indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti

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03.06.2013 Views

INDAGINE SULLA MEDIAZIONE CULTURALE IN ITALIA 1998, che sancisce la gestione indipendente dell’area da parte delle popolazioni native Inuit, oltre che ad una politica di sostegno governativo effettiva verso le altre minoranze presenti sul territorio 3 ). In contesto statunitense hanno prevalso invece, oltre ai settori succitati, interventi di mediazione su piccola scala, anch’essi volti a ‘facilitare i rapporti’ – altra definizione delle pratiche di mediazione – tra componenti etniche e culturali, ma anche tra ‘ceti’ diversi all’interno di spazi urbani attigui e talora negli stessi quartieri, lacerati, come negli anni Sessanta e Settanta, da vere e proprie guerre tra ‘ghetti’. Ciò ha contribuito a regolamentare almeno in parte i rapporti interetnici – da sempre una costante problematica della vita urbana statunitense – in particolare in periodi nei quali la percezione diffusa della giustizia di tipo regolare e l’intervento delle forze dell’ordine veniva percepito in tali contesti come altamente estraneo e lontano dalle proprie forme di vita 4 . Una particolare attenzione va rivolta proprio alla mediazione di comunità 5 , sia per l’efficacia rilevata concretamente nel risolvere conflitti a carattere interet- 3. W. Kymlicka, La cittadinanza multiculturale, Bologna, Il Mulino, 1997. 4. Su questi aspetti di autonomia dei ghetti e di politiche locali in queste aree urbane così complesse si veda: U. Hannerz, Esplorare la città, Bologna, Il Mulino, 2000. 5. Cfr. P. Dukes, Resolving Public Conflict, Durham University Press, 1999; ma anche L. Bindi – B. Faedda, Luoghi di frontiera. Antropologia delle mediazioni, Punto di Fuga Editore, Cagliari, 2001. 6. Anche su questi aspetti si veda la parte finale del saggio di L. Bindi, Terre di mezzo. Identità e mediazione culturale in L. Bindi – B. Faedda, op. cit., pp. 118-126. si tenga conto inoltre che le pratiche di mediazione e l’informazione in merito ha da tempo fatto largo uso della comunicazione e della formazione online come è testimoniato dall’esistenza di moltissimi siti di mediazione sul web oltre che di alcune importanti newsletters e forum in materia. Cfr.Fonte Internet: http://www.mediation.com; www.adr.com. 24 nico, sia perché considerata un vero e proprio laboratorio per la rifondazione della governance ‘dal basso’. Essa infatti insiste sulla necessità di ricoinvolgere nei meccanismi decisionali la popolazione civile del Paese, non tanto attraverso meccanismi plebiscitari e indiscriminati di voto (modello della democrazia referendaria), quanto piuttosto allargando la base della discussione a livello microcomunitario delle decisioni inerenti la specifica area territoriale di interesse, la convivenza tra le diverse componenti della comunità, l’arricchimento dei patrimoni e delle attività interne ad essa, al fine di un miglioramento complessivo della qualità dei servizi offerti alla popolazione stessa. Ciò è reso possibile sia da una vera e propria ‘rieducazione’ dei cittadini all’esercizio responsabile della propria sovranità democratica, ma anche da un surplus informativo che è tra l’altro oggi reso possibile dalla crescita dei mezzi di comunicazione – soprattutto di quelli a carattere interattivo – che hanno alimentato recentemente veri e propri dibattiti sia sulle pratiche di mediazione da condurre attraverso l’uso della rete, e anche di un vero e proprio e-governement 6 . Questo aspetto virtuale della pratica mediatoria viene a contraddire in realtà, almeno in parte, la

mediazione di tipo, per così dire, ‘tradizionale’, giocata cioè sul rapporto ‘faccia a faccia’, che conferisce grande peso, come è ovvio, alla diretta interazione tra i soggetti in causa e il terzo elemento rappresentato dal mediatore; rapporto giocato sui diversi registri linguistici, prossemici, sui tempi e i luoghi dell’incontro. Tuttavia la fiducia espressa in ambito statunitense e canadese verso le pratiche di mediazione online fa pensare ad un protocollo di pratiche ormai così rodato da risultare efficace anche nell’interazione ‘a distanza’, oltre a consentire una riduzione ulteriore dei costi, specie per ciò che concerne dispute e scontri di minore complessità. 1.2 Le pratiche di risoluzione alternativa dei conflitti Quasi tutti i manuali – per lo più anch’essi editi negli Stati Uniti – rivolti essenzialmente ai mediatori professionali e ai formatori concordano sulla struttura classicamente tripartita della ‘scena della mediazione’ 7 . Alle due parti in conflitto con le loro opposte ragioni e le tensioni causate dalla situazione di scontro si viene ad aggiungere – invece del raddoppio esatto dei rispettivi avvocati – un’unica figura, quella del mediatore; spesso prima, talora successivamente ad una fase processuale vera e propria che non ha ottenuto buon esito o che si è protratta troppo a lungo e con costi divenuti insostenibili. Quasi tutti concordano nel mettere in rilievo l’impossibilità di una totale neutralità ed equidistanza di questo ‘operatore’ rispetto alle due parti in causa. Le ragioni di sbilanciamento nell’una o nell’altra direzione possono far capo a caratteristiche di tipo diverso e comunque incancellabili, quali ad esempio il genere, l’estrazione economica, etnica, sociale, elementi tutti destinati a pesare nei rapporti che il mediatore viene a stabilire con le rispettive parti in causa. Tuttavia, il mandato professionale cui quest’ultimo deve attenersi è quello di un atteggiamento il più possibile distaccato, ma soprattutto consapevole delle diversità e delle contiguità esistenti rispetto agli ‘attori’ in campo. 1.3 Le fasi della mediazione L A MEDIAZIONE CULTURALE IN E UROPA 7. Letizia Bindi nel saggio precedentemente citato dedica un paragrafo del suo saggio proprio a La scena della mediazione in cui analizza tale contesto alla luce delle più recenti teorie socioantropologiche sulla performance degli attori sociali nello spazio pubblico. Cfr. Bindi-Faedda, op. cit., pp. 81 e sgg. D’altronde in una prima fase della sua attività il mediatore è chiamato soprattutto ad ascoltare le singole parti e a sollecitarle, in colloqui rigidamente separati, a 25

<strong>mediazione</strong> di tipo, per così dire, ‘tradizionale’, giocata cioè sul rapporto ‘faccia a<br />

faccia’, che conferisce grande peso, come è ovvio, alla diretta <strong>in</strong>terazione tra i soggetti<br />

<strong>in</strong> causa e il terzo elemento rappresentato dal mediatore; rapporto giocato<br />

sui diversi registri l<strong>in</strong>guistici, prossemici, sui tempi e i luoghi dell’<strong>in</strong>contro.<br />

Tuttavia la fiducia espressa <strong>in</strong> ambito statunitense e canadese verso le pratiche di<br />

<strong>mediazione</strong> onl<strong>in</strong>e fa pensare ad un protocollo di pratiche ormai così rodato da<br />

risultare efficace anche nell’<strong>in</strong>terazione ‘a distanza’, oltre a consentire una riduzione<br />

ulteriore dei costi, specie per ciò che concerne dispute e scontri di m<strong>in</strong>ore<br />

complessità.<br />

1.2 Le pratiche di risoluzione alternativa dei conflitti<br />

Quasi tutti i manuali – per lo più anch’essi editi negli Stati Uniti – rivolti essenzialmente<br />

ai mediatori professionali e ai formatori concordano <strong>sulla</strong> struttura<br />

classicamente tripartita della ‘scena della <strong>mediazione</strong>’ 7 .<br />

Alle due parti <strong>in</strong> conflitto con le loro opposte ragioni e<br />

le tensioni causate dalla situazione di scontro si viene ad<br />

aggiungere – <strong>in</strong>vece del raddoppio esatto dei rispettivi avvocati<br />

– un’unica figura, quella del mediatore; spesso prima,<br />

talora successivamente ad una fase processuale vera e propria<br />

che non ha ottenuto buon esito o che si è protratta troppo<br />

a lungo e con costi divenuti <strong>in</strong>sostenibili.<br />

Quasi tutti concordano nel mettere <strong>in</strong> rilievo l’impossibilità di una totale<br />

neutralità ed equidistanza di questo ‘operatore’ rispetto alle due parti <strong>in</strong> causa.<br />

Le ragioni di sbilanciamento nell’una o nell’altra direzione possono far capo a<br />

caratteristiche di tipo diverso e comunque <strong>in</strong>cancellabili, quali ad esempio il<br />

genere, l’estrazione economica, etnica, sociale, elementi tutti dest<strong>in</strong>ati a pesare nei<br />

rapporti che il mediatore viene a stabilire con le rispettive parti <strong>in</strong> causa. Tuttavia,<br />

il mandato professionale cui quest’ultimo deve attenersi è quello di un atteggiamento<br />

il più possibile distaccato, ma soprattutto consapevole delle diversità e<br />

delle contiguità esistenti rispetto agli ‘attori’ <strong>in</strong> campo.<br />

1.3 Le fasi della <strong>mediazione</strong><br />

L A MEDIAZIONE CULTURALE IN E UROPA<br />

7. Letizia B<strong>in</strong>di nel saggio<br />

precedentemente citato dedica<br />

un paragrafo del suo saggio<br />

proprio a La scena della<br />

<strong>mediazione</strong> <strong>in</strong> cui analizza tale<br />

contesto alla luce delle più<br />

recenti teorie socioantropologiche<br />

<strong>sulla</strong> performance degli<br />

attori sociali nello spazio<br />

pubblico. Cfr. B<strong>in</strong>di-Faedda,<br />

op. cit., pp. 81 e sgg.<br />

D’altronde <strong>in</strong> una prima fase della sua attività il mediatore è chiamato soprattutto<br />

ad ascoltare le s<strong>in</strong>gole parti e a sollecitarle, <strong>in</strong> colloqui rigidamente separati, a<br />

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