussione collegiale […] Anzi lo sforzo costante è proprio quello di non permettere alla discussione di rimanere al livello esclusivo del diritto (anche se la boutique deve fornire delle informazioni giuridiche corrette e copiose) giacché in questo caso la parola ridiverrebbe automaticamente esclusivo appannaggio dei giuristi e degli specialisti del diritto. Di qui la necessità che partecipino a queste attività anche dei non giuristi per respingere l’egemonia esclusiva di questo ordine di riferimento rispetto ad altri elementi utili al lavoro di mediazione. È un ‘altrove’ in cui coloro che vogliono fare un percorso di un certo tipo fuori dalla propria professione, disintossicandosi un po’ dal diritto e dall’ordine di riferimento esclusivo della legge, trovano un posto in cui poterlo fare39. Questo per ciò che concerne le Boutiques de Droit. Esistono tuttavia altre esperienze, sempre calibrate sull’intervento su piccola scala, a carattere fortemente locale. Tra queste possiamo menzionare quella dell’Atelier Populaire d’Urbanisme di Lille (Moulins), che fin dal 1993 si è impegnato a favorire in quella città attività di solidarietà e collaborazione tra gli abitanti dello stesso quartiere in vista di una migliore convivenza all’interno dello stesso tra diverse componenti sociali, etniche e culturali. Iniziative come queste sono in realtà estremamente diffuse sul territorio nazionale e mettono in luce la consapevolezza profonda che al di là delle grandi strategie unitarie, su base nazionale, di assimilazione e integrazione indiscriminata dei migranti, la convivenza e la prevenzione dei conflitti possa realizzarsi solo attraverso specifiche iniziative locali, capaci di veicolare una vera e propria mediazione interna alla comunità. Esistono inoltre numerosi esempi anche in contesto francese di educazione interculturale nella scuola, soprattutto di base, finalizzate alla prevenzione della 44
L A MEDIAZIONE CULTURALE IN E UROPA conflittualità sociale che recentemente ha caratterizzato i rapporti tra le diverse componenti culturali ed etniche nel Paese, come durante l’ultima campagna elettorale. Tra i molti che si possono citare esistono esperienze come quella della scuola franco-araba di Parigi (rue de Tanger), che intende scommettere sull’apprendimento precoce delle lingue come forma di prevenzione del fallimento scolare dei giovani immigrati e di facilitazione della loro integrazione all’interno del mondo lavorativo in futuro. Esperienze come questa, centrata sul bilinguismo, mettono in luce come negli ultimi anni anche in Francia si sia passati da un modello assolutamente assimilazionista, secondo il quale l’assunzione della lingua ufficiale da parte dei migranti veniva ritenuto uno dei requisiti primari per la loro integrazione, al riconoscimento dell’importanza di saperi più inclusivi e meno nazionalisticamente rigidi, al fine di contenere le spinte conflittuali e i germi di tensione sociale e politica spesso contenuti nell’assimilazione forzata, almeno sul piano dei comportamenti pubblici, da parte degli immigrati e delle loro famiglie. Anche la Francia dunque sta riformulando il suo atteggiamento verso l’integrazione delle diversità in senso più pluralista, forse proprio in conseguenza degli episodi sempre più frequenti di intolleranza e di violenza a cui si è assistito ultimamente nelle città e specie nelle banlieues delle metropoli francesi. Un grande sforzo, anche se con qualche ritardo, è stato infine fatto sul piano del diritto di famiglia attraverso iniziative plurime finalizzate al ricongiungimento familiare, ritenuto una condizione ideale per un inserimento più armonioso e meno a rischio del migrante nella realtà di ingresso. Anche in questo senso il peso della mediazione sociale e culturale è grande: sia per quanto riguarda l’ingresso e la tutela dei minori nella fase di ricongiungimento e affidamento, sia per tutti i passi che conseguono all’inserimento all’interno della realtà nazionale non più di singoli soggetti migranti, ma di intere famiglie. Numerosissimi infine i programmi di apprendimento di lingue e culture straniere, che partiti dalla socializzazione con le culture e le lingue di altri paesi europei, hanno visto allargarsi il loro orizzonte di opzioni a lingue e culture anche molto lontane. Questo tipo di esperienze, spesso sollecitate proprio dalla composizione mista delle classi, iniziano oggi a dare risultati rilevanti sul piano della diffusione di una mentalità più inclusiva e rispettosa delle diversità, almeno presso le giovani generazioni. Il dato più importante comunque, a tutti i livelli, resta questa lenta, ma evidente conversione anche delle pratiche francesi di integrazione della diversità culturale verso modelli di tipo maggiormente pluralista e 45
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conflittualità sociale che recentemente ha caratterizzato i rapporti tra le diverse<br />
componenti culturali ed etniche nel Paese, come durante l’ultima campagna elettorale.<br />
Tra i molti che si possono citare esistono esperienze come quella della scuola<br />
franco-araba di Parigi (rue de Tanger), che <strong>in</strong>tende scommettere sull’apprendimento<br />
precoce delle l<strong>in</strong>gue come forma di prevenzione del fallimento scolare dei<br />
giovani immigrati e di facilitazione della loro <strong>in</strong>tegrazione all’<strong>in</strong>terno del mondo<br />
lavorativo <strong>in</strong> futuro. Esperienze come questa, centrata sul bil<strong>in</strong>guismo, mettono<br />
<strong>in</strong> luce come negli ultimi anni anche <strong>in</strong> Francia si sia passati da un modello assolutamente<br />
assimilazionista, secondo il quale l’assunzione della l<strong>in</strong>gua ufficiale da<br />
parte dei migranti veniva ritenuto uno dei requisiti primari per la loro <strong>in</strong>tegrazione,<br />
al riconoscimento dell’importanza di saperi più <strong>in</strong>clusivi e meno nazionalisticamente<br />
rigidi, al f<strong>in</strong>e di contenere le sp<strong>in</strong>te conflittuali e i germi di tensione<br />
sociale e politica spesso contenuti nell’assimilazione forzata, almeno sul piano<br />
dei comportamenti pubblici, da parte degli immigrati e delle loro famiglie. Anche<br />
la Francia dunque sta riformulando il suo atteggiamento verso l’<strong>in</strong>tegrazione<br />
delle diversità <strong>in</strong> senso più pluralista, forse proprio <strong>in</strong> conseguenza degli episodi<br />
sempre più frequenti di <strong>in</strong>tolleranza e di violenza a cui si è assistito ultimamente<br />
nelle città e specie nelle banlieues delle metropoli francesi.<br />
Un grande sforzo, anche se con qualche ritardo, è stato <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e fatto sul<br />
piano del diritto di famiglia attraverso <strong>in</strong>iziative plurime f<strong>in</strong>alizzate al ricongiungimento<br />
familiare, ritenuto una condizione ideale per un <strong>in</strong>serimento più armonioso<br />
e meno a rischio del migrante nella realtà di <strong>in</strong>gresso. Anche <strong>in</strong> questo<br />
senso il peso della <strong>mediazione</strong> sociale e <strong>culturale</strong> è grande: sia per quanto riguarda<br />
l’<strong>in</strong>gresso e la tutela dei m<strong>in</strong>ori nella fase di ricongiungimento e affidamento,<br />
sia per tutti i passi che conseguono all’<strong>in</strong>serimento all’<strong>in</strong>terno della realtà nazionale<br />
non più di s<strong>in</strong>goli soggetti migranti, ma di <strong>in</strong>tere famiglie.<br />
Numerosissimi <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e i programmi di apprendimento di l<strong>in</strong>gue e culture<br />
straniere, che partiti dalla socializzazione con le culture e le l<strong>in</strong>gue di altri paesi<br />
europei, hanno visto allargarsi il loro orizzonte di opzioni a l<strong>in</strong>gue e culture<br />
anche molto lontane. Questo tipo di esperienze, spesso sollecitate proprio dalla<br />
composizione mista delle classi, <strong>in</strong>iziano oggi a dare risultati rilevanti sul piano<br />
della diffusione di una mentalità più <strong>in</strong>clusiva e rispettosa delle diversità, almeno<br />
presso le giovani generazioni. Il dato più importante comunque, a tutti i livelli,<br />
resta questa lenta, ma evidente conversione anche delle pratiche francesi di <strong>in</strong>tegrazione<br />
della diversità <strong>culturale</strong> verso modelli di tipo maggiormente pluralista e<br />
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