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indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti

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S INTESI E CONCLUSIONI<br />

18<br />

Restando agli obiettivi, occorre segnalare che le enunciazioni degli organismi che<br />

hanno restituito il questionario mettono <strong>in</strong> risalto una certa distanza tra dichiarazioni<br />

di pr<strong>in</strong>cipio e realtà effettiva della <strong>mediazione</strong>. Gli obiettivi sono espressi per<br />

lo più <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di f<strong>in</strong>alità generali e fanno allusione a dimensioni em<strong>in</strong>entemente<br />

valoriali. Un esempio tipico è “<strong>in</strong>tegrazione socio<strong>culturale</strong> degli stranieri” o “prevenzione<br />

di disagi e conflitti”. Sebbene gli obiettivi forniscono una cornice di riferimento<br />

entro cui si attuano concretamente le attività, non si può non far notare la<br />

carenza di obiettivi specifici o di carattere più programmatico-operativo.<br />

19<br />

La tendenza al concentramento delle azioni di <strong>mediazione</strong> <strong>in</strong> quella zona che possiamo<br />

def<strong>in</strong>ire di “<strong>in</strong>tegrazione basica” dovrebbe essere supportata dalle caratteristiche<br />

dell’utenza. Ed <strong>in</strong> effetti siamo di fronte ad un <strong>in</strong>sieme di persone le cui condizioni<br />

di vita <strong>in</strong> Italia appaiono abbastanza precarie. Il loro grado di istruzione è<br />

generalmente piuttosto basso: il 39,6% non possiede alcun titolo di studio o soltanto<br />

la licenza elementare, il 27,6% ha un diploma di scuola media; per quanto<br />

riguarda la condizione lavorativa, nel 34% dei casi si tratta di lavoratori <strong>in</strong> nero o<br />

disoccupati, nel 28,6% di studenti e solamente nel 20,6% di occupati regolarmente;<br />

l’immag<strong>in</strong>e di un’utenza altamente vulnerabile è rafforzata anche dall’analisi dei<br />

dati <strong>sulla</strong> loro condizione di soggiorno: solo il 18,6% ha un permesso di soggiorno<br />

per lavoro subord<strong>in</strong>ato, mentre il 24,4% appartiene a quella categoria di soggetti<br />

deboli o a rischio composta da clandest<strong>in</strong>i, senza permesso, richiedenti asilo, ecc.,<br />

(percentuale che potrebbe aumentare se si approfondissero le condizioni di altri<br />

categorie come, per esempio, soggiornanti per “motivi familiari” - ben il 23,6%).<br />

Bisogna considerare <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e i bisogni degli utenti: ben il 63% di questi necessita di<br />

figure che forniscano assistenza <strong>in</strong> una prima fase di <strong>in</strong>serimento, laddove le difficoltà<br />

l<strong>in</strong>guistiche e la scarsa conoscenza dell’apparato istituzionale e amm<strong>in</strong>istrativo<br />

<strong>italia</strong>no rendono problematico l’accesso e la fruizione dei servizi. M<strong>in</strong>ore <strong>in</strong>cidenza<br />

hanno <strong>in</strong>vece i bisogni connessi ad una seconda fase di <strong>in</strong>tegrazione, <strong>in</strong> cui<br />

l’immigrato può avere necessità di ricevere sostegno <strong>in</strong> caso di difficoltà scolastiche<br />

o di tipo famigliare o nella ricerca di lavoro (siamo <strong>in</strong>torno al 30% del totale).<br />

Anche questi dati, qu<strong>in</strong>di, mettono <strong>in</strong> evidenza una situazione <strong>in</strong> cui la <strong>mediazione</strong><br />

risponde a bisogni di tipo essenziali, strettamente connessi a difficoltà dovute<br />

<strong>in</strong> prima istanza all’<strong>in</strong>serimento più che all’adattamento nel nuovo tessuto sociale.<br />

Tale conclusione è riconfermata tra l’altro dalla bassissima percentuale di risposte<br />

(appena il 2,8%) che fa riferimento, quale bisogno primario, alla difesa dei propri<br />

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