indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti

indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti

integrazionemigranti.gov.it
from integrazionemigranti.gov.it More from this publisher
03.06.2013 Views

INDAGINE SULLA MEDIAZIONE CULTURALE IN ITALIA la libertà di culto viene rispettata, ma solo se professata in privato. Lo stato infatti, e con esso lo spazio pubblico restano assolutamente laici, bene distinti da ogni elemento di confessionalità. Le stesse politiche sociali e di sostegno vengono applicate senza tener alcun conto delle origini culturali, etniche o razziali dei cittadini, né delle rivendicazioni particolari che da essi potrebbero avanzare in funzione delle loro caratteristiche distintive. Questa assoluta negazione della diversità sul piano identitario e culturale viene in parte invertita nel modello pluralista di integrazione, che possiamo connettere alla realtà anglosassone. In esso vengono pubblicamente riconosciute la specificità delle minoranze etniche migranti, ma anche di quelle nazionali ed autoctone o almeno vengono tollerate. Gli individui si organizzano in gruppi di interesse finalizzati al mantenimento della loro cultura e della loro identità nel rispetto della legge. Tuttavia lo stato non contribuisce finanziariamente al sostentamento di queste attività di valorizzazione e promozione delle minoranze culturali. Talora l’insieme di pratiche culturali e politiche di sostegno vengono incoraggiate parzialmente dai governi locali all’interno di strategie di promozione multiculturale. In ogni caso nelle nazioni improntante a modelli pluralisti di integrazione non è richiesta esplicitamente, così come accade invece nei modelli di tipo assimilazionista, la rinuncia alla propria specificità culturale come condizione di accesso alla cittadinanza e all’uguaglianza nel trattamento politico, giuridico e culturale dei diversi gruppi componenti la realtà sociale della nazione. In queste realtà nazionali si attesta per lo più il concetto dello jus soli, anche se permangono pratiche di registrazione dei singoli cittadini migranti che fanno ancora pesare molto l’appartenenza a questo o quel gruppo etnico di provenienza, pur nel quadro di una volontà politica di lotta alle discriminazione, della quale è un esempio molto avanzato la legislazione di tipo britannico. Vi sono inoltre realtà nazionali nelle quali i due modelli precedentemente citati si intrecciano dando origine a forme di integrazione delle minoranze frastagliate. Il caso del Belgio risulta in tal caso emblematico: in questo paese solo le minoranze afferenti alle comunità originarie dell’area vengono riconosciute (fiamminghi, valloni e cittadini di lingua tedesca), mentre un trattamento piuttosto marginalizzante viene riservato alle minoranze formatesi in conseguenza dei recenti processi migratori, basti pensare alla difficile integrazione subita dai molti cittadini italiani trasferitisi negli anni Sessanta e Settanta in questa nazione per ragioni di lavoro. 36

L A MEDIAZIONE CULTURALE IN E UROPA 2.6 Stati nazionali e strategie dell’integrazione: l’esempio tedesco In altri casi, come quello della Germania, l’inclusione delle minoranze è rigidamente regolamentata e controllata e presenta notevoli differenziazioni interne. Durante gli anni Sessanta, ad esempio, gli immigrati in Germania continuavano ad essere definiti “lavoratori ospiti”, trovavano senza difficoltà un’occupazione all’interno delle numerose fabbriche presenti nelle aree urbane, ma non venivano in alcun modo ricompresi da programmi politici di assimilazione e inclusione culturale, ritenendo al contrario altamente auspicabile che, dopo un periodo di soggiorno legato al lavoro e al superamento della fase di disagio economico patita nel paese di origine, essi tornassero in patria, sollevando lo Stato tedesco da incombenze problematiche e da una gestione difficile delle politiche di welfare. Tendenzialmente dunque la Germania favoriva in ogni modo una presenza di migranti purché essi non andassero a scalfire la sostanziale omogeneità culturale della nazione, che veniva in ogni modo preservata. È per questo che le politiche di cittadinanza in paesi come la Germania hanno teso a lungo ad essere essenzialmente restrittive, al punto di mantenere, fino al 1999, un ordinamento giuridico della cittadinanza basato sullo jus sanguinis. Secondo questo sistema giuridico la naturalizzazione era possibile, ma estremamente difficile da ottenere, severamente regolamentata e in ogni modo osteggiata, quando non esplicitamente sottoposta al potere discrezionale di uno Stato che finiva per presentarsi essenzialmente come garante dell’esclusione dei migranti dal proprio ambito, assai più che come amministratore oculato della loro integrazione. È anche vero che questi modelli non rappresentano che le tendenze generali delle politiche di integrazione dei singoli Paesi o aree (Nordamerica, Europa) e che più spesso le forme di integrazione sono il risultato di stratificazioni ben più complesse e di intrecci politico-culturali che fanno sì che nella pratica la convivenza tra diversità si realizzi in modi molto diversi. Ed è vero altresì che tali politiche tendono a risentire fortemente degli slittamenti di politica interna e ad evolvere a seconda delle tendenze politico-culturali dominanti all’interno delle singole nazioni. 2.7 Le novità nel dibattito sull’integrazione in Europa: le teorie di Jurgen Habermas e il problema dei diritti fondamentali In Germania, ad esempio, negli ultimi anni si è assistito ad un importante dibattito di filosofia politica e del diritto, che ha profondamente segnato le tendenze 37

L A MEDIAZIONE CULTURALE IN E UROPA<br />

2.6 Stati nazionali e strategie dell’<strong>in</strong>tegrazione: l’esempio tedesco<br />

In altri casi, come quello della Germania, l’<strong>in</strong>clusione delle m<strong>in</strong>oranze è rigidamente<br />

regolamentata e controllata e presenta notevoli differenziazioni <strong>in</strong>terne.<br />

Durante gli anni Sessanta, ad esempio, gli immigrati <strong>in</strong> Germania cont<strong>in</strong>uavano<br />

ad essere def<strong>in</strong>iti “lavoratori ospiti”, trovavano senza difficoltà un’occupazione<br />

all’<strong>in</strong>terno delle numerose fabbriche presenti nelle aree urbane, ma non venivano<br />

<strong>in</strong> alcun modo ricompresi da programmi politici di assimilazione e <strong>in</strong>clusione<br />

<strong>culturale</strong>, ritenendo al contrario altamente auspicabile che, dopo un periodo di<br />

soggiorno legato al lavoro e al superamento della fase di disagio economico patita<br />

nel paese di orig<strong>in</strong>e, essi tornassero <strong>in</strong> patria, sollevando lo Stato tedesco da<br />

<strong>in</strong>combenze problematiche e da una gestione difficile delle politiche di welfare.<br />

Tendenzialmente dunque la Germania favoriva <strong>in</strong> ogni modo una presenza di<br />

migranti purché essi non andassero a scalfire la sostanziale omogeneità <strong>culturale</strong><br />

della nazione, che veniva <strong>in</strong> ogni modo preservata. È per questo che le politiche<br />

di cittad<strong>in</strong>anza <strong>in</strong> paesi come la Germania hanno teso a lungo ad essere essenzialmente<br />

restrittive, al punto di mantenere, f<strong>in</strong>o al 1999, un ord<strong>in</strong>amento giuridico<br />

della cittad<strong>in</strong>anza basato sullo jus sangu<strong>in</strong>is. Secondo questo sistema giuridico<br />

la naturalizzazione era possibile, ma estremamente difficile da ottenere, severamente<br />

regolamentata e <strong>in</strong> ogni modo osteggiata, quando non esplicitamente sottoposta<br />

al potere discrezionale di uno Stato che f<strong>in</strong>iva per presentarsi essenzialmente<br />

come garante dell’esclusione dei migranti dal proprio ambito, assai più<br />

che come amm<strong>in</strong>istratore oculato della loro <strong>in</strong>tegrazione.<br />

È anche vero che questi modelli non rappresentano che le tendenze generali<br />

delle politiche di <strong>in</strong>tegrazione dei s<strong>in</strong>goli Paesi o aree (Nordamerica, Europa) e che<br />

più spesso le forme di <strong>in</strong>tegrazione sono il risultato di stratificazioni ben più complesse<br />

e di <strong>in</strong>trecci politico-culturali che fanno sì che nella pratica la convivenza tra<br />

diversità si realizzi <strong>in</strong> modi molto diversi. Ed è vero altresì che tali politiche tendono<br />

a risentire fortemente degli slittamenti di politica <strong>in</strong>terna e ad evolvere a seconda<br />

delle tendenze politico-culturali dom<strong>in</strong>anti all’<strong>in</strong>terno delle s<strong>in</strong>gole nazioni.<br />

2.7 Le novità nel dibattito sull’<strong>in</strong>tegrazione <strong>in</strong> Europa: le teorie di Jurgen<br />

Habermas e il problema dei diritti fondamentali<br />

In Germania, ad esempio, negli ultimi anni si è assistito ad un importante dibattito<br />

di filosofia politica e del diritto, che ha profondamente segnato le tendenze<br />

37

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!