indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti

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03.06.2013 Views

INDAGINE SULLA MEDIAZIONE CULTURALE IN ITALIA 3) la questione della formazione dei mediatori. Permangono inoltre importanti opzioni da affrontare circa la definizione stessa delle funzioni, del ruolo e delle prospettive della mediazione nel nostro, come in altri Paesi: 1) un’accezione ‘ridotta’ – esclusivamente di traduzione linguistica – contro un’accezione ‘ampia’ – culturalmente e socialmente competente di mediazione; 2) un’idea sostanzialmente ‘informale’ del ruolo del mediatore contro una ‘formalizzata’ e professionalizzata che ne definisca con precisione le competenze e gli obiettivi; 3) un’idea di mediazione come mansione specializzata che si occupa esclusivamente dei problemi di dialogo e risoluzione delle tensioni a carattere culturale contro un’idea di mediazione come contenuto che deve essere trasmesso e condiviso dalle più diverse professionalità coinvolte, a vario titolo, dal multiculturalismo. La risoluzione di tali importanti nodi e questioni inerenti la mediazione culturale non può tuttavia prescindere dalla consapevolezza che esiste un legame strettissimo tra i diversi modelli di Stato nazionale e le strategie di integrazione messe di volta in volta in atto. Il modello nordamericano, ad esempio, dopo una fase di facile ottimismo assimilazionista (melting pot) ha visto intensificarsi le forme di rivendicazione da parte delle minoranze interne, sia native che immigrate, finendo per riformulare, in chiave sempre più pluralista, le sue strategie di integrazione e valorizzazione delle diversità (Stati polietnici e multiculturali), non senza forti conflitti al suo interno e con fasi di grande indecisione in merito alle politiche di sostegno e riconoscimento delle singole componenti etniche interessate e richiedenti. Tuttavia l’area nordamericana resta quella che, ad oggi, mostra di avere investito più di ogni altra sulla risoluzione alternativa dei conflitti e sulle pratiche di mediazione culturale. In Europa dominano almeno due modelli di integrazione fondamentale: quello ‘assimilazionista’ di tipo francese che mette al centro l’unità statale e richiede ai cittadini immigrati un adeguamento di massima, sul piano pubblico, ai comportamenti e alle forme di vita del paese accogliente – lingua francese obbligatoria in pubblico, servizio militare, pratica assolutamente privata delle proprie espressioni culturali d’origine: religione, usanze, lingua, ecc. – e quello ‘pluralista’ di tipo anglosassone che invece riconosce un certo grado di legittimità alla rivendicazione proveniente dalle diverse componenti etniche presenti nel territorio nazionale e ne riconosce il diritto di rappresentanza anche all’interno dello spazio pubblico. Predominano però, nel concreto, modelli assolutamente ‘ibridi’ 18

L A MEDIAZIONE CULTURALE IN E UROPA di integrazione, come ad esempio è stato per anni quello della Germania, apparentemente molto disponibile all’ingresso di immigrati all’interno del suo territorio, ma al tempo stesso assolutamente refrattaria ad una loro integrazione sul piano della cittadinanza, quasi a voler preservare un’assoluta unità dello stato tedesco, pensato ancora nei termini di un’unità politico-culturale tipica dell’idea ottocentesca di nazione. Vi sono, inoltre, paesi europei che hanno assai poco regolamentato il proprio atteggiamento rispetto alle minoranze immigrate, ma che hanno dovuto affrontare negli ultimi decenni complessi problemi relativi alle minoranze interne: è il caso dell’Irlanda e dell’autonomia religiosa delle minoranze cattoliche nel Regno Unito, delle rivendicazioni basche in Spagna e delle relazioni tra componente vallone e fiamminga in Belgio, che hanno visto spesso l’intervento di strategie di mediazione culturale volte alla riduzione e prevenzione di tali conflitti interni. Vi è poi una questione – qui solo accennata – relativa al particolare statuto giuridico di tutti quei cittadini stranieri esuli o rifugiati che non possono essere equiparati né giuridicamente né politicamente ai migranti, ma che necessitano di una regolamentazione specifica e di particolari azioni di inclusione e integrazione nel paese di asilo. Tra le teorie più interessanti degli ultimi anni circa i problemi dell’integrazione tra diversità almeno due meritano particolare attenzione. La prima proviene dal contesto europeo, l’altra dall’area nordamericana. Jurgen Habermas ha cercato di impostare il discorso sull’integrazione o ‘inclusione dell’altro’ nelle moderne società occidentali come problema di diritti fondamentali, cercando di ripensare e rivedere in modo critico le teorie ‘classiche’ del diritto liberale, a suo giudizio insufficienti a gestire la moderna fase di ibridazione e di violazione sistematica dei diritti dei cittadini stranieri. Su un altro piano, Arjun Appadurai ha richiamato l’attenzione sullo scenario della globalizzazione come ‘ethnoscape’ ovvero come intreccio complesso e continuamente fluttuante di identità, persone, idee e merci in continuo spostamento che impone necessariamente un’impostazione del tutto nuova delle politiche dell’integrazione, anche se la sua analisi, estremamente acuta sul piano delle rappresentazioni culturali, sembra presentare una certa debolezza sul piano delle indicazioni politiche. Sul versante delle esperienze concrete maturate negli ultimi decenni in alcuni paesi europei si deve notare come quasi ovunque la scuola sia stato uno degli ambiti di massima diffusione e maturazione delle pratiche di mediazione culturale e di educazione ad una cittadinanza di tipo maggiormente dialogico e inclusivo. Quasi ovunque si sono moltiplicati corsi di formazione per insegnanti e program- 19

L A MEDIAZIONE CULTURALE IN E UROPA<br />

di <strong>in</strong>tegrazione, come ad esempio è stato per anni quello della Germania, apparentemente<br />

molto disponibile all’<strong>in</strong>gresso di immigrati all’<strong>in</strong>terno del suo territorio,<br />

ma al tempo stesso assolutamente refrattaria ad una loro <strong>in</strong>tegrazione sul<br />

piano della cittad<strong>in</strong>anza, quasi a voler preservare un’assoluta unità dello stato<br />

tedesco, pensato ancora nei term<strong>in</strong>i di un’unità politico-<strong>culturale</strong> tipica dell’idea<br />

ottocentesca di nazione. Vi sono, <strong>in</strong>oltre, paesi europei che hanno assai poco regolamentato<br />

il proprio atteggiamento rispetto alle m<strong>in</strong>oranze immigrate, ma che<br />

hanno dovuto affrontare negli ultimi decenni complessi problemi relativi alle<br />

m<strong>in</strong>oranze <strong>in</strong>terne: è il caso dell’Irlanda e dell’autonomia religiosa delle m<strong>in</strong>oranze<br />

cattoliche nel Regno Unito, delle rivendicazioni basche <strong>in</strong> Spagna e delle relazioni<br />

tra componente vallone e fiamm<strong>in</strong>ga <strong>in</strong> Belgio, che hanno visto spesso l’<strong>in</strong>tervento<br />

di strategie di <strong>mediazione</strong> <strong>culturale</strong> volte alla riduzione e prevenzione<br />

di tali conflitti <strong>in</strong>terni. Vi è poi una questione – qui solo accennata – relativa al<br />

particolare statuto giuridico di tutti quei cittad<strong>in</strong>i stranieri esuli o rifugiati che<br />

non possono essere equiparati né giuridicamente né politicamente ai migranti,<br />

ma che necessitano di una regolamentazione specifica e di particolari azioni di<br />

<strong>in</strong>clusione e <strong>in</strong>tegrazione nel paese di asilo.<br />

Tra le teorie più <strong>in</strong>teressanti degli ultimi anni circa i problemi dell’<strong>in</strong>tegrazione<br />

tra diversità almeno due meritano particolare attenzione. La prima proviene<br />

dal contesto europeo, l’altra dall’area nordamericana.<br />

Jurgen Habermas ha cercato di impostare il discorso sull’<strong>in</strong>tegrazione o<br />

‘<strong>in</strong>clusione dell’altro’ nelle moderne società occidentali come problema di diritti<br />

fondamentali, cercando di ripensare e rivedere <strong>in</strong> modo critico le teorie ‘classiche’<br />

del diritto liberale, a suo giudizio <strong>in</strong>sufficienti a gestire la moderna fase di ibridazione<br />

e di violazione sistematica dei diritti dei cittad<strong>in</strong>i stranieri. Su un altro piano,<br />

Arjun Appadurai ha richiamato l’attenzione sullo scenario della globalizzazione<br />

come ‘ethnoscape’ ovvero come <strong>in</strong>treccio complesso e cont<strong>in</strong>uamente fluttuante di<br />

identità, persone, idee e merci <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo spostamento che impone necessariamente<br />

un’impostazione del tutto nuova delle politiche dell’<strong>in</strong>tegrazione, anche se<br />

la sua analisi, estremamente acuta sul piano delle rappresentazioni culturali, sembra<br />

presentare una certa debolezza sul piano delle <strong>in</strong>dicazioni politiche.<br />

Sul versante delle esperienze concrete maturate negli ultimi decenni <strong>in</strong> alcuni<br />

paesi europei si deve notare come quasi ovunque la scuola sia stato uno degli<br />

ambiti di massima diffusione e maturazione delle pratiche di <strong>mediazione</strong> <strong>culturale</strong><br />

e di educazione ad una cittad<strong>in</strong>anza di tipo maggiormente dialogico e <strong>in</strong>clusivo.<br />

Quasi ovunque si sono moltiplicati corsi di formazione per <strong>in</strong>segnanti e program-<br />

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